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Autore: weirdo___    12/01/2014    4 recensioni
"Scommetto che stavi andando in libreria" "Come fai a saperlo?" "Ti nascondi ancora da qualche parte, giusto?" "Ah, tu non me la racconti giusta!", mi hai detto sorridendo, [...] "Mi stavi pedinando, vero?"
Cara Claire, stasera ti ho vista e, se non ci fossero stati i tuoi occhi grandi e scuri, non ti avrei proprio riconosciuta.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lettera per Claire.

Stasera ti ho vista e per un momento ho creduto di aver dimenticato quale fosse il tuo nome. Perché la Claire a cui associavo i tuoi occhi grandi e scuri portava sempre i capelli sciolti e spettinati, aveva lo smalto blu rovinato sulle unghie ridotto a qualche misera scheggia sull'indice e sull'anulare e non metteva mai i tacchi perché "Mi dà fastidio doverti guardare dall'alto". Ricordavo una Claire che entrava nelle stanze gremite di persone con lo sguardo spaesato, alla ricerca disperata della mia mano da stringere come tranquillante, spaventata, oserei terrorizzata dalle occhiate indagatrici degli sconosciuti. Ricordavo il tuo profumo leggero e fruttato, le tue labbra screpolate e rosse, spesso coperte da creme per l'herpes perché, nonostante le spalle larghe, le dita lunghe a affusolate e le gambe chilometriche, nonostante l'imponenza e la forza che la tua statura ostenta, sei fin troppo debole e sensibile, gli sbalzi di temperatura e i cambi di stagione sono i tuoi peggiori nemici e l'unica forza che ti caratterizza, da quel che ricordo io, è quella del carattere. E' proprio per questo che ti ho lasciata sola in quella fredda serata invernale, perché sapevo che prima o poi l'avresti superata, perché ero sicuro di fare il tuo bene risparmiandoti le chiamate a orari improponibili, le lettere spedite dall'altra parte del mondo, i "Mi manchi" il giorno di Natale e le lacrime in aereoporto. Sapevo che te ne saresti fatta una ragione.
Ma io? Io l'ho superata? Ho fatto il mio bene? Io me ne sono fatto una ragione?
Stasera ti ho vista e, se non ci fossero stati i tuoi occhi grandi e scuri, non ti avrei proprio riconosciuta. Mi hai stretto la mano, le unghie curate e smaltate di rosso e mi hai baciato sulla guancia, ma il tuo ciuffo ribelle non mi ha solleticato il collo come era solito fare, perché raccolto in una splendida e perfetta coda di cavallo che, lasciando scoperto il tuo viso, ne faceva un'opera d'arte, un qualcosa di così perfetto e armonioso che mi sono proprio pentito di tutte quelle volte che ti ho detto "No, lasciali sciolti, li preferisco così". Poi sei rimasta a guardarmi per qualche istante e hai sussurrato qualcosa sul colore dei miei occhi, ma ero troppo impegnato a capire cosa ci fosse di diverso in te e cosa, invece, appartenesse alla vecchia Claire, che a stento mi sono accorto della tua mano sulla mia guancia, quella che poco prima avevi sfiorato con le labbra, intenta a sfregare qualche traccia di rossetto che avevi lasciato. "Non vorrei che la tua nuova ragazza pensi a male", mi hai detto ridacchiando. "Io non ho una nuova ragazza", ti ho risposto, "E tu, dove hai nascosto i tuoi diciotto anni?". Hai alzato gli occhi al cielo: "Se cerchi bene nella tua valigia puoi trovarli". Mi sono chiesto di quante altre cose ti avessi privato quella notte, quante altre assenze avessero gravato sulle tue spalle ricurve per il troppo studiare e mi sono sentito, oh, te lo giuro sulla mia copia del Giovane Holden, mi sono sentito un mostro. Poi ho alzato gli occhi e ho incontrato i tuoi impegnati a sorridermi, e l'ho riconosciuto quel sorriso, quello che dice "Non hai capito proprio un cazzo".
"Non preoccuparti, te li ho regalati io e non me ne sono neanche pentita". Improvvisamente, la sconosciuta in abito scuro davanti a me ha riacquistato sembianze familiari, mi è quasi parso di sentire nuovamente le tue dita ruvide arrotolarsi attorno alle mie e ho ricordato perché ti avevo scelto e perché, probabilmente, continuerò a sceglierti  fino alla fine dei miei giorni. "Ti va di prendere un caffè?", ti ho chiesto, alzando il tono della voce che fino a qualche minuto prima era ridotto a un misero mormorio. "Aspettavo solo che tu me lo chiedessi", hai esclamato, e sei entrata nel bar che fa angolo in quella strada in città in cui, stasera, mi sei venuta incontro per puro caso.
