Titolo: The Way We Get By (Come tiriamo
avanti)
Autrice: Maya (Mistful)
Traduttrice: Vale
Capitolo
tre
La
notte della proclamazione degli Auror dell’Anno, Harry Potter gli strinse la mano
e Katie Bell dormì con lui.
Fu con grande probabilità la notte più bella della sua vita.
La sala che l’amministrazione aveva affittato era avvolta da uno spesso
bagliore color crema, che dava ai presenti la sensazione di essere direttamente
dentro le fiammelle delle candele accese che si trovavano ovunque, dai muri, ai
tavoli, ai candelabri. Un sacco di persone avvicinarono Draco
per congratularsi. Lui continuò a bere champagne finché tutto il mondo non fu
altro che un mulinello di champagne dentro alla fiammella di una candela.
Ballò con sua cugina Tonks. Era pur sempre sua
cugina, e lo metteva a disagio il fatto di non conoscerla per niente, di non
aver mai avuto il permesso di parlare di lei quando era piccolo, e adesso che
era cresciuto aveva la sensazione che avrebbe dovuto conoscerla
meglio, ma non aveva la più pallida idea di come fare. Lei sembrava un
grosso confetto rosa, con il vestito e le guance abbinate ai capelli, e pareva
sul punto di partorire un piccolo lupo mannaro da un momento all’altro.
Tonks lo baciò e si congratulò con lui.
Draco aveva pensato che Potter
sarebbe entrato nella sala con il suo trio di gemelli causando uno scandalo,
invece aveva portato con sé la Granger. Perfino
quello aveva dato vita a un sacco di supposizioni in sala guardaroba, dove
tutti si chiedevano se l’avesse portata via a Weasley.
Ma
la sua vera compagnia sembrava essere più che altro il bicchiere di champagne
che aveva in mano, così Draco glielo rubò. Tutto lo
champagne doveva essere suo: era giusto così e basta.
Potter lo lasciò fare. Aveva un’aria un po’ strana:
probabilmente il quantitativo di donne che lo avevano notato nel suo abito
elegante e che adesso lo stavano accerchiando come avvoltoi aveva allarmato
persino lui. Passava un sacco di tempo a guardare il pavimento.
Disse “Congratulazioni” e gli offrì la mano, e Draco
si ricordò con assoluta precisione di quando aveva undici anni, di quanto si
fosse sentito oltraggiato e confuso e di quanto avesse voluto, più di qualsiasi
altra cosa avesse mai desiderato, farla pagare a quel
semi-sconosciuto.
Strinse la mano a Potter.
Potter continuò a guardare il pavimento, e Draco sorvegliò con un certo divertimento l’accerchiamento
di donne. Poi vide Katie Bell
farsi strada tra la folla verso di loro. Stava sorridendo proprio a lui.
Accettò di ballare con lui. Accettò di uscire con lui.
Quando stavano ballando e lui le chiese se poteva baciarla, lei accettò anche
quello.
Più tardi non avrebbe ricordato tutti i baci nel dettaglio, però ce n’erano
stati un sacco, dolci e senza secondo fine, anche se il fine doveva essere
stato chiaro abbastanza visto che dopo si era ritrovato nella camera di Katie ad aiutarla a svestirsi, mentre lei gli toccava il
petto e lui cercava di far finta di sapere quello che stava facendo, senza
ancora riuscire a credere che fosse tutto vero.
Avrebbe ricordato soprattutto la sensazione di incredulità, come se ogni
candela nella stanza avesse perso gravità e si fosse messa a fluttuare attorno
a lui come le bollicine nello champagne, mentre si rendeva conto che non aveva
mai creduto davvero che sarebbe successo. Si era aspettato di fallire, ma ecco
che lei era fra le sue braccia, e attorno a lui c’erano – le persone che si
erano congratulate con lui che lo stavano osservando, e la Granger
in rosso con uno sguardo di approvazione, sua cugina che lo guardava
orgogliosa, e Potter che gli aveva stretto la mano.
In quel momento il mondo era tutto dorato, e frizzante.
Non era giusto. Avrebbe fatto del suo meglio per meritarselo.
*
Draco si svegliò con un mal di testa sotto a
un’atroce coperta stampata a rose, e per un momento si sentì estremamente
confuso, prima di vedere il viso addormentato di Katie
sul cuscino di fianco al suo: a quel punto si rifecero vivi lo stupore e
l’incredulità.
Lei si svegliò stiracchiandosi e allungò la mano verso di lui. “Ehi,” disse, e
sorrise.
Lui le baciò la mano. “Ehi,” ripeté, visto che gli sembrava una cosa abbastanza
sicura da dire. “Buongiorno,” aggiunse. “Sei bellissima. Grazie. Io ti
rispetto. Vuoi uscire con me? Dio, ti prego, fermami.”
L’impulso di blaterare era più accentuato del normale perché era nudo come un
neonato, ma Draco lo stritolò in una presa mortale
per paura che Katie decidesse di non volersi mai più
spogliare in sua presenza.
“Buongiorno,” lo salutò lei, tralasciando educatamente tutto il resto.
“Posso baciarti?” domandò Draco. Lei annuì e lui si
fece avanti con cautela, spostandole i capelli con la punta delle dita come se
fosse un uccellino che non voleva far volare via. Le sfiorò la bocca con la
propria e lei ricambiò gentilmente il bacio, e dopo un paralizzante momento di
imbarazzo realizzò che essere nudo aveva i suoi vantaggi.
La sua bocca era calda e morbida, come il resto di lei, e Draco
chiuse gli occhi e si godette quel calore. Quando li riaprì Katie
era stesa sotto di lui, col corpo che si adattava meravigliosamente al suo, e
delle idee molto creative riguarda alla sua seconda volta si fecero strada
nella sua mente.
“Draco, dobbiamo andare al lavoro,” lo interruppe lei
un po’ senza fiato.
“Sciocchezze, sono Auror dell’Anno, dirigo quel posto
con un pugno di ferro, dobbiamo rimanere,” le rispose Draco.
“No, sul serio,” insisté Katie.
Draco ricordò un certo episodio terribile della sua
vita quando, dopo la scoperta dei poteri Veela di Blaise Zabini, il professor Piton aveva chiamato tutti i Serpeverde
a raccolta e aveva spiegato che no significava no, che la risposta avrebbe
dovuto essere no finché non avessero avuto almeno sedici anni e che chiunque
avesse insistito sarebbe stato avvelenato.
Sbatté gli occhi con forza per scacciare il ricordo. “Lo rispetto,” disse in
fretta. “È una tua decisione!”
Lei si allungò e gli toccò di nuovo il petto, indugiandoci sopra con la sua
piccola mano calda. “Draco, volevo chiederti-”
Draco era assolutamente certo che Katie
avesse scorto lo sguardo di panico totale sul suo viso. Ricordò in maniera
terribilmente dettagliata un paio di cose che aveva cercato di fare la notte
precedente nel tentativo di essere romantico ed emozionante e non palesemente
privo di esperienza.
“Oh
no, Draco, sei stato adorabile,” lo rassicurò lei.
Draco si sentì indescrivibilmente sollevato. Anche se
aveva sperato un po’ in un ‘Draco, sei un animale.’
“È solo,” continuò Katie, accigliandosi appena. “Come
ti sei fatto questa cicatrice?”
Draco abbassò lo sguardo sull’intricato nodo di cicatrici
che gli scorreva sul petto dalla base della gola al cuore.
“Oh,” disse. “Ah. Sai, un caso.”
“Deve averti fatto un male terribile,” rifletté lei, ancora accigliata.
Draco ricordò la sensazione della schiena che colpiva
il pavimento del bagno, il soffitto crepato dissolversi nell’oscurità sopra di
lui, lo sguardo sconvolto di Potter fluttuare via, e
la fredda certezza che sarebbe morto.
“No,” rispose. “L’ho notato appena. Sono un vero eroe.”
“Non sei male,” concesse Katie, e il suo cipiglio si
trasformò in un sorriso, e lui fu costretto a baciarla di nuovo. “Draco,” gli disse lei una volta che il bacio fu finito.
“Non posso prometterti niente. Diamoci – una possibilità, d’accordo?”
“D’accordo,” rispose Draco.
Lei gli stava dando una possibilità. Non poteva sprecarla.
*
Katie aveva la strana convinzione che si dovesse
arrivare al lavoro in orario, così Draco la salutò
con un bacio e andò a prendere un caffè di prima
mattina in un bar. Mentre era là, ripercorse con la mente le parti migliori della
notte appena passata e pensò che aveva avuto una possibilità, nonché
l’occasione di fare sesso, e si ritrovò di ottimo umore, per essere ancora così
presto.
