Capitolo
2
“
Past Lives “
[Due mesi
prima]
Hinata Hyuuga stava
rannicchiata sulla grande poltrona di pelle nera posizionata esattamente al
centro della sala comandi.
Tutto intorno a lei era
silenzioso e calmo, una tranquillità quasi inverosimile che solo lo spazio
infinito poteva trasmettere. La ragazza si mosse impercettibilmente sulla comoda
poltrona, portando i propri piedi ghiacciati sotto il sedere nella vana speranza
di restituirgli un po’ di calore, ma questo movimento le fece solo cadere a
terra la calda coperta di lana viola che l’avvolgeva, lasciandola in balia del
freddo che sembrava avvertire solo lei in quella nave
spaziale.
Con uno sforzo non
indifferente, si sporse fuori dalla poltrona cercando di recuperare la coperta,
ma la testa cominciò subito a girarle in modo alquanto fastidioso e nauseabondo,
provocandole solo un gemito di dolore e di frustrazione.
Lasciò perdere il suo
proposito e nervosamente sprofondò nella pelle della poltrona, stringendosi il
maglione di lana addosso, rannicchiando ancora più le gambe al petto se era
possibile. Ma la testa ormai aveva preso a fare i capricci e Hinata prevedeva
che non le avrebbe permesso di dormire nemmeno quella
notte.
Notte.
Non che nello spazio la
notte fosse differente dal giorno, ma quello per lei era l’unico modo di far
passare il tempo. Non le bastava controllare il cronometro che scandiva le ore
passivamente, aveva bisogno ogni tanto di dividere le ore giornaliere e notturne
per avere la magra illusione che il tempo trascorresse più veloce. Solo
un’illusione, perché quando si è nello spazio, il tempo non conosce dimensione:
le distanze sembrano non colmarsi mai e tutto diventa immobile, la sensazione di
navigare su un mare senza onde o correnti è troppo forte, porta troppo spesso il
cervello alla sensazione di stare rinchiusi dentro a una
gabbia.
Hinata guardò oltre i
grandi vetri della navicella che le permettevano una visuale a 180° delle stelle
davanti a lei. Una voce gracchiante partì da un altoparlante in alto a destra e
le arrivò dritta all’orecchio facendola sussultare per la
sorpresa.
“Hinata abbiamo appena
passato il pianeta Krosh e stiamo finendo il carburante.”
La ragazza alzò lo
sguardo, prendendosi la lunga treccia di capelli corvini e portandosela alla
bocca, pensierosa.
“Chiedi a Ino di venire
qua, per favore.” Mormorò flebile, quasi un sussurrò poco percettibile, ma
sembrava che la sua interlocutrice l’avesse capito chiaramente, tanto è che non
si sentì più alcun rumore venire dall’altoparlante.
Hinata sospirò stanca,
passandosi pesantemente una mano sugli occhi gonfi e lucidi e tirando su col
naso. La testa continuava il suo giro vorticoso e se in quel momento non fosse
stata comodamente seduta sulla sua poltrona di comando, probabilmente sarebbe
già cascata in terra una decina di volte.
La porta automatica
dietro di lei si aprì con un leggero ronzio e si richiuse subito, il
riecheggiare di passi sul pavimento annunciò l’arrivo della sua assistente di
rotta.
- Mi hai fatta
chiamare?- domandò una voce acuta, forse troppo.
- Hai sentito quello
che ha detto Tenten?-
-
Sì.-
- E tu come vedi la
faccenda?-
- Dipende che manovre
vuoi fare, Hinata.-
- Tu cosa consigli,
Ino?-
La giovane ragazza dai
morbidi capelli biondi si mosse verso i comandi della navicella, pigiando a
velocità sorprendente alcuni tasti. In men che non si dica, sulla schermata che
prima favoriva la visuale dello spazio, adesso immagini di tabelle, percentuali,
distanze, numeri e figure fecero la loro comparsa, illuminando la stanza con
flebili colori.
