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Autore: alecter    08/01/2014    3 recensioni
C'era una volta, in un paese lontano, un bellissimo principe, costretto a rimanere nel suo castello perchè la sua matrigna era gelosa della sua bellezza.
Un giorno, però, il principe incontra un altro principe.
Sì, non una principessa.
S'innamorano, ma la via per ricongiugersi è tutta in salita.
Harry e Louis, assieme ad altri compagni, si trasferiscono nel mondo delle fiabe e prendono il posto di Biancaneve e i sette nani.
Genere: Demenziale, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Note autrice: parto dicendo che l'ispirazione mi è venuta da un post su tumblr, in cui c'era Harry messo a confronto con Biancaneve. La somiglianza mi è parsa così tanta che mi è venuta in mente questa storia ambigua e un pò strana XD Per la maggior parte ho seguito come base la fiaba di Biancaneve e i sette nani ma ci sono anche aggiunte di fantasia o dal telefilm Once upon a time. I nomi dei nani sono di mia invenzione, non ho inserito chi sono, perchè preferisco che proviate voi ad invodivinare :) Buona lettura!






Once upon a time.

             
                                  



 




Erano passati ormai già tre mesi da quando suo padre era scomparso, lasciandolo solo, in quel castello enorme e in balia della sua matrigna. 
Harold era sempre stato un ragazzo affabile, dall'animo puro e il cuore gentile, eppure quella megera della sua matrigna metteva alla prova la sua pazienza e bontà. 
Pienamente consapevole del suo ruolo una volta morto suo padre,  Harold era stato sin da subito pronto a prendere il suo posto come regnante. Certo, non aveva la forza e il coraggio di suo padre, nè tanto meno si riteneva carismatico come lui, ma sapeva che con il suo buon cuore avrebbe potuto facilmente conquistare la fiducia del suo popolo, senza bisogno di man forte. Lo avevano visto nascere, crescere, lo conoscevano come un loro concittadino.
Sin da piccolo aveva percorso le strade del suo regno, correndo assieme agli altri bambini e scherzando con le loro madri.
Lo avrebbero accolto benevolmente come degno erede di suo padre. 
A dividerlo dal trono, però, c'erano due ostacoli. Il primo, era la sua giovane età. Non avendo ancora compiuto diciotto anni, non poteva ancora governare il regno, a meno di non scegliere un fidato consigliere che facesse le sue veci; il secondo ostacolo, se possibile ancora più grande, era la sua matrigna.
"La padrona la desidera" sentì dire da una vocina stridula vicino a lui. Alzò lo sguardo, e vide una ragazza minuta, i capelli legati in un panno di stoffa e gli occhi gonfi di lacrime. Si alzò di scatto e per sbaglio rovesciò il secchio contenente l'acqua con cui era intento a pulire il pavimento.
"Cosa è successo? Ti ha fatto qualcosa?" si avvicinò alla ragazza e posò delicatamente una mano sulla sua spalla. La sua prima preoccupazione erano sempre gli altri. Era consapevole che la sua matrigna maltrattasse non solo lui, ma anche la servitù, e quello era qualcosa che proprio non riusciva a sopportare in silenzio.
La ragazza scosse silenziosamente la testa, mentre con le mani stropicciava il bordo della sua camicia sudicia. 
"Vai a riposarti, tranquilla" Harold la guardò, cercando di rassicurarla e poi si diresse verso la sala del trono, dove presuppose si trovasse la donna che lo stava cercando.
Guardandola, a primo impatto, chiunque avrebbe potuto capire perché suo padre si fosse infatuato di lei e l'avesse scelta tra tante come sua sposa. 
Sembrava avere l'età di Harold, ma presumibilmente era molto più vecchia. I capelli di un castano dorato erano quasi sempre legati sulla nuca; poche volte Harold li aveva visti sciolti, generalmente formavano una massa incolta e crespa, simile ad una scopa.
Due enormi occhi verdi lo stavano fissando.
S’inchinò leggermente e poi attese cosa avesse da dire.
"Cosa ti ha fermato dal venire qui nel momento stesso in cui ti ho chiamato? Perché ci hai messo così tanto? E dove è il mio idromele? Possibile che tu non sia in grado di fare nulla?" Harold abbassò la testa, mortificato. Cos'altro poteva fare se non ubbidire ai suoi ordini? Fino a che non fosse giunto il momento, egli non poteva prendere il potere, ed era certo che prima del tempo, la donna avrebbe trovato il modo per impedirglielo, per sempre. Inoltre, a volte dubitava della sua forza di potersi ribellare alla donna. Aveva un animo troppo fragile e tenero per fare la voce grande di fronte a qualcuno, figurarsi una megera dispotica e quasi sempre ubriaca come lei.
Probabilmente stava tramando il suo piano da prima della morte di suo padre; al momento però, si era limitata a farlo diventare uno sguattero, al livello della sua servitù, sempre sporco e impolverato, in modo che la sua bellezza fosse celata al resto del mondo.
Ciò che più la regina gli invidiava, infatti, era la sua bellezza.
Certo, il potere, governare il regno, salire sul trono, facevano gola, ma mai quanto la possibilità di essere corteggiata da tutti gli uomini del regno, e invidiata da tutte le donne.
La bellezza di Harold oscurava la sua. Era impossibile non essere catturati da lui nel momento in cui entrava in una stanza; era come se chiunque non potesse far altro che ammirarlo e rimanerne affascinati.
"Mi dispiace, rimedierò subito" si chinò nuovamente e corse verso la cucina per portare alla regina quanto aveva chiesto.
Il sole splendeva alto nel cielo, mentre gli uccelli cantavano allegri.
Harold amava uscire di fuori, nei giardini del castello, sedersi su una delle panchine di marmo e osservare le nubi nel cielo. Poteva rimanere ore li, senza far nulla o a cantare. A volte si addormentava, cullato dalla melodia del vento e delle foglie che frusciavano attorno a lui, per poi essere risvegliato da qualche servo che richiamava la sua attenzione.
Una delle cose che preferiva, però, era recarsi nel cuore del villaggio per comprare le provviste del castello. 