Lisa la centralinista gli diede un’occhiata e dichiarò: “Beh, qualcuno
ha passato una bella nottata.”
Draco afferrò il bordo del bancone della reception. “Si vede?” domandò. “Come? Come fa a
vedersi? Voglio dire, non so di cosa parli! Le tue parole sono incomprensibili
alle mie orecchie!”
Lo shock scombussolò i suoi nervi a sufficienza da obbligarlo ad andare a farsi
un caffè prima di raggiungere la sua scrivania.
Mentre stava aggiungendo cucchiaiate colme di zucchero pensò a quando aveva
baciato Katie quella mattina, e Dean
Thomas gli diede una gomitata nel fianco e chiese:
“Allora, ti sei divertito?”
Draco andò in bagno a controllare, ma non si trovò
poi così diverso. A parte lo sguardo un po’ folle negli occhi perché si sentiva
braccato, naturalmente.
Maledette abilità investigative degli Auror! E anche
di Lisa la centralinista.
Andò alla sua scrivania e tirò fuori alcuni rapporti, senza osare incontrare
gli occhi di chiunque altro.
Potter quel giorno fu piuttosto silenzioso. Draco gliene fu profondamente grato.
*
La visita a casa di Katie per incontrare la sua
famiglia avrebbe potuto andare meglio. Draco era
leggermente angosciato all’idea di ritrovarsi circondato da Babbani
che lo guardavano con occhio critico, ed enormemente angosciato all’idea di
doversi confrontare col padre di Katie quando
sembrava proprio che fosse chiaro a tutti che aveva fatto sesso.
Il padre di Katie lo odiò a prima vista. Gli altri lo
seguirono a breve.
Pranzarono fuori e Draco si impegnò in un’educata
conversazione.
“Mi piacciono le vostre decorazioni da giardino,” dichiarò, accennando a un
marchingegno particolare dall’aspetto intrigante.
La madre di Katie lo guardò stranita e chiese: “Stai
parlando del tosaerba?”
Draco allungò una mano verso la sangria.
“Allora, ti piace lo sport?” gli domandò poco dopo il fratello di Katie, Carl.
“Sì,” rispose subito Draco di buon grado, e si
allungò per prendere la mano di Katie sul tavolo. “Io
e Katie giocavamo entrambi a Quidditch
a scuola. In squadre diverse, ovviamente, ma -”
“Draco, per favore!” esclamò la sorella di Katie, Anna, con uno sguardo scandalizzato. “Non parlare di
queste cose davanti ai miei bambini!”
Draco guardò Mary, che gli stava gironzolando di
fianco pendendo dalle sue labbra, e poi il piccolo, che era addormentato.
“Oh, ma certo,” disse.
“Mio marito non lo sa,” continuò Anna. “Per cui se potessi – evitare di
menzionare cose come questa -”
Draco ripensò alle statistiche sulle violenze
domestiche e al modo in cui salivano alle stelle in famiglie babbane con maghi e streghe al loro interno, e poi soffocò
la voce di suo padre che diceva nella sua testa non siamo stati noi a
creare la paura.
“Oh, assolutamente,” rispose.
“C’erano quattro squadre nella vostra scuola, giusto?” chiese Carl. “Qual era quella che imbrogliava sempre, Kate?”
Draco gli riservò uno sguardo gelido e disse: “La
mia.”
“Ti piace il calcio?” domandò in fretta Carl.
“Ehm,” cominciò Draco, e provò un improvviso lampo di
simpatia per Potter quando gli domandavano ‘Non
giochi più a Quidditch?’. “Cos’è?”
Più tardi, sentì per caso Carl dire a Katie che sembrava proprio ‘un fighetto
educato in casa’. Draco
ricordò con una morsa di nostalgia i giorni sereni a Palazzo con gli elfi
domestici che gli insegnavano le tabelline, e si
domandò cos’altro diavolo avrebbe dovuto essere.
“Cosa fa tuo padre?” borbottò all’improvviso il padre di Katie,
con gli occhi stretti sul responsabile della corruzione della sua bambina.
“Beh, è in carcere,” rispose Draco, e si allungò di
nuovo in direzione della sangria. A quel punto Katie
rimase in completo silenzio, e cominciò ad apparire più angosciata ogni minuto
che passava.
Più tardi, camminando in giardino nella penombra della sera, Draco scorse una possibilità di ingraziarsi la madre. “Vedo
che il vostro giardino ha bisogno di essere de-gnomizzato,”
buttò là chiacchierando. “Nessun problema.”
Fece roteare lo gnomo più vicino sopra la testa e l’espressione della signora Bell gli fece capire che c’era qualcosa che non andava
addirittura prima che sentisse un fragore nauseante.
Quando
andarono tutti dentro, Draco crollò sui gradini del
portico e fece a Mary un sorriso infelice. “Io ti piaccio, non è vero, piccola
Mary?” chiese sull’orlo della disperazione.
Mary si appoggiò sulle sue ginocchia, lo guardò con i suoi occhioni
blu e chiese con l’intensità di un maniaco: “Mi racconti un’altra storia su Potter?”
“Non è andata così male, Draco,” lo rassicurò Katie senza troppa convinzione mentre camminavano verso
casa. “So che hai fatto del tuo meglio.”
Anche lui sapeva di aver fatto del suo meglio. Solo che non era stato
abbastanza.
*
Era come se avessero due Giratempo difettose e
facessero del loro meglio per incontrarsi nel momento giusto, ma lui continuava
a saltare troppo avanti e lei qualche volta dimenticava di usare la sua.
“Non potremmo stare fermi per un minuto?” gli chiese Katie una notte in un tono evidentemente esasperato, e Draco interruppe la sua dimostrazione delle sue nuove
brillanti abilità manuali. Quella sera si misero a leggere uno accanto
all’altra, e Draco non raccontò a Katie
le parti migliori del suo libro come faceva di solito. Dal suo lieve cipiglio,
era quasi sicuro che non l’avrebbe apprezzato.
Poi ci fu quella terribile discussione al bar.
“Sto,” cominciò Draco, e cercò con tutte le sue forze
far suonare neutra la voce. “Sto facendo qualcosa di sbagliato?”
“No, Draco!” gli assicurò Katie.
“No, è – no, è tutto stupendo, davvero. Davvero. Solo – magari non
tutte le notti.”
“Aaaah aah aah,” disse Draco. “Ovviamente. Non tutte le notti!” Si chiese se
avrebbe potuto sostenere che lo sapeva, e che aveva soltanto voluto metterla alla
prova.
Qualche volta era tutto meraviglioso. Faceva le cose per bene e lei rideva,
sembrava felice, e lui poteva accantonare il pensiero che stava fallendo, che
avrebbe fallito.
Cercò di non pensarci. Cercò di concentrarsi sul lavoro.
Quello andava ancora bene, per lo più. C’erano volte in cui non era così – la
volta in cui avevano catturato il mago che aveva rapito quei bambini Babbani per usarli come ingredienti per le sue pozioni,
aveva pensato che Potter lo avrebbe ucciso,
ma Draco lo aveva Schiantato, e aveva Obliviato il tizio e, a dispetto delle violente proteste di
Potter quando si era svegliato, era convinto di aver
fatto proprio la cosa giusta.
“Non farlo mai più,” lo aveva avvertito Potter
mentre uscivano dal San Mungo.
“Tu non farlo mai più,” aveva ribattuto Draco.
“E io non sarò costretto ad agire di conseguenza.”
Imparò a riconoscere le cose che avrebbero fatto esplodere Potter
e a essere pronto a fronteggiarle. Non avrebbe mai pensato che qualcosa avrebbe
potuto far esplodere lui , non finché non arrivarono sulla scena di un
crimine che avrebbe dovuto essere uguale a tante altre, e vide sul letto
cos’era rimasto della madre, e la faccia del figlio.
Dovette uscire a sedersi sul bordo del marciapiede sotto la fredda luce della
luna, con le mani strette tra le ginocchia, e costringersi a calmarsi
prima di dire o fare qualcosa che avrebbe spaventato la famiglia già
tristemente sconvolta. Rifuggì dai rumori di svariate squadre di Auror e dei vicini che si accalcavano come avvoltoi. Voleva
soltanto che lo lasciassero in pace, e che nessuno provasse anche solo ad
avvicinarsi finché non fosse riuscito a riprendere il controllo di sé.
Dopo molti, molti respiri profondi si rese conto che era esattamente quello che
stava accadendo.
