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Autore: itsjustchiara    12/01/2014    1 recensioni
Labbra bianche, viso pallido. Alice respirava i fiocchi di neve che lentamente si infrangevano sul gelido asfalto, come le sue speranze. 
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ciao a tutti! Questa storia è  ispirata dalla canzone "the A team" di Ed, è la prima che pubblico. Spero vi piaccia, non siate troppo severi ❤


Labbra bianche, viso pallido. Alice respirava i fiocchi di neve che lentamente si infrangevano sul gelido asfalto, come le sue speranze. 
Aspettava.
Aspettava che una vita migliore la portasse via.
Aspettava un aiuto.
Aspettava una possibilità di salvezza che però sapeva non sarebbe mai arrivata.
Le mani le si congelavano, quasi non le sentiva più, perciò le portò vicino alla bocca e soffiò per riscaldarle. Buttò la borsa a terra e iniziò a cercare un accendino. Mentre accendeva una sigaretta si accasciò a terra. 
Iniziò a disegnare col fumo dei cerchi nell'aria. Il suo mondo incominciò a girare sempre più velocemente. L'asfalto le dava una sensazione di freschezza che le ricordava casa sua, Dublino.
Quando Alice aveva 9 anni i suoi genitori si separarono, e lei e sua madre si trasferirono a Framlingham.
Il padre, una volta licenziato, perse la testa. Spendeva  i soldi dello stipendio della moglie per comprarsi da bere e, tornato a casa, la  picchiava violentemente. Alice ammirava la madre per la forza che aveva avuto, ma  non gliel'aveva mai detto.
C'erano giorni in cui sembrava fosse sul punto di morire. I lividi le riempivano il viso, e anche se provava a piangere non ne aveva la forza. 
Una volta il padre era arrivato a menare anche la figlia, la carne del suo sangue. 
Alice non riusciva a spiegarsi come avesse potuto mettere le mani addosso alle persone che aveva giurato di amare.
I ricordi le appannavano la mente. La portavano in un altra dimensione; a quattro anni osservava nascosta le guerre di famiglia. Le urla del padre, le lacrime della madre. 
Ogni volta che pensava di avere chiuso questo capitolo le cicatrici le bruciavano più forti di prima.
Erano passati cinque anni da quando aveva parlato per l'ultima volta col padre. Adesso lui cercava in ogni modo di rimettersi in contatto con la figlia, ma non avrebbe mai potuto riprendere quello non aveva mai avuto.
Il suono di un clacson riportò Alice alla realtà. Non sapeva cosa preferiva, se la cruda verità o il dolore dei sogni.
Una macchina si era fermata davanti a lei. Quasi non credeva a quello che faceva per guadagnare qualche soldo. Era un pensiero ripugnante. Le faceva schifo chiamarlo lavoro, ma era costretta, altrimenti sarebbe morta di fame. Vendeva amore agli uomini, così diceva lei. 
Quando l'auto accostò un uomo in divisa si sporse dal finestrino. Aveva le guance livide dal freddo, un cappello faceva ombra sui suoi occhi scuri, un ghigno, quasi malvagio, apparve sulle sue labbra. 
L'uomo fece scivolare le mani sulle tasche e prese un distintivo che mostrò orgogliosamente alla sua "vittima".
Alice rimase in silenzio e, pietrificata dalla  paura, sentì l'adrenalina schiacciare il suo buonsenso. Prese la borsa e scappò. 
Non sapeva dove andare, o a chi rivolgersi. Semplicemente scappò, corse il più lontano possibile, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Girò strade fredde e umide, attraversò piazze buie e deserte finchè l'istinto non la portò nell'unico luogo in cui si fosse mai sentita al sicuro: casa sua. O almeno quella che un tempo lo era, finchè la madre non scoprì dei suoi problemi di dipendenza e, dopo una lunga litigata, la ragazza scappò di casa.
Era almeno un anno che non ci tornava. La madre le aveva lasciato le chiavi, nel caso Alice non avesse trovato quello che cercava, nel caso le fosse mancato quello che aveva, nel caso avesse cambiato idea, la madre sarebbe rimasta sempre lì,ad aspettarla.
Alice non sapeva se salire o rimanere giù. 
Aveva paura di incontrare sua madre. Cosa le avrebbe detto? Avrebbe mai accettato le sue scuse?
Dopo averci pensato due volte la ragazza salì. 
La casa era vuota.
Si diresse verso camera sua. Non si sorprese quando la trovò esattamente come l'aveva lasciata. I libri sulla scrivania, il computer sul letto, i poster, le foto che le riportavano in mente migliaia di ricordi. Sembrava che se ne fosse andata solo il giorno prima.
Il suo sguardo cadde però su un piccolo quaderno. Era rovinato e pieno di disegni colorati. 
Alice si buttò subito a raccoglierlo. Lo sfogliò piano, le sue mani lo sfioravano delicatamente, quasi fosse la cosa più preziosa del mondo.
