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Autore: thyandra    12/01/2014    3 recensioni
[spoiler retrace 68 e successive]
Breve spaccato introspettivo su Lacie, nel momento della sua morte. Tutti i sentimenti che mai ha proferito ad alta voce, ma che non può nascondere a se stessa, emergono finalmente con chiarezza.
"Quella tua mano che poggia lievemente sul mio capo sembra esserne perfettamente consapevole. Eppure, non mostri l'imparzialità che ci si aspetterebbe dal tuo ruolo. Quella mano che ormai appartiene a Glen conserva il tocco timoroso e amorevole del mio caro Oswald. Hai paura, vero, nii-sama? Temi ciò che sei diventato, rifuggi l'impersonalità di quella maschera che sei costretto a portare, per via dei tuoi occhi. Il peso di quel nome è troppo grande, per il tuo cuore. Sei sempre stato tu, quello emotivo, tra noi due."
Accenni di Jack x Lacie.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Glen Baskerville, Lacie Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Senza speranza non vi è nessuna disperazione






Non un solo suono s'azzarda ad essere emesso, pauroso di risuonare in questa enorme e spoglia sala, gremita di mantelli rossi per l'occasione; non un solo battito di ciglia disturba la sacralità di questa buffonata: una cerimonia di condanna imbastita al solo scopo di far da monito, ma cui è concesso di assistere ai soli vassalli che mai potrebbero infrangere il loro voto.
La mia morte.
Nei miei incubi di bambina, quando ancora la voce crudelmente incolore di Revis che diceva, pacata, "Tu morirai" turbava il mio sonno, avevo immaginato questo giorno e questa cerimonia in modo più macabro, più pauroso.
Il silenzio timoroso, affettato e compito di ciascuno di voi, invece, mi fa venire una gran voglia di scoppiare in una fragorosa risata. Non per vera ilarità, solo per beffa. Per ribellione.
In fondo, questa fine è proprio la conferma di ciò che ho sempre, intimamente, saputo: il mondo non conosce la giustizia. Quella è una parola creata dall'uomo per mascherare i suoi giochi di potere.
Questa realtà è governata dal caos e tu dovresti saperlo bene, nii-sama.
Quella tua mano che poggia lievemente sul mio capo sembra esserne perfettamente consapevole. Eppure, non mostri l'imparzialità che ci si aspetterebbe dal tuo ruolo. Quella mano che ormai appartiene a Glen conserva il tocco timoroso e amorevole del mio caro Oswald. Hai paura, vero, nii-sama? Temi ciò che sei diventato, rifuggi l'impersonalità di quella maschera che sei costretto a portare, per via dei tuoi occhi. Il peso di quel nome è troppo grande, per il tuo cuore. Sei sempre stato tu, quello emotivo, tra noi due.
Ciononostante, sarei ipocrita se non capissi il tuo tormento, è simile a quello che provai anch'io: solitudine.
Possono davvero essere misura delle nostre azioni, questi nostri occhi? Che giudizio superficiale, meschino quanto questo mondo assurdo.
<< Che cosa c'è che non va, nii-sama? Cerchiamo di farla finita una volta per tutte. >> dico, una sottile ironia che prende piega sulle mie labbra incurvate all'insù.
Ti vedo sgranare gli occhi dalla sorpresa, mentre la tua mano guantata abbandona la sua posizione, in barba al mio incoraggiamento. Scandagli le mie iridi asciutte alla ricerca di una emozione che non traspare, mi leggi dentro cercando un giusto risentimento che ti biasimi, o anche solo la medesima paura che inchioda il tuo cuore. Sei sempre stato bravo a guardare l'anima delle persone, dunque perché sei così sorpreso dal mio calmo sorriso?
Riesco a percepire lo sforzo con cui t'imponi di andare avanti, di nascondere di nuovo quelle emozioni sotto una maschera di solennità che ti va troppo stretta. Potrai aver ingannato i tuoi sottoposti, ma a me non sfugge come tu abbia rifuggito il mio sguardo, nel pronunciare quella formula finale.
Decine di piccoli globi dorati cominciano a galleggiare nell'aria satura di potere dell'abisso, descrivendo volute luminose: festeggiano il mio prossimo ritorno a casa.