Per un momento non riuscì a capire perché, e poi realizzò che Potter, che aveva pensato stesse soltanto girovagando senza
scopo, si stava in effetti aggirando attorno a un perimetro invisibile,
sfidando chiunque ad avvicinarsi. Nessuno lo fece, perché Potter
mostrava i denti e aveva un’aria terrificante, e Draco
si ricordò di come i primi tempi gli avesse ricordato un lupo e di come qualche
volta glielo ricordasse ancora, solo che adesso il lupo sembrava essersi in
qualche modo trasformato in un cane pastore, con un’unica pecora da
sorvegliare.
In qualsiasi altro momento Draco si sarebbe offeso
terribilmente nel sentirsi paragonare a una pecora dal suo stesso cervello. In quell’istante tutto quello che riuscì a fare fu inghiottire
con gratitudine grosse boccate di gelida aria notturna nel tentativo di
calmarsi e rimettersi in sesto nel cerchio di quiete creato per lui, mentre Potter teneva a bada il resto del mondo.
Non che Potter fosse diventato in alcun modo meno
bastardo e lunatico, naturalmente. Il giorno dopo Draco
gli stava descrivendo i suoi progetti con Katie per
un viaggio durante il fine settimana – lui voleva andare a fare rafting e lei voleva andare in qualche posto soleggiato e
rilassante, e stavano cercando di trovare un modo per combinare le due esigenze
– e Potter quasi gli urlò di tacere.
Lo sguardo oltraggiato di Draco doveva aver
comunicato a Potter che aveva le maniere di uno gnu,
il che era una buona cosa perché se lo sguardo non avesse funzionato Draco gli avrebbe dovuto lanciare una sedia.
Potter si tirò una manciata di capelli, e Draco avrebbe voluto lanciargli anche un pettine. “Ho mal
di testa,” spiegò bruscamente.
“Oh,” disse Draco. Proprio come Katie ieri notte, lo schernì una voce nella sua testa.
“Scusa,” aggiunse in un tono che sapeva sarebbe suonato incerto, e per questo
odiò Potter, e tirò fuori un rapporto.
Potter fece un verso stizzoso col fondo della gola,
poi si alzò e se ne andò. Qualche volta Draco pensava
che i rumori da xilofono pestato che faceva Potter
facevano pensare a una qualche presenza non del tutto umana tra i suoi
antenati: proprio in quel momento pensò che poteva trattarsi di un maiale
parlante.
Si
rimangiò tutto quando Potter tornò indietro e gli
spinse una tazza di caffè sulla scrivania. “Scusa,”
disse, e urtò anche la sedia di Draco, come se
intendesse dargli una pacca sulla schiena ma fosse troppo pazzo per farlo. “Non
è colpa tua.”
Draco osservò amorevolmente il suo caffè e arrivò alla conclusione che Potter
doveva aver litigato con i gemelli. “È tutto a posto,” disse, e propose: “Ti va
di allenarti, più tardi?”
Potter si rilassò un po’. “Sì,” rispose, e la sua
voce suonò di nuovo umana.
Dovettero fermarsi fino a tardi, quella sera, ma ne valse la pena. In seguito Shacklebolt li informò con fermezza che a suo parere niente
valeva tutte le panche distrutte o il materassino da allenamento bruciato, ma
si sbagliava di grosso.
Draco doveva ammettere che il materassino era stata
colpa sua, ma sentiva che anche per quello ne era valsa la pena. Aveva dovuto
farlo, comunque. Potter lo aveva inchiodato a terra:
aveva le mani infilzate nelle sue spalle, un ginocchio tra le sue gambe e uno
sguardo spaventosamente intenso negli occhi, come se niente avesse potuto
distrarlo.
“Arrenditi,”
aveva ringhiato. Non era una domanda.
Draco aveva scoperto di denti e aveva detto: “Incendio.”
A quanto pareva avere i capelli in fiamme era una distrazione piuttosto
efficace. Potter aveva urlato e il fuoco era
scomparso, perché la magia senza bacchetta di Potter
era stramba e irregolare ma quando gli serviva che funzionasse funzionava davvero,
ma a quel punto Draco si era contorto sotto di lui,
aveva ribaltato le posizioni e lo aveva bloccato a terra.
“Non avevi mai usato questo trucco prima,” aveva osservato Potter
senza fiato sotto di lui.
“Non sapevi che potevo farlo, prima,” lo aveva informato Draco.
“Non sarebbe stato giusto.”
“Giochi proprio con delle regole tutte tue, Malfoy,”
aveva detto Potter lentamente.
Draco aveva sogghignato. “Con le regole di chi altro
dovrei giocare?”
Potter aveva risposto scaraventandolo contro un muro.
C’erano volute ore, l’effettiva distruzione della palestra, una breve pausa
quando si erano accorti che i materassini stavano bruciando e avevano dovuto
spegnerli, e un polso rotto ignorato, ma Draco non
aveva mai pensato di poter fare tutto quello che aveva fatto. Quando se ne era
reso conto, aveva sentito le urla di trionfo riverberargli nelle vene e
sopraffare perfino il pensiero che sarebbe svenuto da un momento all’altro.
“Beh?” aveva domandato, tenendo Potter contro il muro
e fissando il suo orecchio con un’espressione folle ed esaltata. Anche Potter sembrava sul punto di svenire, ma era ancora in
tensione sotto la presa di Draco, quasi sul punto di
spezzarla, ma non del tutto. “Beh?” aveva insistito Draco.
Potter aveva voltato il viso verso il muro e Draco aveva visto la sua faccia da vicino, gli occhi chiusi
e le lunghe ciglia nere contro la sua guancia. “Mi arrendo,” aveva dichiarato
lui con voce roca.
“Oh,
grazie al cielo,” aveva esclamato Draco, ed era
crollato subito dopo.
Potter era scivolato contro il muro fino a sedere per
terra e Draco aveva cominciato a curarsi il polso e a
brontolare contro Potter per averglielo rotto. Allora
Potter gli aveva detto di tacere e di trovare i suoi
occhiali per riaggiustarli, e c’era voluta un’eternità per individuarli sotto
al relitto scheggiato di una panca.
“Spero di non averti fatto troppo male,” aveva affermato Draco in tono premuroso. “So che sei delicato.”
Potter era sembrato allo stesso tempo divertito ed
estremamente seccato di essere stato battuto, che era proprio la combinazione
che Draco preferiva. “Taci, Malfoy.”
“Non vorrei dover credere che la mia clamorosa vittoria ti abbia traumatizzato
in qualche modo,” aveva continuato allegramente lui. “Mi ucciderebbe
pensare di aver scosso il tuo ego. Devi promettermi che non avrai una crisi di
autostima.”
“Taci,
Malfoy,” aveva ripetuto Potter,
trattenendolo contro il vano della porta mentre uscivano.
“Potter,” aveva cominciato Draco,
e Potter lo aveva fissato. Draco
aveva sogghignato. “Bel combattimento.”
Potter aveva esitato, e poi, lentamente, aveva
sogghignato anche lui. “Già.”
Da allora non se l’erano più detto. Tanto sapevano che era sempre così.
Più tardi quella notte Draco era disteso con la testa
appoggiata comodamente sul grembo di Katie, che stava
leggendo mentre gli accarezzava i capelli. “Draco,”
l’aveva chiamato lei con voce amorevole, e lui aveva sentito una fitta di puro
terrore al pensiero che gli avrebbe chiesto di spostarsi o di fare qualcosa.
“Cosa?” aveva chiesto, facendo del suo meglio per sembrare un indomabile
stallone.
“No, niente,” aveva risposto lei con un sorriso. “È Mi piace stare così.”
Era rimasto lì in silenzio, inesprimibilmente
sollevato e del tutto esausto, e il principio di un’idea aveva cominciato a
balenargli in testa.
*
Aveva sempre saputo che vivere con Tiger e Goyle sarebbe stata una cosa temporanea. Loro due erano una
coppia di innamorati nel loro primo nido d’amore, dopotutto, anche se la mente
di Draco si era sempre rifiutata di soffermarsi sulla
cosa. Non poteva continuare a interferire.
Katie andò con lui a vedere un sacco di appartamenti,
e Draco prese quello che le piaceva di più e le
chiese di trasferirsi da lui.
“Oh, Draco,” disse lei, sinceramente colta alla
sprovvista. “Non penso che siamo già a questo punto.”
“Forse hai ragione,” rispose subito Draco, e cercò di
non farsi prendere dal panico al pensiero di dover vivere da solo.
Quello stupido appartamento babbano era enorme quando ci si sedeva mentre Katie era in bagno, le decorazioni gli erano estranee, i
dipinti sulle pareti immobili come morti. Draco si
disse che era perché non aveva mai vissuto da solo prima. Era pronto a
scommettere che gli sarebbe piaciuto. Vita spensierata di un gentiluomo
benestante. Non dover render conto a nessuno! Sarebbe stato grandioso.
