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Autore: guerrieradinchiostro    08/01/2014    0 recensioni
Finnick Odair è figlia del mare, figlia di Finnick ed Annie, figlia di un eroe e di un'affamata d'amore. Finnick la notte piange, perché non ha sogni. Finnick si sente morire.
Finnick diventa vita. La vita diventa Finnick.
Tutto questo grazie a un errore. Un futile errore che fa la differenza.
Dal 1° capitolo: "Nessuno sconfiggerà mai i mostri che continueranno a divorarla dentro eternamente. Di mia madre rimarrà solo un corpo con un’anima in putrefazione, colmo d’urla di dolore e di rimpianti. Solo carne, piena di mostri, ibridi o chicchessia. > urlava e piangeva come ogni notte. Quando calano le tenebre si perde nel labirinto del buio e nemmeno le stelle o l’odore di sale che invade l’aria del distretto 4, riesce a renderla consapevole che ormai tutto è finito. Forse è questo il suo più grande problema. Tutto è finito. "
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
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Senza nome.

QUADRO CLINICO PAZIENTE 435677

Nome
: Annie Cresta.
Luogo di appartenenza: Distretto 4.
Sintomi: disturbi dell’umore, ansie agorafobiche, paura dello sgretolamento dell’identità, depressione psicotica.
Sintomi riscontrati nel soggetto: nella depressione, da un punto di vista psicopatologico si delinea un quadro nella seguente progressione:
- adombramento della confidenza
- esperienza delle solitudine
- condizione dell'isolamento
- sentimento di perdita
- dissolvenza della speranza
- perdita dello slancio vitale
Il soggetto tende ad allontanarsi dalla realtà.
Causa: forti traumi emotivi e fisici che hanno deteriorato il corretto funzionamento della mente del soggetto. Il disagio psichico si esprime e viene accusato principalmente nelle condotte relazionali, con i familiari e con la coppia. Nel contempo è bene precisare che la coppia (madre-figlio) è il più potente organizzatore o disorganizzatore degli affetti e della vita emotiva degli individui.
Cura: non pervenuta.

