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Autore: vegeta4e    08/01/2014    3 recensioni
Haytham Kenway, Gran Maestro Templare, e Kaniehti:io, indigena. Rivivere i momenti passati insieme faranno riflettere il londinese, facendogli capire che il suo Credo e il suo cuore non potranno mai andare d'accordo.
Dal testo:
E ora ero lì, sopra di lui, sopra mio figlio. Tenevo le mani salde sul suo collo, ma non riuscivo ad andare oltre. Eravamo entrambi sporchi di sangue e lo vedevo, lo sentivo respirare affannosamente sotto di me. Dissi che l'avevo risparmiato per curiosità, ed in parte era vero. Morivo dalla voglia di vedere che uomo era diventato: testardo, leale, ingenuo, ignorante. Forte, ma poco sveglio per capire la realtà. Infantile oserei dire, convinto dell'idea che la libertà avrebbe portato alla pace.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Kenway, Haytham Kenway, Kaniehtì:io (Ziio)
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SHE SAVED ME AND THEN KILLED ME

 

Il piano era pronto. Hickey e gli altri erano in strada ad attendere il convoglio di indigeni per Silas, e intanto si erano riparati dietro un carro ribaltato che avrebbero usato come barriera per l'imminente scontro. Haytham e Charles stavano di vedetta su un tetto quando, da una curva in fondo alla strada, spuntò  il loro bersaglio.

Una delle prigioniere, che aveva i polsi legati, era seduta affianco al cocchiere, il quale teneva saldamente le briglie dei due cavalli trainanti. Gli altri prigionieri erano rinchiusi nel carro che trainavano, fatto di legno e con delle sbarre vecchie e marce.

Tutto era pronto, il piano stava per iniziare.

Quando furono abbastanza vicini, Haytham estrasse la pistola, sparando senza esitazione a una delle due guardie che anticipavano i cavalli. Quest'ultimi s'impennarono a causa dello sparo, mentre gli alleati a terra colpivano gli altri. Haytham saltò giù agilmente, atterrando sulla strada, e in breve tempo tutti indossarono le divise rosse dei cadaveri. Haytham prese posto come cocchiere, voltandosi poi verso la donna nativa.

<< Vi salverò, te lo prometto. >> disse con espressione seria, poi spronò i cavalli.

<< Liberami. >> rispose scontrosa.

<< Ora non posso farlo, non posso rischiare che vada tutto all'aria. >>

E fu di parola, infatti. Una volta raggiunto Silas, Haytham e i suoi avevano ucciso tutti, e il Templare aveva liberato l'indigena tagliando le corde con la lama celata.

Lei fuggì subito, senza nemmeno ringraziare, ma quando varcò la soglia della libertà si voltò a sinistra, scorgendo quell'uomo con la giubba rossa e il codino che la fissava.

Sorrise di riflesso, lo stesso fece lui.

 

***

 

Dal giorno in cui aveva sabotato i piani di Silas non l'aveva più rivista. Nonostante avesse fatto appositamente delle passeggiate strategiche nei boschi per incontrarla, lei sembrava sparita nel nulla. Quella mattina aveva appena smesso di nevicare e il cavallo faceva fatica ad avanzare sulla neve fresca, ma Haytham non vi badò più di tanto, pensava a quella donna silenziosa e orgogliosa che aveva liberato pochi giorni prima.

Charles gli trottava affianco, sembrava che stesse attento anche a come respirasse, pur di far colpo sul londinese.

D'un tratto Haytham abbandonò il sentiero per addentrarsi nella foresta.

<< Signore? Non è saggio abbandonare la strada, potremmo perderci! >> osservò Charles. L'altro non lo degnò di uno sguardo

<< Non la troveremo mai a lato della carreggiata, Lee, dobbiamo per forza inoltrarci! >> si stava spazientendo. Charles notò il tono di voce scocciato e lo seguì senza ribattere e, superata una collinetta, scorsero un piccolo fuoco acceso con la donna  che tanto cercavano che si scaldava le mani. Haytham bloccò ogni iniziativa del compare, che aveva sgranato gli occhi, mettendogli una mano davanti.

