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Autore: _Marlena_    12/01/2014    3 recensioni
Anche gli dei, come tutti gli esseri viventi, soffrono, ridono, piangono, e si innamorano. E proprio come gli esseri umani, si innamorano spesso di persone di cui non dovrebbero innamorarsi.
Le protagoniste di questa storia, sono due dee completamente opposte, che non hanno nulla in comune, tranne un piccolo particolare: hanno giurato di non prender mai marito.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quasi ogni settimana scendeva nell’Ade e si faceva dare in prestito dal Signore degli Inferi il suo elmo, che rendeva invisibili. Poi andava allo stagno, dove la sua amata faceva il bagno, e lì, fra i cespugli, si metteva ad osservarla.
Ferma, nascosta dietro quel cespuglio di more, Artemide stentava a credere di poterla osservare indisturbata, senza essere vista da nessuno, specialmente da lei. Sapeva che con l’elmo era invisibile, persino agli occhi di un dio, ma non riusciva, non poteva muoversi e smettere di guardarla. Così se ne stava lì per tutto il tempo che serviva all’altra dea per lavarsi.
La guardava spogliarsi della sua armatura, un pezzo alla volta veniva deposto a terra, al sicuro fra dei massi, nel caso che un essere umano si fosse avvicinato troppo e avesse trovato la sua preziosissima egida. Poi toglieva la tunica, che dalle spalle, con un unico, veloce movimento, le scivolava di dosso, come se fosse di troppo.
Ed eccola lì, Atena, la dea della saggezza, in quella notte appena illuminata dalla luce della luna, nuda, esposta e quasi fragile, come un qualsiasi essere mortale.
La dea si avvicinò piano alla riva dello stagno, l’acqua le bagnò un piede, facendola sorridere, e di rimando anche Artemide sorrise vedendola. Passo dopo passo, Atena entrò finalmente in acqua e si immerse. Restò lì sotto per parecchio, lasciando Artemide da sola. La dea si sporse fuori dal suo nascondiglio, muovendosi silenziosamente. In fondo, dopo decenni passati a cacciare, era diventata abile nel muoversi dietro la preda senza farsi sentire. Perché Atena questo in fondo era, la sua preda proibita.
Così si avvicinò allo stagno, elmo in testa e arco in mano, pronta per qualsiasi evenienza. I fili di erba le accarezzavano le gambe, scoperte dalla corta tunica. Si fermò vicino all’albero dove Atena aveva lasciato i suoi vestiti e sì accovaccio, appoggiando la mano libera sull’abito, ancora caldo. E aspettò che l’altra dea riemergesse.
Sapeva quello che stava facendo, ormai lo aveva capito. La prima volta che glielo vide fare, corse fuori dal suo cespuglio, catapultandosi sulla riva. Stava per urlare il suo nome, era certa di aver fatto persino rumore, spezzando qualche ramo secco, ma non se ne importò più di tanto, Atena era lì sotto da una buona di decina di minuti, e non riemergeva. Per fortuna, però, Atena uscì subito prima che Artemide la chiamasse.

«Stupidi umani…» sospirò Atena, bagnandosi il viso con altra acqua. «Dovrei smetterla di preoccuparmi per loro, e invece sono ancora qui».
 Artemide indietreggiò piano, solo due metri le separavano, e non voleva di certo farsi scoprire. Rimase folgorata dalla sua bellezza, avrebbe potuto allungarsi, e toccarle il viso, ma non lo fece, sapeva che non avrebbe dovuto farlo. Così tornò indietro e si nascose, continuando a guardarla. Atena si passò una mano sul viso e fra i capelli, portandoli indietro. Forse qualche lacrima scese dai suoi occhi azzurri, ma era difficile dirlo, dato che aveva il volto bagnato.

Aveva imparato che quando faceva così era per colpa di un umano, o per qualche guerra andata male, ma la maggior parte delle volte era per colpa di un essere umano. E Artemide la guardava, in parte rassegnata, sapendo di poter sì competere con un mortale, ma non con un maschio.
  
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