Speed dating
1) Vale la
pena dare una chance al destino?
«Alice, è
una follia!» ribadisco per la centounesima volta mentre Alice
Brandon, la mia migliore amica sin da quando portavamo il pannolino,
parcheggia davanti al ristorante Eclipse.
«Che sarà
mai,» sbuffa e spegne il motore della sua Porsche giallo
canarino,
«è un'occasione per fare qualcosa di diverso, per
conoscere gente
nuova! Sei sempre la solita brontolona, Bells»
Alzo gli
occhi al cielo e maledico il momento in cui ho deciso che le dovevo
un favore. L'Eclipse è uno dei ristoranti più in
voga di Port
Angeles, città che dista qualche chilometro da Forks, il
buco più
piovoso d'America da dove provengo io, gestito dal mio ex compagno di
torte di fango Jacob Black. È un posto fantastico e la
cucina è
davvero ottima. Adoro andare lì ad abbuffarmi, fosse per me
mi ci
accamperei tutti i giorni, tranne il giovedì: è
da un paio di mesi
che per avere una maggiore clientela Jacob ha dato inizio alla serata
dello speed dating, nuova arte del rimorchio. Ho sempre detestato
questo suo nuovo progetto e non l'ho mai nascosto. Come puoi decidere
se una persona è il tuo potenziale nuovo amore in tre miseri
minuti?
Come so che i minuti sono solo tre? Mi sono documentata, non potevo
di certo prendere in giro il mio amico senza sapere di cosa si stesse
parlando!
Nonostante
le pressioni di Alice, sono sempre riuscita a scampare a questa
tortura fino a questa sera. “Ci divertiremo!”,
ha sempre
esclamato, “È un'occasione nuova per
incontrare nuove
persone!”, oppure , “Tu non hai
idea dei fighi che vengono
il giovedì! I tuoi occhi mi ringrazierebbero”.
Lei,
ovviamente, ci viene spesso. Dopo il suo flirt estivo con Embry ha
deciso di volere una storia seria, sta cercando l'amore…
davvero
crede che potrà trovarlo qui, in mezzo a uomini che
snocciolano
belle e false parole solo per riempire un buco?
«Non sono
brontolona, semplicemente difendo i miei ideali. Mannaggia a me
quando ti ho chiesto di aiutarmi con i cani della signora
Meyer»
Mi lancia
un sorrisetto divertito prima di uscire dall'auto ed io, sconsolata e
rassegnata, la seguo.
Il giovedì
sera il mio ristorante preferito si trasforma in qualcosa di
totalmente strano: candele accese su ogni tavolo, luci rosse soffuse
e l'aria densa di elettricità nonostante manchino
più di dieci
minuti all'inizio di tutta questa cretinata.
Mi viene da
vomitare, per la miseria!
«Non posso
crederci! Quando Alice mi ha mandato un messaggio ho temuto che fossi
stata posseduta da chissà quale strana creatura, e
invece… sei
così tu, Bells!» mi sbeffeggia Jake e i suoi occhi
non si scollano
dai miei neanche per un momento.
«Ah, ah,
ah, sei davvero spiritoso, Jacob» rispondo con una smorfia e
incrocio le braccia sotto al seno.
«Beh, è
strano vedere proprio questa sera la persona che più
disprezza
questo genere di incontri per allocchi single»
«Detto
dall'organizzatore questa cosa mi fa sorridere» lo punzecchio
e lui
mi sorride dolce.
Jacob ha
una specie di cotta per me da anni. È stata Alice a farmelo
notare,
dicendomi che con me si comportava diversamente: sempre sorridente,
sempre disponibile e infinitamente dolce. Ha addirittura cominciato a
dire che il sorriso che mi rivolge è diverso da quello che
rifila
agli altri. Quando mia madre l'ha saputo – la mia migliore
amica
quando vuole sa essere una rana dalla bocca larga – ha
cominciato a
dare di matto, diventando ancora più bislacca, e ad ogni
telefonata
mi ripete sempre che saremmo perfetti insieme. Il problema è
che non
ce lo vedo nei panni di fidanzato: Jake è…
è Jake. È l'amico che
da bambini mi faceva soffiare una finta candelina su una finta torta
di fango, il ragazzo che mi ha insegnato a fare l'alfabeto coi rutti
– sport che fortunatamente ora non pratico più
– è un gran
bravo ragazzo, si può dire il ragazzo perfetto, ma non per
me.
