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Autore: Ottachan    10/01/2014    1 recensioni
In un piccolo villaggio, circondato da alte e possenti montagne, risiedeva un giovane artigiano che viveva grazie alle proprie geniali creazioni. [...] Dalla finestra della sua piccola bottega, a volte, era testimone dei vari atti meschini che un essere umano poteva compiere, dai più lievi ai più gravi e spietati. [...] Ogni giorno poteva ascoltare, dal piccolo garzone che vendeva i giornali lì vicino, tutto quello che accadeva nel proprio paese e ogni istante che passava non poteva fare a meno di rammaricarsi riguardo alla natura umana e di preoccuparsi per essa.
Una sera ebbe l’illuminazione: decise che avrebbe cercato di risolvere questa situazione con le sue stesse mani, utilizzando tutto il talento ed il genio creativo che possedeva.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Le favole dell'Inizio'
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Seconda one shot scritta, questa volta, nel giugno del 2008. Niente da dire (se non quello già messo in chiaro nel primo capitolo xD) ergo ringrazio in anticipo chi avrà tempo di leggere questa storia >w<
 
Il Creatore di Meraviglie
 
In un piccolo villaggio, circondato da alte e possenti montagne, risiedeva un giovane artigiano che viveva grazie alle proprie geniali creazioni. La sua tecnica, unita all’ardore che infondeva pezzo per pezzo nei propri lavori, rendeva questi ultimi dei veri e propri tesori preziosi e la modestia e semplicità dell’uomo lo portavano a tenere i prezzi sempre bassi ed accessibili per tutti. I bambini amavano i suoi giocattoli, gli adulti ammiravano la sua volontà nel portare a compimento anche le ordinazioni più complesse, insomma, era ben voluto da tutti. Ma nonostante tutto ciò il ragazzo non era felice. Dalla finestra della sua piccola bottega, a volte, era testimone dei vari atti meschini che un essere umano poteva compiere, dai più lievi ai più gravi e spietati.
 
‘Gli esseri umani sono creature crudeli in fondo. Non sono capaci di vivere onestamente contando solo sulle proprie forze… Come mai tutto ciò? E soprattutto perché?’
 
Ogni giorno poteva ascoltare, dal piccolo garzone che vendeva i giornali lì vicino, tutto quello che accadeva nel proprio paese e ogni istante che passava non poteva fare a meno di rammaricarsi riguardo alla natura umana e di preoccuparsi per essa.
Una sera ebbe l’illuminazione: decise che avrebbe cercato di risolvere questa situazione con le sue stesse mani, utilizzando tutto il talento ed il genio creativo che possedeva.
Si mise subito al lavoro: prese il legno più pregiato, acquistò le pietre più costose, si fece donare lana di altissima qualità e radunò attorno a sé tanti altri materiali facendo attenzione che fossero i migliori di cui poteva disporre. Lavorò una notte intera su questa sua creazione, lasciando in sospeso tutte le altre ordinazioni, tanto era preso dal fuoco di quella sua incredibile ispirazione.
La mattina successiva la sua opera era terminata: una bambola meccanica alta quanto un uomo maturo, dal fisico snello e gli occhi di zaffiro sedeva spaesata sul tavolo da lavoro del suo costruttore. L’artigiano aveva messo parte del suo cuore nella creazione di quell’essere così, quest’ultimo, si ritrovò capace di provare sentimenti umani. Chiamò l’artigiano padrone e lo abbracciò con vigore essendogli grato per aver ricevuto il dono della vita. Il giovane insegnò alla bambola a parlare in maniera adeguata, le spiegò che era un bene aiutare sempre gli altri e che era sbagliato danneggiare gli uomini in qualunque modo, sia con le proprie azioni, sia con le proprie parole.
La bambola venne subito accettata dal villaggio intero, dopotutto era figlia di quel creatore di meraviglie, così essa iniziò subito a lavorare, essendo stata dotata di una potenza fisica strabiliante.
Le persone erano molto contente della presenza di quel fortissimo essere: c’era chi gli chiedeva aiuto per arare e seminare i campi, chi cercava la sua collaborazione nel trasportare grandi travi di legno per la costruzione delle abitazioni, chi lo incaricava di estirpare le radici degli alberi tagliati…
Ma una sera, dopo una dura giornata di lavoro, la bambola notò il capocantiere dare soddisfatto un’amichevole pacca sulle spalle di uno dei suoi dipendenti. Vedendo i due sorridere, essa capì che quel semplice gesto portava felicità e la felicità faceva stare bene le persone, così le aveva insegnato il suo padrone. Si avvicinò velocemente ad un operaio che si stava asciugando il sudore con uno straccio bianco ed imitò l’azione che aveva osservato poco prima. Ma, non riuscendo a controllare la propria spropositata potenza, spinse così forte l’uomo da farlo finire addosso al muro vicino facendogli molto male.
L’artigiano, informato dell’incidente, andò subito a scusarsi con il villaggio intero e si offrì di pagare la metà delle spese mediche dell’operaio ferito. La gente del posto lo perdonò subito: il giovane era in buona fede e poi quella creatura aveva aiutato molto con i suoi lavori. Sollevato, il ragazzo tornò nella propria abitazione dove trovò la bambola seduta sul tavolo da lavoro, le spalle rivolte verso la finestra che rifletteva l’ultima calda luce del tramonto.
 
