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Autore: PapySanzo89    09/01/2014    3 recensioni
Mini spoiler di una scena della seconda puntata.
What if?
Reapersun che ha ragione.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Perché per me Reapersun con la scena sulla poltrona ci ha visto giusto. immagine.
 
 
RAITING: VERDE
GENERE: TRISTE
TIPO DI COPPIA: HET/SLASH
PERSONAGGI: SHERLOCK HOLMES, JOHN WATSON



There's a grief that can't be spoken. There's a pain goes on and on.
 
 
 
 
 
 
Sei un coglione.
 
Sherlock non riesce a capire se l’abbia detto il John nella sua testa o il John che se ne sta seduto davanti a lui -sulla poltrona-  con un foglietto sulla testa con sopra scritto Madonna.
Ma in realtà, francamente, non gliene importa poi molto: gli vanno bene entrambi. Anzi, gli vanno più che bene entrambi.
Del resto nei due anni in cui è stato via ha avuto solo il John che parlava nella sua testa -e che lo offendeva quando non riusciva a venire a capo di qualcosa- per conforto, mentre ora che può godere della compagnia di entrambi perché mai dovrebbe lamentarsene? Si sente scaldare il cuore, in realtà.
Sì, anche quando ‘uno’ dei due gli dà semplicemente del coglione.
È ubriaco Sherlock, ma non così ubriaco come vuole far credere. Del resto è molto più facile lasciarsi andare quando la gente crede che tu abbia i sensi annebbiati e dell’alcol nel sangue. Oltretutto al momento non deve temere nulla perché John è molto più ubriaco di lui e non si ricorderà sicuramente niente il giorno dopo. Sherlock può stare per un attimo rilassato e gli sembra la cosa più bella del mondo. Una cosa che non accade da così tanto tempo che nemmeno ricorda più cosa voglia dire stare rilassati.
Comunque devono aver iniziato questo gioco idiota per qualche scopo: ma chi è Madonna? Dove l’ha letto quel nome? Deve aver già eliminato l’informazione, accidenti a lui.
Beve un altro goccio della roba che John gli ha messo nel bicchiere e quasi si soffoca ridendo alla sua domanda.
«Sono una donna?» e per un attimo deve davvero riflettere se John stia parlando del personaggio sul fogliettino o di un improvviso cambio di sesso.
Ridono entrambi e Sherlock, da qualche parte nel suo cervello, si domanda perché lo stiano facendo, ma giunge alla conclusione che non gli importa. È con John. Ed è giusto ridere con John. Con John si può fare tutto. Con John si può essere se stessi. Anche dei boriosi coglioni saccenti sociopatici.
Lo osserva mentre prende da terra un boccale e beve un sorso, il pomo d’Adamo che si alza e si abbassa a seconda di quando John deglutisce. Alla fine si asciuga la bocca con la manica della camicia, riappoggia a terra il boccale e lo guarda con gli occhi grandi di chi si sta divertendo un mondo. John è sempre stato uno spettacolo della natura, e lo è anche da sbronzo.
 
Ti mancherò.
 
Sherlock scuote la testa e da fuori potrebbe sembrare un gesto per tentare di riprendere possesso delle proprie capacità cognitive. In realtà è solo una risposta alla voce perentoria del John mentale.
È ovvio che gli mancherà, ma da qualche parte nella sua testa ci sarà sempre la sua voce nei momenti più opportuni. Non ha ancora capito se ciò che crede di sentire sia derivato da un disturbo da stress o cosa, ma sa benissimo perché la voce che sente è quella di John e preferisce non soffermarsi troppo sul pensiero.
Il dottore perde l’equilibrio, sporgendosi avanti più del dovuto, e fa perdere anche il filo -quasi logico- dei pensieri di Sherlock che se lo ritrova praticamente appoggiato addosso.
John gli si appoggia al ginocchio per tentare di non rovinare al suolo, premendogli forte le dita nella carne, ed entrambi a quella scena ridono di nuovo, molto probabilmente per motivi diversi.
Sherlock osserva la mano di John sul suo ginocchio e ghigna appoggiando la testa sulla poltrona. Ride per le occasioni perse e ride perché è stato un vero idiota, perché in anni di amicizia il loro massimo gesto affettivo è stato “la cosa che ti sei offerto di fare... Era... Uuhm... Buona” con conseguente risposta “mi hai spogliato in una piscina, la gente parlerà”. Non sono mai stati -nessuno dei due- molto calorosi nei confronti l’uno dell’altro, probabilmente per il fatto che ci sono cose che semplicemente si sanno e si dimostrano in modi diversi. Loro avevano il proprio modo di proteggersi a vicenda e di dimostrare il proprio affetto.
 