“Non devi andartene,” piagnucolò Goyle mentre
sgombravano la roba di Draco. “Non mangerai, lo so
che non mangerai.”
“Io mangio,” puntualizzò Draco, puntando la bacchetta
verso il suo cassettone.
“Il caffè non è cibo,” frignò
appassionatamente Goyle.
Tiger infilò la testa nel vano della porta. “Ah, Malfoy. C’è Potter che ti aspetta
in macchina. Scena del crimine.” Fece un cenno verso gli effetti personali di Draco disseminati in giro per la stanza e aggiunse
gentilmente: “Possiamo finire noi di sgomberare.”
“Oh, voglio vedere Potter!” esclamò Goyle. “Non l’ho ancora visto da quando hai smesso di
odiarlo.”
“Io lo odio ancora,” protestò Draco con
veemenza. “Più o meno.”
Uscì scrollandosi la polvere dai capelli e chiedendosi come aveva fatto a
impolverarsi e anche quand’è che aveva comprato ventisette tazze da caffè, e vide Potter in auto.
Scosse vigorosamente la testa per eliminare le ultime tracce di polvere e Potter fece una mezza risata.
“Cos’hai combinato?” chiese, indolente e soddisfatto com’era di solito alla
prospettiva di una scena del crimine di sabato mattina. Dietro a Draco, Goyle emise un debole
versetto.
“Scusa un momento,” disse Draco, e spinse dentro Goyle richiudendosi la porta alle spalle. “No,” lo sgridò.
“No, no, no. Pensa alla scuola!”
“Non era così a scuola,” ribatté Goyle con
un’aria un po’ stordita. “Però, ripensandoci, immagino che il potenziale sia
sempre stato lì.”
“No!” ripeté Draco. “Io sono il tuo capo e te lo
ordino!”
“Oh sì, sì,” rispose Goyle. “La mia devozione per
Vince è inalterabile,” aggiunse, facendo una terribile imitazione di Draco.
Nessuno avrebbe dovuto fare imitazioni a parte lui. Considerò l’opportunità di
scrivere una cartolina in Francia a Ginny Weasley per dirglielo.
“Oh, tieni,” aggiunse mentre riapriva la porta.
Goyle afferrò distrattamente il foglio stropicciato
mentre cercava di far prendere a Draco il suo
mantello.
Draco si lanciò in macchina e Potter
schiacciò il piede sull’acceleratore, facendo sfrecciare l’auto in aria.
“Fermati!” urlò Draco con voce squillante. “Presto,
rendici invisibili e poi fermati e rimani fermo!”
Potter premette l’interruttore dell’invisibilità.
“Perché?”
“Perché,” lo informò Draco con grande soddisfazione,
“ho appena dato a Goyle l’atto di proprietà di questa
casa, e voglio vedere la sua faccia e quella di Tiger.”
“Oh,” disse Potter in tono sorpreso. “È stato –
carino, da parte tua.”
“È stato solo pratico,” gli spiegò in fretta Draco.
“L’affitto non è molto conveniente. E poi un cuoco e un infermiere non
guadagnano molto, sarebbe stato stupido. A me non importa, io ho un sacco di
soldi. La gente mi irrita quando si comporta da stupida.”
“Non c’è niente di male nell’essere carini,” dichiarò Potter.
“È grandioso!” ribatté Draco. “Ne sono certo. È solo
che non lo so per esperienza personale. Adesso zitto.”
Goyle, in piedi sul vano della porta, stava
dispiegando il cartoccio appallottolato. La sua espressione mutò lentamente da
normale a esterrefatta. Era completamente ridicolo: Draco
rise di gioia.
“Vince!” urlò Goyle in tono confuso. “Vince,
vieni a vedere cos’ha combinato adesso quel pazzo!”
“Pazzo?” esclamò Draco, molto offeso. “È questo il
modo di riferirsi al proprio capo non appena si volta? Dico a te!”
Tiger apparve sulla porta in maniche di camicia e
diede un’occhiata al documento. Draco lo guardò
sbattere le palpebre.
“Mio Dio,” soffiò.
Draco fu attraversato da una calda ondata di
benessere per il buon esito della sua sorpresa. L’ondata di benessere scomparve
subito nel momento in cui Goyle saltò addosso a Tiger e cominciò a baciarlo selvaggiamente.
Draco fece un urletto.
“Guida! Guida! Qui abbiamo finito, perché non guidi?”
“Non posso guidare,” rispose Potter con voce soffocata.
“Ho gli occhi chiusi.”
Draco allungò una mano alla disperata e afferrò il
volante. Una volta che furono riusciti a voltare l’auto dall’altra parte, Potter riaprì gli occhi e cominciò a guidare in modo
appropriato.
“È stato strano,” commentò con voce tremante.
Draco si risentì immediatamente per conto dei suoi
amici. “Devi sapere che in realtà Tiger e Goyle sono davvero attraenti,” sbottò. “In certe culture.
Se ti piacciono le ossa grandi.”
“Ne sono - sicuro,” ribatté Potter senza risultare
affatto convincente.
“Mmmh,” commentò Draco.
“Beh, se ne sei sicuro tu.”
Guidarono in silenzio per un po’ mentre Draco
progettava la sua vendetta per questo affronto ai suoi cari.
“Potter, la sai una cosa?” chiese alla fine.
“Cosa?” domandò lui in quel suo tono lento e incoraggiante. Povero sciocco,
come si sarebbe pentito di averlo incoraggiato.
“Goyle pensa che tu sia uno schianto,” spifferò Draco con quieto diletto.
Potter deglutì.
“E visto che sei d’accordo che sono entrambi così attraenti,” continuò
serenamente Draco, “forse loro sarebbero
interessati a una cosa a tr-”
A quel punto dovette smettere di parlare, perché Potter
per poco non si schiantò contro un albero e lui stava schiamazzando troppo per
proseguire.
“Non stai avendo molto successo al volante, oggi,” sottolineò Draco dopo aver finito di schiamazzare. “Forse dovrei fare
un tentativo io.”
“No,” rispose Potter con fermezza.
“Ma lo sai che ho visto un sacco di film di Auror babbani!” protestò Draco. “So
esattamente come si fa! Sono un esperto.”
“Shacklebolt mi ha avvertito di non lasciarti mai
guidare,” dichiarò Potter. “In nessuna circostanza,
nemmeno se fossi morto. Ha detto così.”
“È un androide malvagio,” disse Draco
con fervore. “Non dovresti ascoltarlo. Dovresti combattere il male, è la tua
sacra vocazione. Dovresti ascoltare me.” Fissò Potter
e si morse le labbra senza molta speranza, visto che non aveva mai funzionato
con nessuno a parte Goyle e solo quando Draco voleva qualcosa da mangiare. “Per favore, Potter.”
Fu sorpreso di vedere un lampo di esitazione sul viso di Potter.
Cercò di pensare a quello che faceva quando voleva che Goyle
gli preparasse qualcosa di speciale per cena, abbassò rapidamente gli occhi e
poi guardò Potter attraverso le ciglia con aria
supplicante e si morse un altro po’ il labbro.
“Per favore.”
“Oh, e va bene,” si arrese Potter, con la
voce di un uomo pungolato oltre il sopportabile.
Draco ridacchiò e si rilassò contro il sedile. Potter era uno facile da raggirare. Chi l’avrebbe mai
detto?
“Non riesco a credere che tu abbia comprato una casa ai tuoi amici,” ricominciò
lui dopo un momento. “Quanti soldi hai?”
“Non lo so,” rispose Draco, cercando di non pensarci.
Avevano scongelato i conti di suo padre un sacco di tempo prima. “Perché, vuoi
che ti risolva un problema di debiti di gioco?”
Potter sogghignò. “Ho smesso anni fa, col gioco
d’azzardo.”
“Ah,” commentò Draco, annuendo saggiamente. “Capisco.
Sei passato ai furti e alle prostitute.”
“Facciamo un lavoro stressante. Dobbiamo pur rilassarci in qualche modo,” disse
Potter, e fece piroettare l’auto nel cielo, alla
ricerca di un tetto piatto dove poter parcheggiare per scambiarsi di posto.
Più tardi, dopo che il danno al palazzo di uffici era stato quasi del tutto
riparato e la gente che strillava all’interno era stata Obliviata,
Draco osservò tristemente i rottami dell’auto che gli
altri Auror stavano portando via e cercò di pensare
ad un qualche modo, qualsiasi modo, di dare tutta la colpa a Potter.