Si sarebbe avvicinato da solo, non voleva spaventarla.

Scese da cavallo avanzando lentamente verso di lei. Stava attento a non fare rumore nell'affondare nella neve, quando un ringhio attirò l'attenzione dei due uomini. Dei lupi si stavano avvicinando all'indigena, ignara del pericolo che stava correndo.

Preso dal panico, Charles non ci pensò due volte ad estrarre la pistola e puntarla contro un lupo, ma lo sparo non spaventò solo gli animali, difatti la ragazza mohawk stava correndo via.

<< No! Aspetta! >> aveva detto istintivamente Haytham . Iniziò a correrle dietro seguendo le tracce sulla neve, quando la notò tranquillamente appollaiata su un albero.

<< Sto perdendo la pazienza, donna!>> aveva tentato di convincerla, ma fu vano, visto che lei aveva iniziato a spostarsi di ramo in ramo.

Il Templare la seguiva tenendo il naso all'insù, assai stupito di come quella donna fosse abile. Fu sollevato quando non ci furono più alberi e lei si trovò costretta a proseguire a terra, così accelerò il passo, finché la raggiunse. Lei si fermò, stufa di essere seguita.

<< La tua testa non funziona?! >> sbottò.

Lui avanzò ancora di qualche passo, faticando per la neve che, essendo alta quasi fino al ginocchio, lo costringeva ad un lavoro di gambe non indifferente.

<< Io.... Haytham... Io... Vengo.in.pace >> lo disse piano, un po' temendo che lei non capisse, un po' per il fiatone.

<< Perché.parli.così.lentamente? >> gli fece il verso lei. Lui si sentì stupido, le aveva già parlato e lei si era dimostrata perfettamente in grado di parlare e comprendere la sua lingua.

<< .... Scusa. >> abbassò lo sguardo, palesemente a disagio.

<< Cosa vuoi!? >> chiese irritata. Allargò le braccia, pretendeva delle spiegazioni. 

Lui prese fiato.

<< Beh, il tuo nome, intanto. >> disse da gentiluomo londinese qual era.

<< ..... Sono Kaniehti:io. >> rispose dopo un po' d'esitazione.

<< Lieto di conoscerti Ka-Kanie.. >>  che razza di nome aveva?

<< Chiamami Tiio. >> decise di andargli in contro, vedendolo in difficoltà.

<< ... Ziio. >> tentò di ripetere.

<< Tiio! >> sottolineò.

<< .... Tiio... >>

<< Ora dimmi che ci fai qui. >> lo squadrò da capo a piedi. Non si fidava, non si sarebbe mai fidata di nessun uomo bianco. Loro erano tutti uguali.

L'uomo si limitò a tirare fuori dalla veste il medaglione che si portava dietro da Londra, sicuro che lei avrebbe intuito senza alcun problema. Difatti la ragazza glielo strappò di mano.

<< Ma dove lo hai preso? >>

<< Da un vecchio amico >> disse ironicamente.

<< Ho visto questi segni solo in un altro posto... >> si lasciò sfuggire.

<< Dove? >> la incalzò lui.

<< Mi é proibito persino parlarne. >>

<< Io vi ho liberato! Non conta niente per te? >> sospirò, poi indietreggiò di un passo mostrandole i palmi delle mani.

<< Senti... Io sono tuo amico >> doveva entrare nelle sue grazie.

<< Qui vicino c'é una collina. Ci vedremo lì e scoprirò se dici il vero. >> detto ciò si allontanò portando con sé il medaglione. Era riuscito a conquistare la sua fiducia.

 

Quella sera la raggiunse alla collina, come d'accordo. Lei lo attendeva comodamente seduta sulla neve, osservandolo mentre si avvicinava con le mani dietro la schiena. Lui si fermò a un passo da lei, che nel frattempo si era alzata. Haytham la guardava senza proferire parola, attendendo che lei gli dicesse cosa doveva fare per conquistare la sua fiducia.

