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Autore: FALLEN99    12/01/2014    3 recensioni
Fino a che punto può spingersi la passione prima di diventare oscura?
Questo Amalia Jones, appena trasferitasi dalla splendente California in un paesino ai piedi di Dublino, ancora non lo sa. Appena però incontra gli occhi funesti di Alek Bás inizia ad averne una vaga idea. La passione ti strappa la ragione e ti getta nella pazzia, ed Amalia lo sperimenterà a caro prezzo.
“Come un ago sulla bilancia, il tuo potere è in grado di favorire la luce o le tenebre. Sta solo a te decidere. Se sceglierai il bene, potrai salvare il mondo. In caso contrario, distruggerlo”
**
– Riesci sempre a metterti nei guai.– le sussurrò all’orecchio.
– Ti sbagli– gli rispose Amalia, diventando concorrente nella tacita sfida dei loro sguardi
- Cosa te lo fa credere?
-Perchè sei tu che mi metti nei guai. Tu, TU sei i miei guai
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~Capitolo 8.


Un lampo fendette la notte e il suo bagliore giallastro si diffuse nella valle, illuminando una scena che Amalia aveva imparato a conoscere fin troppo bene.
Una figura, il volto coperto, si stagliava imponente dal terreno lastricato di pietre aguzze e fango ancora umido per la precedente tempesta.
La ragazza si era nascosta dietro un albero nel vano tentativo di sfuggire a quell’uomo, che ogni notte da quando era arrivata in Irlanda tentava di ucciderla, bramando il suo sangue come oro colato dal cielo.
La fronde dell’abete le graffiavano ripetutamente le guance, smosse dal vento che aveva preso a soffiare e ululare senza il minimo preavviso, scusitando in Amalia un inquietudine così forte da lasciarla priva di fiato.
– E’ inutile che cerchi di nasconderti.– la voce della figura risuonò roca e minacciosa, rimbombando nella  orecchie di Amalia come un graffio di gelido ghiaccio.
– Dovunque tu sia, con chiunque tu sia, io ti troverò. Non importa quanto sei determinata. Tu sei mia.– un fulmine cadde sul terreno, trasformandolo in un ammasso di cenere grigiastra.
Amalia si appiattì sulla corteccia dell’albero, e nel preciso istante in cui la voce della figura tornò a tormentarla, ad essa si aggiunse il rumore di alcuni passi che non appartenevano nè a lei nè al suo consueto aggressore.
Un brivido le corse lungo la schiena, accapponandole la pelle come un vento artico.
– O meglio dire, nostra. – scandì un’altra voce, sopraggiunta all’improvviso.
La pioggia cominciò a scendere così violentemente da far sembrare le sue gocce letali come pugnali acuminati pronti a lacerare ogni cosa si sovrapponesse alla loro ascesa.
– Il tuo destino è segnato, Amalia. Inutle fuggire quando il fato stesso è contro di te– Amalia si paralizzò a quelle parole, non tanto per il loro significato, quanto perchè la fonte parlante si trovava a qualche centimetro da lei.
Dilaniata da un cieco terrore, si girò di scatto, trovandosi davanti due paia di occhi neri come scaglie d’ossidiana.
– Chi...chi sei?– domandò la giovane in un flebile sussurro, mentre un sorriso di sinistra luce brillava sul volto dell’uomo.
La sua mano si allungò verso di lei ed Amalia non trovò il coraggio di opporsi da quanto il suo corpo era attraversato da continue scariche di panico.
La mano dell’uomo le scostò una ciocca di capelli dagli occhi per poterli ammirare meglio.
– Di ghiaccio saranno i suoi occhi e di pece i capelli, neri come la morte che la cercherà. La pelle sarà di neve e la bocca di velluto, scarlatta come il sangue che per lei verrà sacrificato. Ed il suo cuore palpiterà nel suo petto veloce come una preda che scappa dal suo aggressore.– recitò con una voce che sembrava non appartenere a questo mondo, quasi si servisse del corpo dell’uomo per mandarle quell’inquietante messaggio.