“Non avresti dovuto lasciarmi guidare,” dichiarò alla fine con voce distrutta.
“Ero già arrivato a questa conclusione da solo, grazie,” ribatté Potter in tono truce.
“Mi dispiace,” piagnucolò miseramente Draco.
“Oh, no – senti, è tutto a posto,” disse Potter.
“Non stavo parlando con te,” scattò Draco, e Potter seguì la direzione del suo sguardo fino a Dean Thomas, che aveva in mano un
pezzo di cruscotto e i resti mutilati di Gilda. “L’ho uccisa,” affermò Draco, disgustato di sé.
Non aveva una casa, la famiglia della sua ragazza lo voleva morto e adesso
aveva perso anche Gilda.
Potter gli diede una pacca sulla schiena. “Ma no.”
“Sì, invece!”
“Non volevi,” sottolineò Potter. “Quindi si stratta di omicidio preterintenzionale.”
E il suo partner era pazzo. C’era anche quello.
“Voglio
un caffè,” esclamò Draco.
Visto che non si sarebbero recati sulla scena del crimine, andarono in un bar. Draco si mise a sedere al tavolo e realizzò che una volta
che se ne fosse andato sarebbe dovuto tornare in quel terribile appartamento. Katie era con la sua famiglia e Tiger
e Goyle stavano senza dubbio facendo cose depravate e
difficilmente avrebbe potuto mandare un Gufo ad uno dei suoi amici spiegando
che aveva il terrore di tornare a casa.
“Senti,” buttò là in tono disperato, “vuoi tornare a casa subito?”
“Dio, no,” rispose Potter, e la sua bocca si storse
all’ingiù. “Ron e Hermione
sono come cane e gatto.”
Sì, pensò Draco, ma cosa stanno facendo i gemelli?
Forse erano anche loro con la famiglia.
“Bene, allora,” continuò. “Potremmo anche andare a mangiare qualcosa. Dopo il caffè, ovviamente.”
La curva della bocca di Potter si piegò all’insù di
propria volontà. “Ovviamente.”
A un certo punto dopo mezzanotte (c’era stato del vino a cena) stavano
attraversando Piccadilly Circus
e Draco era rimasto affascinato da un suonatore
ambulante. La musica lo aveva attirato perché gli ricordava Gilda, ma prima che
potesse intristirsi troppo il musicista cominciò a suonare una canzone che
conosceva.
Svariate canzoni che conosceva più tardi, mentre il musicista osservava con
aria decisamente perplessa il Galeone gettato nella custodia della sua
chitarra, Draco se ne stava seduto a cantare sul
bordo di un marciapiede con le braccia attorno alle ginocchia. Potter si era messo di fianco a lui, con le gambe stese
davanti a sé, ma non stava cantando.
Forse perché Potter era uno scansafatiche, o forse
perché era troppo impegnato a ridere di lui. Forse per entrambe le cose.
Erano quasi le tre quando Draco arrivò a casa, e a
quel punto era abbastanza stanco per non odiarla più così tanto.
*
Draco e Katie andarono a
passare le vacanze in una tranquilla stazione balneare in Bretagna. Katie era felice e serena, passava un sacco di tempo in
bikini e leggeva libri sotto al portico. Draco era
felice per i bikini e anche perché, a quanto pareva, in vacanza la regola del non-tutte-le-notti era meno rigida.
Per il resto, passava un sacco di tempo al bar.
Era proprio al bar quando sentì qualcuno esclamare “Oh mio Dio, c’è un gufo qui
dentro! Quanto devo aver bevuto?” Si voltò e scoprì che c’era un Gufo
appollaiato sul bancone vicino alla sua mano.
Era da parte di Shacklebolt e diceva VIENI
SUBITO. BAMBINI, seguito da un indirizzo.
Draco si Smaterializzò direttamente dal bar.
Avrebbero sempre potuto Obliviare i presenti più
tardi.
Si ritrovò su un’altra spiaggia, totalmente diversa, con enormi scogli
frastagliati al posto della sabbia e il mare grigio che si infiltrava tra le
rocce spazzando via ogni cosa. Mentre gli spruzzi d’acqua gli colpivano la
faccia, si voltò e vide degli Auror andargli incontro
correndo sugli scogli.
“Grazie a Dio!” esclamò Dawlish. “Ci sono otto troll, una famiglia intera, hanno rapito dei bambini e li
tengono come trofei e – dove sono tutti gli altri?”
“Tutti gli altri chi?” domandò Draco. “Dov’è Potter?”
“I rinforzi, Shacklebolt è andato a chiamarli,”
spiegò Dawlish, ed evitò platealmente di rispondere
all’altra domanda.
Draco lo afferrò per il colletto e lo sollevò da
terra. “Dov’è?”
“Nella grotta,” mugugnò Dawlish a fatica.
“Da solo?” ringhiò Draco.
“Shacklebolt ha detto che non deve entrare nessuno!”
guaì Dawlish. “Erano gli ordini – Potter
avrebbe dovuto-”
“Ti ucciderei, ma non ho tempo,” disse Draco, e si
mise a correre.
Dovette arrampicarsi sugli scogli, e continuava a cadere, mentre il cuore gli
martellava nel petto schiantandosi contro le sue costole come il mare contro
quella spiaggia aspra. Era ancora un po’ ubriaco, ed era consapevole che i suoi
riflessi non erano affatto quelli che avrebbero dovuto essere. Si sentiva un
po’ troppo estraniato da tutto, ma non poteva fermarsi.
La grotta in realtà era formata da una serie di grotte interconnesse, come
grandi stanze rocciose. C’erano oggetti di uso comune sparpagliati ovunque, per
la maggior parte cose da bambini, ma non solo, e sembrava che i troll avessero rapito intere famiglie. C’erano scarpe di
piccola taglia, un grande mantello verde e un attaccapanni.
C’erano anche un sacco di corpi di troll a terra.
Draco li contò perfino mentre li scavalcava, uno due
tre quattro cinque sei sette otto ed era stato lui, quel pazzo
bastardo ce l’aveva fatta, e poi sentì un ringhio e si chiese come aveva fatto Dawlish ad essere certo del numero che gli aveva dato.
C’era un altro troll, più piccolo, il che significava
che era comunque enorme, e il suo corpo gigantesco era accovacciato sopra la
sua preda, che non dava segni di vita. Draco rimase
immobile per un momento e vide il braccio di Potter.
C’era del sangue. C’era un sacco di sangue.
Draco aveva ucciso soltanto una persona durante la
guerra. Era successo quando avevano già praticamente vinto, quando Voldemort era già morto e stavano dando la caccia ai
rimanenti Mangiamorte e Piton
lo aveva portato con sé in una missione a basso rischio e quell’uomo
era uscito dal nulla, e Draco aveva pensato
semplicemente No, non anche lui e aveva urlato “Avada
Kedavra!” L’uomo era caduto con una facilità
inquietante e Draco era rimato in piedi sopra di lui
e aveva pensato Se l’avessi fatto allora, con Silente, forse – ma era
sbagliato.
Non aveva visto molto Piton, dopo la guerra.
Immaginava che fosse impegnato.
In quel momento sentiva lo stesso genere di calma. Era così facile.
Afferrò l’attaccapanni con la mano sinistra e corse verso il troll, facendogli roteare con forza l’oggetto sulla testa.
“Lascia stare,” ringhiò, e lo colpì di nuovo, “il mio compagno.”
Continuò a colpire la testa del troll con
l’appendiabiti, lanciando contemporaneamente incantesimi con e senza bacchetta:
lo fece andare a fuoco e gli lanciò Maledizioni Senza Perdono e continuò a
colpirlo, ancora e ancora, con i denti digrignati, finché non si rese conto che
era immobile, e questo perché l’aveva fatto a pezzi.
Fece Levitare i pezzi di troll, li gettò contro il
muro e si inginocchiò acconto a Potter.
“Svegliati,” ordinò alla sua faccia inerte, perché l’altra possibilità non era
nemmeno pensabile, di questo era assolutamente certo.
Potter corrugò la fronte ricoperta di sangue, aprì
appena gli occhi e disse: “Malfoy, cosa-”
Cercò di mettersi seduto e Draco gli afferrò le
spalle per assicurarsi che non cadesse, lo attirò in avanti e il viso di Potter finì per scontrarsi con la sua spalla e poi gli
strinse la mano, che era l’unica parte del braccio relativamente integra, per
fare in modo che non lo muovesse di un centimetro.
“…penso di essere conciato un po’ male,” farfugliò Potter
in tono confuso. “Ti dispiace guarirmi?”
