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Autore: dipingimidistorta    11/01/2014    0 recensioni
giusto per iniziare, un cimelio di ben 7 anni fa
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La pesante e dura consistenza dell’arida e polverosa terra argillosa del campo si opponeva alle suole delle scarpe di un’anziana donna, ricurva verso piante da curare che avevano foglie bruciate dal rovente caldo della mattina inoltrata.Il suo fiato emetteva un odore forte e fastidioso ma niente d’esso rimaneva a vicinanza delle sue antiche mani abbronzate, intervallate da righe possenti che le attraversavano l’intere dita senza anelli, dita nodose e incurate che ricordavano le passate raccolte d’ortaggi sulla stessa terra che, da anni, curavano con accortezza materna. Si sentiva poi un leggero tiro di vento che portava alle nari altri suggestivi odori di campo, come lo sterco secco mescolato a della paglia, ma anche un profumo di mosto, quasi vino selvatico, che arrivava dall’abitazione della donna. E lì, un uomo carezzato dalla serena pace della bianca età sedeva davanti a un tavolo e porgeva lo sguardo enigmatico e grave fuori, verso il pallido cielo attraversato da biondi raggi. Era, sul tavolo, posato un fiasco di vino, vicino il bicchiere finito attirava le mosche insistenti che si posavano ovunque, ma il vecchio uomo non badava a loro, troppo concentrato nella lettura del suo cielo e delle sue avvertenze.Con brevi pause le sue palpebre si chiudevano e la fronte tornava distesa come fosse di un giovane, ma l’incanto durava poco e la severità delle sue spigolose curve, le sue guance smorte e gli zigomi coperti dalle borse degli occhi azzurrini riprendevano possesso del volto. Le labbra carnose erano l’unica cosa che resisteva agli allarmi del tempo e ora mettevano in mostra la loro tonicità e scoprivano i pochi denti macchiati di fumo. Chiamava la donna vestita di scuro con voce mite e lenta, La donna non aspetta che finisca di parlare che già è là, al gradino della porta a guardarlo con patetica a superata reverenza. Mentre entra lui si abbottona gli ultimi bottoni della camicia celeste e rimane a osservarla. Così, lei, con voce velata e impercettibile lo interroga guardandolo ora con un occhio che non si stanca d’amarlo; ”Cosa volevi prima?Ho sentito la tua voce, che è successo…”.Manca il tono interrogativo, come se nel suo modo di parlare ci fosse sempre l’insicurezza di base, la fragilità di una persona non impossessata ancora del suo io.Ci mise molto per risponderle e, quando fu ormai deciso nel farlo, con un balzo si alzò dalla sedia, che slittò leggermente al pavimento creando un rumore fastidioso, e le strinse le braccia facendola sussultare come una lepre catturata. “Nel cielo c’è fumo, il caldo ha distrutto la campagna vicina e le case di tanti; dovremo lasciare tutto nella notte, le fiamme altrimenti ci cuoceranno nel letto.Dobbiamo andare amore mio, e avremo salva la vita “. Di colpo il viso della donna si riempì d’angoscia, le sopracciglia si tesero in un’espressione crucciata e parlò con più fermezza del solito; “ Come, lasciare questa casa, la nostra terra, tutto questo non posso lasciarlo, è qui che sono nata, non ho conosciuto vita e posto diverso da questo. Se sarà Dio che vorrà allontanarmene, me ne andrò, ma non lascerò…” “Sbagli, moglie, questa terra sarà sempre nelle nostre vene e noi, con il nostro sudore nel suo interno.Ma il fuoco è vicino e4 la nostra vita non è ancora finita, lasciarsi distruggere qui non lo accetto. Ricordi quando dicevamo che era la terra la nostra casa? C’è terra anche da altre parti, terra più fertile e mite, terra che ci potrà appagare non solo nel cuore ma anche nella vita.Partiremo appena calerà un po’ di sole. Prepara tutto perché non ti lascerò qui”. La voce autoritaria dell’uomo ghiacciò ogni tentativo