<< In città ci sono soldati che vogliono cacciarci dalle nostre terre. Li comanda un uomo chiamato “Il Bulldog”. >>

<< Edward Braddock. >> disse istintivamente.

<< Lo conosci? >> il tono di voce era infastidito e allarmato.

<< Non è mio amico. >> si affrettò a precisare. No, non lo era affatto. Quell’uomo non gli era mai andato a genio. Troppo stupido e troppo rozzo per capire che con la violenza gratuita non avrebbe raggiunto lo scopo che l’Ordine Templare tentava di conseguire. Edward Braddock faceva stragi e non ragionava ed Haytham, che sempre aveva prima pensato prima d’agire, non tollerava comportamenti del genere.

<< Ogni giorno il mio popolo soffre per gente come lui. >>

<< Allora vediamo di fermarlo. Insieme. >>

<< Che cosa proponi? >>

<< Di uccidere Braddock! >> lei annuì concorde, era l’unica soluzione << Ma prima dobbiamo trovarlo. >>

 

Scesero dall’altura dirigendosi verso una taverna in fondo alla strada, ma Kaniehti:io sembrava pensierosa.

<< Non mi fido di te. >> ruppe il silenzio.

<< Lo so. >> per quello la stava aiutando, per dimostrarle il contrario.

<< Ma rimani qui. >> sottolineò il controsenso lei.

<< Per provarti che sbagli. >> rispose Haytham con calma mentre avanzava.

<< Non succederà. >> continuò lei.

<< Lo dici tu. >> era davvero cocciuta, santo cielo.

<< Io lo so. >>

<< Ma io rimango. >> calcò l’ultima parola per convincerla. Non si sarebbe tirato indietro. Non ora.

 

***

 

Grazie all’aiuto di Tiio era riuscito ad uccidere Edward Braddock. Poteva ritenersi fortunato, aveva preso due piccioni con una fava: si era tolto di mezzo quella spina nel fianco e, come sperato, aveva convinto la donna mohawk a fidarsi di lui. Dopo aver sfilato l’anello Templare a Braddock, Haytham tornò da Kaniehti:io.

<< È fatta. >> disse solo, quando se la ritrovò di fronte. Lei non disse nulla e gli mise in mano il medaglione, lasciandolo di stucco.

<< Ho tenuto fede a quanto promesso. Conto che farai lo stesso anche tu. >> continuò guardandola. Lei lo fissò per qualche attimo.

<< Seguimi. >> si limitò a dire.

Non sapeva dire per quanto avessero vagato nel bosco. Ad ogni curva Haytham perdeva sempre di più il senso dell’orientamento, mentre quella donna sembrava sapesse esattamente dove andare… O almeno lui se lo augurava.

La seguiva in silenzio, ansioso di scoprire i segreti che il medaglione gli avrebbe rivelato. Finalmente tutta la fatica che aveva fatto sarebbe stata ricompensata, non vedeva l’ora.

Ad un tratto entrarono in una grotta, arrivati in fondo Haytham notò sulla sinistra una piccola rientranza, poi si soffermò sulla parete dinnanzi a lui. C’erano graffiti dei precursori, ma la sua attenzione venne catturata da ben altri segni. Sulla roccia erano incisi gli stessi simboli presenti sul medaglione. Avvicinò l’oggetto alla parete, ma l’unico risultato che ottenne fu un deludente sbrilluccicare delle linee incise sulla roccia.

Notò solo ora che, al centro, era presente una cavità rotonda. Capì che era stato tutto vano, poiché per proseguire era necessario il frutto dell’Eden.

<< No! >> si lasciò sfuggire. Restò a guardare la roccia, ormai tornata normale, per diversi secondi. Non poteva finire così, no. Significava che tutti gli sforzi fatti fino a quel momento erano stati vani.

<< Mi sembri deluso. >> constatò Kaniehti:io, vedendo la reazione.

