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Autore: BlackBlueSoul    13/01/2014    3 recensioni
Sono passati quattro anni da quando Maka e Soul hanno sconfitto il Kishin Ashura, e ne sono passati tre da quando un incidente li ha portati a separarsi: lei è partita per il mondo degli umani, lui è rimasto a Death City.
Le possibilità si ritornare ad essere Technician e Weapon sono minime, e Maka lo sa benissimo, ma un terribile avvenimento sta per riportarli di nuovo sotto i grandi teschi della Shibusen...
Attenzione: la storia è basato sul manga, che ha un finale totalmente differente dall'anime. Provvederò a inserire uno spoiler non appena si renderà necessario che si sappiano i precedenti... Nel frattempo, buona lettura ;D
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Maka Albarn, Nuovo Personaggio, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le Mille Linee Delle Lunghezze d'Onda
 
Capitolo 1
 
 
 
Maka Albarn guidò la falce con determinazione, focalizzando sull'obiettivo da colpire e ignorando rabbiosamente i muscoli che protestavano per colpa dell'ennesimo, ripetuto sforzo.
Nell'aria si propagò il suono stranamente poco secco di un pezzo di legno, affettato in due come se fosse burro. Quando i due ciocchi caddero a terra la ragazza sospirò di sollievo.
Alle sue spalle, l'anziana signora per la quale Maka aveva appena finito di tagliare quasi tre quintali di legna da ardere si profuse in inchini. «Grazie mille, Makachan! Senza il tuo aiuto, non so come avrei fatto ad affrontare l'inverno. Come posso sdebitarmi?».
«Non ce n'è bisogno», le sorrise, un po' affaticata, la ragazza, mentre puntellava la falce nel terreno e la lasciava libera di ritrasformarsi. «L'ho fatto con piacere, e ne ho approfittato per tenermi allenata».
Le mani della Meister tornarono pallide, segnate di calli, specialmente nell'incavo tra pollice e indice, dove più spesso aveva imparato a far ruotare l'arma con cui combatteva.
«Makasan, Makasan, posso avere un dango?!».
Maka abbassò lo sguardo, e lo abbassò di parecchio.
Una bambina magrolina, di nove anni, con i capelli scurissimi raccolti in due codini stretti stretti e gli occhi azzurro ghiaccio la osservava supplice, le mani giunte.
«Chiedi a Milo, Zoey...», le rispose, sbuffando con finta seccatura, regalandole poi una carezza sulla testa. «Sei andata alla grande, te lo meriti».
La piccola fece un sorrisone, poi si precipitò da un ragazzo dai suoi stessi lineamenti, che era rimasto in disparte ad osservare la scena.
Meglio non disturbare Maka mentre manipolava sua sorella, soprattutto quando non aveva buone notizie da darle.
«Fratellone, posso avere un dango?», Zoey ripeté la domanda facendo un sorriso ammiccante, o almeno credendo di farlo, a Milo.
Lui le sorrise in risposta, e dopo aver ravanato nella borsa che si portava sulle spalle, sganciò il tanto reclamato cibo. «E adesso sparisci, nanerottola!», la apostrofò, facendole segno di allontanarsi un po'. «Devo parlare con Makasan».
«E che gli devi dire?», domandò Zoey, quasi strozzandosi con un boccone troppo grosso che aveva addentato.
«Cose da grandi».
«Sono sempre cose da grandi!», replicò la bambina, mettendo il muso.
L'effetto era un po' tragicomico, visto e considerato che la salsa dei dango si era sparsa tutta intorno alla sua bocca, e aveva le guance rigonfie di cibo.
Milo non le rispose, incupendosi.
Zoey intuì rapidamente che la conversazione non sarebbe proseguita oltre e si fece distrarre dalle occhiate perforanti di alcuni bambini che la stavano fissando, per metà meravigliati e per metà terrorizzati, da dietro un muretto di pietre traballanti. Mentre li raggiungeva e attaccava bottone con loro, Maka rifiutava con gentile decisione i soldi che le venivano offerti dalla signora.