- Il prossimo pianeta
dopo Krosk è Kinshu, a distanza di sette ore. Possiamo fermarci anche là, ma
diciamo che quel pianeta non è molto famoso per le buone
maniere.-
- E’ uno dei pianeti
ribelli?- domandò Hinata osservando con interesse la
schermata.
- Lo è stato, a quanto
ne so adesso è in periodo di trattativa col governo centrale di questa galassia,
ma ancora non vedono di buon occhio le navicelle governative come la nostra.
Potrebbero crearci dei problemi, se atterrassimo lì.-
Il comandante annuì
leggermente, dando ancora una breve occhiata alle tabelle sulla
schermata.
- Fermiamoci a Krosh.
Facciamo il pieno, sia di carburante e di provviste, e tiriamo avanti finchè non
usciamo da questa galassia.-
Ino annuì con vigore,
congedandosi da Hinata e andando a raggiungere Tenten avvertendola di prepararsi
per l’ormai prossima sosta.
Una volta che la
ragazza dai capelli corvini rimase nuovamente sola, un attacco di tosse la colse
all’improvviso, costringendola a piegarsi in avanti dalla
poltrona.
Odiava avere
l’influenza.
Era sempre stata di
salute cagionevole rispetto alla norma, sul suo pianeta ormai si ammalava solo
poche volte, quando c’erano sbalzi improvvisi di temperatura o dei cambiamenti
di stagione troppo veloci; ma quando andava in missione ed era costretta a
cambiare completamente i suoi modi di vivere e gli ambienti familiari, allora la
febbre era praticamente assicurata.
Ricordava i primi tempi
dell’accademia, quando era stata da poco avanzata al grado di comandante, quanto
aveva dovuto faticare per farsi accettare dalle truppe completamente al
maschile; era difficile trovare dei comandanti di sesso femminile (dietro c’era
più un fatto di soldi che per altro) e in più era noto che suo padre era un
importante senatore molto influente nella politica, quindi capitava spesso che i
suoi uomini si beffassero di lei perché era donna e raccomandata (cattiveria
gratuita, perché Hinata se l’era sudata la sua uniforme di comandante), senza
contare il suo carattere non proprio autoritario. Si era sempre distinta, anche
all’interno dell’accademia, per la sua gentilezza innaturale, i suoi movimenti
eleganti e fini che si addicevano più a una principessa che a un militare; la
sua timidezza poi l’aveva spinta a comportamenti distaccati verso gli altri,
attribuendosi la fama di donna fredda e costante che non corrispondeva alla
realtà.
I suoi uomini si erano
presi deliberatamente gioco di lei, e prima di ricevere il loro completo
rispetto, aveva dovuto subire umiliazioni, scherzi poco divertenti e battute
discriminatorie. Se adesso era quello che era, lo doveva soltanto a se stessa:
non importava se c’era ancora qualcuno che mosso dall’invidia e dalla gelosia
diceva ancora che suo padre aveva fatto un paio di chiamate a aveva risolto la
faccenda. Lei sapeva cosa aveva fatto, sapeva chi era e tanto
bastava.
Le uniche persone che
erano riuscite a oltrepassare l’alta barriera della sua timidezza erano state
quelle tre ragazze con cui adesso so ritrovava in viaggio.
Tenten prima fra tutte,
era stata la prima che le avesse rivolto un sorriso sincero, invece che di
circostanza. L’aveva conosciuta durante una missione, a quel tempo Tenten era
solamente un soldato semplice e lei un tenente impacciato. Non era strano
trovare delle ragazze giovani come lei arruolate nell’esercito; sul loro pianeta
le cose non andavano molto bene, non tutte le famiglie erano ricche, molte
vivevano di stenti e il denaro non era mai molto: quindi non pareva una cosa
anormale vedere delle ragazze (alcune volte anche delle bambine) entrare
nell’esercito e fare lavori mascolini. A volte questo era l’unico modo per
portare un po’ di soldi a casa e garantirsi un futuro nelle forze armate senza
problemi economici.
