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Autore: Locked    13/01/2014    13 recensioni
Kurt.
Tina.
Puck.
Santana.
Blaine.
Quinn.
Artie.
Brittany.
Mike.
Mercedes.
Sam.
Rachel.
Dodici ragazzi, dodici punti di vista diversi. Dodici modi di reagire al dolore diversi.
La morte di Finn, vista con i loro occhi.
*
Una os per esprimere il dolore che provo a esattamente sei mesi dalla morte di quello spilungone che è e sarà sempre nei nostri cuori. Canta tra gli angeli e le nuvole.
*
Kurt non si è accorto di quando è crollato. [...]
Tina stringe la mano di Mike, mentre i suoi occhi continuano a lacrimare ancora e ancora. [...]
Quindi è questo, quello che si prova quando ti muore un fratello. Questo è quello che pensa Puck. [...]
Santana non si accorge nemmeno di star tremando. [...]
Blaine abbandona le braccia ai lati del suo corpo e appoggia la fronte al sacco da boxe. [...]
Quinn è ferma su quella sedia da quelli che potrebbero essere minuti, come potrebbero essere giorni. [...]
Nella testa di Artie si sta scatenando il caos. [...]
E’ triste, e Brittany non ha mai conosciuto la tristezza fino ad ora.[...]
Mike si guarda allo specchio e l’unica cosa che riesce a vedere sono i suoi occhi gonfi.[...]
Mercedes canta. [...]
Sam tira su col naso. [...]
Rachel è immobile. [...]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Finn Hudson, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Finn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali.
Sono sei mesi precisi da quel terribile tredici luglio, il giorno in cui Cory ci ha detto addio e ci ha lasciati. Questa One Shot è per lui. Non me la sono sentita di scrivere di Cory, quindi ho scritto di Finn e, beh. ecco qua. Sto affogando nelle lacrime, un abbraccio.


Fairytales don't always have a happy ending, do they?

Kurt non si è accorto di quando è crollato.

Sa solo che ora tutto ciò che può sentire è il freddo del pavimento di linoleum sotto di sé e le lacrime che scorrono calde sulle sue guance. E l'unica cosa che al momento lo sostiene è la mano di Blaine che stringe la sua, come un'ancora a cui aggrapparsi, per sfuggire al vortice di dolore che a poco a poco lo logora dall'interno.

Kurt non ha mai creduto in Dio. Non ci ha mai creduto, a quell'entità superiore che guarda e protegge tutto dall'alto. D'altra parte, se questo fantomatico 'Lui' esistesse, sua madre sarebbe ancora lì con lui. Perché sua madre era una persona splendida, e non aveva alcun motivo per scappare da questa vita prima del tempo.

Ma ora, ora spera che Mercedes abbia ragione, quando gli parla di 'Paradiso', e di 'vita dopo la morte'.

Perché Finn non può finire così. Non può lasciarli così.

E ora, tra le braccia di Blaine, stretti l'uno all'altro, davanti all'armadietto di quello che era stato la sua prima cotta -ancora arrossisce pensandoci-, il suo fratellastro, il suo confidente, suo fratello, Kurt, col sapore delle lacrime sulle labbra, fa crollare la sua maschera.

Quella che aveva indossato per Burt, per Carole.

La fa cadere e singhiozza irrimediabilmente, il volto sepolto nel collo di Blaine.


*


Tina stringe la mano di Mike, mentre i suoi occhi continuano a lacrimare ancora e ancora.

Non può crederci, Finn era con loro, Finn stava bene, Finn non c’è più.

Sente una sensazione strana alla bocca dello stomaco, e poi ricorda.

Ricorda tutti gli abbracci stritola-ossa di Finn, tutte le volte in cui era venuto a consolarla perché era giù di morale.

E freneticamente la sua mente capisce che non ci saranno più.

Non può fare a meno di piangere, ancora.


*

Quindi è questo, quello che si prova quando ti muore un fratello.