La regina gli aveva esplicitamente vietato di uscire fuori le mura del castello, altrimenti, i suoi sforzi di tenere la sua bellezza celata si sarebbero rivelati totalmente vani.
Harold, però, non poteva tenersi prigioniero di se stesso, e quindi ogni domenica mattina indossava abiti fornitigli dalla servitù, avvolgeva il capo con un panno di lana grezza e si dirigeva al mercato.
Camminando per la strada assaporava l'aria di campagna, gli schiamazzi dei bambini che si rincorrevano a vicenda, le urla delle loro mamme che li richiamavano in casa, il profumo delle verdure fresche, il tintinnio del martello del fabbro sul ferro. 
Tornando a casa, poi, canticchiando sottovoce, era sempre solito lasciare qualche pezzo di pane e frutta ai bambini che incrociava lungo il suo cammino. Quelli lo ringraziavano e correvano urlando dalle loro madri, senza riconoscere i suoi profondi occhi verde smeraldo.
Una domenica mattina come tante altre stava osservando un bancone pieno di fiori esportati da un altro regno e, ispirato dal sole e il profumo di primavera, assieme ai colori raggianti di quelle bellissime margherite, iniziò a cantare tra sé una delle canzoni che suo padre era solito intonare quando era di buon umore.
Con sua sorpresa, sentì un’altra voce unirsi alla sua. Si voltò, e gli si bloccò il respiro in gola, dimenticando come l'aria facesse ad entrare ed uscire dai suoi polmoni. Il suo cuore si era bloccato. Per un secondo, lasciò andare la presa sul panno che doveva coprirlo, fino a lasciarlo scivolare del tutto.
Lo sconosciuto lo stava fissando con i suoi infiniti occhi azzurri. Harold pensò di potersi specchiare dentro di essi. Rimase qualche secondo in balia della sua bellezza, senza riuscire a dir nulla.
"Non molti conoscono questa canzone" Harold rimase in silenzio, imbarazzato. Non solo aveva mostrato il suo volo in pubblico, svelando ai cittadini del villaggio chi fosse, ma si era palesato ad uno sconosciuto! E se fosse stato una spia della regina, pronto a portarlo da lei e strigliarlo come si doveva?
Spinto dalla curiosità, cercò di trovare un argomento di conversazione, ma non gli venne nulla in mente.
Il giovane rimase a fissarlo, per nulla infastidito dal suo silenzio,anzi. Sembrava anche lui essere in uno stato di beatitudine, mentre ammirava i candidi lineamenti di Harold, e i suoi occhi, leggermente coperti da un boccolo nero.
“Non volevo disturbarti, mi dispiace” disse alla fine quello.
Harold era pietrificato. Una parte della sua testa gli diceva di scappare via, correre il più lontano possibile, l’altra, invece, gli urlava di fermarsi, perché quello sconosciuto aveva qualcosa di speciale.
Alla fine, spinto dallo spirito di sopravvivenza, decise di incamminarsi verso il castello, prima che l’altro gli chiedesse qualcosa sul suo conto.
“No, non te ne andare, te ne prego” lo sconosciuto lo prese per mano, di fronte lo sguardo stupido del mercante di fiori.
Harold fissò la mano del ragazzo attorno alla sua. La sua pelle bronzea risaltava in confronto a quella di Harold, candida, bianca, come la neve.
“Dimmi almeno come ti chiami” insisté quello, però Harold sentiva di non poter cedere, non poteva davvero permettere che qualcuno sapesse il suo nome.
Il ragazzo lo fissò per qualche secondo negli occhi, ed Harold si sentì scavare dentro da quei due pezzi di cielo incastonati in una statua di marmo perfetta. 
"Mi presento prima io” disse, cercando di rimediare a quel silenzio profondo.
“Io mi chiamo Louis, tu?" per qualche istante Harold rimase in silenzio, poi gli venne un'idea.
"Snow, puoi chiamarmi Snow" Louis sorrise. Suo padre era solito chiamarlo con quel nomignolo, proprio perché la sua pelle chiara ricordava moltissimo le coltri di neve che d’inverno ricoprivano il regno. Solamente suo padre e la sua servitù erano a conoscenza di quel soprannome.
Rimasero a fissarsi a vicenda. Harold sentiva lo sguardo di Louis diventare sempre più curioso e pressante, così alla fine, per alleggerirsi, decise di parlare.
“Non sei di qui, vero?” chiese.
Dopo qualche secondo, Louis scosse la testa.
"No, provengo da un regno non molto lontano da qui. Sono stato convocato dalla regina di questo regno" Harold sentì la gola farsi improvvisamente secca. Deglutì, cercando di trovare il coraggio di dire qualcosa.
"Come mai?" chiese. Il giovane alzò le spalle.
"Vorrei scoprirlo. So che da poco è defunto il suo vecchio marito, e lei ha spedito una lettera a mio padre dicendo che avrebbe desiderato conoscermi, che aveva sentito molto parlare di me" Harold iniziò ad avere un brutto presentimento.
"Io anche ho sentito molto parlare di lei, e devo dire che non ho molta voglia di incontrarla. Dimmi, è vero che non fa altro che bere idromele?" l'altro sorrise e annuì leggermente. 
"E anche che maltratta la sua servitù?" Harold annuì ancora una volta, grato di non doversi sforzare per trovare parole in quel momento in cui era troppo preso a fissare la bellezza del principe.
Louis scosse la testa.
"Che cosa vergognosa. Come può approfittare in questo modo di gente umile, pronta a correre al suo fianco per qualsiasi evenienza!" Harold lo guardò mentre nello stomaco sentì crescere qualcosa di simile a delle farfalle. 
Avrebbe voluto avvertirlo che probabilmente sarebbe caduto tra le grinfie della regina cattiva, avrebbe voluto tenerlo al suo fianco ed impedirgli di andare al palazzo, perché sapeva che, una volta lì, non ci sarebbe stato più un futuro per loro due. La regina lo avrebbe ammaliato e convinto a sposarla.
“Vorrei tanto avere un appuntamento con te, invece che recarmi al palazzo reale” disse Louis, come leggendogli il pensiero. Harold arrossì violentemente, si sentì sciogliere come un fiocco di neve al sole, e non per il caldo causato da quel pesante panno che a stento lo lasciava respirare.
