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Autore: zara94_    10/01/2014    1 recensioni
Cinquanta, la metà di cento. Un voto insufficiente alla maturità.
Cinquanta non è la fine, cinquanta è un nuovo inizio. È fare i conti col proprio passato, per Matteo è suonare di nuovo in una band. Ma cinquanta è anche rischiare per qualcosa di nuovo, per Matteo è conoscere emozioni mai provate prima. Quel cinquanta è ciò che dà inizio a tutto, è scoprire che la musica ha sempre ragione, che due occhi estranei imparano in fretta a indagare nella nostra anima. Cinquanta è ricominciare ad amare anche quando eravamo convinti che il nostro cuore fosse in grado di battere solo a metà.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quanto può valere un numero per ogni singola persona? Tanto. O niente. I numeri indicano date, orari, lo scorrere del tempo. Quando si dice “l’età è solo un numero” quest’ultimo non ha valore?
Il mio numero, quel giorno, era cinquanta. Un numero che per me contava parecchio. Me lo dissero chiaramente: “Matteo, ci dispiace, ma crediamo che quest’esame non sia sufficiente”. E, infatti, non lo era stato. Cinquanta.
Il motivo per il quale mi ero deciso a ripetere l’anno non me lo ricordo neanche io. Probabilmente era stato grazie a mia madre. «Prima di tutto finisci il liceo. Solo con un diploma in mano potrai fare quello che vorrai». Uso “grazie” per un motivo che capirete in seguito.
Così iniziai a cercare in quale scuola avrei potuto frequentare il mio ultimo anno di liceo.
Vicino casa mia si trovava un liceo scientifico che era sempre stato escluso dalle mie possibilità di scelta per la gente da cui era frequentato. Ormai non aveva più molta importanza, ogni liceo valeva l’altro.
 
Presi le chiavi della macchina, deciso finalmente a iscrivermi alla nuova scuola. Era metà settembre, le scuole erano iniziate e non avrei potuto aspettare oltre. Speravo mi avrebbero inserito nella classe senza problemi; senza nessun esame.
Arrivato a scuola mi guardai intorno per vedere se ci fosse qualcuno a cui avrei potuto chiedere informazioni.
L’atrio era deserto, così come lo era la stanza dei bidelli. Il suono del telefono mi fece sobbalzare. L’eco rimbalzò nei corridoi vuoti. Speravo che, sentendo il telefono squillare, sarebbe arrivato qualcuno e solo pochi istanti dopo mi accorsi che il telefono che squillava era il mio.
«Pronto?»
«Pronto, ciao sono David». David? Non ricordavo di conoscere nessuno con quel nome.
«Ciao, ma…ci conosciamo?» gli chiesi
«Sono David, l’amico di Gianluca. Dimmi che ti ricordi di me, altrimenti non saprei proprio come farti capire chi sono».
David l’amico di Gianluca. Provavo a dare un volto a questo nome.
«David…il bassista dei Blue Monsters’ Sky» continuò lui, sperando che capissi. Capii.
Alla parola “bassista” la mia schiena venne attraversata da un brivido.
«Sì, ora mi ricordo chi sei».
Sentii un sospiro di sollievo dall’altra parte. «Meno male! Senti volevo chiederti…». Mentre continuava a parlare, vidi una porta aprirsi e decisi che quella era un’occasione che non potevo lasciarmi sfuggire.
«David scusami ma adesso non posso parlare. Ti richiamo dopo su questo numero». Agganciai senza aspettare la sua risposta e mi diressi verso la persona appena uscita dall’aula.
«Serve aiuto?» mi chiese
«In realtà sì. Volevo iscrivermi a questa scuola, ma non trovo nessuno a cui poter chiedere»
«Hai chiesto se ci sono posti liberi?».
Probabilmente nella frase precedente non ero stato abbastanza chiaro, così ripetei: «No, perché non ho trovato nessuno»
«Vieni con me»
La seguii verso la segreteria.
 «Compila questo modulo, poi quando hai fatto ti do il bollettino da compilare e pagare». Presi la penna che mi porgeva e cominciai a riempire gli spazi con i miei dati. La segretaria mi fissava e il suo sguardo puntato su di me mi metteva a disagio.
Le riconsegnai il modulo compilato. «Questo è il bollettino. Portalo il prima possibile».
Mi parlava con aria scocciata o era solo una mia impressione? Presi il modulo e feci per uscire. «Quando inizio?»
«Lunedì prossimo»
 Guardai l’orologio. Era l’una e venti, quindi a momenti sarebbe suonata la campanella che segnava la fine della giornata scolastica. Mi sbrigai, per evitare la folla di persone che si sarebbe accalcata all’uscita di lì a poco.
 
«Mi sono iscritto a scuola» dissi a mia madre, che mi chiese dove fossi stato non appena ebbi messo piede in casa.
«Bene. Quando inizi?»
«Lunedì prossimo». Tirai fuori il bollettino dalla tasca. «E dobbiamo pagare questo il prima possibile»
Mi guardava e le chiesi il motivo. «Prendi i soldi e vai alla posta» mi rispose lei.
«Adesso??»
«Hai di meglio da fare?»
«Ci vado dopo»
«Dopo chiude»
«Vorrà dire che ci andrò domani». Si arrese.
Mi sdraiai sul divano e accesi il televisore. Sintonizzarmi su Mtv mi fece venire in mente che dovevo chiamare David.
«Mamma, mi passi il cellulare?». Non mi rispose (o fece finta di non sentirmi), così aggiunsi: «È nella tasca destra del giacchetto».
Prese il cellulare e me lo lanciò.
 
