Our
hero-
Minato Namikaze’s destiny
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
(“Soldati”,
G. Ungaretti)
Si rialzò da terra, premendo sugli instabili arti
inferiori; tremava, ma non di certo per la paura. Un rivolo di sangue macchiò
il candore della sua pelle, carezzandogli lo zigomo destro: l’occhio
cristallino si animò, forse lanciando dentro di sé qualche imprecazione per
quel cerchio alla testa che lo faceva impazzire.
Ma non puoi arrenderti.
[No, non voglio farlo.]
Per chi combatti, guerriero?
[Per una donna.]
Che significato ha per te?
[Culla tra le braccia mio figlio.]
E’ il senso di responsabilità a spingerti?
[Probabilmente, è quel folle
amore che fa morire gli stupidi.]
Un vociare spaventato si sperde nell’atmosfera
satura di paura e di sangue; l’olezzo della morte distoglie dalla realtà.
Infatti, non li sentì: ninja in giubbotto verde che trattenevano nel cuore
astuti sentimenti di autodifesa, chiamandolo per nome, ignorando che fosse il
capo, maledicendolo, incolpandolo per quella spirale di morte che incombeva su
di loro.
Li hai portati qui; ora, li riporti indietro.
[Andranno da soli.]
Che farai? Morrai, ne sei consapevole?
[Non scapperò via.]
Cosa vale così tanto da rischiare la tua pellaccia?
[Una donna. Ed il suo profumo di
materno latte.]
[Un bambino. E la voglia di
vivere ancora muta.]
[L’amore. Annebbia la mente, ti
ruba la vita.]
L’impatto con quella creatura lo soffocò; il fuoco
era irrespirabile, sembrava non prodotto dall’ossigeno. La roccia si sgretolava
sotto gli artigli, mentre quel mostro, fiamme e calore, ma raggelanti occhi
allungati, fissava con apparente divertimento le iridi turchesi di quel
giovane, pizzicate da corti ciuffi biondi.
Divertimento: quell’umano non ce la farà mai.
Pensi di poterlo battere?
[Devo.]
Speri di sopravvivere?
[Francamente, no.]
Così non potrai godere del tuo amore.
[Ma loro vivranno.]
E mentre la paura raggelava il sangue di quei
guerrieri, mentre il terrore animava meccanicamente gli arti nell’atto di
indietreggiare, mentre gli occhi pregavano il cervello di venir chiusi per non
vedere più in faccia la morte, lui era lì.
Avanzava, bisbigliando una nenia dal socchiuso
labbro tagliato.
Avanzava, non abbassando lo sguardo sporcato dal
sangue.
Avanzava, senza dar ascolto al cuore terrorizzato.
O al cervello?
Ti dice di scappare, ma tu non lo farai.
[Non ha nemmeno un anno, mio
figlio: ha più d’un motivo per vivere.]
Non lo vedrai crescere.
[Ma crescerà.]
Non saprai se ti somiglierà.
[Ma somiglierà a lei; sarà bello.]
Non ti chiamerà mai papà.
[Ma i suoi occhi mi hanno già
chiamato papà milioni di volte.]
Non saprà perché l’hai chiamato Naruto.
[Lo saprà: suo padre era un baka.]
… ed a lei non ci pensi?
[Kushina è il mio unico pensiero.]
Non vivrà, senza di te.
[Vivrà: per nostro figlio.]
Tra qualche anno, le cose potrebbero cambiare.
[Un’altra mano carezzerà i suoi
capelli di rame;
e gli occhi chiari sorrideranno ad un altro uomo.]
Ti sta bene così?
[Mi piacerebbe, che fosse così:
ma lei non amerà nessun altro.]
La tua morte non ha senso, così.
[Perché?]
[Muoio per Kushina. Muoio per mio
figlio. Muoio per il loro futuro.]
[Devo crederci, altrimenti non
avrò la forza di andare in fondo.]
Dovette respirare il fuoco, facendo divampare
l’esofago. Le dita erano instabili, la maggior parte di esse contuse; e si
sentiva nudo, senza il cappello dell’Hokage a coprirgli quella zazzera color
girasole. Non era che un unghia, di quell’essere.
Ma l’essere indietreggiò.
Gli animali intuiscono sempre il pericolo.
E sapeva che quel jutsu era fatale per tutti e due…
… ma nessuno lo fermò.
Un attimo, un battito cardiaco: e non ci sarai più.
[Un attimo, un battito cardiaco:
quest’incubo finirà.]
L’aria di Konoha non verrà bruciata dal male.
[Kushina e Naruto non dovranno
respirare il fuoco.]
Ma ci pensi, che strano?
L’attimo prima, ci sei.
L’attimo dopo, sei fottuto.
[E’ il destino di un ninja.]
[La morte è solo una clausola del
contratto.]
[E’ il destino di un padre.]
[Uno scambio equivalente per il
loro futuro.]
Le piccole labbra si schiusero, emettendo un suono
debole ma sordo; ne seguì una piccola uscita di saliva, che le dita lattee
della donna ripulirono velocemente, senza schifarsene, anzi ridendone per la
sua semplice naturalità. Assottigliò con dolcezza gli occhi, notando come il
piccolo stesse accumulando peso, e le guance fossero di un rossore più arrotondato.
Con una delicatezza che aveva in sé l’eleganza di una ninfa, pose il neonato
nella culla; seguì il rituale di accoccolarlo sul cuscino, quel musetto
abbandonato nel sonno, mentre gli rimboccava le coperte.
Un bacio sulla fronte; e riaprì gli occhi.
Con le unghie tirò via in un soffio quel
bigliettino azzurro che, furtivo, sbirciava semi nascosto il suo atto materno,
sotto il cuscino.
Erano due righe, scritte di fretta.
Ma la fecero piangere.
Kushina, ti amo.
Dà un bacio a Naruto
da parte mia.
Minato
Me lo chiedo anche io da cosa è nata “questa”. Forse, da una passione crescente per questa coppia: e la voglia di fare qualcosa su di loro. Lo sapete, quando c’è poco sui pairing che amo… mi metto in moto. E chi mi ferma più?!
Volevo scrivere degli ultimi momenti di vita di Minato, ma non ci sono riuscita; alla fine, ho optato per un dialogo con la “coscienza”, e saltato quella parte. L’ho sostituita con quel finale su Naruto e Kushina… e credo che sia più originale.
Me ne rendo conto solo ora… cavolo, se è angst!
Dedico la fanfiction ai fans della coppia; ed a Kaho… appunto, una fan MinaKushi, che ha scritto qualcosina anche lei su di loro (e vi consiglio di leggerla: piccola parte nella shot “Keep most things inside”).
Un grazie alla mia solita beta, Mimi18, che si è commossa nel leggerla…
La vostra Rael