«Tutta la fortuna che possa capitarti ti sia favorevole!», si inchinò per un'ultima volta l'anziana donna, prima di salutarla e incamminarsi lentamente verso casa.
«Ti servirà», commentò Milo, affiancando la Tech.
Maka spiegò di lato il capo, chiedendo spiegazioni.
«Mentre eri occupata, hanno chiamato quelli della base», la informò Milo senza guardarla, impegnato a controllare cosa stesse combinando quella mina vagante di sua sorella.
«Che vogliono stavolta?», sbuffò la ragazza, rassegnata.
«Dicono che devi trovare uno specchio e scriverci sopra il suo numero. Ti vuole parlare».
«Ah».
Milo le lanciò uno sguardo.
Era diventata pallida, tanto per cambiare. Ogni volta che lo Shinigami la chiamava Maka sbiancava, quasi come avesse paura di venire rimproverata o condannata a chissà quale tortura. Non riusciva ad immaginare cosa lei potesse temere di aver fatto di male in quei tre anni di quasi totale abnegazione, sacrificio e dedizione al bene altrui... «Ed è una cosa urgente, perciò diamoci una mossa, l'ultima volta che non lo hai richiamato prima dei famigerati otto minuti...».
«Non c'è bisogno che me lo ricordi», lo interruppe lei alzando gli occhi al cielo. «Ho ancora gli incubi la notte».
«A chi lo dici...», borbottò Milo. Le allungò uno specchietto da donna. «È l'unico che sono riuscito a trovare in questo villaggio», disse, come se volesse scusarsi.
«Andrà bene lo stesso...», mormorò Maka, più a sè stessa che a lui.
Con la punta del dito indice, la Meister scrisse il numero dello Shinigami.
Shini, shini, gorokushi...
Appoggiò un angolo dello specchio quadrato vicino all'orecchio, l'angolo opposto vicino alla bocca, a simulare auricolare e microfono di un telefono qualunque.
Sentì quattro squilli, poi lo Shinigami rispose.
«In linea».
La voce di Death the Kidd ronzava parecchio, forse per colpa delle interferenze che correvano tra un mondo e l'altro.
«Shinigamisama, Maka Albarn a rapporto».
«Sette minuti... Cominciavo a credere che non avresti più richiamato», le fece notare il suo superiore.
«Chiedo scusa per l'attesa. Ero nel bel mezzo di un lavoro, signore», disse la ragazza, sistemandosi lo specchio tra testa e spalla.
Iniziò ad aprire e chiudere ripetutamente le mani per cercare di scioglierle dalla rigidità che la colpiva sempre dopo l'utilizzato prolungato della falce. Quel fastidio era cominciato quando aveva ricominciato a sincronizzarsi, ma era sicura che non dipendesse da Zoey.
«Scuse accettate. Ho un nuovo incarico per te».
E si doveva trattare di qualcosa di grosso, pensò la Meister,  visto che i dettagli le venivano forniti dallo Shinigami in persona. «Sono a sua totale disposizione».
«Stavolta non si tratta di una delle solite ricognizioni...».
A Maka iniziarono a squillare in testa decine di campane, tutte in estremo allarme. Il tono cauto di Kidd, così insolito rispetto a quello pratico con cui era solito parlare, le stava trasmettendo una brutta sensazione.
Sperava di sbagliarsi...
«Ti devo parlare a quattr'occhi».
«Posso trovare uno specchio più grande, se è questo il...».
«No, Makasan. Il punto è che ho bisogno che torni qui per poterne discutere».
... Ho bisogno che torni qui.
Maka sentì quelle parole riecheggiarle in testa per un numero indefinito ma decisamente elevato di volte, prima che acquistassero senso.
«Sul serio?», sillabò alla fine, fissando nel vuoto.
«Sì. Ti rivoglio a Death City. Vorrei che facessi rapporto già domani mattina, se possibile».
«Io... V-va bene», balbettò lei.
«Ti chiedo soltanto una prudenza: Soul Eater Evans ne deve rimanere all'oscuro».
«Cosa? Perché?!».
«Te lo spiegherò quando arriverai qui. A presto, Makasan».