Questo è ciò che pensa Puck, mentre cammina nel parco. Non può andare a casa, in fondo sono solo dieci minuti che cammina - o forse sono due ore, ma ha paura di ammettere quanto non gliene interessi, in questo momento.

In questo momento, non gli interessa nulla. Ha appena perso il suo migliore amico, suo fratello.

Non è ancora riuscito a realizzarlo, è fermamente convinto che questo sia un incubo, e che da un momento all’altro si sveglierà e capirà di essersi immaginato tutto.

Ma questo momento non arriva, e lui ha paura.

Ha paura perché non ha più con sé il ragazzo che gli aveva insegnato che qualcosa di buono al mondo c’è, e che vale la pena vivere. E lui, lui stesso diceva questo. E ora non c’è più.

Improvvisamente una scarica di consapevolezza lo attraversa, ed è costretto a fermarsi e a sedersi per terra, sull’erba umida, perché le sue gambe stanno cedendo e non sa più a cosa aggrapparsi.

E’ solo.

Rannicchia le ginocchia al petto e fa dei respiri profondi. Dentro e fuori, dentro e fuori. Resisti, Puck.

Non singhiozza, non urla, non fa nulla di tutto questo.

Una sola lacrima cade dai suoi occhi e segna un percorso irregolare sulla sua guancia, fino a scorrere sotto la linea della mascella.


*


Santana non si accorge nemmeno di star tremando, finché non vede le sue dita faticare per stringere una comunissima bottiglietta d’acqua.

Resta così, gli occhi sospesi a guardare il nulla, per qualche secondo. E poi, improvvisamente tutto trema.

Le sue braccia, le sue labbra. Il petto è scosso da singhiozzi vuoti, che non trattengono lacrime, ma rabbia e grida. E lei non può contenerle, non può contenersi.

Lascia cadere la bottiglia, che rotola sul pavimento, rovesciandosi miserabilmente.

Stringe i pugni e comincia a batterli contro gli armadietti che ha di fronte, più forte, più veloce, e cosa importa se fa male? Non potrà mai stare peggio di così.

L’unico ragazzo che aveva capito che lei, in fondo, non era cattiva, non era acida, era solo incompresa, se n’è andato.

Il primo che l’ha accettata e non l’ha mai giudicata, non c’è più.

E allora urla, e grida, e strilla, e affonda le unghie nei palmi delle mani, e continua a colpire quel metallo che fa un rumore così forte,e allo stesso tempo così sordo alle sue orecchie.

Non si è nemmeno accorta di avere la gola in fiamme, finché non smette di strillare, urlare o colpire. Finché Brittany non la abbraccia e le sussurra che va bene, e che andrà bene, lo sai.

E allora capisce, che deve tenere duro. Che può farcela.


*


Un pugno, due tre.

Il sacco da boxe torna indietro.

Quattro, cinque, sei.

Non sono colpi forti quanto vorrebbe.

Non abbastanza da scacciare dalla sua mente l'immagine di Kurt che piange, spezzato tra e sue braccia, quella di lui stesso che crolla, scosso dai singhiozzi.

Non abbastanza da cancellare quella sensazione così sbagliata di vuoto nel petto, nello stomaco, ovunque.

Sette, otto, nove.

Finn che ride, Finn che abbraccia Rachel, Finn che dà il cinque al professor Shue, Finn che alza la coppa del campionato di football.

Dieci, undici.

Finn felice.

È troppo. Blaine abbandona le braccia ai lati del suo corpo e appoggia la fronte al sacco da boxe. Aspetta che il respiro torni regolare e stringe i pugni, gli occhi socchiusi.

Le lacrime sono finite, devono esserlo.

Deve essere forte, per Kurt, per sé stesso.

Deve andare avanti, per Finn.


*


Quinn è ferma su quella sedia da quelli che potrebbero essere minuti, come potrebbero essere giorni, e la sua mente non riesce a ragionare, non riesce a metabolizzare la telefonata che ha ricevuto poco o forse tanto, chi lo sa tempo prima.