“Idiota,” si infuriò Draco. “n66; esattamente quello
che farei se volessi privarti per sempre dell’uso del braccio, stupido, stupido
– non muoverti, per favore, non muoverti, andrà tutto bene.”
“Sei
davvero autoritario,” mormorò Potter. “Lo sapevi?”
“E tu sei un idiota,” ribatté Draco con voce furiosa
e tremante. “Lo sapevi? Andiamo in ospedale. Ti odio. Andrà tutto bene.”
Fu all’incirca in quel momento che Potter perse
conoscenza. Draco gli accarezzò i capelli con la mano
libera, si concentrò disperatamente e si Materializzò sul freddo pavimento di
un corridoio del San Mungo.
Un’infermiera sembrò estremamente sorpresa di vedere due uomini coperti di
sangue rannicchiati sul pavimento. Draco la fissò da
sopra la testa di Potter.
“Va’ a chiamare un dottore,” ringhiò. “Subito.”
Quando i medimaghi portarono via Potter,
Draco andò nella sala d’attesa, dove Shacklebolt e Dawlish stavano già
litigando. Disse loro che nelle caverne c’erano otto troll
privi di sensi più uno decisamente morto. A quanto pareva lo sapevano già. Si
mise a sedere su una sedia e aspettò.
Tiger arrivò dopo qualche ora e riferì che Potter non avrebbe perso il braccio, che ne avrebbe
mantenuto il pieno uso, e che non era morto dissanguato durante l’operazione.
Shacklebolt annuì, con la faccia totalmente
impassibile. Draco sospettò che la faccia di Shacklebolt sarebbe rimasta impassibile anche durante un terremoto.
Poi Tiger si inginocchiò vicino alla sedia di Draco. “Malfoy,” cominciò col suo
tono tranquillo. “Sei coperto di sangue. Vai a casa.”
“Non voglio tornare là,” rispose Draco a bassa voce.
Tiger non si soffermò sul suo cambiamento di idea e
lo portò a casa sua e di Goyle. Il giorno dopo Potter era già al lavoro perché evidentemente era più folle
di quanto persino lui avesse supposto, e Draco
dovette andare in cucina a farsi un caffè prima che
quel vortice di pazzia inghiottisse anche lui.
Rimase sul vano della porta dell’ufficio col caffè in
mano e cercò di riflettere. Doveva scusarsi con Katie
per averla abbandonata in Francia. Doveva trattenersi dallo strangolare Potter per essere un idiota. Doveva sistemare le cose.
Potter avrebbe finito per farsi ammazzare. Continuava
a correre rischi folli e a fare le cose da solo perché era così che gli avevano
insegnato a fare fin da quando aveva undici anni e un giorno, non importava
quanto forte o fortunato o prescelto dal fato fosse, la forza e la fortuna
sarebbero finite e il fato lo avrebbe abbandonato. Tutti lo avrebbero compianto
e avrebbero pronunciato il suo nome in tono sommesso e lo avrebbero messo nei
libri di storia e sarebbero stati sollevati, soltanto un po’, di non doverlo
più vedere e di non dover affrontare ogni giorno quello che avevano fatto.
Draco non l’avrebbe permesso. Sarebbe andato tutto
bene. Ogni cosa avrebbe trovato la sua collocazione, il sistema dei punti e Katie, che avrebbe avuto quello che desiderava, e Potter, che non sarebbe morto. Stava cominciando a mettere
insieme i pezzi.
Fece un respiro profondo, si sentì un po’ più calmo e si avviò verso la
scrivania, dove Potter stava cercando di scrivere il
suo rapporto con la mano sinistra. Potter gli lanciò
un’occhiata mentre si avvicinava.
“Hai quello sguardo sulla faccia,” osservò, “come se stessi pianificando
qualcosa.”
“Infatti,” confermò Draco. “È una sorta di – piano
strutturale. Al momento lo sto perfezionando.”
“Oh, bene,” rispose Potter, sorridendo. “Fammi sapere
quando hai finito.”
*
Il piano passò al livello successivo quando Potter si
presentò alla porta dell’orribile appartamento di Draco
bagnato fradicio dicendo che Weasley e la Granger avevano rotto.
Mentre il suo primo istinto sarebbe stato quello di deridere chiunque avesse
pensato che per quel treno del disastro ci fosse stata qualsiasi altra
possibilità a parte il deragliamento, Draco pensò
all’evenienza che Tiger e Goyle
si lasciassero e all’orrore che ne sarebbe seguito e cominciò a versare Whisky
Incendiario, finendo per dare voce ai suoi pensieri.
“Devono continuare a rivolgersi la parola,” mormorò Potter
con voce roca dopo due tazze di Whisky Incendiario. “Devono farlo. Ho bisogno
di loro. Non è che – nessuno dei Weasley mi parla a
parte Ron.”
“Perché?” domandò Draco.
“Perché,” spiegò Potter a denti stretti, “la loro
bambina si è trasferita in Francia perché pensava che stessi insieme a lei e
poi mi ha beccato a letto con Zacharias Smith.”
“…in effetti,” concesse Draco.
Fu mentre Potter stava ancora parlando
ininterrottamente, in un tono forzato che lasciava intendere che se si fosse
fermato non avrebbe più avuto la forza di continuare, che Draco
si rese conto che non c’era nessun trio di gemelli.
L’idea lo scioccò tanto da fargli quasi dimenticare la voce di Potter, che stava parlando della sua relazione con Smith, relazione che a quanto pare era stata simile a
quella di due gatti nervosi intenti a rotolarsi a terra prima di soffiarsi
addosso, e durante la quale – leggendo tra le righe – Potter
aveva totalmente ignorato l’esistenza di Smith. Draco aveva dato per scontato che Potter,
data la sua assurda avvenenza e il fatto che aveva sempre ottenuto quello che
voleva… beh, aveva dato per scontati i gemelli, ma non aveva messo in conto il
fatto che Potter era del tutto estraneo alle normali
interazioni umane.
In
quel momento di certo non c’era nessun trio, perché altrimenti era ovvio che Potter sarebbe andato da loro invece che da lui. In
effetti, sarebbe dovuto andare comunque da qualcun altro – ma se non poteva
contare sui Weasley e a quanto pareva non conosceva
molti altri Grifondoro a parte Weasley
e la Granger, chi altro c’era?
La realizzazione che Potter era solo colpì Draco quasi nello stesso momento in cui pensò che era
semplicemente possibile che non fosse stato con nessun altro a parte Smith, il che era avvenuto anni prima.
Non c’era da stupirsi che Potter fosse così di
malumore per metà del tempo.
In mezzo a queste deprimenti rivelazioni, Draco aveva
in qualche modo sperato che Potter sarebbe stato
divertente da ubriaco, invece si rivelò silenzioso e triste, come se fosse più
piccolo rispetto a quando era sobrio. Mostrò a Draco
come usare il suo nuovo, bellissimo televisore, che Draco
intendeva tenere acceso per tutto il tempo come compagnia, e Draco fissò l’apparecchio in estasi complottando
segretamente tra sé e sé, mentre Potter fallì
miseramente nel fare alcunché di imbarazzante. L’unica cosa strana capitò
quando Draco distolse lo sguardo dalla televisione e
vide Potter, più vicino di quanto aveva pensato che
fosse e con la testa piegata, che gli toccava con delicatezza il colletto di
cotone della camicia.
Così
Potter aveva una strana attrazione per il tessuto,
quando era ubriaco. Meraviglioso. Draco aveva sperato
almeno in un attacco di risatine.
Nondimeno, aveva un piano da portare a termine.
Un paio di settimane più tardi, alla serata del poker dei Serpeverde
che si teneva a casa di Tiger e Goyle,
si rifiutò di giocare e passò da un posto all’altro scambiando pettegolezzi con
tutti e guardando la porta.
“-così ho deciso che quello di cui ho davvero bisogno è una fantastica
storiella senza pretese,” dichiarò Pansy.
“Sono
molto occupato in questo momento,” le rispose Zabini,
accigliandosi. “Posso trovarti un buco per il prossimo ottobre. Forse.”
“Non con te, Blaise, e se cerchi di usare il
potere Veela ti prendo a schiaffi fino a farti
diventare stupido,” ribatté Pansy, e scoprì i denti
per un istante. “Non andresti per niente bene. Non sono brava a condividere.”
Il pensiero della monogamia fece comparire un lampo di puro orrore sui
lineamenti perfetti di Zabini. “Oh no, allora non
andrei bene proprio per niente,” si affrettò a puntualizzare.
“Stavo pensando a un uomo, sai, grande e semplice e bravo a letto,” rifletté Pansy. “Possibilmente molto ben dotato. Ma è difficile
accertarsene, all’inizio.” Fece una pausa e poi aggiunse: “Oh, e che sia un
tifoso di Quidditch. Non ti viene in mente nessuno
che potrebbe andar bene?”