Cordiali saluti

Dottor Aurelius

Nessuno sconfiggerà mai i mostri che continueranno a divorarla dentro eternamente. Di mia madre rimarrà solo un corpo con un’anima in putrefazione, colmo d’urla di dolore e di rimpianti. Solo carne, piena di mostri, ibridi o chicchessia. << Finnick! >> urlava e piangeva come ogni notte. Quando calano le tenebre si perde nel labirinto del buio e nemmeno le stelle o l’odore di sale che invade l’aria del distretto 4, riesce a renderla consapevole che ormai tutto è finito. Forse è questo il suo più grande problema. Tutto è finito.
È stata la vincitrice dei 70esimi Hunger Games, durante essi l'aver visto il tributo maschio del suo distretto decapitare un'altra persona, l'ha portata alla pazzia. Lei è stata definita imprevedibile e irragionevole, ma in realtà è una persona gravemente malata. Probabilmente mio padre l’amava per questo.
<< Tranquilla, sono qui mamma. >>
<< Non voglio te, voglio lui e hai rovinato il mio sogno. Vattene!>> sussurrò queste parole lentamente. Quel mormorio di parole confuse e strillate faceva male. Vorrei tanto fosse una persona stabile, senza alcun crollo, ma non si può tornar indietro. Il mormorio è paragonabile a una pugnalata al cuore. La nostra vita provoca solo ribrezzo nei confronti degli altri. Desideriamo esser felici da far schifo ma quei pochi attimi di felicità sono volati troppo velocemente, ed erano pochi, quegli istanti erano dannatamente pochi. Lei lo chiama “mio sogno”, non lo chiama più ‘Finnick’ perché il dottor Aurelius le ha detto che non è qualcosa di tangibile e reale.
I primi tempi lo vedeva dappertutto, adesso non più. Evita di chiamarlo per nome giacché io ho il suo stesso nome. Il mio nome è ‘Finnick’, anche se sono una ragazza, ma lei non lo pronuncia da tempo e quando lo sente crolla. Non mi chiama.
Non ho nome per lei. Meglio così se ciò la farà star bene.
Se lei è felice lo sono anch’io. Peccato che non lo siamo mai state.
Quando ha qualche attimo di lucidità mi parla di mio padre, ma quei momenti sono davvero rari quindi tutto quello che mi è rimasto di lui, oltre i racconti di una donna malata, sono gli innumerevoli spot commemorativi, una statua cittadina, e i filmati dei due Hunger Games a cui ha partecipato.
Non mi addormentai. Lessi e rilessi il quadro clinico di mia madre, con le sue urla come sottofondo. Dormii verso le tre del mattino dopo averla narcotizzata con qualche farmaco, o forse non dormii affatto, non ricordo. Se i suoi ricordi svanissero nel nulla, nessuno soffrirebbe nemmeno lei.
Erano le cinque passate e lei ancora sonnecchiava. Mi diressi verso il Molo, una passeggiata rilassante. Il Molo è sempre deserto la mattina.  
Il mare è il mio luogo naturale.
Quando sto sulla terra ferma mi sento come un pesce fuor d’acqua, anzi lo sono. Mi tolsi gli abiti e mi buttai. L’acqua era gelida, penetrava la pelle e potevo morire assiderata.
Il mare nascondeva me e il mio dolore, una distesa d’acqua salata poteva nascondere le lacrime. Piansi.
Lacrime salate divennero un tutt’uno con il diletto mare del Distretto 4. Bramavo la morte, l’unico privilegio rimastomi che quel Tristo mietitore poteva concedermi. Abbi pietà di me fammi fuori.
<< Uccidimi! >> lo sfidai. Lanciai una provocazione a un nessuno o un mito di leggende popolari.
Siffatto mondo è l’oblio dell’ angoscia.
La sua sopravvivenza dipendeva dal mio rimanere in vita quindi, evitai di morire. Il sonno eterno credo sia l’unico luogo in cui io possa riposare in pace, un po’ di tranquillità la troverò soltanto nell’oltretomba visto che la felicità mi ha chiuso le sue amate porte. Sarà bello morire.
Inferno o paradiso che importa, questa terra è l’oscurità.
Dimenticata da tutti persino da mia madre, se la sua anima si corrode dentro gradualmente, la mia sta spirando, si sta spegnendo come una lucciola, visto che è avvolta dalle tenebre, nebbia buia che non va via, neanche con l’aiuto del mare o delle stelle. Il regno dei morti sarà più quieto, probabilmente senza urla notturne e mormorii, con nomi mai proferiti, sogni irrealizzabili.

<< Ti ho portato il pane, quello con le alghe azzurre, come piace a te. >> dissi ma non rispose. La chiamai ma nulla. Sentii un gemito dal bagno ed entrai, la trovai accasciata per terra priva di sensi con le labbra viola. Tra le mani stringeva due confezioni di calmanti e antidepressivi, le aveva svuotate tutte.
Per terra c’era una lettera proveniente da Capitol City. Presi la lettera e chiamai aiuto.

<< Sta bene, sei arrivata in tempo. Qual è il dottore da cui è in cura? >>
<< Dottor Aurelius, Capitol City. >> gli diedi il suo numero.