«David? Sono Matteo»
«Oh, ciao! Non credevo mi avresti richiamato»
«Ti avevo detto che ti richiamavo. Perché non avrei dovuto farlo?»
«Infatti non lo so». Silenzio.
«Perché mi hai telefonato prima?» chiesi.
«Ah sì giusto! Mi ha detto Gianluca che sai cantare e te la cavi anche alla chitarra, allora ti volevo proporre…». So cosa mi voleva proporre, ma non avrei accettato.
«David» iniziai. «Scusami se ti interrompo, ma non posso suonare in nessuna band al momento». Rimase deluso dalla mia risposta.
«E perché no?»
Sono affari miei. «Perché ora come ora non ho tempo per far parte di una band»
«Ah, ok. Nel caso ci ripensassi, questo è il mio numero. Puoi fare una chiamata o puoi dirlo a Gianluca»
«Va bene. Ciao». Chiusi la chiamata.
Chiamai Gianluca.
Rispose al secondo squillo. «Pronto?».
«Perché hai proposto me per la tua band?»
«Perché non avrei dovuto farlo?». Non mi andava di parlare telefonicamente. Non di fronte a mia madre che si era affacciata dalla cucina quando il tono della mia voce si era alzato.
«Senti, ti aspetto al bar tra mezz’ora. Ci sei?»
«Sì, a dopo».
Mi alzai dal divano e mia madre si ritirò frettolosamente in cucina, come se non avessi che era stata tutto il tempo ad ascoltare.
«Vado a pagare il bollettino»
«Ah, già che ci stai, puoi fermarmi al supermercato a comprare il caffè?»
«E va bene dai».
 
Gianluca arrivò con mezz’ora di ritardo, così ebbi il tempo di comprare il caffè.
«Bhè, che mi devi dire di così importante?» mi chiese non appena arrivò
«Non avresti dovuto propormi per un motivo abbastanza chiaro» risposi, continuando il discorso che avevamo iniziato al telefono.
«Oddio Matteo, non puoi continuare con sta storia all’infinito». Cercai di fulminarlo con lo sguardo, ma quello che aveva detto faceva sì che riaffiorassero ricordi troppo dolorosi.
«E se anche volessi?» chiesi. «Tu già sei riuscito a dimenticare tutto? Beato te, perché io no». Presi fiato. «E se vuoi fare parte di una band, fai pure. Non me ne frega niente, ma non tirare in mezzo me!»
«Matteo, ragiona! Sei un musicista e facevi parte di una band. È successo quello che è successo, ma non per questo non devi suonare per il resto della tua vita»
«E se io non volessi più suonare?!»
«Saresti un perfetto imbecille!»
«Sarei un imbecille se non avessi un motivo valido!»
«Quanto è valido questo motivo per influenzare la tua vita così tanto?»
«Tanto. Per te, che hai dimenticato tutto così velocemente?» chiesi, pieno di rabbia.
«Voler continuare a seguire la propria passione non è dimenticare tutto il resto! O almeno io la vedo così» rispose. «Tu evidentemente non la pensi allo stesso modo, altrimenti non manderesti la tua vita così a puttane!».
«Quindi non suonare più sarebbe sinonimo di mandare la vita a puttane?»
«Per uno che metteva la musica alla base della propria vita direi di sì» se ne andò.
Avevo voglia di vedere Claudia, la mia ragazza. Sicuramente sarebbe stata in grado di dare un ordine alla confusione che avevo in testa. Le mandai un messaggio per chiederle se le andava di raggiungermi al bar.
Mi rispose quasi subito con: “Tra 5 minuti sono là”.
 
«Avevi voglia di vedermi o ti serve un consiglio?» mi chiese.
«Entrambe» le dissi, salutandola con un bacio.
«Sembri agitato»
«No dai. Ho solo appena discusso con Gianluca».
Aspirò una boccata dalla sigaretta, prima di chiedermi: «Il motivo della discussione sarebbe…?»
«Un mio possibile reinserimento in una band».
Mi guardò un attimo, prima di rispondere. «E tu hai detto di no». Alzò un sopracciglio, segno che conosceva già la risposta.
Annuii.
«Per come la penso io, potresti provare. Non hai motivi per essere così categorico»
«Come fai a dire che non ho motivi?»
«Ok hai ragione, ma ascoltami. Cos’hai da perdere?» mi chiese guardandomi negli occhi.
Non sapevo dare una risposta. «Perché volete tutti che entro in questa band?»
«Perché ci tieni troppo alla musica e so che non ce la faresti mai a lasciare tutto così».
Aveva ragione. Con quelle poche parole aveva chiarito quello che in 3 mesi non ero riuscito a capire da solo. Glielo dissi. «Ci proverò, lo faccio per te».
Mi bloccò. «No. Lo devi fare per te stesso».
  
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