Sapeva di essere uno sciocco. Perché sentirsi così euforico solamente perché uno sconosciuto gli aveva detto che avrebbe volentieri passato una giornata assieme a lui, piuttosto che con la regina? Perché sarebbe voluto scappare con lui?
Decise di fuggire, prima che qualche emissario della regina lo raggiungesse. Probabilmente qualcuno nel villaggio a lei leale, era corso al palazzo per riferire che si era intrufolato nel mercato locale.
“Devo andare” urlò, correndo verso il castello. Louis rimase pietrificato e lo fissò andare via, con la speranza nel cuore di incontrarlo di nuovo.
Harold voleva prendersi a pugni. Come aveva potuto essere così incauto e superficiale? Cadere ai piedi di un uomo solamente perché lo aveva fissato con i suoi enormi occhi azzurri e gli aveva detto un paio di dolci parole. Per di più, un principe bello come lui sicuramente era conteso da miliardi di principesse per averlo in sposo; Harold era stato solamente un passatempo durante un giorno di villeggiatura in un altro regno.
Il sole stava iniziando a calare, quindi iniziò a camminare sempre più velocemente. Per tutto il tragitto, non poté fare a meno di pensare a Louis. I suoi occhi cristallini, i suoi capelli che scivolavano sul suo viso coprendogli leggermente gli occhi, le folte ciglia, quelle labbra così dolci, che sembravano due petali di rosa poggiati sul suo viso.
Quando rientrò nel castello, trovo il caos più totale. Nella cucina vi erano almeno dieci persone intente a tagliuzzare e mescolare in differenti pentoloni, verdure e altri ingredienti erano sparsi ovunque sul tavolo. 
Diretto verso la sua stanza, sentì la sua matrigna urlare ad altri servi di trovarle abiti che fossero adeguati alla situazione, e notò che nel salone del trono era stato posto un enorme tavolo, adornato con cesti di frutta, fiori e candele. Tante, troppe candele. 
Si rintanò nella sua stanza: non voleva avere nulla a che fare con ciò che stava accadendo. 
Tirò fuori da un cestino alcuni fiori che aveva comprato al mercato e li sistemò sul davanzale della sua finestra, assieme ad alcuni pezzi di pane che avrebbero nutrito gli animali notturni di passaggio di fronte alla sua stanza. 
Poi si sdraiò sul letto, indosso ancora gli abiti sudici usati per andare al villaggio, e immaginò di incontrare di nuovo Louis, questa volta senza panni sporchi di mezzo, loro due, uno di fronte all'altro, senza paura di essere scoperti.
Fu risvegliato da un rimbombo. Si alzò di scatto e uscì dalla stanza preoccupato, ma si accorse che erano solamente alcune pentole cadute a terra nella cucina.
Corse a dare una mano ai cuochi, i quali gli dissero di non preoccuparsi per loro.
"Come mai questo gran da fare? Non ho mai visto tante pentole sul fuoco nemmeno in onore di mio padre" chiese Harold, sbirciando in alcuni dei tegami.
Una delle cuoche più anziane, che lo aveva visto crescere, lo allontanò dai fornelli.
"Non lo sai? La regina ha ospiti" Harold sentì lo stomaco stringersi all'improvviso ricordando le parole che il giorno prima gli aveva riferito Louis. 
Era certamente lui l'ospite speciale della sua matrigna, non c'erano dubbi.
Quel che non capiva, era il perché di tanto trambusto.
Era da tempo che nel castello non venivano ricevuti ospiti, e sapeva che la sua cara matrigna non si sarebbe data tanto disturbo se non avesse mirato ad ottenere qualcosa.
"HAROLD!" sentì chiamare dall'altra parte del castello. Harold si strinse nella sua camicia da notte e guardò la cuoca, la quale lo fissò con occhi amorevoli.
"Andrà tutto bene" gli sussurrò. Harold si fece forza e si avviò verso la sala del trono, ma vide che era piena di servi intenti a sistemare altri fiori e decorazioni. Si aggirò quindi nel corridoio per qualche minuto, prima di capire che la voce era giunta dalla sala da letto reale.
Con passo cauto e tremante, si avviò verso la stanza che un tempo apparteneva a suo padre. 
Non avevano mai avuto un grande rapporto, loro due; suo padre era tipo da caccia, coraggioso, impavido, mentre Harold aveva sempre preferito rimanere in casa a fantasticare, leggere o sistemare la sua stanza. 
Una volta aveva provato ad intrattenersi con suo padre; si era trovato costretto a partecipare ad uno degli eventi eccezionali in cui centinaia di cacciatori si univano a lui per uccidere innocenti animali. Non ce l’aveva fatta. Aveva preferito essere deriso da quegli uomini piuttosto che togliere la vita a quel povero cerbiatto che lo fissava implorandogli di lasciarlo andare.
Entrato nella stanza, notò che vi regnava il caos. Sul letto erano distesi diversi abiti pregiati, a terra vi erano paia di scarpe di tutti i colori. La sua matrigna era seduta su di uno sgabello, intenta a fissarsi nel suo grande specchio. Harold per un secondo pensò di avervi scorto un altro volto oltre quello della regina, ma poi si rese conto che probabilmente era stato solo il riflesso della luce sulla superficie specchiata. 
La donna si voltò all'improvviso, fissandolo con i suoi occhi verde sporco.
Ogni volta che li guardava, non poteva fare a meno di pensare al prato sporco di fango dopo una lunga nottata di pioggia, dove i maiali del suo cortile adoravano sguazzare. 
"Finalmente, dove eri finito!" La donna si alzò in piedi, fece qualche passo barcollante e poi finì a terra, la faccia immersa in una pila di vestiti ammucchiati lì dalle serve.
Harold si trattenne dal ridere, cosa che non fece la serva personale della sua matrigna.
"Ecco cosa succede a bere continuamente idromele" sogghignò Harold, insieme alla giovane ragazza. Quella si portò una mano sulla bocca e cercò di non far vedere che in realtà avrebbe voluto gettarsi a terra dal ridere.