«Cosa ti
ha spinto a provare?» domanda.
«La nana
al mio fianco,» replico e mi becco una borsettata sulla
spalla, «ti
prego, dimmi che questa cosa non durerà troppo»
«Sono
sicura che ci divertiremo,» si intromette la piccola hobbit e
si
avvicina ad abbracciare Jake, «come va, ragazzone? Sono
secoli che
non ci vediamo»
«Tutto
bene, Alice, tu? Ti sei divertita a New York?»
«New York
durante la settimana della moda è meravigliosa. Ho fatto un
po' di
shopping e ho una cosina anche per te. Te la porterò uno di
questi
giorni»
«Grazie,»
le dice baciandole la guancia e poi torna a prestarmi attenzione,
«volete bere qualcosa
nel frattempo?»
«Beh,
un Martini io lo prendo volentieri… tu, Bella?»
«Per
me una cola, grazie»
Seth,
ultimo acquisto dell'Eclipse e nostro nuovo amico, ci raggiunge e ci
mostra i nostri posti: il tavolo di Alice sarà il 7, mentre
il mio
il 16. Non so se essere sollevata o meno per questa lontananza: mi
imbarazza sedermi attorno gente completamente sconosciuta, ma allo
stesso tempo ne sono entusiasta… la mia migliore amica mi
sembra
leggermente su di giri e mi spaventa.
«A
cosa servono?» domando a Seth non appena mi porge una busta e
una
penna.
«È
una scheda di gradimento, ma ti spiegherà tutto Jacob
più tardi,»
risponde e ridacchia, «respira, Bells»
Gli
faccio un sorriso di circostanza e non appena se ne va sposto lo
sguardo verso Alice: non riesce a stare ferma sulla sedia, dire che
è
in fibrillazione probabilmente è un eufemismo.
«Ali,
calmati!» la riprendo e lei mi fa la linguaccia,
«Ma tu sei così
tutti i giovedì?»
Pian
piano la sala si riempe e tutti i tavoli vengono occupati quasi
immediatamente: va davvero così tanto di moda lo speed
dating? Due
ragazze, nei due tavoli di fronte a me, chiacchierano tra di loro: la
prima, una morettina, racconta che è qui perché
spera di incontrare
la sua anima gemella, mentre la seconda, una rossa tutte curve, vuole
un amichetto con cui giocare stasera perché “rimorchiare
nelle
discoteche è così demodé”.
Jake
si mette in mezzo alla sala e si schiarisce la voce.
«Buonasera,
signore,» ci saluta con un sorriso smagliante e sento la
ragazza del
tavolo accanto a me sospirare, «e benvenute all'Eclipse.
Colgo
l'occasione per dare il bentornato ad alcune di voi, riconosco
diversi volti, e il benvenuto a chi non è mai venuto,
invece,» dice
guardando me e alzo gli occhi al cielo, «le regole dello
speed
dating sono semplici: davanti a voi avete una busta con dentro una
scheda di gradimento, una spilla col vostro numero identificativo e,
ovviamente, un buono per un drink al nostro bar, usufruibile in
qualsiasi momento. Il tutto si svolgerà in un'ora e mezza.