<< Vorremmo porle alcune domande può venire al nostro seguito? >>

Mi trovo in una stanza totalmente bianca, persino i mobili al suo interno lo sono, nessuna finestra, nessuna porta, e un neon si regge faticosamente al soffitto. Anche il Giustiziere al mio cospetto è vestito di bianco. Non s’intravede neanche la porta. Dopo svariate domande su mia madre si azionò un altoparlante che proferì gravemente: << Lei è stata accusata di tentato omicidio. >> nel frattempo il Giustiziere si mise a far da guardia.
<< Sta-state scherzando? >> balbettai. Tremavo.
<< Durante la perquisizione dell’abitazione, nella vostra camera è stato trovato il quadro clinico di vostra madre stracciato, e precedentemente voi avete ammesso di averle dato un sonnifero. Vista l’assenza di testimoni il capo pensa che queste siano due prove inconfutabili. Ergo sarete processata a breve. Avete il diritto di contattare un difensore se lo volete. Frattanto potete domandarmi ciò che volete. >>
<< Vorrei parlare con questo capo. >>
<< Impossibile. >>
<< Posso vedere mia madre? >>
<< Signorina Odair lei non può e non deve allontanarsi da questa stanza. >> mi ritrovai a captare da un apparecchio il mio destino. La mia voce si intorpidiva e non ero per nulla al mondo credibile. L’immagine riflessa in quello specchio bianco rabbrividiva.  La paura vive di coraggio e il coraggio vive di paura.
Ho paura.
<< Dov’è adesso? >>
<< In un luogo sicuro e lontano da lei. >>
Affogavo in un mare bianco senza nome. Sarei andata in carcere per qualcosa che non ho fatto.
<< Non farei mai del male a mia madre. >> lo sussurrai tra me e me, una, due, tre, quattro volte. Infine lo urlai con più forza. Le lacrime rigarono il mio volto ma ero così abituata alla loro presenza che mi erano indifferenti. I miei tormenti vivono nell’indifferenza.
Il neon piange scintille di luce.
Davanti a me uno specchio dove le scintile di luce sembravano fuochi d’artificio. Piange per me e per la sua fine. Mi rannicchiai per terra e tirai fuori il foglio che avevo trovato tra le sue mani.

Gentile signora Annie Odair, la invitiamo a partecipare a un incontro con i tributi rimasti in vita coloro i quali hanno partecipato ai 75esimi Hunger Games, per discutere di un’incombenza. Fra tre giorni un auto la preleverà dal Distretto 4 e la porterà a Capitol City. Tutte le spese sono a nostro carico.

Distinti saluti
Plutarch Heavensbee
Era intenzionata a farla finita ed eccone il motivo.
<< Vorrei mostrare una prova in mia difesa! >> nessuna risposta. Strillai un’altra volta ma nulla, l’apparecchio era staccato. Il Giustiziere continua a camminare attorno alle mura come un folle o forse teme che possa trovare la porta. Devo andarmene via da qui.
Guardai in alto e il neon continuava a piangere imperterrito luce bianca, si intravedeva qualche cavo vacante. Finsi di essere morta, rimasi immobile sul pavimento. Sentii che si avvicinava.
Aprii gli occhi, gli bloccai il collo con un braccio e gli diedi un colpo secco sulla nuca, cadde per terra ansimando. Mi arrampicai sul tavolino e strappai dal soffitto il neon, che gettai sullo specchio di fronte a me. Frantumandosi in mille pezzi mi trovai davanti a due individui e uno di loro applaudiva entusiasta, dietro di loro c’era una porta chiusa dove s’intravedeva un lungo corridoio.
Tic, tac.
I secondi passavano.
Ero salda al pavimento come un chiodo.
Tic, tac.
Il ragazzo moro continuava a sorridere, mentre il biondo mi diceva a squarciagola di far qualcosa ma non capii. Mi misi a correre verso l’uscio.
Tic, tac.
Il cuore esplodeva. Sentii mille saette avvolgermi il corpo e caddi per terra.
Tic, tac.
<< Catnip tutto bene? >> con la vista annebbiata vidi il biondo proferire quelle parole a una ragazza dai capelli marroni. Il suo volto si spostò subito verso di me e cominciò a gridare qualche imprecazione contro me.
Le saette avevano smesso di avvolgermi, ma adesso il fuoco aveva preso il suo posto e non vidi più nulla.
Tic, tac.
Sono nel vuoto.
Sono attorno al vuoto.
Sono il vuoto.


Eccoci qui, questa è la mia prima vera ff quindi commentate e ditemi cosa ne pensate. Potete dir tutto aspetto vostre notizie miei cari lettori<3
-guerrierad'inchiostro
  
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