E Tenten era come
quelle ragazze.
Le aveva raccontato che
suo padre era morto quando lei aveva sette anni, lasciando lei, la madre e altri
tre fratellini soli e senza un soldo. All’inizio aveva fatto i lavori più umili
e massacranti per riuscire a portare qualcosa a casa. Una volta aveva trovato
lavoro nella bottega di un fabbricatore di armi: lì aveva appreso come
maneggiare una pistola, come usare un pugnale, come poter usufruire nel
combattimento anche un semplice bastone; tutto quello l’aveva affascinata,
convincendola a quindici anni di arruolarsi nell’esercito.
Era portata per quella
vita, era un lavoro che le piaceva, malgrado il contesto non era dei più
piacevoli. Non aveva mai ammazzato nessuno, grazie al cielo, ma molte volte era
stata vicina al farlo e questa era l’unica cosa che Tenten detestava; il suo
amore per il combattimento comunque andava oltre. Ed era proprio quell’amore che
poi l’aveva portata solo un anno e mezzo indietro ad avanzare come comandante
militare.
“La paga è buona, la
mia famiglia sta bene adesso, e io faccio quello che mi piace. Non potrei stare
meglio.”
Tenten era troppo
buona, era quella la cosa più importante che si potesse notare dopo averla
conosciuta.
Dopo la conoscenza di
Tenten, Hinata aveva incontrato la giovane Sakura Haruno.
Era tornata da una
missione con la febbre alta, come sempre succedeva, ed era stata portata
all’ospedale per i soliti controlli di routine. Aveva visto quell’insolita
chioma rosa spuntare da dietro un angolo con una grossa siringa piena di uno
strano liquido giallognolo stretto nella mano; lo sguardo era deciso e solenne,
metteva quasi paura. Si era fermata davanti al suo lettino, il viso minaccioso e
irritato di chi la mattina probabilmente si era svegliato col piede sbagliato, e
le aveva puntato l’ago della siringa a pochi centimetri dalla faccia, facendole
quasi venire un collasso.
“Hinata Hyuuga?” le
aveva chiesto secca.
Lei si era ritrovata ad
annuire terrorizzata, quella ragazza dai capelli rosa la stava mettendo talmente
in soggezione che non si accorse nemmeno che quell’infermiera pazza le aveva
preso un braccio senza tanti complimenti, l’aveva punto con l’ago e aveva
iniettato il farmaco.
“Un po’ di riguardo
insomma! La signorina è un alto tenente!” le aveva urlato l’uomo accanto a lei
che l’aveva accompagnata. Sakura l’aveva fulminato con i suoi occhi smeraldini,
puntando i pugni sui fianchi e sbuffando minacciosamente.
“Può essere anche la
regina dei miei stivali per quanto mi riguarda! Nelle altre stanze ci sono
uomini che stanno per morire e se permettete la loro vita vale molto di più di
una semplice influenza presa nello spazio!”
Dopo quella frase, la
giovane infermiera nonché futuro medico Sakura Haruno, era ufficialmente entrata
nel suo cuore.
Tutti, tranne che i
suoi uomini, l’avevano trattata come un piccolo cristallo che si può scalfire al
minimo tocco, facendola sentire molte volte inutile e di peso a tutti. Sakura
invece, con la sua indole un po’ mascolina, l’aveva trattata per la prima volta
come un semplice essere umano. Per qualche strana ragione, si era sentita quasi
normale.
E è stato dopo Sakura
che aveva conosciuto Ino Yamanaka.
Su una persona come
lei, biondina e tutto pepe, non ci avrebbero scommesso nemmeno un soldo
falso.
La sua condizione
economica era simile a quella di Tenten, su madre era morta da poco per una
malattia e il padre era scomparso parecchi anni indietro, durante una missione.
Era un militare.