Avrete la
possibilità di parlare con venticinque dei quaranta ragazzi
che si
trovano nell'altra stanza. Siete davvero in tante e ho dovuto fare
due gruppi. Ogni incontro durerà tre minuti e a tempo
ultimato
suoneremo una campanella, gli uomini scaleranno di un posto e voi
avrete la possibilità di fare una nuova conoscenza. Tra un
incontro
e l'altro dovrete scrivere sulla vostra scheda di gradimento un
“sì”
o un “no” accanto al numero
della persona appena
conosciuta. Al termine della serata raccoglieremo le schede e
verificheremo gli incroci di gradimento. Se l'incontro
risulterà
positivo, cioè se la persona a cui avete detto di
sì ricambierà la
vostra scelta, invieremo entro 48 ore i rispettivi indirizzi e-mail,
numeri di cellulare e nomi di battesimo,» mentre spiega il
suo
sorriso non lascia le sue labbra e non appena si interrompe se le
umetta con la lingua, facendo così sospirare non solo la
ragazza di
prima, ma anche molte altre, «questo è tutto, vi
auguro una buona
serata e un buon divertimento»
Applaudiamo
tutte e prima che ci lasci si volta verso di me e mi fa l'occhiolino,
al quale rispondo con un sorriso.
Apro
la busta, tiro fuori tutto l'occorrente e attacco la spilla al bordo
della mia scollatura: sono il numero tredici.
Un
brusio alla mia destra mi fa voltare e vedo arrivare gli uomini:
dovrebbero avere dai venticinque ai trentacinque anni. Si dividono e
si siedono ognuno su una sedia diversa.
«Ciao,»
mi saluta il ragazzo che si siede al mio tavolo, «sono
Laurent»
«Bella»
rispondo accettando la mano che mi ha appena porto e la stringo: ha
una presa forte e questo lo apprezzo, detesto quelle strette molli,
mi sanno da persona con poca spina dorsale e viscida.
Il
tempo per conoscersi è relativamente poco e per questo primo
incontro ne sono altamente felice. È un bellissimo uomo, per
carità:
è alto, dalla camicia che porta noto che il suo fisico
è muscolo e
ha i capelli corti e di un nero brillante, la sua carnagione
è
olivastra e gli occhi sono azzurri. Ma è una persona
così
superficiale! È un modello e per tutto il tempo non ha fatto
altro
che raccontarmi degli ingaggi che ha avuto e delle sue origini: mamma
italiana e papà africano. Di me sono riuscita solamente a
dirgli che
sono di Forks e poi siamo tornati a parlare di lui, che mi ha
raccontato di essere a Port Angeles per un servizio fotografico.
Non
appena sento la campanella suonare tiro un sospiro di sollievo,
contenta del fatto che questa prima tortura sia finita. Peccato che
me ne rimangano altri ventiquattro. Il secondo ragazzo che si siede
mi rivolge un sorriso smagliante.
«Ciao,
io sono Peter» mi saluta allegro e anche lui mi porge la mano.
«Bella»
rispondo ricambiando il gesto.
«Di
nome e di fatto» ridacchia.
«Non
ti seguo» dico inclinando la testa e corrugo la sopracciglia.
«Bella
in italiano è un aggettivo che sta ad indicare una donna
particolarmente avvenente,» mi spiega e poi si mette a ridere
da
solo, «scusami, sono un'amante delle lingue
straniere»
«Non
scusarti,» replico sorridente, «cosa fai nella
vita?» domando e
risponde che sta completando la sua tesi di laurea in letteratura e
cultura delle lingue straniere a Boston, ma che ora è qui a
Port
Angeles a trovare la sua gemella e neo mamma Charlotte.
È
un ragazzo molto simpatico e buffo, ha i capelli biondissimi e una
chioma leonina da poter far concorrenza a Simba.
Dopo
Peter incontro Charles, Riley ed Alistair – grazie al cielo
ci sono
sempre quei tre minuti a disposizione, perché quest'ultimo
è un
tipo estremamente pessimista e dopo poco tempo passato con lui ho
seriamente pensato di gettarmi dalla scogliera di La Push –,
ma
l'incontro più bizzarro è senza dubbio avvenuto
con Jasper Hale.
«Ho
conosciuto la tua amica,» mi dice ridacchiando,
«è… come dire,
molto esuberante»
«Te
ne sei accorto subito, eh?»