“Come mi definiresti, John?”
“Ritardatario!”
 
E i sorrisi che nessuno poteva capire che ne conseguivano, anche in pericolo di vita.
 
“Non è che mi presteresti...?”
“Prendi la mia carta.”
 
Eppure si conoscevano da pochi giorni.
 
“John non sarai la persona più brillante al mondo ma come portatore di luce sei imbattibile!”
“Ehi, ti stavi scusando, ricordi?”
 
 E non sarebbe stato da tutti fidarsi così l’uno dell’altro o perdonare certe azioni.
 
Eppure eccoli lì. Eccoli insieme. E questo contatto è così facile, questo sfiorarsi, questo toccarsi, è così semplice. Perché non l’hanno fatto prima? Cosa glielo ha impedito? Sarebbe bastato un abbraccio ogni tanto, o anche una pacca sulla spalla, non avrebbe rovinato nulla. Ed è un gesto così caldo, e lui ha avuto così tanto freddo in quegli anni lontano da Londra, lontano da casa.
Ride ancora perché non vuole davvero pensare a ciò che ha perso e a ciò che sta per perdere nuovamente, appena ritrovato.
Ha sperato così a lungo Sherlock mentre era via. Ha sperato per il bene di John ma ha sperato anche per il bene proprio.
John allunga un braccio e va a prendere il bicchiere dalla mano di Sherlock, beve un altro po’ e glielo restituisce quasi vuoto. Ridono della goccia d’alcol che scende giù dal lato delle labbra di John e ridono perché Sherlock si è quasi fatto sfuggire il bicchiere, assumendo una faccia quasi preoccupata per la cosa.
Vanno avanti a ridere a bassa voce fin quando Sherlock sente la presa sul suo ginocchio farsi più forte e alza gli occhi per incontrare quelli blu e velati dall’alcol di John, assieme al suo sorriso rassicurante.
Il dottore gli si avvicina e non ci vuole un genio per capire le sue intenzioni. Sherlock sogghigna e appoggia di nuovo la testa indietro, rilassa le spalle e aspetta che John faccia il resto. Non ha intenzione di aiutarlo, l’ha aiutato anche troppo.
John sbaglia la mira e invece di baciare le labbra lo bacia tra l’angolo di queste ultime e la guancia, imprimendo nel bacio a stampo un po’ troppa forza.
Sherlock ride del tentativo andato a male, ma pensa che sia la sensazione più bella del mondo, e se anche avesse solo questo e null’altro, a lui andrebbe bene. Dio, gli andrebbe più che bene, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere. Alza una mano e la porta dietro al collo di John, massaggiandolo come può, imprimendosi nella mente -in una stanza a cui darà un nome quando sarà più sobrio- quell’incredibile sensazione.
Ma John non si arrende, si alza e ci riprova di nuovo, questa volta con un po’ meno foga e con più tranquillità. Da quella posizione, con un ginocchio appoggiato alla poltrona tra le gambe di Sherlock, John lo sovrasta e Sherlock deve alzare lo sguardo per incontrare il suo.
John gli prende il viso tra la mani per farlo rimanere fermo -anche se Sherlock non si è mai mosso di una virgola- e si avvicina sorridendo felice. Da qualche parte l’informazione questo sorriso è sbagliato viene eliminata all’istante.
Sherlock sente le labbra di John poggiarsi alle sue e per un attimo tutto è estasi.
Per un secondo tutto è perfetto, per un secondo tutto va bene, per un secondo il mondo diventa un posto bellissimo.
Poi John rompe l’incantesimo e si alza di nuovo, cambiando angolazione e tornandolo a baciare: ora e’ tutto diverso.
John, il suo John, il suo migliore amico è lì lo sta baciando e chi è lui per non ricambiare?
 
Coglione due volte.
 