Era ambiziosa, Ino, e
ormai rimasta sola al mondo aveva tutto il tempo per pensare a se stessa. Il suo
fisico troppo magro non le aveva permesso di entrare nell’esercito come era
successo a Tenten, però il desiderio di prestare servizio su una navicella
spaziale era forte, voleva viaggiare, andarsene da quel paese che in tutti
quegli anni non le aveva mai dato niente e rifarsi una vita lontano, magari
avrebbe anche potuto ritrovare suo padre, chi poteva mai
dirlo.
Così decise che
Topografia e Scienze di Rotta sarebbero stati i suoi studi
futuri.
Studi che però
costavano e lei in quel periodo era senza un soldo.
La prima volta che
Hinata l’aveva incontrata, era in uno squallido locale di periferia dove i suoi
uomini ci andavano spesso per bere in allegria e per godere della buona
compagnia di qualche bella donna.
A pagamento,
ovviamente.
Era con Tenten quella
sera, e insieme videro uno dei soldati, completamente ubriaco fradicio,
allungare le mani verso una minuta ragazza bionda, che aveva preso a
urlare.
Senza nemmeno pensarci,
Tenten era andata in soccorso alla ragazza, atterrando l’uomo con un pugno degno
di un pugile e aiutando la povera cameriera ad uscire da quel
locale.
La prima volta che
Hinata aveva visto Ino Yamanaka, il suo volto era bagnato dalle lacrime. Per
procurarsi dei soldi, quel lavoro da cameriera era l’unica cosa che aveva
trovato: Ino era bella, dannatamente bella, e in quei locali viziosi era una condanna.
Ma quel poco che aveva
guadagnato era bastato per la sua ammissione all’accademia e da lì in poi, la
sua strada fu abbastanza in discesa: era straordinariamente portata per fare
l’assistente di rotta e fu quello che poi divenne due anni
dopo.
- Hinata, la tua
medicina.- una voce melodiosa e pacata destò il comandante dai suoi ricordi,
provocandole un sussulto.
Sakura era al suo
fianco, in mano teneva un bicchiere pieno d’acqua con dentro una pastiglia
bianca che si stava pian piano sciogliendo; glielo porse con gentilezza
aspettando che l’altra lo bevesse tutto.
- Non mi piacciono
questi intrugli..- mormorò Hinata prendendo titubante il bicchiere di
vetro.
- Questi intrugli ti
faranno passare la febbre, cara..-
La ragazza dai capelli
corvini sospirò sconfitta, avvicinando il bicchiere alle proprie labbra, quando
improvvisamente uno scossone violento fece tremare l’intera navicella: il
bicchiere cadde in frantumi sul pavimento rovesciando tutto il suo contenuto,
Sakura fu sbalzata a terra e alcuni oggetti caddero facendo la fine del
bicchiere.
La sirena d’emergenza
rimbombò per tutta la navicella, mentre la porta scorrevole della cabina comandi
si aprì con uno strattone, facendo apparire Ino e Tenten che si aggrappavano
alle pareti per non cadere a terra.
- Che cavolaccio
succede?!- chiese Sakura massaggiandosi il sedere.
- Se lo sapessi saremo
già fuori da questa situazione, FronteSpaziosa!-
Ino riuscì
miracolosamente a raggiungere i comandi, premendo tasti su tasti, azionando leve
e levette. All’improvviso il tremore che aveva colto la navicella cessò subito,
riportando tutto alla calma di prima.
- Brava InoPig, ogni
tanto fai delle cose buone..- sorrise Sakura con un sospiro.
Ino invece non
sorrideva, il suo volto al contrario era diventato ancora più pallido e i suoi
occhi trasmettevano solo sconforto.
- Tenten..- chiamò con
un sussurro flebile.
- Sì,
Ino?-
- Prepara le
armi..-
-
Come?-
- I pirati dello
spazio..-
- Che hanno
fatto?-
- Sono
entrati.-
-
Dove?-
-
Qui.-