«Sì,
è una persona che si fa subito notare. In trenta secondi mi
ha
elencato quaranta motivi diversi per non indossare una camicia a
righe» mi racconta e non posso fare a meno di non ridere ad
alta
voce.
«Ne
so qualcosa. Ho festeggiato i miei diciotto anni con i miei genitori,
lei e i suoi. Cena semplice, abbiamo mangiato una pizza in casa. Beh,
quando mi ha vista scendere le scale con jeans e maglietta mi ha
spedito in camera a cambiarmi»
Ghigna
e scuote la testa.
«Non
fatico a crederlo, sai?» ribatte ghignando e inizio a farmi
prendere
dal senso di colpa.
«Sì,
beh… che ne dici di cambiare argomento? Mi sembra di fare
una
carognata nei suoi confronti! Non voglio parlare male di lei»
«Non
preoccuparti, non è una carognata. Alice mi sembra una
ragazza molto
interessante» risponde e le sue guance leggermente si
imporporano,
mentre a me si accende una lampadina.
Vorrei
chiedergli altro, ma la campanella purtroppo suona e siamo costretti
a salutarci. Si alza dalla sedia e prima di scrivere il mio giudizio
mi volto verso Alice e scopro che mi sta guardando a sua volta.
Controlla che Jasper non sia voltato verso di noi, lo indica e poi
alza entrambi i pollici. Questo mi basta per mettere un
“no”
convinto accanto al suo nome.
La
parentesi di Jasper dura troppo poco per risollevare il mio giudizio
su questa serata. Non è certamente una cosa che fa per me e
giuro
che questa sarà la prima e ultima volta che qualcuno mi
vedrà in un
posto simile.
L'uomo
dopo Jasper – Alec, mi pare si chiami –
è un totale disastro. È
talmente tanto teso da aver parlato senza ragionare: insomma, ha
trent'anni, è senza lavoro e vive ancora con i
genitori…
sicuramente non è una cosa da dire per far colpo su una
ragazza.
Anche io vivo ancora con mio padre, ma non lo vado a sbandierare in
giro.
Suona
la campanella e sospiro, cerco Jacob con lo sguardo e lo chiamo.
«Cosa
posso fare per te, Bells?» domanda sorridendo.
«Portami
qualcosa di estremamente forte. Devo incontrare altre cinque persone
e sono sicura di non potercela fare senza un minimo d'alcol nel
corpo»
Mi
fa un cenno, sparisce dietro al bancone e torna dopo qualche minuto
con un intruglio strano. Non ho la minima idea di cosa ci sia dentro,
ma è forte. Decisamente quello che mi ci vuole.
La
persona che si siede di fronte a me mi guarda con fare spavaldo e
inarco il sopracciglio.
«Penso
che tutta questa buffonata sia un'emerita stronzata»
esordisce senza
nemmeno presentarsi, ma ammetto di non potergli dare torto.
«Siamo
in due a pensarlo» rispondo e gli sorrido.
«Sì,
si vede che sei seccata. Sai, è dall'inizio che ti ho notata
e non
vedevo l'ora di venire a parlare con te»
«Davvero?
Ma che gentile. E come mai?»
«Tu
non cerchi l'amore qui dentro,» dice e appoggia i gomiti sul
tavolo,
«io lo so»
«E
cosa cerco, allora?» gli chiedo divertita.
«Una
scopata. E ti assicuro che con me saresti pienamente
soddisfatta,»
risponde e sgrano gli occhi, «ti ho osservata per tutto il
tempo e
la tua faccia era sempre la stessa. Non ti stai divertendo. Non hai
trovato nessuno di interessante. Quello che ti posso offrire io
è
puro divertimento e sono sicuro che anche tu lo vuoi»
Appoggio
anche io i gomiti sul tavolo e mi porto entrambe le mani davanti agli
occhi.
«Toglimi
una curiosità, ehm…»
«Jared»
«Jared.