Cara Claire, stasera ti ho vista, è passato qualche mese e molte cose sono cambiate; adesso non ti vergogni a mettere un abito che lascia scoperte le tue belle gambe, le stesse che tenevi intrecciate alle mie nonostante il letto fosse a due piazze e di spazio per entrambi ce ne fosse a sufficienza. Adesso porti lo smalto rosso, i capelli raccolti, hai cambiato profumo e il tuo sguardo non è più intimidito, ma intimidatorio in alcune circostanze. Adesso parli col cameriere guardandolo negli occhi e non lasci più ordinare me al posto tuo, stai dritta con la schiena e ogni tanto distogli lo sguardo dal mio per curiosare in quello altrui. Adesso di creme per l'herpes non c'è più traccia, le tue labbra carnose sono sfacciatamente colorate di rosso, ma nel complesso di sfacciato non hai proprio nulla. Sembri solo un po' più grande e, forse, mi hai regalato i tuoi diciotto anni perché sapevi che li avrei custoditi nel migliore dei modi, dato che tu non li indosserai mai più. Mi hai detto "Non fare così, sapevi che ci saremmo incontrati di nuovo, prima o poi". "Ci si ritrova con qualcuno che si conosce, non con uno sconosciuto", ho obiettato io, ma ho subito mormorato un flebile "Scusa", anche se non sembravi per niente offesa, anzi, ridacchiavi soddisfatta. "Mi nascondo ancora da qualche parte" hai sussurrato, dopo esserti passata un fazzoletto di carta sulle labbra sporche di cappuccino. E menomale che ti ho vista stasera, Claire, perché è vero, ti nascondi ancora da qualche parte. Ho notato la pelle screpolata delle tue labbra farsi spazio da sotto il rossetto portato via dal lembo di ruvido fazzoletto. Ho notato che, anche se non lasci più ordinare me al posto tuo, i tuoi gusti non sono affatto cambiati e prendi sempre il cappuccino al cacao nel quale metti almeno cinque bustine di zucchero. Ho notato la tua copia dell'Antologia di Spoon River fare capolino dalla tua borsa di cuoio, i tuoi anfibi che ancora non vogliono lasciar spazio ai tacchi e le vertigini tra i tuoi capelli che tenti inutilmente di tenere a bada con qualche forcina recuperata nei meandri delle tasche del tuo cappotto, quello che Julie ti ha regalato due Natali fa.
"Scommetto che stavi andando in libreria" "Come fai a saperlo" "Ti nascondi ancora da qualche parte, giusto?" "Ah, tu non me la racconti giusta!", mi hai detto, sorridendo, e anche il tuo sorriso è sempre lo stesso. "Mi stavi pedinando, vero?"
Dopo il caffè, mi sono offerto di riaccompagnarti a casa. Ho acceso una sigaretta durante il tragitto. Mi hai fulminato con uno sguardo, come farebbe una madre, poi, però, me l'hai tolta di bocca e ti sei concessa un tiro. E mi sono ricordato di quanto siamo simili, alla fin fine.
Arrivati davanti al cancello verde di casa tua sei rimasta a fissarmi, ancora, e così ho fatto io, probabilmente era l'ultima volta che ci saremmo potuti concedere il lusso di incontrarci. "Certe volte mi manchi tanto...", hai mormorato più a te stessa che a me. "Anche tu, da impazzire. Mi manchi così tanto che fa male anche fisicamente". "Te ne riandresti?", mi hai chiesto. "Lo sai che l'ho fatto per il tuo be..."
"Io ti ho fatto un'altra domanda: te ne riandresti?"
"Sì"
"E io non farei proprio nulla per non lasciarti andare"
"E come fai quando ti manco?"
"Osserva bene: siamo nascosti ancora da qualche parte".
Cara Claire, stasera ti ho vista per l'ultima volta e, come sempre, avevi ragione. Ti scrivo dalla metro, mancano sei fermate alla mia, domani parto per Tokyo e non so quando tornerò, quindi questa ha tutta l'aria di essere una lettera d'addio. Davanti a me ci sono due ragazzi, lui ha gli occhi castani come i tuoi, lei, invece, ce li ha azzurri come i miei. Si guardano e non si baciano neanche, se ne stanno lì a guardarsi e a disegnare con le dita spirali infinite l'uno sulla mano dell'altro. Stanno vicinissimi nonostante il sedile sia quasi completamente vuoto e non faccia questo gran freddo. Te lo ricordi quando lo facevamo noi, stare vicini vicini in un letto a due piazze? Te le ricordi le spirali che disegnavo sulla tua schiena alle 4 di mattina quando il jet leg si faceva sentire? Io sì, lo ricordo. Ma me ne andre comunque, perché ti amo troppo.
Lui sussurra qualcosa a lei: "Non ti preoccupare, non ti lascerò andare via così facilmente" e lei piange, dai suoi occhi color del mare sgorgano gocce salate che si fermano solo grazie alle carezze di lui. E sì, avevi ragione, ci siamo ancora, nascosti da qualche parte. Siamo nascosti in questi due ragazzi che non si lasceranno andare via come abbiamo fatto noi, per esempio. Ci siamo in qualche fotografia relegata sul fondo di un baule, ci siamo nelle mezze stagioni che "Non so che mettermi" "Scopriti che se hai freddo ti riscaldo io". Siamo nascosti nei vinili degli Smiths, negli incontri in ascensore, nelle tazze di thè, nei film di Woody Allen, negli orari improponibili, nelle domeniche di settembre e in qualche lettera mai arrivata a destinazione. In qualche angolo di mondo, io e te ci siamo ancora.
E scusa se non ho avuto il coraggio di abbracciarti quando ci siamo salutati, ma avevo fretta di tornare a casa per ripescare dalla mia valigia i tuoi diciotto anni e metterli nel portafoglio, così sento di meno la tua assenza.




