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Autore: frances bruise    12/01/2014    3 recensioni
[Storia crossover tra "Rise of the Guardians" e "Frozen" - Personaggi principali: Jack Frost&Elsa]
Il suo nome è Jack Frost, ed è una leggenda.
E' il Signore dell'Inverno, colui che plasma il ghiaccio e muove le bufere di neve. E se un giorno scoprisse di non essere l'unico ad essere in possesso di questi poteri?
E se esistesse una Regina dell'Inverno? E, come sarebbe possibile l'esistenza di una Regina dell'Inverno, se l'inverno è lo stesso Jack?
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Babbo Natale, I Cinque Guardiani, Jack Frost, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO - UNA STRANA STORIA.


Il mio nome è Jack Frost.
A tutti voi è sicuramente nota la mia storia, ma – se proprio dovreste esservene dimenticati – credo che farò un piccolo riepilogo: io sono una leggenda.
So che potreste trovarlo divertente, ma vi assicuro che non è così. Io sono veramente una leggenda.
Chi credete che scateni le bufere di neve? Chi ghiaccia le vostre strade ed obbliga i vostri sindaci a chiudere le vostre scuole? Chi rallegra il vostro Natale con il candore della neve?
Io.
Lo so che sembra difficile da credere, ma – per un attimo – lasciatevi trasportare dalla fantasia: immaginate un ragazzo capace di scatenare liti davvero divertenti tra le bufere e le valanghe di neve, di ghiacciare le vostre strade con semplice tocco di un dito. Chiudete gli occhi e sarò lì, proprio davanti a voi.
Eccomi, sono proprio davanti a voi. Guardate i vetri della vostra finestra: non vedete che sono appannati? Quello è il mio fiato che soffia delicatamente sul vetro, e che tenta di dimostrarvi la mia esistenza. Guardatemi.
Non vedete il candore della mia pelle? Il chiarore della mia chioma argentea?
Se ancora non siete in grado di vedermi, alzate il vostro sguardo sulla cima delle montagne più alte. Adesso non potete non vedermi: sono io, sono l’inverno.
E’ me che dovete ringraziare, se le vostre scuole chiudono per neve!
Comunque, voglio raccontarvi una storia che mi riguarda molto da vicino. Una storia su un’esperienza che mi ha stravolto completamente l’esistenza, da quando sono ciò che sono diventato. Non ve la voglio raccontare solo per dimostrare che so fare qualcosa, oltre a fare dispetti, ma piuttosto perché credo sia una storia piuttosto importante. E, poi, avete di meglio da fare?
 
Allora, tutto cominciò in un giorno di inverno...
 
[Mosca, Russia]
 
Il vento tirava con forza sopra le teste dei russi di Mosca, e la neve scendeva rapidamente dal cielo e si posava sui tetti delle case e degli edifici: attecchiva facilmente, ma i russi sembravano non curarsene troppo. Infatti, continuavano a camminare senza neanche alzare lo sguardo sulla volta del cielo.
Non si meravigliavano, non si fermavano, non erano affatto divertenti.
Dalla mia postazione sul tetto di una casa, li osservavo a capo chino, ed indignato. Mi sembrava davvero strano che nessuno di quei passanti prestasse attenzione alla neve, nemmeno uno di loro. Eppure, la neve destava sempre così tanto stupore negli esseri umani...
«Ah, gente che non si accorge del valore di ciò che la circonda!», sbuffai, roteando gli occhi ed alzandoli al cielo bianco. Niente da fare, era davvero difficile stupire i russi, abituati alla neve com’erano. E, per quanto io tentassi di fare del mio meglio (in alcuni punti della città, specialmente in periferia, la neve arrivava ad un metro di altezza), i russi trovavano una soluzione a tutto e sventavano il pericolo. Forse, pensavo, dovevo davvero abbandonare l’idea di divertirmi con loro.
Anche se, certo, a volte era davvero divertente vederli scivolare sul ghiaccio quando meno se lo aspettavano.
Mi sbellicavo dalle risate!
Però, quel giorno, decisi di lasciare stare definitivamente: dopo aver visto un russo accorgersi di una pozza d’acqua congelata, capii una volta per tutte che non si poteva scherzare con la neve con persone che convivevano con essa. Era del tutto impossibile e, pensai, sarebbe stato meglio fare questo tipo di giochetti con la gente dei Caraibi.
Persi definitivamente la voglia di passare il mio tempo a Mosca. «Godetevi la vostra neve e i vostri mezzi per sbarazzarvene!», dissi con amarezza, «Io me ne vado.»
Roteai ancora gli occhi, poi alzai di nuovo lo sguardo sul cielo bianco: sicuramente, avrebbero avuto a che fare con un bel po’ di neve, e presto. Al sol pensiero di vederli sbuffare di nuovo, mi sentii leggermente meglio.
Presi un respiro profondo, poi dissi: «Va bene, Vento, portami da Nord.»
Allargai le braccia e, tenendo stretto il bastone, mi lasciai sollevare dal forte vento che si stava abbattendo sulla città. Dopodiché, potei chiudere gli occhi: Vento era mio amico e, ovunque io volessi andare, lui mi ci portava senza chiedermi nulla in cambio, ad eccezione della mia compagnia. Mi cullava in silenzio e non era di molte pretese: davvero gli bastava avermi lì con lui. Ed anche a me piaceva passare del tempo con Vento.
 