Con quante ragazze ha funzionato questo?» gli domando
agitando la
mano, «è vero, ritengo una cosa senza senso lo
speed dating, ma
allo stesso tempo non sono qui per cercare una scopata
e, se anche fosse, tu saresti certamente l'ultima persona alla quale
mi rivolgerei. Cerchi divertimento senza impegno? Aspetta qui»
Mi
alzo dalla sedia e mi avvicino alla rossa tutta curve di prima, che
sta guardando il suo attuale accompagnatore senza il minimo
interesse. Nel momento in cui si rende conto che le sto accanto lo
ignora definitivamente e mi rivolge la parola.
«Hai
bisogno di qualcosa?»
«Sì,
potresti venire con me un momento?» le chiedo e le porgo la
mano,
che lei accetta senza esitazione… credo accetterebbe
qualunque cosa
pur di non essere lì con quel povero ragazzo,
«Scusaci un secondo»
mi rivolgo a lui e torniamo al mio tavolo.
«Jared
cerca una scopata e tu un amante, giusto? Sono sicura che farete
scintille voi due. Che ne dici scambiarci i posti? Poi tu prosegui
col mio gruppo ed io col tuo» propongo alla ragazza e lei
sorride a
Jared.
«Con
immenso piacere,» risponde e si siede a quello che prima era
il mio
posto, «ciao, sono Victoria» si presenta ed io
prendo il suo posto.
«Eccoci
qui,» dico sedendomi e sorrido al ragazzo che ho di fronte,
che mi
guarda leggermente sollevato, «ciao, sono Bella»
«Sam
Uley» risponde e ci stringiamo la mano.
«Scusate,»
si intromette Jacob e mi guarda, «Bella, cosa stai
facendo?»
«Faccio
amicizia con Sam, non vedi?» ribatto guardando prima il mio
amico e
subito dopo il mio momentaneo accompagnatore.
«Non
è nel regolamento cambiare gruppo» mi spiega, ma
lo blocco con un
cenno della mano.
«Jake,
altri due secondi con quel tizio e giuro che lo avrei strangolato.
Fidati, non scherzo su queste cose. Sono la figlia dello
sceriffo»
Il
mio amico non è molto convinto, ma non aggiunge altro e si
allontana. Intavolo una breve conversazione con questo Sam e devo
ammettere che è un ragazzo davvero interessante: ha trenta
anni e
insegna chimica all'università di Seattle. Non ho intenzione
di
rivederlo ancora, così come nessun altro per principio, ma
è di
piacevole compagnia.
Allo
scadere del tempo stabilito Sam si alza dalla sedia e mi porge ancora
la mano.
«È
stato davvero un piacere conoscerti, Bella»
Il
ragazzo dopo Sam, Eric Yorkie, è uno spasso. Appena si siede
mi
fissa intensamente negli occhi.
«Voglio
essere onesto con te, occhi belli,» dice e congiunge le mani,
«sono
qui solo perché mia madre spera che rinsavisca e le porti a
casa una
bella ragazza, ma io sono al 100% gay»
Rimango
sorpresa dalla sua sincerità, ma gli sorrido.
«Voglio
essere onesta anche io, Eric,» confermo e indico la scheda di
gradimento, «indipendentemente da come sei avrei scritto no
accanto
al tuo nome, come ho fatto con tutti gli altri»
«Sei
lesbica?» mi chiede e scoppio a ridere.
«No,
ma sono stata trascinata qui e questa è la mia forma di
protesta»
«Una
Lady Godiva del 2012,» afferma e annuisce, «mi
piace. Potremmo
diventare amici, se ti va. Dove abiti?»
«A
Forks» rispondo divertita, ma lui storce il naso.
«A
Forks ci abita un mio vecchio amante e non ho intenzione di metterci
più piede»
«Posso
sapere chi, se non sono troppo indiscreta?» domando curiosa e
lui,
dopo essersi guardato attorno, si avvicina e mi fa segno di
avvicinarmi a lui.