Weirdo's corner.
Questa è la mia prima OS finita, terminata, riletta tre miliardi di volte e di cui vado un pochino fiera.
Non c'è molto da dire, anzi, lo dirò sotto forma di ringraziamenti. Non per fare la star di Hollywood del momento. Questa OS la devo a molte persone.
Grazie alle prime cinque persone al mondo a cui l'ho fatta leggere: 
le mie due sorellone, grazie per i consigli sulla virgola e grazie per avermi aiutato ad andarne fiera. Grazie per le quasi-lacrime e per gli abbracci al McDonald's delle 23:14.
Fis, grazie per essere stata la prima ad avermi ascoltato nel lontano Settembre 2012, grazie per la comprensione e per essermi così vicina, anche quando ti tratto male. Grazie per il "Secondo me 'sta roba che scrivi la dovresti far leggere a qualcuno".
Pagl, grazie per la fiducia e per le avventure estive, grazie per avermi detto che ti ho lasciato il sorriso sulla bocca quando ti ho inviato le foto del mio scritto su Whatsapp. Grazie per non avermi abbandonato quando ero vicina a tutti i fantasmi che mi tormentano.
Grazie a Lalla per le sue critiche costruttive, le ho sempre apprezzate e continuerò a farlo. Anche se giochi a fare l'acidella e la insensibile del ghetto, sei la più dolce e qualcuno, in questo mondo, ti apprezzerà per come sei. Anzi, in molti già lo fanno. Non cambiare.

Dedico questa OS ai miei genitori che si sono detti addio un bel po' di tempo fa. A mia madre, che nonostante le litigate e le urla, continua a dirmi che un giorno tutti i miei sogni si realizzeranno. Grazie per avermi regalato i tuoi occhi e la tua forza.
A mio padre, sulle cui spalle pesa qualche addio. Grazie per i Sabati dal pelato dei CD e grazie per i libri che non leggerò mai. 
Grazie a voi ho capito che non esistono tristezze, dolori, momenti "no" perenni. La felicità può essere sempre recuperata, anche se a volte sembra difficile. Grazie anche perché mi avete insegnato che non sono i nostri errori a definirci. Si può migliorare, sempre.
La dedico a Logan Lerman che con i suoi occhi azzurri mi fa andare in brodo di giuggiole e fa divertire le mie compagne che assistono allo spettacolo. Hai ispirato questa storiaccia, quindi, thank you!
La dedico a me, che sono riuscita per la prima volta a portare a termine un lavoro e, perdincibacco, mi piace anche!

E, infine, la dedico a G., perché nonostante sia passato un po' di tempo, certe volte, mentre studio Storia mi chiedo dove tu sia e cosa tu faccia. Se hai conservato la stessa espressione del cazzo e se guardi ancora film demenziali. E, soprattutto, mi chiedo cosa pensi di tutto quello che è successo adesso. Non ti dirò grazie, ma te l'ho dedicata comunque perché, in un certo senso, anche tu mi hai insegnato a stare "dritta con le spalle" al mondo. Te la dedico perché quando ti vedo, anche se non fa più male come prima, mi viene da ridacchiare. Alla fin fine, " it was good, never looking down, and right there where we stood was holy ground".
  
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