Non riesco a vietarmi di gettare un altro sguardo d'insieme alla sala, cercando, o forse sperando, di incontrare le due iridi smeraldine che so per certo non essere qui. Non avrebbe mai disobbedito ad una mia esplicita richiesta, non lui.
Eppure, provo un'incoerente sollievo, nel confermare la sua assenza. Codardia, forse.
No... non è così semplice.
Io non volevo che lui assistesse a tutto questo.
Sono vissuta senza rimpianti, ho provato le gioeie più grandi e le disperazioni più profonde, ho analizzato la vita sotto ogni suo aspetto. Tutti, tranne uno...
Una sola cosa non mi sono mai concessa e in fondo al mio cuore so che è stato meglio così. Non ho consentito all'amore di conoscere questa carne, anche se il suo calore ne ha comunque infiammato la pelle di bruciante speranza. Una speranza impossibile, una droga sottile che uccide giorno per giorno, eppure al cui agrodolce sapore non ho saputo sottrarmi, quando essa si è presentata alle mie labbra.
Stolta. Ingenua.
Innamorata, forse. Principiante in un sentimento troppo grande per noi, troppo vasto per una sola breve esistenza come la mia.
Sapevo di dover morire un giorno, per questo ti ho tenuto a debita distanza, pur non riuscendo completamente ad allontanarmi da te.
Sono sempre stata egoista, del resto.
Un innaturale bagliore che si intensifica sempre più mi costringe a socchiudere gli occhi. Un cerchio di luce si dirama ai miei piedi: il varco. Il potere dell'abisso mi investe in pieno, un turbine improvviso intrappola i miei capelli, che sferzano rapidi e senza posa il mio viso, e i merletti della mia veste preferita. Piume nere e globi dorati danzano nel vortice del suo benvenuto.
Sollevo lo sguardo sulla figura ammantata di nero che ancora mi guarda con iridi piene di rimpianto e senso di colpa. Chiudo gli occhi, mentre mi preparo a dirti addio. Non sono mai stata brava, con le parole, e non mi sono mai piaciuti i melodrammi. Troppo noiosi, troppo scialbi. Che senso ha soffrire per qualcosa che sin dall'inizio sai non poter finire bene?
Scure, pesanti catene emergono da quel baratro, stringendosi saldamente al mio corpo: l'abisso mi reclama, la sua Voce non vuol soffrire oltre quella solitudine che odia più di ogni altra cosa. Come potrei biasimarla?
<< Nii-sama, pensi che la Voce dell'Abisso si sentirà meno sola, adesso? >>
Nel pronunciare quella frase, che viene subito inghiottita e sovrastata dal frastuono che sembra avvolgere ogni cosa, sfioro appena il mio ventre, ad occhi chiusi. Debole, al suo interno, cullata dalla dolce promessa di vivere al posto mio, germoglia una nuova, piccola vita.
Nii-sama, avrai capito che questo era il mio regalo per te?
Forse la speranza non è mai morta, nel mio animo, come invece pensavo.
Le catene mi trascinano giù in questa caduta che sembra eterna, verso la mia nuova prigione, verso la mia morte; lontano da questa realtà che ho sempre amato con ogni fibra del mio essere e che verrà ereditata da voi: da te, piccolo mio, e da lui, il mio volubile, ingenuo Jack.
L'unica mia vera speranza, l'unico mio egoistico augurio, è che dalla mia compagnia tu abbia appreso che il dolore non ha una sola faccia, mio adorato trastullo, mio amato cavaliere.
La solitudine e la sofferenza non sono solo che le vesti più oscure di questo mondo meraviglioso. Riuscirai a vedere anche gli altri abiti, un giorno.
Anche senza la tua modella preferita.









Angolo dell'autrice: Forse il finale di questa shot meriterebbe alcune spiegazioni, ma preferisco lasciarlo aperto all'interpretazione del lettore, voglio che ci si rifletta un po' su. Perché alla fin fine Lacie non è mai stato un personaggio facile da leggere, penso sia più giusto così. 
Voglio inoltre ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fin qui e invitarlo a lasciarmi un commento anche breve, per farmi sapere cosa ha pensato della shot e se c'è bisogno che inserisca avvertimenti di OOC e quantaltro. 
Ps: il titolo fa riferimento a una frase pronunciata da Jack stesso. Mi sembrava appropriato, per descrivere la shot.

 
  
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