«Mike
Newton»
«No!»
urlo allontanandomi e improvvisamente tutta la sala si zittisce,
«uhm… scusate» mi rivolgo sorridendo
imbarazzata e, con ancora
tutti gli occhi puntati su di me, torno a prestare attenzione ad
Eric. Non posso credere che il ragazzo con cui stavo per perdere la
verginità sia in realtà omosessuale.
«È
durata quattro mesi,» mi spiega con fare pettegolo,
«ma poi l'ho
mollato io. Mi aveva detto di non essere sicuro, perché
c'era anche
una ragazza che forse gli interessava. Voglio un gay convinto, non un
bisessuale»
La
campanella suona poco dopo, ci stringiamo la mano e se ne va. Mi
volto per vedere l'orologio alle mie spalle: sono le dieci e
cinquantasette: ancora poco e questa tortura finirà.
«Hai
tre minuti da dedicarmi o hai fatto il pieno?» domanda una
voce e mi
volto non dopo aver inspirato ed espirato rumorosamente.
Ero
convinta di essere pronta a tutto, ma non appena vedo la persona che
mi sta davanti devo ricredermi: credo sia il ragazzo più
bello che
io abbia mai visto in vita mia. È alto – accidenti
se lo è! –
con un fisico slanciato e muscoloso, ma non massiccio. Ha un viso
bellissimo, due labbra né sottili, né carnose e
gli occhi verdi. I
suoi capelli sono una zazzera scompigliata rossiccia. È
estremamente
attraente e non posso fare a meno di osservarlo sconvolta, con tatto
di bocca spalancata. Dio, spero di non avere la bava che scende di
lato. Non solo è bellissimo, ma quando mi sorride il mio
cuore cessa
pure di battere: il suo sorriso asimmetrico – sghembo
– è così
bello da dover essere considerato illegale.
Non
so quanto tempo passa, ma quando alza un sopracciglio mi riprendo e
lo invito a sedersi.
«Sono
Isabella Swan, ma chiamami Bella» mi presento.
«Edward
Cullen, ma chiamami Edward,» risponde divertito e ci
stringiamo la
mano, «cosa ti porta ad uno speed dating, Bella? Non mi
sembri il
tipo di ragazza che ha bisogno di frequentare questi posti»
«Potrei
farti la stessa domanda, Edward» gli faccio notare e mi
regala
ancora quel sorriso da batticuore.
«Touche,»
dice e si passa una mano tra i capelli, gesto assolutamente illegale
se fatto da lui che mi rapisce, «a dire il vero sono qui per
fare un
piacere a mi cugino» mi spiega e indica un ragazzo dietro di
me. Mi
volto: Jasper.
«Jasper?»
domando e lui annuisce.
«L'hai
conosciuto?»
«Sì,
è un ragazzo molto simpatico. Ha fatto una buona impressione
alla
mia amica, alias la causa della mia presenza qui» spiego e mi
sorride.
«Sono
contento che ti abbia convinto a venire,» dice e cado nello
sconforto: anche lui, come tutti gli altri, ci vuole provare subito,
«non mi sembra corretto che solo io debba essere trascinato
da un
pazzo. È la mia prima esperienza e sono certo
sarà anche l'ultima.
Non sono un amante di queste cose» aggiunge muovendo le mani
per
indicare la situazione e sorrido.
Forse
è una tattica o forse no, ma io apprezzo lo stesso.
«Mi
sento tanto una bambina capricciosa,» ammetto sorridendo,
«mi sono
lasciata trascinare dalla mia amica, ma per ripicca ho deciso di
mettere “no” accanto al nome di tutti»
«Sul
serio? Anche io!»
«Non
ci credo» rispondo incrociando le braccia sotto al seno e lui
prende
in mano il suo foglio.
«Ah
no? Controlla tu stessa» mi sfida e sbircio il suo foglio:
accanto
ad ogni nome femminile leggo chiaramente un “no”
scritto in
maniera maledettamente elegante.