Il luogo in cui Vento doveva condurmi era la Lapponia, luogo in cui – secondo la leggenda – viveva Babbo Natale con le sue renne e i suoi elfi, tutti a suo servizio. Il viaggio fu molto breve perché, come ogni volta, a tratti mi lasciavo cullare dalla musica che Vento produceva quando entrava a contatto con le foglie (quelle rimaste) degli alberi, e a tratti mi divertivo ad osservare lo splendido paesaggio innevato. Per me, era mera meraviglia vedere la neve distendersi sulla superficie terreste, rendere più candido tutto il paesaggio: la neve, il bianco, rendevano la realtà molto più innocente di quanto realmente sembrasse. Ed anche io, pensai, sembravo più innocente di quanto pensassi.
In breve tempo, la neve cominciò a farsi più fitta, il ghiaccio più spesso, ed allora seppi di essere arrivato a destinazione: ci trovavamo finalmente in Lapponia, luogo immerso tra le montagne ghiacciate. E lì, in un punto sperduto cui l’uomo non avrebbe mai potuto giungere, c’era la casa di Babbo Natale.
Come tutte le case a nord, era fatta di legno, solo che le sue dimensioni superavano di gran lunga le misure standard per una normale casa di montagna: c’erano la casa di Babbo Natale, la stalla delle renne e il laboratorio in cui venivano prodotti i giocattoli ad ogni Natale.
Vento mi fece scendere proprio davanti al portone principale d’accesso alla casa. «Grazie mille», gli dissi, con un candido sorriso amichevole. E poi concentrai tutta la mia attenzione sul portone d’ingresso.
Rispetto a me, era immensamente alto. Ma ciò che più mi piaceva era il legno elaborato, tutto costituito di rilievi che rappresentavano Babbo Natale immerso tra le lettere di Natale e la sua lista dei Buoni e dei Cattivi. Una scena prettamente natalizia, insomma, ma di grande effetto.
L’unica cosa che non mi piaceva era il caminetto accanto a Babbo Natale. Quello era fonte di calore e... No no, meglio non pensarci.
Mi avvicinai al portone e, accostandovi una mano, bussai con decisione. Mi aspettavo che il portone venisse aperto da un momento all’altro (per cui, feci dieci passi indietro), che la musica degli elfi cominciasse a risuonare e che Nord si facesse vedere proprio davanti al suo famoso Mappamondo.
Invece no.
Il portone si aprì appena e mi lasciò uno spazio di circa venti centimetri per passare. Io, aggrottando le sopracciglia e stupendomi di quell’accoglienza, decisi di entrare comunque. Era molto strano, perché Nord tendeva ad accogliere tutti con maestosità e calore; invece, quella volta, mi lasciava venti centimetri di spazio per entrare. Molto strano.
All’interno, inoltre, era tutto buio, fatta eccezione per un’unica luce che proveniva dal Mappamondo.
Camminai in silenzio verso quest’ultimo, chiedendomi in che guaio mi fossi cacciato. Possibile che Nord avesse qualcosa di cui lamentarsi? Gli avevo fatto qualche dispetto?
«Nord?», chiamai, all’inizio a bassa voce. Poteva anche essere in pericolo. Ma, quando non ricevetti risposta, pensai seriamente di essere caduto in una specie di trappola.
Nord mi aveva fatto convocare qualche giorno prima, e adesso neanche si faceva vivo. Che senso poteva avere tutto questo?