"Mi hai abbattuto, mi hai fatto cadere, facendomi credere non fossi abbastanza, adesso andrò per la mia strada, non riuscirai a cambiarmi" recitavano le parole di una delle canzoni che aveva scritto due o tre anni prima. 
Leggendo quei versi sentì una punta di amarezza. 
La vita l'aveva cambiata eccome, i suoi amici che avevano sempre avuto un'influenza negativa su di lei avevano avuto la meglio.
Chiuse di scatto il quaderno e tornò ad osservare le pareti scrostate della sua vecchia camera. 
Dalla finestra arrivò un vento gelido che fece suonare le corde della sua vecchia chitarra.
Alice si illuminò. 
Forse aveva trovato la soluzione, magari non poteva continuare con il suo vecchio "lavoro" che nonostante tutto l'aveva mantenuta in vita, poteva suonare per strada, cantare il suo grido alla ricerca d'aiuto, far sentire al mondo che cosa aveva da dire.
Allora prese quello strumento che tanto amava e il quaderno e andò via.
Mentre chiudeva la porta di casa si chiese se la madre si sarebbe mai accorta che lei era tornata.
Cantava per strada, solo lei, la sua chitarra e la gente che si fermava ad ascoltare. 
Non tutti i giorni riusciva a guadagnare il tanto giusto per comprare da mangiare, ma non le importava. 
Per la prima volta dopo anni, si sentiva felice, libera. 
Per tutto questo tempo aveva solo sopravvissuto, adesso stava incominciando a vivere.
Le sue agili dita si muovevano veloci sulle corde della chitarra. La sua voce riscaldava l'atmosfera, anche in pieno inverno, anche sotto la neve.
Alice aveva notato che durante le sue esibizione un bambino si fermava sempre ad ascoltarla. Era un po' sporco, molto magro, i capelli rossi gli incorniciavano il viso e gli occhi grigi non lasciavano trapelare nessun'emozione. 
La ragazza decise perciò di provare a parlargli.
<> sussurrò.
<> rispose timidamente il bambino.
La ragazza fece sedere il ragazzino vicino a lei, per metterlo a suo agio. 
Dopo una lunga chiacchierata, che sembrava non finire mai, Ed riuscì a raccontarsi.
Aveva otto anni, non aveva mai conosciuto sua madre, aveva sempre vissuto in una casa famiglia, da cui però era scappato. Non le raccontò mai il perchè.
Era strano, lui non aveva mai parlato a nessuno dei suoi genitori o dei suoi problemi, e non avrebbe assolutamente pensato che sarebbe andato a raccontarli a una sconosciuta.
Però c'era qualcosa nel modo di fare di Alice che lo spingeva a raccontare, a sfogarsi.
Forse la scintilla che quando sorrideva illuminava i suoi occhi color nocciola, o forse il suo modo calmo e lento di parlare che a Ed ricordava il mare, il rumore del bagnasciuga, o almeno quello che immaginava fosse il rumore delle onde, visto che non era mai stato in una spiaggia.
Alice sapeva che avrebbe dovuto riportare quel bambino dal viso angelico alla sua casa famiglia, sapeva che quella era la cosa giusta da fare, ma poi pensò che se era scappato ci doveva essere un motivo. Lei lo avrebbe tenuto, lo avrebbe accudito come se fosse stato il fratellino che aveva sempre desiderato. Sarebbe stata la sua famiglia.
Così passarono i giorni, e i mesi.
Trascorsero anche il Natale insieme. Alice gli insegnò a suonare la chitarra e a fare le divisioni, le frazioni e alcune regole basilari della geometria.
Anche se a lui non piacevano, lei riteneva fossero importanti.
Ormai erano legati come da un elastico, anche se si fossero allontanati, alla fine sarebbero sempre tornati insieme. Ormai erano davvero una famiglia, Alice aveva imparato così il vero valore delle cose. Forse non aveva abiti firmati o un cellulare nuovo, ma sentiva di avere tutto quello di cui aveva bisogno con quel bambino al suo fianco. Lui la chiamava il suo angelo.
Una notte di febbraio, forse la notte più lunga e fredda di quell'inverno, Ed incominciò a tossire e a starnutire. Aveva la febbre. 
Alice rassicurò il bambino, lo strinse forte per proteggerlo dal freddo, ma quello continuava a tremare. 
La ragazza allora prese la sua giacca e coprì per bene il ragazzino, che finalmente smise di agitarsi. Lei rimase al freddo, con addosso solo una maglietta. 
Ma a lei non importava, a riscaldarla aveva l'amore di quel bambino, quel bambino che l'aveva cambiata, quel bambino per cui avrebbe dato tutto, anche la vita.
Allora diede un ultimo bacio alle guance calde e tonde di Ed, e chiuse gli occhi.

Labbra bianche, viso pallido. Alice respirava i fiocchi di neve che come lei volavano senza destinazione nella grigia Framlingham.
  
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