Quel Quinn, corri, corri in ospedale, corri. Finn, Finn è-è... Detto, urlato, singhiozzato da qualcuno, al momento non riesce a ricordare chi, l’ha paralizzata.

E non riesce a capire, si rifiuta di capire. Si rifiuta di comprendere i pensieri che si affollano alle porte della sua mente, e che lei si ostina a tenere serrati fuori. Non può, non vuole, capire.

E’ troppo tempo che fissa quel muro bianco, ed è tutto troppo bianco, lì dentro. Le sedie, il pavimento, i muri.

Bianco. Un colore che non è un colore.

Un colore vuoto, vuoto esattamente come lei stessa in quel momento.

Spalanca gli occhi quando vede l’espressione dell’infermiera che esce dalla stanza in cui hanno rinchiuso Finn qualche tempo prima, minuti, ore, giorni? Deve ancora capirlo. Un’ondata di consapevolezza la travolge.

Non ce l’ha fatta. Non c’è più.

I suoi occhi cercano quelli di Rachel, che è lì accanto a lei. Il suo volto è lo specchio del dolore e del terrore.

Poi delle lacrime le offuscano la vista, e tutto diventa indistinto e incolore.


*


Le ruote della sedia a rotelle girano placide sul marciapiede, quasi a sottolineare il contrasto con il caos che sta avvenendo nella testa di Artie.

Finn. Finnfinnfinnfinn. Il ragazzo che lo aveva aiutato, dentro a quel bagno chimico, tre anni prima. Il primo che aveva smesso di fare il bullo con lui, quando aveva capito che era meglio ragionare con la propria testa.

Era morto. Mortomortomortomorto. Quella parola continuava a rimbombargli nel cranio, cercando in qualche modo di distruggerlo piano piano, come una goccia d’acqua che scava nella roccia.

Non aveva senso far finta che andasse tutto bene. Aveva cercato di non piangere, di non cedere. Sapeva che Finn non avrebbe voluto vederlo –vederli- triste. Ma non poteva farne a meno, adesso.

Poteva sopportarlo. Poteva superare tutto quello. Ma aveva bisogno di tempo.

E di lacrime.


*


Brittany ha sempre pensato che il mondo fosse un bel posto in cui stare.

Voglio dire, c’è lo zucchero filato, ci sono le Cheerios. E poi c’è Santana.

Ma adesso tutto sembra diverso, triste. Dev’essere così che ci si sente, quando quacuno a cui vuoi bene se ne va.

E’ triste, e Brittany non ha mai conosciuto la tristezza fino ad ora.

Qualche lacrima le riga la pelle, silenziosa, e riesce a sentirne il sapore tra le labbra.

Salato.

Ma poi capisce. Forse questo non è il posto più bello in cui stare. Forse ce n’è un altro. E Finn era una persona troppo speciale per stare qui. Lui si merita di andare nel posto più bello di tutti.

Sorride tra le lacrime.


*


Mike se lo ricorda ancora, e non può fare a meno di tirare le labbra in un minuscolo sorriso, quando ripensa alle interminabili lezioni di danza che gli ha dato per fargli imparare i passi delle coreografie.

Scuote impercettibilmente la testa e si infila nella sua giacca nera. Si guarda allo specchio e l’unica cosa che riesce a vedere sono i suoi occhi gonfi.

Sa che poi, durante la cerimonia, dovrà essere forte; per Tina. Ma ora, nel silenzio della sua camera, può essere debole quanto vuole, può piangere e tremare e gridare. Ma non vuole farlo.

Alza di nuovo gli occhi sullo specchio.

Può farcela, lo sa.


*


Mercedes canta.

Da tre giorni. Non può far altro che cantare per esprimere ciò che prova perché da che se non lo fa comincerà a piangere o a tenersi tutto dentro.

E non sa quale delle due opzioni sia la peggiore.

Quindi canta, e sfoga tutto il suo dolore nelle parole delle canzoni.

“Take me into your darkest hour
And I’ll never desert you.
I’ll stand by you.”