"Potrebbe aprire una sua ditta di produzione d’idromele. Probabilmente, l'inventore la ringrazierebbe se potesse. Forse dovremmo farli conoscere, sarebbero anime gemelle" continuò Harold. La ragazza si poggiò con la schiena all'armadio e continuò a ridere fino a che la matrigna non diede cenno di iniziarsi a riprendere, mugolando parole senza senso.
"Tutto bene?" Harold si chinò leggermente e protese la mano verso la sua matrigna per aiutarla a rialzarsi. Quella lo guardò per qualche secondo, poi scansò la mano e si alzò da sola. Si rassettò il vestito e guardò la sua serva, intenta a scrollarsi di dosso le risate che ancora avrebbe voluto buttare fuori.
"Posso portarle qualcosa, padrona Eleanor?" la donna la guardò sprezzante e poi scosse la testa.
"Vai a strofinare i pavimenti da qualche parte, qui sei del tutto inutile, come al solito" la cacciò fuori dalla stanza e poi si rivolse ad Harold.
"Per quanto riguarda te, questa sera ho un ospite. Vedi quindi di non interrompere la mia serata con tue comparsate dal nulla. Chiuditi nella tua stanza e li rimani, capito?" Harold annuì, sebbene non avesse nessuna intenzione di obbedirle.
Doveva per forza rivedere Louis, non c'erano altre possibilità. Quella poteva essere la sua ultima chance. 
"Ora defilati, non voglio vedere la tua lurida faccia fino a domani. Anzi, vorrei non doverla vedere mai più" sbuffò tra sé e sé, mentre fissava il suo riflesso nello specchio.
Harold s’infiltrò nella cucina e li rimase per qualche ora, seduto sul davanzale di una delle finestre, osservando il sole che lentamente calava all'orizzonte. 
Il cielo era quasi completamente buio quando una carrozza si accinse ad entrare nel grande cortile del castello.
Harold scese dal davanzale, corse nella sua stanza, sciacquò il viso e si cambiò di abito; dopo di che, corse nel salone principale e si nascose dietro una delle colonne.
Vide la serva personale della sua matrigna aprire la porta ed accogliere l'ospite d'onore.
Harry ebbe un piccolo spasmo al cuore quando riconobbe il profilo di Louis, tenuemente illuminato dal lampadario della sala.
Avrebbe voluto allungare la mano e tastare con le sue dita la morbidezza dei suoi capelli, guardare il suo profilo da vicino, specchiarsi nei suoi occhi.
Seguì Louis e la serva fino al salone del trono. La sua matrigna ordinò di far chiudere le porte, quindi non riuscì in alcun modo ad intrufolarsi.
Poi ebbe un'idea. Corse in cucina e quando vi entrò, con il fiatone, tutti lo guardarono sorpresi.
"Cosa succede ragazzo?" Chiese la cuoca. Harold riprese fiato prima di parlare.
"Devo chiederti un enorme favore" disse.
Qualche minuto dopo, aveva indosso stracci pieni di grasso, un enorme cappello che continuava a scivolargli sul volto e che schiacciava i suoi ricci perfetti, un panno che copriva maggior parte del volto e quel che era lasciato scoperto era sporco di carbone e farina. Entrò dietro altri camerieri nella sala del trono. Inizialmente, non riuscì a capire nulla. C'erano troppi fiori, troppe candele e troppo fumo che gli entrava negli occhi e lo faceva lacrimare.
Vide i camerieri poggiare sul tavolo i vassoi, e si rese conto di dover fare altrettanto. Si avvicinò il più possibile a Louis e lasciò scivolare il piatto al suo fianco.
"Grazie" sussurrò quello, sorridendo. Per un secondo si guardarono e Harold sperò che lo riconoscesse. Louis lo fissò, rimase per un secondo immobile, senza respirare, sorrise e abbassò lo sguardo. Harold sorrise a sua volta, ma non poteva dire nulla o la sua matrigna li avrebbe uccisi entrambi.
Quando vide che Louis stava per rivolgergli la parola, scosse istericamente la testa, per fargli capire che non potevano parlarsi lì.
Uscì dalla sala abbattuto e senza sapere che altro fare.
Forse, semplicemente, non era destino. Si andò a lavare nella sua stanza, lanciò i vestiti a terra e rimase per un po' di tempo nella vasca piena d'acqua, fino a che non diventò gelida e dovette uscire. Sistemò i capelli, indossò la sua casacca da notte e si sedette sulla sedia nel suo piccolo cortile personale, che dava sul grande giardino del castello.
Rimase li, fino a che la luna non brillò alta nel cielo, fino a che Louis non uscì, evidentemente adirato e scocciato, accompagnato da Eleanor.
Avrebbe voluto gridargli di alzare lo sguardo, ma non poteva.
Vide la sua matrigna sorridere come mai aveva fatto prima d'ora e poi allontanarsi, rientrando nel castello. Louis rimase qualche istante nel cortile, alzò gli occhi verso la luna, e poi, come se avesse sentito lo sguardo pressante di Harold sulla sua schiena, si voltò verso di lui, avvolto nell’oscurità. 
Harold smise di respirare. Rimase a fissarlo da lontano.
Il mattino seguente, fu svegliato dalla sua matrigna. Lo buttò giù dal letto e iniziò a scuoterlo violentemente.
"Non ti avevo detto di rimanere nel castello, sempre? Che in nessuna circostanza avresti dovuto recarti nel villaggio?" Harold deglutì. Lo aveva scoperto. Qualcuno aveva fatto la spia, qualcuno doveva aver visto lui e Louis al bancone dei fiori ed era corso a riferirlo alla regina.
"Io.. Sono sempre rimasto qui" cercò di spiegare. Eleanor sembrava su tutte le furie. Notò che con sé non aveva il suo solito bicchiere d’idromele. Forse era per quello che si sentiva così nervosa e stressata?
"Non raccontarmi balle! So benissimo che sei sgattaiolato fuori dal castello per recarti al mercato e affascinare con i tuoi profondi occhi il mio futuro sposo!" Harold non seppe cosa ribattere, rimase a bocca aperta, ammutolito.
"Non so davvero di cosa stai parlando" cercò di mentire, ma non era bravo con le bugie.
"Ohm smetti con questa farsa!" Harold si alzò in piedi.
"Snow! L'unico con questo appellativo in questo regno sei tu! Non prendermi in giro!" Sentì il sangue gelarsi nelle vene. Possibile che Louis le avesse parlato del loro incontro?