‘Tu hai fatto qualcosa che non dovevi fare… Hai ferito una persona! Gli hai fatto del male! Io ti ho insegnato che bisogna aiutare gli uomini e che questo è il bene!!! Non ricordi?’
 
La creatura non rispose; teneva la testa abbassata e lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia.
 
‘Mi costringi a rimpiazzarti! Creerò una bambola meno potente rispetto a te ma dal carattere più gentile... Tu hai fatto un grosso errore, dovrai espiare le tue colpe. Mi spiace…’
 
Detto ciò smontò il suo corpo e gettò i vari pezzi in una stanzina del seminterrato.
Si mise di nuovo al lavoro: prese il legno più pregiato, acquistò le pietre più costose, si fece donare lana di altissima qualità e radunò attorno a sé tanti altri materiali facendo attenzione che fossero i migliori di cui poteva disporre. Lavorò tre notti intere su questa sua nuova creazione, lasciando in sospeso tutte le altre ordinazioni, tanto era preso dal fuoco di quella sua incredibile ispirazione.
La mattina del quarto giorno la sua opera era terminata: una bambola meccanica alta quanto un uomo maturo, dal fisico snello e gli occhi di smeraldo sedeva spaesata sul tavolo da lavoro del suo costruttore. L’artigiano aveva messo parte del suo cuore nella creazione di quell’essere così, quest’ultimo, si ritrovò capace di provare sentimenti umani. Chiamò l’artigiano padrone e lo abbracciò teneramente, essendogli grato per aver ricevuto il dono della vita. Il giovane insegnò alla bambola a parlare in maniera adeguata, le spiegò che era un bene aiutare sempre gli altri e che era sbagliato danneggiare gli uomini in qualunque modo, sia con le proprie azioni, sia con le proprie parole. E le consigliò caldamente di dosare sempre e per ogni occasione le proprie forze.
La bambola venne accettata dopo qualche incertezza dal villaggio intero, dopotutto era figlia di quel creatore di meraviglie, perché non dargli un’altra possibilità? Così iniziò subito a lavorare, essendo stata dotata di una dolcezza e obbedienza uniche al mondo.
Le persone erano molto contente della presenza di quel graziosissimo essere: c’era chi gli chiedeva di aiutarlo a portare frutta e verdura alle bancarelle del mercato, chi gli faceva fare commissioni da una parte all’altra del villaggio, chi si faceva dare una mano da lui con le faccende di casa…
Ma una notte, mentre la bambola stava per tornare nella casa del suo creatore dopo una lunga giornata di lavoro, un gruppo di ragazzi si avvicinò a essa chiedendole di collaborare ad un colpo: avrebbero rubato tutto l’incasso del negozio del panettiere dividendosi poi la refurtiva. Essi riuscirono a raggirare l’essere di legno descrivendosi come persone bisognose di denaro e assicurandogli che quel gesto rappresentava, purtroppo, il loro unico e assoluto modo per poter sopravvivere. La bambola, così, si mise a forzare la porta del negozio per permettere al gruppo di raggiungere la cassa, ma il rumore dei suoi piedi di legno svegliò il proprietario che riuscì fortunatamente a sventare la rapina.
L’artigiano, informato dell’incidente, andò subito a scusarsi con il villaggio intero e si offrì di risarcire i danni che la porta aveva rinvenuto durante lo scasso. La gente del posto lo perdonò dopo un po’ di rimproveri: il giovane era in buona fede e poi quella creatura aveva aiutato molto con i suoi lavori. Sollevato, il ragazzo tornò nella propria abitazione dove trovò la bambola seduta sul tavolo da lavoro, le spalle rivolte verso la finestra che rifletteva la pallida luce della luna.
 