d’offensiva della moglie. Sapeva, lei, che lasciare il proprio paese distrutto spiaceva anche al marito, che avrebbe voluto, lo sentiva, morire insieme a lei nella loro casa ma qualcosa di fiero e giovane illuminava la fronte del vecchio; la voglia di non fermarsi ma di andare avanti. A pranzo ognuno pensava al futuro, alla nuova vita che li aspettava e all’ora della partenza. Le fiamme intanto facevano cadere di continuo gli alberi della zona e nessun soccorso veniva a spegnerle, la gente provava a farlo ma certo un focone non viene spento da un filo d’acqua, esile a causa della siccità estiva. Il profumo di una minestra di verdura commuoveva i due coniugi.Pensare che il giorno dopo non avrebbero più guardato insieme l’alba dall’orto e non avrebbero più sorriso ai frutti del loro seduloso lavoro. La sopravvivenza, in questa situazione, aveva vinto sulla propria coscienza d’identità.Magari vedranno ancora le loro nuvole pesanti e grigie nel cielo, ma non saranno più immense e dominatrici del paesaggio, in una via di città non sarebbero che un minimo squarcio di cielo inutile e non guardato da nessuno. E la luna tanto grande, al di là dei noci, non sarebbe che un bagliore irriconoscibile. Cosa dovevano vivere ancore, quali giorni dovevano ancora trascorrere insieme? Come avrebbero fatto due anziani canuti a ricominciare da zero in un sistema mai conosciuto se non in TV, in un giro d’affari lontano dalle vendemmie e dalle trebbiature? Era la forza della terra, quel giorno, nella loro casa, che li guidava a lasciarla e a superare le fiamme. Il primo pomeriggio passò velocemente, senza esitare, e i due si recarono lo stesso a curare per l’ultima volta la loro terra, entrambi con una forza sorprendente. L’acqua scorreva lentamente perché subito assorbita e le piantine ad ogni goccia sembravano rinvenire con più vigore ma crollavano nuovamente dopo. Era tempo d’andare. Non ci fu tempo perso, prepararono tutto e con passo sostenuto arrivarono nella loro macchina rossa per partire. La strada era deserta e ogni cosa per la via portava i segni della devastazione e del carbone.Del bestiame correva impazzito per i campi e stormi di aquile creavano cerchi nel cielo. Non passò molto tempo che si trovarono lontano dalla campagna e prossimi ad una città. La donna portava con sé una bottiglia di vetro trasparente piena della sua terra con una piantina dentro. Quella era la testimone del suo passato, l’avrebbe fatta crescere pensando alla sua casa. La stringeva nelle mani con forza, facendo tremare i suoi tendini sporgenti. Il marito non aveva più aperto bocca da tempo, la parlò solo quando giunsero ad una stazione ferroviaria e, fin troppo sicuro delle sue scelte le disse: ”Saliremo sul treno a sera inoltrata, arriveremo nel nord domani verso pomeriggio.Avevo pensato Torino, lì potremmo abitare in una casa in periferia, anche in un piccolo quartiere, troverò lavoro da qualche parte o andremo in qualche centro agricolo, abbiamo esperienza in queste cose”. “Come puoi pensare questo?Non basta lasciare la casa ma anche la nostra regione e trasferirci a Torino?Come faremo? Abbiamo la nostra età, non possiamo correre questi rischi”. “Avere la mia terra sotto le scarpe mi porterebbe inevitabilmente a ritornare lì dove ho lasciato tutto, non posso, devo andarmene da qui, faremo in qualche modo, ci sono io con te”. La donna non disse più niente, strinse la sua terra forte al petto e la bagnò di lacrime.Aveva paura, aveva tanta paura dell’ignoto.Forse sarebbe stata anche bene in quella vita che si proponeva d’un tratto davanti a lei, ma le sue povere origini l’avrebbero perseguitata.C’era solo una cosa di certo, il marito le stava vicino, il vecchio uomo canuto dagli occhi azzurrini, e aveva fiducia in lui.Sarebbero sopravvissuti un’altra stagione.
  
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