Apre gli occhi e osserva quelli chiusi di John, ne osserva le palpebre, le ciglia bionde, passando poi in rassegna le sopracciglia folte e tutto il resto del viso. Deve imprimerselo bene nella memoria. Deve ricordare ogni particolare, ogni sfumatura, ogni ruga di quel volto per non dimenticarlo mai. L’ultima volta, alla fine di tutta quella storia, quasi non ricordava di quale esatta tonalità i capelli di John fossero. E questo è ovviamente inaccettabile.
Rilassa nuovamente le spalle e appoggia per bene le braccia sulla poltrona, tenendole leggermente aperte sui braccioli, stando attento a non far cadere il bicchiere.
Perché non hanno fatto prima anche questo?
John si sposta di nuovo e questa volta si guardano, restano seri per qualche secondo e poi scoppiano a ridere nuovamente come due adolescenti idioti. John fa per tornare sulla sua poltrona, ma Sherlock lo ferma per un altro bacio -ancora uno, l’ultimo. Poi la smetterà. Davvero- e John non fa alcuna resistenza e, anzi, gli si siede sopra nemmeno Sherlock fosse diventato un nuovo oggetto di arredamento della casa.
Perché devo lasciarti andare?, si chiede Sherlock e la risposta arriva nemmeno mezzo secondo dopo, lampeggiando nel suo cervello come un enorme neon. Non ci vuole pensare ora, non ci vuole pensare almeno fino domani.
Alla fine, quando questa volta ad interrompere il bacio è proprio Sherlock, ridono fino alle lacrime e Sherlock sente il peso che ha nel petto appesantirsi ancora di più. Sarebbe stato tutto così facile. Sarebbe stato anche così giusto. Ma domani John si sposa, ed evidentemente lui non è la persona giusta. Domani John si sposa e lui deve ancora modificare un paio di frasi scritte nel discorso. Domani John si sposa e lui non sarà più nella sua vita.
 
Non so nemmeno più come offenderti.
                                                                       
John ritorna alla sua poltrona e Sherlock sorride. Non avrà più il suo John, ma avrà quello nella testa a tenergli compagnia. Avrà quello nella testa che non lo farà sentire solo e che lo offenderà o gli chiederà come ha fatto a risolvere i casi.
Domani farà il testimone e tenterà di farlo al meglio delle sue possibilità.
Domani farà il testimone e poi tornerà alla sua maschera di indifferenza, ai casi da risolvere da solo, al 221B senza uno dei due proprietari, evitando di coinvolgere John, evitando la sua compagnia e il cercarlo. Sa perfettamente che John non lo accetterà all’inizio ma, come ha detto la signora Hudson, il matrimonio cambia le persone, e quando il bambino di cui John non sa ancora nulla nascerà, per loro non ci sarà più storia.  
John ha ora quello che ha sempre cercato. E Sherlock è troppo egoista per accettare le cose a metà e non vuol far fare a John questa scelta. Anche perché sembra l’abbia già fatta, e lui non vuole esserne partecipe fino la fine.
 
Certe deduzioni non sono proprio il tuo forte, Sherlock.  
 
Sherlock sorride. Non vuole ascoltare ora. È felice, anche se la punta di amarezza che sente dentro il petto lo scalfisce attimo dopo attimo e sa che prima o poi diventerà una voragine.
È arrivato a pensare che ora sta bevendo per dimenticare, anche se sembra ricordare tutto maledettamente bene, anche troppo.
«Sherlock...» il detective alza lo sguardo dal bicchiere che sta osservando e lo posa sul suo dottore. John non parla più ma i suoi occhi lo fanno per lui, solo che questa volta Sherlock non è sicuro di voler dedurre ciò che pensa di leggere dietro quello sguardo carico di affetto, perché potrebbe veramente uscirne distrutto. Le risate si sono spente per qualche secondo, ma prima che qualcuno possa dire o fare qualcosa una donna entra nella stanza e dice di aver bisogno di aiuto.
Sherlock torna a fare la sua parte e ride di nuovo, bevendo un altro sorso. Forse un modo per dimenticare c’è.
 
Ti mancherò lo stesso.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE IMPORTANTI: oggi è il compleanno di Macaron, non le dedico questa fanfic perché lei si merita tutto l’amore del mondo e quindi sarei una persona proprio orribile a dedicarle questa cosa, ma se fosse qualcosa di molto più bello lo farei (mi capite? Capitemi…) ma voglio solo informare il mondo che è il suo compleanno e che le voglio bene e quindi auguri Cey <3
NOTE MENO IMPORTANTI: l’ho scritta alle 6.30 questa mattina sul pullman che mi portava via da Londra, quindi tentate di capirmi quando vi dico che mi sembrava un’idea sensata. Rileggendola in realtà non è nulla di tale e forse non lascia nemmeno nulla (anche se io spero sempre nel contrario) però l’ho scritta e l’ho finita e mi seccava lasciarla lì. Oltretutto mi son detta che, nel caso, sarebbe stata una fanfic letta e presto dimenticata, quindi insomma, non facciamoci paranoie u__u *ed ecco che papy se ne andò a calci dal fandom XD* Sherlock sembra pazzo. Lo so u__u Il titolo viene da una canzone de Les miserables. <3
Io non posso che augurarvi buona fortuna per domenica per la terza puntata (sono spoiler free quindi non ditemi nulla. D:) soffriremo tutti insieme. Se siete arrivate fino a qui, grazie : )
   
 
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