La linea venne interrotta bruscamente.
La Technician continuò a fissare il vuoto per una mezza eternità, prima di azzardare le parole: «Ritorno a casa».
«Ma se siamo appena partiti..?», la rimbeccò Milo.
«No, non hai capito», scosse la testa lei, che senza rendersene conto si era stampata un sorriso a trentadue denti in faccia. «Torno a Death City».
Fu il turno di Milo, prendere il colpo. «Cosa?!».
Maka gli rivolse la sua attenzione, registrando in fretta il cambiamento di espressione del ragazzo.
«Ma... ma... e mia sorella?», sbottò infatti.
L'entusiasmo della Technician si sgonfiò come un palloncino bucato. «Milo...».
«Zoey rimarrà senza Meister!».
Si fissarono per qualche secondo.
«Non sappiamo cosa mi chiederà», sospirò alla fine Maka. Il cuore le batteva rapido, ma non era nulla in confronto alle pulsazioni esagitate della sua anima. «Potrebbe essere questione di un paio di giorni. Magari meno...».
«E se fosse di più? Se decidesse di riassegnarti? Chi mi dice che non voglia riaccoppiarti con quella Death Scyte, ah?!».
A Maka toccò deglutire, e distolse lo sguardo, in preda a ricordi dal gusto amaro. Non riuscì a dirgli la verità, e cioè che era semplicemente impossibile che Kidd permettesse a lei e a Soul di sincronizzarsi di nuovo, ma il ragazzo che aveva di fronte fraintese il suo silenzio per senso di colpa, e proprio lì cercò di fare leva.
«Mia sorella ne ha passate troppe per essere abbandonata di nuovo», Maka.
«Non scaricare su di me responsabilità che non mi spettano», sibilò immediatamente lei, intuendo la sottile accusa che lui le stava rivolgendo. «Sapevate entrambi, meglio di me, che la mia presenza qui era temporanea... E inoltre, non posso rifiutare un ordine diretto».
«Promettimi che tornerai qui», le disse.
Déjà vu.
Maka fu la prima a cedere la lotta di sguardi, ma stavolta la sua risposta fu diversa rispetto a quella data in passato. «Lo sai che non posso».
«Allora lo spiegherai tu a Zoey», la assalì. «Glielo dirai tu che te ne vai e le terrai tu la mano finché non avrà smesso di piangere!».
Ma non ottenne l'effetto sperato. Nonostante fino a quel momento Milo avesse sovrastato Maka con la sua stazza nel tentativo di metterla in soggezione, lei non si era mossa di un millimetro, né fisicamente né psicologicamente.
Il ragazzo fece un passo indietro. «... Io sono stanco di distruggerle ogni sicurezza».
«Non c'è bisogno che tu lo faccia. Venite con me», replicò Maka. «In questo modo, non dovremo separarci».
«Non ci provare», la ammonì lui, improvvisamente furioso. «Non ti permettere di illuderla».
«Milo, finiscila», sbottò Maka. Aveva perso la pazienza. «Non sto cercando di illuderla, sto cercando di fare la cosa migliore per tutti. Se, come credo, Kidd vuole solo parlarmi allora non ha senso che ci separiamo...».
«E se lo Shinigamisama avesse altri piani? Perché dovremmo venire con te?».
«Perché alla Shibusen Zoey ha molte più probabilità di trovare un technician che non qui», replicò, pratica.
Milo non se lo aspettava. «Io...».
Lei sospirò: «Senti, se sono i soldi il problema, pagherò io».
«Nemmeno tu navighi nell'oro a quanto mi risulta».
Maka lo trafisse con lo sguardo, ed anticipando possibili proteste chiamò Zoey a voce alta.
La bambina, nonostante le proteste dei ragazzi che incuriositi l'avevano finalmente avvicinata, salutò tutti e trotterellò allegra verso suo fratello e la sua Meister.
«Quello che ti risulta e quello che è realtà potrebbero essere due cose molto diverse», sussurrò la ragazza, fissando Zoey avvicinarsi. «Stampatelo bene in testa, Milo».
  
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