"E come poteva non innamorarsi del bellissimo Snow! Tutti lo amano! Ma questa è la fine, sappilo" senza lasciargli tempo di ribattere, uscì e sbattè con violenza la porta della stanza alle sue spalle.
Harold rimase in silenzio, sopra le nuvole e spaventato allo stesso tempo. Davvero Louis era rimasto così impressionato da lui da tirarlo in ballo durante una conversazione con la sua matrigna? Aveva accennato al suo desiderio di rivederlo, ma addirittura parlarne alla regina, dopo che lei le si era proposta in matrimonio.
La piccola serva entrò nella stanza silenziosamente. Lo guardò con i suoi enormi occhi color nocciola e si mise al suo fianco.
Cresciuti assieme, avevano sviluppato un rapporto speciale. Non c'era mai stato amore tra loro, ma si erano sempre detti tutto. Era lei la sua principale confidente, poteva contare sempre su di lei.
"Sai che la regina ha proposto un matrimonio al principe Louis, in modo da unire i loro regni?" Harold non si mostrò affatto sorpreso da quella notizia. C'era da immaginare una cosa simile. Lo sapeva. Eleanor non avrebbe mai rinunciato alla possibilità di possedere il trono di un solo regno, ne avrebbe invitato mai qualcuno al castello senza secondi fini.
"Sai anche che Louis ha declinato l'offerta, con modi molti cavallereschi, dicendo di amare un giovane ragazzo di nome Snow?" Harold arrossì violentemente. 
"Ma non potremo mai stare assieme, Lou, non in questo regno" Harold affondò il volto nelle sue mani. La ragazza carezzò lievemente la sua schiena.
"Che differenza fa? Se è amore, poco importa dove vi troviate, scappate assieme" sorrise. Era così impavida la sua amica. Ingenua quanto lui.
Ma sapeva che il loro amore non avrebbe mai visto l'alba. Soprattutto perché, poche ore dopo, si ritrovò nel mezzo del cortile, al fianco di un ragazzo che mai aveva visto prima, che insinuava di doverlo accompagnare nei boschi per imparare a cacciare: ordini della regina. Harold inizialmente non si fece domande, si lasciò trascinare fuori dalle mura, contento di poter finalmente cavalcare senza il timore di essere scoperto. Inoltre, la compagnia di quel ragazzo non era per niente spiacevole. Probabilmente era poco più grande di lui; indossava una camicia beige leggermente aperta sul petto. I suoi occhi castani erano limpidi, sinceri, ci si poteva leggere quanto egli fosse di buon cuore. 
"Come mai non ti ho mai visto al palazzo?" Chiese Harold, genuinamente curioso. Il ragazzo sembrò sorpreso di sentirlo parlare. Forse era abituato ad essere solo.
"Passo la maggior parte del mio tempo a cacciare nella foresta. Il resto del giorno, mi rintano nella mia piccola casa al di fuori delle mura. Sempre meglio tenersi distanti dalle grinfie della regina" per un momento sembrò pentirsi di quel che aveva detto; poi, guardando gli occhi divertiti di Harold, si rilassò.
"Non volevo offendere sua madre, mi scusi" Harold rabbrividì.
"Non preoccuparti, non è mia madre. Neanche lontanamente" continuarono a cavalcare in silenzio per qualche minuto, prima di fermarsi nel bel mezzo della foresta. Harold ascoltò i rumori della natura, e si beò del paesaggio.
"Non ti ho chiesto come ti chiami" il ragazzo stava tirando fuori da un piccolo sacchetto un coltello affilato. 
"Liam" si avvicinò lentamente fino a che non fu abbastanza vicino da sferrare un colpo, che però colpì l'aria. 
"Scappa" sussurrò poi, gli occhi chiusi e il pugno stretto in aria, mentre l'altra mano teneva ancora saldamente il coltello.
"Cosa?" Chiese Harold, che non riuscì a capire cosa stesse succedendo. 
"Corri, vai via, nasconditi! Fuggi più lontano che puoi!" Harold continuò a non capire.
"Dannazione! La regina ti vuole morto! Capisci? Non ti vuole più tra i piedi, rappresenti un ostacolo per il suo potere e la sua vanità! Mi ha incaricato di ucciderti, qui, nel bosco, e riportarle il tuo cuore. Quindi corri, ti sto dando la possibilità di vivere ancora" Harold deglutì.
"Perché?" Liam sembrò perdere la pazienza, alzò gli occhi al cielo poi li fissò in quelli dell'altro ragazzo.
"Perché so che c'è del buono in te. So che, se mai la tua matrigna dovesse decadere, tu potresti prendere il suo posto e riportare il regno allo splendore di una volta" Harold sorrise. Poi si voltò dopo aver sussurrato un lieve grazie, e iniziò a correre nel mezzo della foresta. 
Non sapeva dove andare. Come poteva sopravvivere tra bestie e piante velenose, quando aveva vissuto la sua vita sempre chiuso tra le mura del suo castello? 
Iniziò a camminare tra le foglie cadute dagli alberi, guardandosi attorno senza la minima idea di dove andare. Camminò per quelle che gli sembrarono ore, fino a che il sole iniziò a calare e la foresta non divenne oscura. Sentì improvvisamente freddo e fame, tanta fame.
Una piccola lepre corse di fronte a lui. Aveva fame. Ma non poteva nemmeno pensare di fare del male a quel piccolo animale indifeso. Si distese a terra su un mucchio di foglie e osservò il cielo imbrunire sotto il suo sguardo attento.
Il mattino seguente si alzò con dolori ovunque ed un lieve accenno di raffreddore. Lo stomaco iniziò a brontolare non appena aprì gli occhi.
Un altro giorno passò, speso nel bosco alla ricerca di qualcuno che potesse aiutarlo. La seconda mattina, si alzò dal suo giaciglio e si mise alla ricerca di un fiume per ridestarsi dal sonno e sistemarsi.
Fu mentre era intento ad ascoltare da quale parte provenisse lo scrosciare del torrente, che notò un rivolo di fumo elevarsi tra gli alberi per poi dissiparsi nel cielo.