Draco scosse la testa con fare assente e continuò a
poltrire sulla sua sedia e a osservare la porta, finché non si aprì e
finalmente entrò Malcolm Baddock.
Sembrava allegro, aveva con sé una bottiglia di Whisky Incendiario –
decisamente un segno divino – e indossava una maglietta blu scintillante con la
scritta Ci vuole un Supereroe per farmi perdere la testa.
Era l’unica persona gay che Draco conoscesse, a meno
che Potter non volesse una storia a tre con Tiger e Goyle, dopotutto.
“Oh, Malcolm,” ronfò Draco
come se fossero a scuola e stesse per assegnargli dei punti, e quando Baddock si girò, sorrise e gli fece un cenno con il dito.
“Vieni.”
Baddock apparve elettrizzato.
“Verrai alla mia festa di compleanno, non è vero?” chiese Draco
mentre Baddock si appoggiava alla sua sedia. Lo
afferrò per la sua maglietta luccicante.
Baddock deglutì. “Non mancherei per niente al mondo!”
“Bene,” commentò Draco, come se Baddock
avesse appena guadagnato un enorme quantitativo di punti per la loro Casa e la
Coppa stesse già scintillando davanti a loro. “Perché ho una missione per te,”
spiegò, e fece un ghigno. “Nel caso la accettassi.”
“Sei sicuro che sia una buona idea?” gli chiese Goyle
più tardi in tono agitato, mentre affettava rapidamente altri vegetali per la
salsa.
“Sì,” rispose Draco, che a quel punto non si sarebbe
di certo lasciato dissuadere.
“Mi piace Baddock, ma è davvero – piccolo, e
luccicante,” spiegò Goyle.
“È proprio come un piccolo e luccicante Zacharias Smith!”
“Non assomiglia per niente a Zacharias Smith,” ribatté Goyle.
“Ha i capelli biondi,” lo smentì Draco.
Goyle allungò una mano, continuando a tagliare
vegetali con l’altra, e gli tirò i capelli.
“Smettila,” ordinò lui. “Sono il tuo capo impavido, non tirarmi i capelli. E
poi i miei capelli non sono ricci.” Si fermò a meditare per un momento, e poi
aggiunse: “Penso che i ricci li rendano più gay. Comunque, Goyle,
non preoccuparti. Questo è il mio piano, per cui è un piano brillante e non può
fallire.”
Non è che fallì, per l’esattezza.
Potter sembrava più che altro spossato e confuso da
tutto quel luccichio, ma Baddock ricordava alla
perfezione – e con un certo terrore – le minacce di Draco
e si lanciò sulla preda. Ciononostante, per quasi tutta la festa sembrò che
l’assalto sarebbe fallito e che probabilmente Baddock
sarebbe stato gettato dal balcone.
Potter aveva portato con sé Weasley,
il quale, a differenza di lui, sembrava avere l’istinto di una persona normale
nei confronti dell’attività sessuale e passò tutto il tempo al bar con Pansy.
La vista di un tale orrore costrinse Draco a ubriacarsi.
Beh, era il suo compleanno. Era un dovere sacro, o qualcosa del genere. A
dispetto della presenza di Weasley, fu un compleanno
carino. La tequila smorzò ogni spigolo e fece brillare il viso di Katie sotto la luce dei lampioni quando alla fine uscirono
dal bar. Draco chiuse gli occhi e la baciò per far
finta di non vedere che Weasley stava veramente
andando a casa con Pansy, che a quanto pareva aveva
trovato la sua Storiella Senza Pretese. Non c’erano Weasley
nel suo mondo, decise Draco, che riusciva a tenersi
ancora in piedi solo perché era appoggiato a un palo della luce. Tutto era
caldo e sicuro e racchiuso in un’enorme, gloriosa nuvola di tequila.
Poi sentì Potter sbottare: “Vuoi venire a casa con
me?”
“Sì!” rispose Baddock.
“Bene,” ringhiò Potter, e iniziò a incamminarsi lungo
la strada.
Baddock gli lanciò un’occhiata interrogativa oltre la
spalla e Draco gesticolò oltre quella di Katie – vai, vai! – e lui si precipitò dietro alla sagoma
sfuggente di Potter.
Draco alzò gli occhi al cielo. “E noi che pensavamo
che Potter non avesse speranza.”
“Ehi Draco,” lo chiamò Katie,
calda e dolce vicino a lui, sotto la luce del lampione. “Vuoi venire a casa con
me?”
Draco sollevò le sopracciglia e le rivolse un sorriso
perfido. “Sì che lo voglio.”
A
dir la verità andarono a casa di Draco, visto che lui
viveva da solo e a Katie piaceva. Il che si rivelò
essere una fortuna, perché altrimenti Malcolm Baddock avrebbe suonato alla porta di un appartamento vuoto
alle quattro del mattino.
Draco si trascinò fuori dal suo letto caldo e morbido
e dalla sua ragazza calda e morbida, ripescò i pantaloni del pigiama e trovò Baddock, arruffato ma ancora luccicante, sul gradino della
porta.
“Cos’è successo?” chiese Draco nel panico. Aveva
mandato il povero piccolo Baddock a casa con un pazzo
che con ogni probabilità era abituato a ogni genere di stranezze e lo aveva
spaventato a morte. Era il peggior prefetto del mondo.
“Missione compiuta!” esclamò con orgoglio Baddock.
“E tu sei venuto fin qui per dirmi questo?” domandò Draco. “Sono le quattro del mattino.”
“Oh no,” ribatté Baddock. “Posso dormire sul tuo
divano? Potter mi ha cacciato via e non posso tornare
a casa, mio padre diventa matto se torno tardi.”
“Aspetta,” lo fermò Draco. “Hai compiuto la tua
missione. E poi Potter ti ha cacciato via.”
Baddock annuì.
“Che maleducato,” commentò lui. “Povero piccolo Baddock,
mi dispiace così tanto. Gliela farò vedere io, domani.”
“Va tutto bene,” lo corresse Baddock, animandosi un
po’. “Voglio dire, sì, non parla molto e quando parla è un po’ sgarbato, ma fa
lo stesso perché il sesso è stato favoloso.”
“…Ok,” rispose Draco.
“Bel petto, Malfoy,” lo informò Baddock.
“Quell’enorme cicatrice orrenda te la sei fatta
quando Potter ti ha attaccato nel bagno? Mi ricordo
che tutti ne parlavano, Pansy diceva che Potter aveva cercato di ucciderti!”
Baddock ne parlava come se, pur non appoggiando
l’idea dell’assassinio di Draco, trovasse piuttosto
fico e pericoloso quello che Potter aveva tentato di
fare. Draco perse ogni speranza nelle giovani
generazioni.
Il giorno dopo Draco arrivò in ufficio con dei
terribili postumi da sbornia e del tutto pronto a dire a Potter
cosa pensava esattamente del suo comportamento così poco galante, ma lo trovò
chinato sulla scrivania con un’aria sommessa e miserabile, proprio come la
notte in cui Weasley e la Granger
si erano lasciati. Draco non sapeva quale fosse il
problema: disprezzo di sé per la sua omosessualità, amore senza speranza per Zacharias Smith, depressione da
lustrini, ma una cosa la sapeva, ed era che Goyle
aveva avuto ragione.
“Scusa,” disse, dandogli un colpetto col gomito. “Pensavo davvero che fosse una
buona idea.”
*
“Così hai detto che ogni tanto giochi a Quidditch,”
disse a Potter un giorno mentre erano in macchina.
“Uh – già,” rispose lui. “Ogni tanto io e Ron usciamo
e liberiamo un paio di Bolidi e il Boccino.”
“Sembra proprio uno spasso,” esclamò Draco in tono
scettico. “Quindi suppongo che non ti interessi una partita vera.”
“Con te?” chiese Potter, che in effetti sembrava
interessato.
“Ho detto una partita vera,” spiegò gentilmente Draco.
“Sette giocatori per squadra, un campo regolamentare. Vero Quidditch,
niente soste.”
La faccia di Potter era quella di uno che aveva
trovato l’acqua nel deserto.
“Siamo per lo più Serpeverde e Corvonero,”
continuò Draco. “Vedi cosa si ottiene a fare
programmi? In estate facciamo una partita ogni fine settimana.”
Comunicò a Marcus Flint di avvisare il Cercatore
della loro squadra che sarebbe stato in panchina, e si presentò la prima
settimana di maggio con Potter al seguito.
