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Autore: Selhin    29/05/2008    7 recensioni
Scritta quando avevo 13 anni///Dopo quella notte, quando io, Elisabeth Lesley Camelir - figlia di Friederich Dorian Camelir duca di una piccola zona di questa terra chiamata Transilvania – una misera donna umana, ho espresso il desiderio di diventare una guardiana della notte proprio come te…
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eternità

 Eternità

 

 

Come hai potuto farmi questo?

 

L

a giovane donna si avvicinò alla finestra accuratamente chiusa e posando una mano sul freddo vetro guardò distrattamente eppure così profondamente le gocce di pioggia cristallina che cadevano dal cielo notturno, nero come le ali dischiuse di un corvo.

Picchiettò con le unghie dipinte di nero su di esso cercando di concentrarsi sul rumore per scacciare le immagini che le affollavano la mente da quando, trecento anni prima, aveva compiuto quella trasformazione in ciò che adesso era…

 

 

L’uomo dal volto sfigurato avanzava leggero e veloce per i corridoi del palazzo nero che ergeva minaccioso sulla cima di un' alta collina costituita interamente da rocce grigie e fredde perennemente illuminate dalla luce della notte priva di luna e bagnate da una fitta e fredda pioggia.

Arrivò davanti alla porta in legno scuro e frammenti di metallo lucido ed esitò un istante davanti a essa prima di bussare. Si sistemò la lunga giacca di pelle nera e si scoprì il viso dal lembo di seta scuro che permetteva di vedere solo gli occhi del freddo colore del ghiaccio. Gli era stato proibito di togliersela dalla sua signora, tranne che in sua presenza. Nemmeno quando era solo poteva farlo perché, gli aveva spiegato lei, se qualcuno l’avesse visto in volto si sarebbe rivoltato dal terrore e nessuno avrebbe più voluto averlo vicino.

La seta era la sua unica protezione…

 

 

La giovane donna, immobile davanti alla finestra, emise un sonoro sospiro chiudendo i grandi occhi argentei.

Quando li riaprì, si voltò verso l’armadio a specchio dietro di lei, prese il lungo mantello di pelle nera, se lo mise sulle spalle e tirò indietro i lunghi capelli castano scuro. Avrebbe voluto specchiarsi ma da molto tempo ormai la sua immagine non si rifletteva su qualsiasi specchio, metallo lucido o superficie di vetro, come la sua ombra non esisteva più…sembrava destinata a non vedersi mai più.

Forse tutto sommato è meglio così pensava lei. Non avrebbe sopportato il rivedere la sua immagine…la stessa immagine di donna di trecento anni prima.

Si diresse nuovamente verso la finestra e dopo averla spalancata venne investita da un’ondata di vento gelido misto a goccioline ghiacciate, numerose e fitte.

Si lasciò andare nel vuoto come abbandonata ma prima di toccare il suolo spalancò il grande mantello a punte e scivolò lentamente sul terriccio fangoso e poco solido. Montò il suo grande cavallo scuro e galoppando si allontanò nella brughiera notturna…

 

Come hai potuto farmi questo?

 

Lui non avvertì il minimo rumore all’interno della stanza. Bussò piano tre volte.

Nessuna risposta.

Spalancò la porta e non trovò altro che una stanza arredata anticamente; buia, fredda…vuota!

La finestra era aperta e il pavimento sottostante era tempestato da gocce di pioggia. Ormai era tutto inutile. La sua signora se n’era andata…e questa volta per l’eternità…

 

Come hai potuto farmi questo?

Come hai potuto lasciarmi…

…sola, in questo mondo che

 non c’appartiene più…

Dopo quella notte, quando io,

Elisabeth Lesley Camelir- figlia di

Friederich Dorian Camelir duca di

una piccola zona di questa

 terra chiamata  Transilvania -una

misera donna umana, ho

espresso il desiderio di

diventare una guardiana della

notte proprio come te…

La pioggia era uguale a questa…

Ricordo ancora le tue mani accarezzarmi

il collo candido e poi

abbassarmi la scollatura su

una spalla…

…le tue labbra che sfiorano leggermente

le mie…il respiro caldo

in quella notte gelida…poi uno

strano dolore alla base del collo

durato pochi istanti e il flusso

del mio sangue che lentamente passa

dentro di te…

La mia vecchia vita si cancella…

…poi un tuono lontano…un

fulmine nel cielo…e il tuo corpo

che si abbandona fra

le mie braccia…

Freddo e immobile…

 

La donna arrivò sulla cima di un dirupo di rocce. Scese da cavallo e si avvicinò a una pietra dalla superficie liscia. Accanto vi erano stati posati dei fiori.

Tre rose rosse come il sangue.

Smise di piovere e Elisabeth s’inginocchiò di fronte a quella che era la lapide del suo signore…del suo amato.

 

Come hai potuto lasciarmi così, Victor?

 

<> disse Elisabeth accarezzando la pietra incisa di strani simboli posta di fronte a lei<<…sto per raggiungerti…non riesco più a sopportare la vita eterna che tu mi hai donato…da sola…perdonami…>>

 

Un fulmine nel cielo…Ecco

cosa ti accadde…Dopo aver ripreso

i sensi mi accorsi che non eri

 più accanto a me…eri svanito, come

svaniscono i sogni…

Non ho mai saputo se il tuo

corpo si trasformò in

polvere o se la tua anima mi

è rimasta accanto per

tutto questo tempo…

Avrei voluto dirti addio, ma non

mi è stato concesso…chissà

se mi sarà permesso

rivederti e stare con te dopo la

mia morte?

 

La donna non si era accorta che aveva smesso di piovere. Il cielo era carico di nuvole ma al di sopra si intravedeva la luce del sole. Un raggio di luce pallida vi passò attraverso colpendola dritta al cuore…durò un attimo, e lei riuscì a vedere le sue mani svanire per diventare una polvere sottile e bianca.

Mandò un urlo disperato, un insieme di gioia e terrore, che si diffuse per la valle riecheggiando fra le montagne, per l’eternità…

 

 

L’uomo guardò tristemente la fine della vita della sua signora…della sua Elisabeth…

Il suo viso, sfigurato e irriconoscibile da com’era in precedenza, era stato marchiato da un fulmine trecento anni prima…Era riuscito a sopravvivere, a trovare il castello e a farsi accettare dalla sua signora…non le aveva rivelato nulla per paura che lo trovasse terrificante, e lui questo non avrebbe potuto sopportarlo…

I suoi occhi del colore del ghiaccio, si velarono di lacrime che si trasformarono in goccioline argentate che gli caddero lungo le guance…

La giovane Elisabeth aveva preferito la morte a una vita fatta di solitudine…

Se n’era andata nella speranza di rivedere così il suo amato Victor…senza sapere, di averlo avuto accanto per trecento lunghi anni…

 

 

 

 

 

 

Questa storia la scrissi quando avevo all'incirca 13 anni . Ricordo che ero molto depressa, anche se il motivo mi sfugge, così diedi vita a questo racconto un po’ diverso da quelli che scrivo di solito…mi piace il lieto fine, ma non lo prediligo…spero vi possa piacere, quindi recensite per favore. Anche critiche su critiche, così forse riuscirò a migliorarmi un pochino, dato che di fiducia in me ne ho veramente poca…Un abbraccio ^^ Eleonora

   
 
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