Si dimenticò del fiume, del sudicio che aveva addosso e di tutti i dolori causati dal dormire a terra e s’incamminò nel cuore della foresta.
Non passò molto che scorse una piccola casa circondata da alberi e cespugli. Da lontano era ben nascosta, non molti l'avrebbero notata, se non attenti osservatori.
Avvicinatosi alla dimora, bussò sulla porta. Sperò che vi vivesse una cordiale famiglia pronta ad accoglierlo, con una enorme tavola imbandita e una vasca con dell'acqua calda. 
Non ricevette nessuna risposta, nessuno sembrò aver udito il suo richiamo. Bussò di nuovo e provò a chiamare, ma, ancora una volta, nulla.
A quel punto, disperato, cercò di aprire la porta. Senza alcuna difficoltà, entrò nella casa. Si guardò scrupolosamente attorno, e la prima cosa che vide fu una pila di piatti accatastati sul tavolo, assieme ad altre piccole ciotole buttate nella vasca con dell'acqua sporca. 
Harold si avvicinò al tavolo, e, senza nemmeno pensarci, iniziò a canticchiare tra sé. Prese alcuni dei piatti e iniziò a sciacquarli, mentre si beava della tranquillità che regnava in quella casa. La sua voglia di cantare prese il sopravvento ed iniziò non più a mormorare le parole tra sé, ma ad urlarle alla natura. Alcuni animali, incuriositi, si affacciarono nella casa. Continuò a strofinare le piccole ciotole mentre, sul ritmo delle sue parole e della melodia composta dagli uccelli appositamente per lui, iniziò ad ancheggiare e girare su sé stesso, circondato da tanti piccoli nuovi ospiti.
Preso dalla sua stessa melodia, afferrò un innocente coniglio ed iniziò a danzare con lui.
“I DON’T CARE WHAT PEOPLE SAY WHEN WE ARE TOGHEEEEETER” cantava mentre era intento a compiere piroette tenendo il piccolo coniglio in braccio. L'animale lo guardava con gli occhi sbarrati, ma sembrava divertirsi.
Posò il piccolo coniglio a terra, e invitò gli altri animali ad aiutarlo. Gli uccelli afferrarono un panno e vi sistemarono le stoviglie, le posarono sul tavolo e lui provvide a rimetterle in ordine. Nel frattempo, il suo compagno di danze, assieme alla sua famiglia, aveva preso a spazzare freneticamente a terra facendo uso della sua coda batuffolosa. 
Una volta sistemate le stoviglie e pulito il pavimento, si spostarono nella stanza da letto, dove trovò sette piccoli letti, con dei nomi incisi sopra.
Preso il via, non riuscì più a fermarsi fino a che, stremato dalla notte nel bosco e le pulizie, decise di concedersi una pausa. Si sdraiò sui sette letti. Questi erano infatti troppo piccoli per lui, eccessivamente alto. Tutti e sette assieme, formavano un materasso alla sua portata. Poggiò il viso su un cuscino e si assopì immediatamente.
Qualche ora più tardi, fu svegliato di soprassalto da un vociare che lo circondava. Sbatté gli occhi più volte, prima di mettere a fuoco sette piccoli uomini. Erano tutti alti circa un quarto di lui, e lo fissavano con enormi occhi curiosi. Tutti, tranne uno, che sembrava decisamente arrabbiato.
"Oh" disse, alzandosi dal letto. I nani lo guardarono ancora più curiosi di prima.
"Come state?" Chiese poi, cercando di essere cordiale. I nani si guardarono tra di loro.
"Mi dispiace, non volevo entrare in casa senza dire nulla. Ma ero molto stanco, la porta era aperta. Però ho pulito tutto" disse cercando di alzarsi dai letti.
"Come vi chiamate?" Chiese poi, non ricevendo nessuna risposta. I nani arrossirono violentemente.
"Tu devi essere Ciuffolo" provò ad indovinare in mancanza di risposte. Un piccolo nano con un enorme ciuffo alzato sulla sua testa arrossì ed annuì.
Harold sorrise.
"Tu devi essere, mh, Mestolo!" indicò un piccolo nano che aveva la bocca tutta sporca di marmellata. Probabilmente il goloso aveva trovato la torta che Harold aveva preparato prima di dormire e se l'era mangiata senza pensarci. Il nano dagli enormi occhi azzurri lo fissò imbarazzato e con la manica della camicia si pulì la bocca sporca.
"E poi, vediamo" Harold guardò gli altri cinque. 
"Tu, Mignolo!" esclamò, fissando un nano più piccolo di tutti quanti.
"E poi..." Vide uno dei nani con parvenze particolarmente femminili.
"Tu devi essere Mascolo!" il nano annuì soddisfatto.
"E tu Rosciolo!" Urlò indicando l'unico nano dai capelli rossi come il fuoco.
"Poi vediamo, tu devi essere Cucciolo" il nano che stava guardando ora Harold era tenerissimo, la sua giacca, un po' larga, cadeva lungo il suo piccolo corpo e le sue mani erano coperte dalle lunghe maniche.
"E quindi rimane solamente Tintolo!" il piccolo nano con dei capelli blu abbozzò un timido sorriso.
I nani sorrisero tra di loro, poi si adunarono.
"Cosa facciamo?" Sussurrò uno.
"Può rimanere?" Domandò un altro.
"A me piace" esclamò un terzo. Dopo varie discussioni, si voltarono verso Harold.
"Sai cucinare?" Chiesero in coro. Harold rimase un po' sorpreso dalla domanda ma annuì.
"Certo, al castello spesso ho cucinato con la mia cuoca" i nani annuirono e iniziarono a saltellare.
"So fare torte, focacce.." Fu interrotto prima di continuare.
"Focacce?" Urlò mestolo. Harold annuì.
"Allora puoi rimanere!" Esclamò, facendo scoppiare a ridere gli altri nani e Harold.
Scesero assieme in cucina e, mentre Harold iniziò a preparare la cena, i nani rimasero a guardarlo. 
Una volta pronto tutto, mise in tavola i piatti. Guardò i loro volti e notò che erano sporchi di fuliggine. Non poteva certo farli sedere in tavola in quello stato.
"Dovete lavarvi prima di cenare" i nani si guardarono sorpresi, ancora una volta.