Finn. Ti prego. Resta. Stai qui. Con noi, noi staremo con te. Noi ti vogliamo bene. Finn non andare. Non andare via. Ti prego. Resta.

“You’re not alone,
‘cause I’m here with you.”

Finn. Siamo i tuoi amici. Vogliamo starti vicino. Perché? Perché te ne vai? Perché ci lasci così? Non andare via. No.

“If I die young
Bury me in satin,
Lay me down
In a bed of roses.”

Perché non hai avuto la forza di restare? Proteggici Fin. Da lassù. Proteggici.

Ti vogliamo bene.


*


Sam tira su col naso. E’ abbracciato a Blaine e Kurt da, beh, non sa nemmeno più da quanto tempo, ma non è abbastanza, perché continua a sentire una crepa in mezzo al suo petto.

E ha paura che lasciare le braccia dei suoi amici equivarrebbe a spezzare in tanti piccoli pezzi.

Guarda la bara un’ultima volta. E’ la bara che contiene uno dei suoi migliori amici. Il compagno di football e di scherzi migliore che abbia mai avuto.

Improvvisamente sente salire un nodo alla gola, e gli occhi cominciano a pizzicare. Può piangere, sa che può farlo. Nessuno lo giudicherà, e anche se fosse, piangerebbe ugualmente.

Addio, Finn. Canta tra le nuvole, ora.


*


La sveglia sul comodino segna le sei del pomeriggio.

Rachel è ferma sul letto, le ginocchia al petto e le braccia a circondarle. Il volto alzato e lo sguardo fisso davanti a sé.

La porta socchiusa si apre lentamente. Suo padre si affaccia, le lascia la cena, esce.

Ha capito che vuole stare da sola.

Guarda la sveglia. Le sette.

Non è vero. Non è vero. Non è vero.

Il sole tramonta e spariscono anche quelle piccole strisce dorate che filtravano dalle serrande e si riflettevano sul pavimento lucido.

Le otto.

Non è vero. Non è vero.

Non lo è.

Non si è mossa. Una lacrima scende, silenziosa e solitaria.

Le nove.

Kurt entra nella sua camera dopo aver bussato leggermente.

Lei continua a guardare davanti a sé. Non sente quasi la stretta dell’amico che le sussurra che andrà bene, Rachel, andrà bene.

Kurt va via.

Le dieci. Non si sta ancora muovendo, ma non sente i muscoli irrigiditi o la gola secca.

Non sente niente.

Le undici.

Non se n’è andato. No.

Non ha sonno, non ha fame. E’ semplicemente immobile.

Mezzanotte.

Si accorge di aver smesso di respirare per qualche secondo. Butta fuori l’aria che ha trattenuto, ma esce un singhiozzo.

E allora comincia a piangere. La sua maschera di calma si sgretola.

L’una.

Le lacrime scendono ancora, calde e copiose.

Le due.

Piange ancora, più forte, di più.

Affonda la testa nel cuscino.

Le tre.

Le palpebre sono diventate troppo pesanti. Scivola in un dormiveglia fastidioso.

Sente una voce, forse è solo nella sua testa, ma non lo sa, non le importa.

“Amore, ci sono. Ci sarò sempre, per te.”

Apre gli occhi, rivolti al soffitto della sua camera. Respira e smette di piangere.

“Grazie. Ti amo.”

Sussurra, prima di scivolare nel sonno.




Locked's corner: (?)
Siete arrivati fin qui? O la valanga di angst vi ha distrutti? Io non lo so, ho partorito tutto questo in due giorni e l'ho finito tipo un quarto d'ora fa. Spero che si capisca quanto sia grande il mio dolore per la perdita di Finn. Io sono convinta di non averlo nemmeno espresso bene. Ci tengo davvero tanto a questa os, e mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate, perché credo di averci appena lasciato un pezzo di me. Niente, smetto di blaterare. Questo è per te Cory, lo so che ci guardi da lassù. Ti vogliamo bene.
   
 
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