<< Avevo in mano una chiave, credevo aprisse qualcosa… >> ammise lui guardandosi intorno

<< C’è solo questa stanza. >> lo imitò lei. Haytham abbassò lo sguardo, conscio del fallimento.

<< … Mi aspettavo di più.>> si spostò di lato di qualche metro, osservando questa volta i disegni dei precursori.

<< Cosa significano? >> domandò. Dopo qualche secondo lei iniziò a parlare, spiegando al Templare il significato di quei disegni. Parlò di come l’uomo venne creato, di come riuscisse a sopravvivere nel mondo che conoscevano, venendo guidati e ascoltati dall’essere superiore che li aveva plasmati.

<< … Le sue mani ci guidano e il suo amore ci dà la forza. >> istintivamente, pronunciando l’ultima frase, prese la mano di Haytham, stringendola. L’uomo rimase stupito da questa forma d’affetto e, lentamente, abbassò lo sguardo sulla mano di Tiio che teneva la sua, coperta dal guanto. Da quanto qualcuno non si comportava così con lui? Deglutì imbarazzato, poi si fece coraggio, decidendosi ad alzare gli occhi su di lei.

<< Sei stata molto gentile con me, Tiio. Grazie >> abbassò nuovamente lo sguardo. Perché non riusciva a guardarla per più di cinque secondi? Cosa gli stava succedendo?

Si mosse, senza tuttavia sciogliere la stretta di mano, e le si mise di fronte.

<< Io… Dovrei andare. >> ma non fece in tempo a finire la frase. Si era abbassato su di lei, baciandola. Lei gli appoggiò una mano sulla guancia, approfondendo quel contatto.

 

***

 

Era nella solita locanda con Charles Lee e gli altri.

Era tornato dalla grotta dei precursori in cui lo aveva condotto Tiio, da cui si era separato da un paio d'ora circa.

Eppure non riusciva a smettere di pensarla. L'aveva baciata, Dio, e non solo.

Lui, Haytham Kenway, Gran Maestro Templare, con un'indigena.

Lui, che avevo pianificato tutto quanto, che si ero promesso, anzi, giurato, di portare a termine la missione, stava avendo ripensamenti. Aveva avuto altre donne, specialmente stando a Londra, grazie alla fama e alla buona reputazione che aveva. Era di buona famiglia e aveva sempre potuto permettersi il meglio, e benché Tiio non fosse nemmeno paragonabile alle dame che gli avevano tenuto compagnia... beh, era speciale.

I suoi lineamenti fini l'avevano colpito sin dalla prima volta che l'aveva vista.

<< Signore? >> la voce di Charles lo destò dai suoi pensieri.

<< Dimmi >> si passò una mano sugli occhi, aveva bisogno di riposare.

<< Signore, mi chiedevo quali fossero i piani riguardo i precursori. I nostri sforzi si sono rivelati vani, purtroppo. >> teneva le mani giunte dietro la schiena, mentre con il busto era leggermente piegato in avanti, forse per rispetto, forse per farsi udire meglio da Haytham, che era seduto.

Si inumidì leggermente le labbra. Sapeva già come agire, doveva solo trovare il modo più adatto per dirlo senza destare sospetti.

<< É stato un fallimento, mi duole dirlo. Pensavo di avere una chiave. Continueremo le ricerche, per ora il sito dei precursori non ci interessa, è meglio concentrarsi su altre faccende. >>

<< Ma certo, come volete, Signore. >> annuì con convinzione abbozzando un sorriso.

Doveva tenerli alla larga da quel posto, ripetendosi che, nel caso avessero fatto altre scoperte, sarebbe andato da solo. Non poteva rischiare, non ora, non dopo aver conosciuto Tiio.

 

***

 

E ora ero lì, sopra di lui, sopra mio figlio. Tenevo le mani salde sul suo collo, ma non riuscivo ad andare oltre.  Eravamo entrambi sporchi di sangue e lo vedevo, lo sentivo respirare affannosamente sotto di me.