"Lavarvi?" Chiesero in coro, guardando i patti pieni in tavola con occhi bramosi.
"Non potete mettervi seduti sporchi come siete! Suvvia, o non mangiate!" I nani, sconfitti, si misero in fila e si diressero verso la vasca. Il piccolo Mignolo inciampò nei suoi vestiti e cadde a terra. Harold lo fissò intenerito e poi si nascose dietro la porta per vedere i nani intenti ad osservare la superficie specchiata dell'acqua.
La toccarono spaventati, e poi alla fine Mestolo prese l’iniziativa: si schizzò dell'acqua addosso, per poi tirarla anche agli altri.
"Fermo! O rovinerai il mio ciuffo!" Esclamò Ciuffolo. 
"Avanti, poche storie! La cena è di là che ci aspetta!" Mestolo si leccò i baffi. Aveva l'acquolina in bocca.
Mascolo prese il sapone in mano ed iniziò a lavarsi, così gli altri presero esempio da lui. Ciuffolo, però, sembrava non volerne sapere di farsi il bagno.
Gli altri nani allora si unirono e lo presero di forza. Lo gettarono nella vasca: Mestolo e Mascolo cercavano di tenerlo fermo, assieme a Mignolo, che, però, nella ressa fu buttato da un lato, mentre Rosciolo e Tintolo lo strofinavano con il sapone.
Dopo vari tira e molla, schizzi e bolle di sapone, i nani si sedettero finalmente a tavola. Mestolo si gettò sulle focacce e in pochi secondi le divorò quasi tutte. 
Una volta finita la cena, si spostarono nel piccolo salone. Mestolo prese la sua chitarra, Mignolo il suo piccolo tamburello, ed iniziarono a suonare mentre Ciuffolo intonava una strana e buffa melodia. Iniziarono a danzare divertiti di fronte ad Harold, che iniziò a cantare assieme a loro, rapito dall'atmosfera euforica della serata. 
"Raccontaci una storia, ora!" Incitò poi Mascolo. 
"Si, raccontaci una storia!" Urlarono gli altri in coro. Harold si grattò la testa.
"Una storia vera" sussurrò Rosciolo.
"Una storia d'amore" continuò Cucciolo. Harold sorrise e pensò a Louis. Come gli mancavano i suoi occhi azzurri.
"Allora, vediamo.." Si mise a sedere su una delle piccole sedie, i nani lo circondarono subito.
"C'era una volta un principe" 
"Sei tu? Sei tu?" Chiese Mestolo, curioso. Harold sorrise.
"Che viveva in un castello bellissimo. Un giorno, incontrò per caso un altro principe bellissimo" a quel punto, i nani storsero il naso.
"Un principe? Non una principessa?" Harold scosse la testa, imbarazzato.
"Ma lui è la principessa! Tonto!" Cucciolo sgridò Mignolo, che si ritirò in un angolo del salone.
"Si, è la nostra principessa" disse Mascolo, fissando Harold con gli occhi di un innamorato.
"E vi siete baciati?" Chiese Mestolo ancora una volta. Harold scosse la testa.
"Però vi amate?" Persistette. Harold annuì.
"È stato amore a prima vista" i nani sorrisero beatamente, ma iniziavano ad essere stanchi. Harold li fece andare a dormire nei loro piccoli letti.
"Buona notte, principessa" dissero in coro. Harold scese nel salone e si sistemò sul loro piccolo divano, un po' rannicchiato in modo da farvi entrare gambe e testa.
Ciò che Harold, beatamente addormentato, non sapeva, era che la regina aveva sfortunatamente scoperto che il cuore portatole dal cacciatore, altro non era che un cuore di cinghiale. 
Decisa quindi una volta per tutta a liberarsi di Harold, aveva creato una pozione che le desse le sembianze di una vecchia mendicante. Con un'altra pozione, invece, aveva avvelenato una bellissima mela rossa, che avrebbe offerto al dolce Harold. Un solo morso, e sarebbe caduto in un sonno fatale, che solo il bacio del vero amore avrebbe potuto spezzare. 
Ma così come si era messa in azione la cattiva strega, anche il principe non si dava pace. Aveva cercato per tutto il regno Snow, senza riuscirlo mai a trovare. 
Alla fine ebbe la fortuna di imbattersi nel cacciatore, Liam, il quale gli disse che il principe era ormai perso nei boschi da giorni. Al che, il principe Louis non perse tempo ed iniziò a vagare tra gli alberi, giorno e notte, alla ricerca della sua amata anima gemella. Ma la casa dei nani era visibile solo a chi sapeva dove cercare, e il principe Louis non aveva idea che tra gli alberi si nascondesse la piccola dimora.
Il mattino successivo, Harold si svegliò finalmente riposato dopo giorni disperso nel bosco, e senza mormorii dello stomaco a tormentarlo.
Preparò la colazione e poi salutò i nani diretti a lavoro.
"Posso avere un bacio?" Chiese Cucciolo, fissandolo con i suoi enormi occhi marroni. Harold annuì, si abbassò e posò le sue labbra sulla fronte del piccolo nano.
"Anche io! Anche io!" Iniziò ad urlare Mestolo, che aveva in bocca ancora un pezzo di focaccia.
Harold strinse a sé il piccolo Mestolo e poi abbracciò anche gli altri cinque.
"Mi raccomando, attento, non aprire a nessuno! La strega potrebbe venirti a cercare!" Harold si chiuse in casa e salutò i nani dalla finestra che canticchiavano, marciando, diretti verso le miniere.
Non sapendo cosa fare, Harold iniziò a sistemare la casa e poi a cantare. Si fermò di colpo quando scorse il profilo di un’anziana signora alla finestra della cucina.
"Scusami caro, non volevo spaventarti" disse quella, con voce gracchiante. Harold aveva una mano sul petto e riusciva a sentire il suo cuore pulsare velocemente, sembrava quasi volesse uscirgli dal petto.
Si ricordò delle parole dei nani, e cercò di non badare alla vecchia anziana, in piedi oltre il davanzale della sua finestra. 