– Non sai da quanto aspettavamo questo momento, Amalia.– disse e le sue labbra stridettero su quelle di lei, destandole una tenaglia che si strinse repentina attorno alla sua gola.
Quella volta non si svegliò urlando. Non voleva speventare di nuovo i suoi genitori, che già per troppo tempo erano stati al suo capezzale, vegliandola per tutta la notte. 
Dunque quando lasciò il mondo dei suoi incubi, serrò la bocca e impedì al suono di uscirne, riducendolo ad un debole sussurro le
vibrava nelle corde vocali.
Ma il dolore provato per le labbra dell’aggressore sulle sue doveva in qualche modo uscire dal suo corpo, e lo fece sottoforma di un fiotto di lacrime, che dal cuore le si riversò sulla guance.
I singhiozzi arrivarono a scuoterla, ed Amalia si rannicchiò in posizione fetale, aspettando che il ricordo di quell’incubo sfumasse, scomparendo come anche le stelle avevano fatto quella notte, inghiottite dal buio, che oltre nel cielo, sembrava risiedere dentro di lei.

Strinse i capelli in una coda e, con le occhiaie più mostruose che avesse mai avuto, si diresse verso l’uscita degli spogliatoi.  
La palestra che aveva davanti era ampia e la luce del sole entrava dalle grandi vetrate, rischiarando l’ambiente.
La professoressa Winston fece posizionare i suoi alunni in una fila compatta, lunga quanto il perimetro della palestra.
– Bene ragazzi, cominciamo con trenta giri di corsa e poi vi aspetto in giardino per il salto in lungo. Uno alla volta mi raccomando.– disse, dando una stretta al suo orribile crocchio e uscendo nel giardino che circondava tutto l’istituto e dove erano posizionati gli strumenti di atletica.
Amalia cominciò a correre, concentrandosi solo sul rumore costante dei suoi passi e tentando di sincronizzarlo con quello del suo cuore, che continuava ad accellerare poco a poco il suo battito.
Sin da piccola sua nonna, Emilie, le aveva insegnato quella pratica, che aiutava il corpo a rispettare i ritmi del cuore, senza sottoporlo a sforzi troppo intensi.
“Amalia, è importante che vadano d’accordo, perché spesso il cuore trasmette al corpo i propri istinti, e bisogna imparare a non farlo cedere ad essi, che ci possono cacciare in un mare di guai.” La voce della nonna le deliziò le orecchie, rapendo la sua mente e vincolandola ad un viaggio che andava a ritroso negli anni, riportandola a quando Amalia aveva solo quattordici anni.
“Che tipo di guai, nonna?” le aveva chiesto Amalia.
“Oh, tesoro, guai molto pericolosi. Come la passione.”
Amalia era rimasta interdetta. “Come può la passione essere pericolosa?”
Emilie l’aveva guardata seriamente negli occhi e, a differenza di Eureka, che alle domande di Amalia non rispondeva, Emilie le aveva dato la risposta che aveva bisogno.
“La passione è una tentatizione che vincola il tuo corpo a fare cose di cui potresti pentirti, cose che in circostanze normali reputeresti irraionali. La passione è un profumo inebriante che cerca di avvolgerti e farti perdere il controllo di te stessa, facendoti abbondare agli istinti del tuo corpo. Ai suoi desideri.
Questo significa che la tua mente è annebbiata e tu non sai più qual è il confine fra il giusto e lo sbagliato.
La passione è oscura, un elemento di cui gli umani abusano, accorgendosi del loro errore troppo tardi...”
– Qualcuno qui è ancora nel mondo dei sogni– Amalia sobbalzò quando la voce di Catherine la giunse alle orecchie, facendola uscire dalla trance in cui i ricordi l’avevano gettata.
– O degli incubi– rispose sarcasticamente, senza l’ombra di ironia.
Catherine stette qualche istante in silenzio, lasciando che il rumore affannato dei respiri dei ragazzi si sovrapponesse fra lei e Amalia, che quella mattina non aveva la minima voglia di interagire con nessuno. Catherine inclusa.