‘Tu hai fatto qualcosa che non dovevi fare… Hai rubato i soldi del panettiere! Gli hai fatto del male! Io ti ho insegnato che bisogna aiutare gli uomini, che questo è il bene!!!’
 
La creatura non rispose; teneva la testa abbassata e lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia.
 
‘Mi costringi a rimpiazzarti! Creerò una bambola meno ingenua ma dalla furbizia e dall’intelligenza straordinarie... Tu hai fatto un grosso errore e dovrai espiare le tue colpe. Mi spiace…’
 
Detto ciò smontò il suo corpo e gettò i vari pezzi in una stanza del seminterrato.
Si mise ancora una volta al lavoro: prese il legno più pregiato, acquistò le pietre più costose, si fece donare lana di altissima qualità e radunò attorno a sé tanti altri materiali facendo attenzione che fossero i migliori di cui poteva disporre. Lavorò per sette notti ininterrotte su questa sua terza creazione, lasciando in sospeso tutte le altre ordinazioni, tanto era preso dal fuoco di quella sua incredibile ispirazione.
La mattina dell’ottavo giorno la sua opera era terminata: una bambola meccanica alta quanto un uomo maturo, dal fisico snello e gli occhi di giada sedeva spaesata sul tavolo da lavoro del suo costruttore. L’artigiano aveva messo parte del suo cuore nella creazione di quell’essere così, quest’ultimo, si ritrovò capace di provare sentimenti umani. Chiamò l’artigiano padrone e lo abbracciò calorosamente, essendogli grato per aver ricevuto il dono della vita. Il giovane insegnò alla bambola a parlare in maniera adeguata, le spiegò che era un bene aiutare sempre gli altri e che era sbagliato danneggiare gli uomini in qualunque modo, sia con le proprie azioni, sia con le proprie parole. Le consigliò anche di dosare sempre le proprie forze e che il reato più grave, oltre all’omicidio, era il furto.
La bambola venne accettata dopo molte discussioni dal villaggio intero, dopotutto era figlia di quel creatore di meraviglie, perché non dargli un’ultima possibilità? Così iniziò subito a lavorare, essendo stata dotata di un’intelligenza e di una furbizia uniche al mondo.
Le persone erano molto contente della presenza di quell’ingegnoso essere: c’era chi gli chiedeva di aiutarlo a spiegare nozioni scolastiche ai bambini, chi gli faceva controllare difficili calcoli costruttivi, chi chiedeva consigli prima di prendere decisioni importanti…
Ma una mattina, quando l’artigiano tornò a casa dopo aver consegnato ad un cliente una delle sue ultime opere, trovò la bambola seduta sul tavolo da lavoro, le spalle rivolte verso la finestra che rifletteva i miti raggi del primo sole. La creatura teneva la testa abbassata, lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia e sembrava stesse per piangere. Il giovane si avvicinò ad essa preoccupato.
 
‘Che succede? Qualcosa non va?’
 
La bambola scosse la testa.
 
‘Io non posso vivere qui’
 
‘E perché? Il villaggio ti ama, io sono orgoglioso del tuo lavoro e la…’
 
‘Io sono sempre andata avanti cercando di realizzare il tuo desiderio. Non volevi un mondo popolato da gente migliore? Non mi hai creato per aiutare le persone?’
 
‘Certo! Ma perché…’
 
‘Per questo mi hai donato un’intelligenza superiore alla media. Ma in questo modo non posso fare a meno di pensare e di notare che oramai questo mondo non si può più cambiare… E ci sto male. Ma la cosa che mi fa stare peggio è sapere che anche tu, padrone, sei fatto in quel modo. Anche tu, per questo tuo fine egoistico, non hai esitato a buttare via le bambole che hai costruito prima di me, le mie sorelle maggiori, solo perché non hanno fatto quello che volevi…’
 
L’artigiano rimase di sasso.
 