"Fammi entrare, ti prego, sono molto stanca" Harold la fissò per un secondo. Non poteva di certo lasciarla li. Il sole era alto nel cielo e faceva molto caldo, avrebbe potuto sentirsi male. Non appena si avvicinò alla porta, una miriade di uccelli si lanciarono in picchiata contro la vecchia signora, la quale alzo le braccia cercando di scansarli.
"Via, via, andate via" urlò Harold, prendendo sotto braccio la donna ed accompagnandola all'interno della casa.
La vecchia si sedette sul divano mentre Harold le andò a prender un bicchiere d'acqua.
"Grazie, sei così gentile. E così bello. I tuoi lineamenti sono così delicati, così simili a quelli di una principessa" Harold arrossì e le porse il bicchiere.
"Dimmi, cosa ci fa un ragazzo come te nel mezzo di un bosco come questo? Non sarai forse un principe in fuga?" Harold iniziò ad insospettirsi. Cosa voleva quella vecchia da lui? Cosa ci faceva sola in mezzo a quel bosco?
"Dimmi, quale è il tuo desiderio più grande?" La donna tiro fuori della sua manica una splendente mela rossa.
"Io, eh, non saprei" la vecchia si alzò e iniziò ad avvicinarsi a lui.
"Avanti, devi avere un sogno. Sei innamorato, forse?" Lo sguardo di Harold si illuminò pensando a Louis.
"Ah, lo sapevo. Non desideri poter stare con lui?" Harold annuì.
"Allora prendi, mangia questa mela e tutti i tuoi sogni si avvereranno" porse la mela in mano ad Harold, che la strinse nel suo palmo fissandola.
"Avanti, sbrigati, o l'effetto svanirà" lo incitò la donna. Harold avvicinò la mela alle labbra mentre la vecchia lo guardava con occhi languidi. Diede un primo morso e ingoiò lentamente il boccone.
Stava ancora stringendo la mela tra le sue dita, pronto per affondare un altro boccone in quella succosa polpa bianca come la sua pelle, quando si sentì improvvisamente stanco.
"Cosa mi succede?" Deglutì e si avvicinò al divano per sedersi.
"Ora sarò io che tutti ameranno! Non potrai più portarmi via il potere, la bellezza!" Iniziò ad urlare la vecchia, che pian piano si stava trasformando nella sua malefica matrigna.
"Eleanor?" Sussurrò Harold, prima di cadere in un sonno profondo. La vecchia si godette pochi momenti di gloria, prima che i nani, richiamati dagli animali del bosco, giunsero correndo alla casa per salvare Snow. Purtroppo, era troppo tardi.
Rincorsero la donna fino alla cima di una rupe, che si spezzò sotto il suo peso, facendola scivolare in un burrone senza fine.
I nani, poi, entrarono in casa e trovarono il corpo esanime di Harold, disteso a terra. La mela avvelenata era rotolata fino ai loro piedi. 
Con gli occhi pieni di lacrime, lo sollevarono e fecero distendere sul divano. Dopo di che, costruirono un letto abbastanza grande da ospitare il suo lungo corpo. Ve lo deposero sopra.
Animali di tutti i tipi si radunarono attorno al letto di Snow, per commemorare il suo cuore puro, che, anche con i suoi nemici, non era riuscito ad oscurarsi.
Fu solo qualche giorno dopo, ancora alla ricerca del suo principe, che Louis giunse nei pressi del letto dove Harold dormiva beatamente. Il suo corpo era rilassato e candido, eppure immobile, privo di vita.
Il candore delle sue guance era sparito.
Louis si accasciò a terra; non riusciva a creder di aver passato così tanto tempo a cercarlo, ed ora che era lì davanti a lui non poteva dirgli quanto lo amava, quanto aveva bramato il giorno della loro ricongiunzione. 
Cucciolo gli si avvicinò e posò una mano sulla sua spalla. Louis si voltò e guardò negli immensi occhi del nano.
"E tu chi sei?" Chiese sorpreso, asciugando le lacrime. 
"Noi siamo amici di Snow. Lo abbiamo accolto quando era in fuga della regina cattiva. Lui si è preso cura di noi" disse Mestolo, in mano teneva un pezzo di focaccia rimasto. Non aveva avuto il coraggio di mangiarlo, lo teneva sempre con sé, come una reliquia. 
"Aveva un cuore d'oro" Louis si alzò in piedi e fissò il volto del suo amato. Che destino crudele quello che aveva deciso di farli incontrare per poi separarli.
Si chinò leggermente sulle sue labbra rosee. Nonostante fosse ormai morto, le sue labbra erano ancora simili a due boccioli di rosa, di un rosso vivo, in netto contrasto con la sua pelle bianca, bianca come la neve che scendeva d'inverno sul suo villaggio, ricoprendo strade e case.
Accarezzò i ricci capelli neri di Harold e poi posò un leggero bacio su quelle labbra vive. Si alzò e fissò per un’ultima volta il suo viso. Proprio quando stava per allontanarsi, gli occhi di Harold sembrarono muoversi.
I nani trattennero il fiato, così come Louis che fissò stupito Harold aprire gli occhi e accendersi di vita; era come si fosse svegliato da un lungo sogno.
"Louis" sussurrò Harold. Louis si avvicinò al letto e strinse tra le sue braccia l'altro. 
"Ti ho cercato così a lungo" Harold inspirò il profumo dell'altro e poi sciolse l'abbraccio.
"E io ti ho aspettato per tutto questo tempo" questa volta si baciarono con più passione, sotto lo sguardo imbarazzato dei nani.
Poi Harold si alzò dal letto e prese in braccio Louis. 
"Sposami, diventa il mio re" Louis scoppiò a ridere e annuì. Tutti i nani iniziarono ad applaudire.
"E voi, mi mancherete!" Disse Harold, lasciando andare Louis e salutando i nani.
"Mi mancheranno i tuoi abbracci" sussurrò Cucciolo.
"Mi mancheranno le tue focacce" disse Mestolo. Harold scoppiò a ridere.
"Ve ne porterò a volontà, ci vedremo spesso, non vi dimenticherò!" I due ragazzi salirono sul cavallo del principe Louis e, salutati da urla e canti di gioia degli animali del bosco, si avviarono verso il loro tramonto.
E vissero per sempre felici e contenti.
 





                           


 

   
 
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