«Devo
chiederti scusa, allora. Ero convinta fosse una balorda tattica per
rimorchiarmi»
«Sì,
beh, forse anche io al tuo posto avrei pensato la stessa identica
cosa»
«Sei
della zona?» chiedo per non restare in silenzio per questi
ultimi
minuti, ma anche perché mi interessa sul serio.
«Sono
di Seattle. Tu?»
«Forks.
Non penso tu la conosca…»
«Forks,
la città più piovosa d'America,» recita
e sgrano gli occhi, «ci
sono stato diverse volte da bambino. È davvero…
»
«Un
mortorio» termino per lui e ci mettiamo a ridere.
«Volevo
dirlo in un modo più carino, ma mi hai decisamente cavato le
parole
di bocca» risponde e non posso fare a meno di chiedergli come
mai la
conosce… e di chiedermi perché non l'avessi mai
notato prima, «i
miei nonni ci abitavano. Quando mio nonno è morto, mamma ha
voluto
che la nonna si spostasse a Seattle con noi. Mia nonna si chiama
Elizabeth Masen, non so se la conosci»
Forks
è davvero piccola, ma purtroppo sono costretta a negare.
«Sono
andata via da Forks che ero ancora una bambina e ci sono tornata
quando avevo sedici anni. Non la conosco, purtroppo» ammetto.
«Se
non sono troppo indiscreto posso chiederti come…»
Edward non
finisce la frase perché la campanella suona e Jacob si
avvicina.
«Il
tempo a vostra disposizione è scaduto. Vi ringrazio di
essere stati
qui con noi questa sera. Spero di vedervi ancora se vi siete
divertiti e se non avete trovato l'anima gemella, in caso contrario
siamo felici di essere diventati dei potenziali cupido.
Buonanotte!»
Sposto
l'attenzione da Jacob e becco Edward fissarmi intensamente.
«Beh,
è stato un piacere chiacchierare con te, Bella,»
mi dice
stringendomi la mano e mi sorride, «grazie per avermi tenuto
compagnia per questi ultimi minuti»
«Il
piacere è stato tutto mio, Edward,» replico e gli
sorrido, «beh,
ti auguro buona fortuna, e… a mai più rivederci,
giusto?»
«Giusto»
afferma sicuro.
«Prima
di andare via vi ricordo di riconsegnare le vostre schede e le
spille» informa Jacob e torno prestare attenzione agli ultimi
tre
numeri senza responso. Ero troppo impegnata a deprimermi per la
serata per pensare di scrivere qualcosa.
Numero
30: no
Numero
17: no
Numero
24. L'ultimo ragazzo che ho incontrato, Edward. È stata una
bella
chiacchierata e con lui sono stata bene, ma entrambi abbiamo messo in
chiaro le cose, no? Mi rendo conto che dovrei rimanere fedele alle
mie idee, eppure non riesco a non pensare che vorrei avere un'altra
occasione per parlare ancora.
«Bella,
ci sei?» mi chiede Alice vicina al mio tavolo con un sorriso
a
trentadue denti e le sorrido di rimando.
«Sì,
ho appena finito di compilare la scheda» rispondo e posando
la penna
e rimetto tutto nella busta.
Voglio
darmi una chance, chissà.
Numero
24: sì
Angolo autrice
Salve
a tutte!
Dopo
un anno e mezzo mi sono decisa a postare questa storia. È
una
mini-ff, sarà composta da quattro capitoli. Ieri mi
è venuto un
lampo di ispirazione, quindi l'ho già scritta tutta e non vi
farò
penare facendomi leggere i capitoli a distanza di mesi. Questo
è il
mio primo tentativo di mini fan fiction, di solito o scrivo delle OS,
o delle long ff estremamente long.
Mi
auguro che la storia vi piaccia e di riuscire a strapparvi una risata
di tanto in tanto.
Baci
e al prossimo fine settimana
Giulls
I
personaggi sono di proprietà di Stephanie Meyer, scrivo
senza scopo
di lucro e ogni riferimento a persone e situazioni è
puramente
casuale e frutto della mia fantasia.