Sapevo di non essere in grado di ucciderlo, ed era per questo che lo odiavo. Detestavo sia me sia lui, non tolleravo l'idea di avere una debolezza, specialmente quando riguardava ciò che per me era quotidiano: uccidere.

Pensavo che, non avendolo mai visto e non avendo legami con lui, sarei riuscito a liberarmene, invece nemmeno al nostro primo incontro riuscii ad ammazzarlo, non con quegli occhi così simili a quelli di Tiio che mi fissavano.

Dissi che l'avevo risparmiato per curiosità, ed in parte era vero. Morivo dalla voglia di vedere che uomo era diventato: testardo, leale, ingenuo, ignorante. Forte, ma poco sveglio per capire la realtà. Infantile oserei dire, convinto dell'idea che la libertà avrebbe portato alla pace.

Errore. Errore madornale.

La libertà, senza nessuna guida, avrebbe portato solamente al caos, e il mio obiettivo era quello di trovare quell’autorità.  Una persona giusta, severa, ragionevole.

Missione ardua la mia, che volevo trovare qualcuno in grado di non cedere alle debolezze umane.

Avevo sempre sperato che Connor capisse, volevo aprirgli gli occhi e salvarlo dall'ignoranza, ma non vi riuscii.

In quel momento, forse, la mia debolezza mi fu fatale, poiché Connor riuscì a liberare il braccio sinistro, quello con la lama celata. La fece scattare, l'arma uscì dalla manica e, con decisione, me la conficcó nel collo. Ma la estrasse subito, come se si fosse reso conto in quell'istante di cosa avesse fatto.

Mi portai una mano sulla ferita, incredulo, mentre sentivo chiaramente le forze abbandonarmi. Nonostante tutto mi alzai, scostandomi da lui.

Perché? Perché mi era toccata quella vita? Non avevo avuto altro che delusioni e perdite.

Caddi in ginocchio, mentre mio figlio si era ormai rialzato e mi fissava.

<< Non credere che abbia intenzione di farti una carezza e implorare perdono. Non piangerò e non mi perderò in rimpianti. Tu mi capirai. Eppure sono orgoglioso di te. Hai mostrato grande decisione, forza, coraggio. Sono virtù nobili. Dovevo ucciderti tempo fa. >> non dissi altro e crollai. Il freddo del terreno non mi fece sussultare più di tanto, dato che i brividi della morte si erano impossessati di me da un paio di minuti.

La vista mi abbandonò, lasciandomi come ultima immagine mio figlio, di schiena, che si allontanava con passo deciso e rapido.

Ironia della sorte.

Avevo sempre ammirato la maestria di mio padre nell'usare la lama celata, la trovavo affascinante e letale.

Così letale che, da quando mio padre decise di usarla, unendosi volente o nolente agli Assassini, aveva stravolto tutto quanto.

Così letale da attirarmi da infante ed uccidermi da adulto.

 

 

Spazio autrice:

Buonasera a tutti! Premetto che questa one-shot è il primo esperimento (se così può essere definito) che posto nella sezione di Assassin’s Creed. Che dire, ho provato a rivivere i momenti più intensi –a parer mio- che Haytham vive.

Lo sappiamo tutti che, in fondo, non è cattivo!

Ho sempre avuto un debole per questo personaggio, sin dall’inizio, non so perché! A differenza di Connor, che trovo alquanto noioso e piatto (non odiatemi, fan di Ratonhnhaké:ton LOL) però ho preferito decisamente il vecchio Kenway e le sue battutine ironiche/acide rispetto al buon cuore (mica poi tanto) di Connor..

Per chi non avesse ben capito a cosa si riferisse il titolo, beh, è la lama celata. “Mi salvò e poi mi uccise”.

Dal poco che ho letto sul rapporto padre-figlio tra Haytham ed Edward, ho sempre immaginato Edward come una sorta di eroe per il figlio che, troppo piccolo per capire la guerra tra Assassini e Templari, era affascinato dall’arma del genitore.

Ora la pianto di blaterare a vuoto, ringrazio di cuore chi recensisce, mette tra i preferiti o legge soltanto!

   
 
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