Mi fermai, proprio davanti al Mappamondo, ed incrociai le braccia al petto. Forse era la mia giovane età, ma non riuscivo ad essere granché paziente, tanto meno quando ero incuriosito: Nord mi aveva fatto chiamare perché aveva qualcosa da dirmi e, per tutti i giorni che avevano seguito quella notizia, io non avevo fatto altro che chiedermi di cosa volesse parlarmi.
Ed ora lui non c’era.
«E va bene, Nord, tutto questo è molto divertente», dissi con tono spazientito, spostando lo sguardo da una parte all’altra della stanza, «Ma avrei anche io qualcosa da fare in alternativa, quindi vedi di...»
Prima ancora che potessi concludere quella frase, mi sentii afferrare da una grossa manona, che poi mi trascinò fino ad un angolo. Con le spalle al muro, fissai lo sguardo di Nord, che – a denti digrignati – mi guardava con aria minacciosa.
«Jack, che cosa hai fatto?», domandò.
Mi sentii prendere dal panico. Che cosa avevo fatto? Beh, da dove potevo cominciare? Avevo diverse cose da dire!
«Oddio, ti riferisci alle tue tubature?», chiesi, «Stavo giocando con un topolino, e diciamo che mi è sfuggito un getto di troppo, e... Sì, va bene, ti ho congelato le tubature, ma non l’ho fatto apposta, Nord! Lo sai che non lo farei mai con cattiveria, io sono solo un povero...»
«Che cosa?», fece Nord, ancora più minaccioso, «Hai congelato le mie tubature?! Ah, ecco perché l’acqua non arrivava!»
Rimase assorto per qualche istante, come se si fosse appena reso conto di qualcosa. Nel frattempo, io ero un fascio di nervi: voleva davvero punirmi per via delle tubature?
Voglio dire, avevo fatto di peggio in vita mia. E punirmi per via delle tubature era davvero... ingiusto. Sì, ingiusto!
«Mi dispiace, Nord», farfugliai.
«No no, non ti preoccupare...», borbottò lui, pensieroso, ma un attimo dopo si riprese: «No, aspetta! Non è per questo che ho ragione di essere arrabbiato con te! Jack, dimmi chi è la Regina d’Inverno! E’ una tua amica? Siete compagni, soci in affari?»
Un attimo.
E chi doveva essere questa Regina d’Inverno? Io non conoscevo nessuna Regina d’Inverno.
«Un attimo, Nord, ma di chi parli?», chiesi, nel mio stato di confusione.
Lui, per un attimo, mi fissò senza guardarmi veramente. Forse, si aspettava che fossi già al corrente di ciò che mi stava dicendo, ma – ripeto – davvero non conoscevo nessuna donna con quell’appellativo.
Lui sgranò gli occhi e, dopo aver preso un respiro profondo, mi disse: «Jack, sto parlando della Regina d’Inverno. Nelle Terre del Nord dicono che sia la padrona del ghiaccio e della neve. Una specie di detentrice di poteri magici. E questi poteri magici, Jack, sono molto simili ai tuoi.»
Rimasi a bocca spalancata. E sarebbe dire poco, se dicessi che ero stupito.
Per quanto ne sapevo, ero l’unico in grado di manipolare i ghiaccio, la neve, le bufere, eccetera. E tanto meno pensavo che ci fosse una donna capace di servirsi dei miei stessi poteri.
Inoltre... Beh, ma l’Uomo sulla Luna non poteva aver dato questo compito a due persone.
Fissai Nord con sguardo, ironia, ghiacciato.
 
Se fino a quel momento avevo creduto di essere l’unico, adesso come avrei dovuto sentirmi?
   
 
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