‘…Come…’
 
‘Come l’ho scoperto? Stavo pulendo la tua casa per farti una sorpresa e ho visto la stanza del sotterraneo. E loro mi guardavano. Mi guardavano con invidia. Io si che ero utile per te. Mentre oramai loro… Con le braccia da una parte, le gambe dall’altra, il busto in un altro punto della stanza… Oramai non potevano fare più niente! Certo, solo tu che ci hai donato la vita hai il diritto di togliercela, ma noi bambole non siamo molto diverse da voi umani! Anche se non piangiamo e non sanguiniamo come voi, soffriamo e proviamo dolore! Siamo però intrappolati in una catena eterna dalla quale non riusciremo mai a liberarci poiché non conosciamo, nella maniera più assoluta, la morte. Era quello il modo con il quale cui volevi che le mie sorelle espiassero le loro colpe? Restare in una stanza buia per l’eternità?’
 
L’artista non sapeva che rispondere… Non era a conoscenza di quella terribile verità. Pensava che, una volta smontata, una bambola era un semplice pezzo di legno decorato e dipinto. Cosa aveva combinato? Avrebbe dovuto espiare lui le colpe delle proprie creazioni e delle sue stesse azioni.
 
‘Io… non ne sapevo nulla…’
 
La bambola non rispose. Serrava i propri pugni lignei molto forte come se volesse scartavetrare via le sue stesse dita.
 
‘È proprio vero… Chi dispone della conoscenza è la persona più infelice di questo mondo’
 
Detto ciò si chiuse in un totale silenzio e non si mosse da quel tavolo.
Quella sera l’artigiano non riuscì a lavorare. Troppi pensieri affollavano la sua mente: si era riscoperto un dio di un mondo oramai in rovina ed egli stesso aveva contribuito al suo disfacimento. Si biasimava e si insultava da solo, come aveva potuto cadere così in errore? Era talmente accecato dai propri ideali e dalla loro realizzazione da non accorgersi assolutamente della propria condotta. Aveva faticato tanto nell’insegnare alle sue bambole cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato ma non si era minimamente reso conto di come lui stesso non avesse saputo dare per primo l’esempio.
 
‘Forse è proprio vero che la malvagità e l’egoismo sono insite nel cuore umano. Siamo allora le creature più misere e maledette di questo inutile mondo?’
 
Quando l’artigiano prese la sua decisione la notte era già calata da molte ore. Si avvicinò alla bambola, che per tutto il tempo non si era mossa da quel tavolo, e la smontò pezzo per pezzo, come aveva fatto con le sue sorelle maggiori. La sua creazione non proferì parola e lasciò semplicemente che il padrone compiesse il proprio dovere. Dopo un paio di ore di lavoro il giovane prese gli arti ed il corpo della sua ultima fatica e li portò nella stanza sotterranea; prelevò poi le teste delle due creature precedenti e le mise vicino al capo della terza bambola che aveva lasciato sul tavolo dello studio al piano superiore. Dopo aver preso un profondo sospiro, iniziò il suo discorso d’addio con le lacrime agli occhi.
 
‘Non credo di essere più in grado di cambiare questo villaggio. Io stesso sono caduto in errore. Vi ho trattate come strumenti, mi sono disfatto di voi alla vostra prima svista… L’unica cosa che posso fare adesso è espiare le mie colpe dandovi il riposo eterno ed esiliando me stesso dal villaggio. Non chiedo il vostro perdono, so di non meritarlo. Proverò a realizzare il mio sogno con le mie sole forze ma non qui, non in questo luogo. Grazie per essermi state così fedeli’
 
Quella notte scoppiò un grosso incendio: l’abitazione e la bottega dell’artigiano vennero corrose da una macabra danza di lingue di fuoco. Quello spettacolo sconvolse tutti gli abitanti del villaggio che erano scesi in strada dopo aver sentito la campana d’allarme ma, nonostante tutta la loro buona volontà, le fiamme furono definitivamente domate e spente soltanto sul fare dell’alba. Il primo sole illuminava le inquietanti carcasse scure della struttura lignea della casa: tutto era andato distrutto e dell’artigiano non era stata trovata nessuna traccia. Solamente sei piccole pietre, uguali a due a due, si erano salvate da quel maledetto rogo e brillavano come nessun’altra pietra al mondo avesse mai fatto.

 
   
 
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