– Ho recepito l’antifona. I lascio sola. Ma non ho intenzione di lasciarti in questo per tutta la giornata. Dopo la scuola sei a casa mia per un pomeriggio a base ti Tv e pigiama.
Amalia abbozzò un mezzo sorriso e annuì senza nemmeno rendersene conto.
Catherine, trionfante per essere riuscita a non farla arrabbiare e non aver scatenato l’Amalia che tre giorni prima aveva spaccato il naso ad Alek, rellentò e si mescolò con la centrifuga di magliette sudate che erano i loro compagni.
Amalia inspirò con decisione e lasciò che l’aria inalata dal suo naso le ritemprasse le membra come un balsamo, nel vano tentativo di essere inghiottita di nuovo dai ricordi della nonna e non affrontare quella esasperante lezione, che qualcuno stava per rendere ancora più movimentata.
Due occhi verdi e felini la puntarono da un angolo della palestra, trafiggendola come lame la schiena e destandole sulla pelle un brivido che le corse rapido lungo tutto il corpo, rendendole impossibile ritornare nei ricordi.
Era come se quegli occhi la trattenessero nella realtà, non permettendole di perdersi o di smarrire la strada.
Amalia quando sentì il peso di quelle iridi capì subito chi ne era il proprietario, arricciando frustrata il naso.
Perchè non la poteva lasciare in pace? Quale strana ragione lo spingeva a comparire così all’improvviso e provocarla?
Amalia si accorse di aver completato i trenta giri di corsa e uscì esultando dalla palestra, che quella mattina simboleggiava la prigione in cui i suoi incubi stavano cercando di confinarla.
L’aria pungente del mattino le sollecitò la pelle, e la luce del sole le accarezzò il volto, quasi a voler brillare nei suoi occhi e riaccendere la luce che l’incubo della notte prima aveva spento.
– Jones, fatti avanti.– la voce gracchiante della professoressa Winston indusse le sue gambe a trascinarsi ubbedienti davanti alla distesa di sabbia su cui Amalia avrebbe dovuto saltare non appenail fischietto della donne avrebbe squarciato l’aria con il suo suon o stridulo.
Quando successe, Amalia prese la rincorsa e saltà in avanti, tentendo le sue gambe fino allo stremo e sentendo il sangue scorrerle veloce nelle vene.
Un tuono ululò in lontananza e il peso di quegli occhi le piombò di nuovo sulla schiena, strappandole con violenza il fiato dalla gola.
Amalia atterrò sulla sabbia ed avvertì una fitta lancinanete alla caviglia, che presto prese a pulsarle di dolore.
Non potendo fare affidamento su quell’appoggio, la ragazza scivolò, non sentendo più la terra sotto ai piedi.
Furono attimi eterni quelli che precedettero la sua caduta, ed Amalia giurò a se stessa che se mai Alek avesse assistito alla sua clamorosa caduta, gli avrebbe strappato gli occhi e impedito alla sua risata di vibrare nell’aria e striderle nei timpani.
Prima che la forza di gravità schiacciasse il suo corpo al terreno, due mani forti la afferrarono e la sorressero.
Amalia riaprì gli occhi solo quando fu sicura di non essersi rotta niente, ma quando lo fece, il cuore le tremò nel petto.
Un sorriso scarlatto deformò quelle labbra e Amalia desiderò essere abbastanza forte per sottrarsi alla presa di quelle mani calde e fredde allo stesso tempo.
Lo sguardo del ragazzo scattò come un dardo nel suo, non lasciandole il tempo di ritrarsi.
Amalia aprì le labbra ma una frustata d’aria gelida gliele richiuse.
– Sei davvero unica, Amalia Libeth Jones– disse Alek scavando nei suoi occhi.
Amalia sentì il rossore impadronirsi delle sue guance, ma non si oppose.
– Riesci sempre a metterti nei guai.– le sussurrò all’orecchio, ignorando i passi rapidi della professoressa Winston che avanzavano verso di lui e Amalia.
– Ti sbagli– gli rispose Amalia, diventando concorrente nella tacita sfida dei loro occhi.
– Perchè?
– Perchè sei tu che mi metti nei guai. TU sei i miei guai.

 
   
 
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