“Malfoy, non so a che gioco pensi di giocare,”
cominciò Flint, incedendo verso di lui, e poi vide Potter
e, a giudicare dalla sua espressione, cori di angeli e luce paradisiaca. “Oh
mio Dio, Malfoy, tu sei una brava persona,”
esclamò con fervore.
Draco fece un sorrisetto
furbo. “Non proprio.”
E quello fu il programma dei sabati per tutta l’estate. Al pomeriggio era
semplice stare tranquillo con Katie, proprio come
piaceva a lei, perché era stanco morto.
Non era solo quello, però. Il Quidditch era sempre
stato divertente, ma si era abituato alla presenza di Potter,
una sorta di sfida pungente. Perdere era deprimente, ma non nello stesso modo
oppressivo di quando dietro al gioco c’erano la Coppa e il pensiero di suo
padre e le prese in giro di Potter. Adesso era più
come quando si allenavano, con l’aggiunta del puro impeto del volo e, dopo, una
bevuta al pub.
“Vai a prendermi qualcosa da bere,” ordinò Draco, collassando sul divano. “Sono in testa di tre punti dopo
l’ultimo caso.”
“Oh, d’accordo,” rispose Potter. Anche quel tassello
era andato a posto: il sistema dei punti alla fine era stato organizzato con
delle ricompense.
Il venerdì sera dopo il lavoro facevano una sorta di riepilogo dei punti, e
qualche volta li raggiungeva anche Katie, e a un
certo punto Weasley cominciò a unirsi a Potter, e al suo braccio c’era sempre una Pansy splendente, che non avrebbe dovuto risplendere in
quel modo, visto che Weasley era solo un’avventura. E
poi Potter invitò la Granger,
e Draco invitò Tiger e Goyle per creare una zona cuscinetto in caso di rissa.
Proibì loro severamente di intervenire in caso la Granger
e Pansy decidessero di picchiarsi, però.
La Granger conversava apertamente con tutti tranne
che con Weasley e Pansy, e
quella facciata arrogante si trasformò in vero interesse quando Tiger sbagliò nel leggere un listino del bar e lei decise
di buttarsi a capofitto nel Progetto di Superamento della Dislessia.
“Sul serio, ci dovrebbe essere un programma, a Hogwarts,”
confidò a Tiger, occhieggiandolo come se fosse un
grande, grosso elfo domestico. “Qualcuno dovrebbe fare qualcosa. Sarei felice
di aiutarti. Qualcuno,” aggiunse con una luce battagliera negli occhi, “deve
Porre Rimedio alle Ingiustizie Sociali.”
“Potrei farti una torta, se venissi a trovarci a casa nostra,” le offrì Goyle. “Qual è la tua torta preferita, Hermione?”
Hermione. Goyle,
rifletté cupamente Draco, era sempre stato l’anello
debole della catena.
Una volta che fu aperta una breccia nelle loro difese, dopo poche settimane si
arrivò al punto in cui Tiger chiamò Potter ‘Harry’ quando gli chiese
se voleva qualcosa da bere. Draco chiuse gli occhi e
attese con terrore che Potter non ricordasse il nome
proprio di Tiger.
“No, grazie, Vince,” rispose invece lui.
Draco lo guardò sbattendo le palpebre. “Goyle,” chiese a mo’ di prova.
“Gregory,” ribatté subito Potter.
“Nott?”
“Theodore.”
“E Zabini?”
“Blaise,” rispose Potter,
scoccandogli un sorriso trionfante.
Era la risposta giusta e, com’era ovvio, rispondeva contemporaneamente alla
domanda di come facesse a sapere tutti i nomi dei ragazzi Serpeverde,
un record che stracciava quello precedente di tre nomi e mezzo di Corvonero.
Chiaramente il fascino Veela di Zabini
aveva catturato gli occhi di Potter. Chi poteva
biasimarlo, si domandò Draco, soffocando una piccola
parte di sé ancora undicenne che avrebbe voluto che Potter
conoscesse il suo nome perché lui era speciale. Potter
era solo umano.
*
Quel lunedì Draco fu rapito da dei Babbani pazzi che volevano conoscere il segreto dei suoi
poteri.
“Ce l’ho nel sangue,” sbottò, ancora irritato con se stesso per
essersi fatto cogliere di sorpresa mentre esaminava la scena del crimine.
Il capo di quella piccola banda di Babbani accarezzò
il suo coltello, e Draco cercò a tutti i costi di non
pensare all’aspetto dell’ultima vittima.
“Siamo pronti a torturarti,” affermò l’uomo.
“Beh, questa è – una notizia terribile,” ribatté Draco.
“Uno di voi parlerà, prima o poi,” sussurrò il Babbano. “Lo so.”
Draco si disse che era un Auror
intrepido e che non avrebbe urlato, e urlò lo stesso quando il coltello si aprì
un sentiero lungo il suo costato. Si disse che non sarebbe svenuto e quando lo
gettarono in una piccola stanza sprangata mantenne quella promessa, tenendosi
stretti i lembi della ferita con una mano e prestando orecchio ai rumori nelle
altre stanze. Pensò di poter contare cinque persone oltre a lui, il che era
un’informazione utile.
Rimase disgustato nel realizzare che la sua mente era troppo annebbiata dal
dolore perché potesse pensare a un piano, e dovette arrendersi ad aspettare che
Potter arrivasse a salvarlo.
Quando udì dei passi fuori dalla porta la paura si riaccese dentro di lui quasi
al punto di inghiottirlo Era sicuro che si sarebbe messo a piangere e a
implorare, ma poi la porta cadde al suolo e Potter si
precipitò nella stanza.
“Ce ne hai messo, di tempo,” sbottò Draco.
Gli bastò un momento per pentirsi di quello che aveva detto. Sembrava che Potter non se ne fosse nemmeno reso conto. Era lì in piedi
a guardarlo, con gli occhi che setacciavano ogni centimetro di lui. Il suo
petto si alzava e si abbassava con forza e aveva un sacco di sangue sulla
maglietta: Draco non pensava che fosse sangue suo.
“Stai bene?” chiese alla fine Potter, e la sua voce
risuonò come un ringhio estraneo.
“Beh, a dir la verità sto soffrendo terribilmente, non è stato piacevole, ma –
comunque, ci sono altre cinque persone qui, ci tengo a precisarlo. Sono tutte
vive e non penso che nessuna di loro sia ferita troppo gravemente-”
Potter avanzò verso di lui con un’andatura che
sembrava inarrestabile, o almeno lasciava pensare che se qualcuno avesse
cercato di fermarlo se ne sarebbe pentito molto amaramente. L’espressione sul
suo viso face spaventare un po’ Draco – non aveva
sentito nessuna voce di bambini-
Quando urtò il bordo del letto con le ginocchia, Potter
si fermò e si inginocchiò di scatto sul pavimento, appoggiando il viso sulle
coperte. Draco fissò con cautela le sue spalle tese.
“Sì, bene,” disse Potter, ancora con quella voce
allarmante e con i pugni stretti alle lenzuola. “Ma tu - tu
- tu stai bene?”
Draco si stava tenendo chiusa una parte del petto con
la mano libera, così allungò quella incatenata e riuscì a toccare la punta dei
capelli di Potter. Le sue dita si ritrassero bagnate
di sangue.
Pensò che neanche quello fosse sangue di Potter.
“Sì,” mormorò, un po’ impaurito che la sua risposta avrebbe in qualche modo
gettato Potter oltre l’orlo del precipizio su cui si
stava tenendo in equilibrio, qualunque esso fosse.
Per un momento pensò di averlo fatto. Potter alzò lo
sguardo e la linea delle sue spalle cambiò, si contrasse come se fosse sul
punto di saltare. “Non posso,” dichiarò, e poi mise a fuoco Draco invece di fissarlo con occhi febbricitanti e la sua
voce cambiò. “Mi dispiace,” aggiunse. “Dobbiamo portarti in ospedale.”
Al San Mungo dissero che la ferita era rimasta aperta troppo a lungo e che
avrebbe lasciato una lieve cicatrice. Draco prese la
notizia abbastanza serenamente: adesso quando la gente gli avrebbe chiesto dove
si era procurato le sue cicatrici avrebbe potuto rispondere ‘sul lavoro’ e non sarebbe stata una vera e propria bugia.
Ritornò al lavoro il giorno dopo. Non appena varcò la soglia Shacklebolt lo chiamò nel suo ufficio.
“Volevo comunicarti che ormai sei il compagno del signor Potter
da un anno e il tuo periodo di prova è finito,” gli disse Shacklebolt.
“Adesso puoi scegliere un altro compagno o, che Dio ci aiuti, continuare così.”
“Penso che terrò lui,” rispose allegramente Draco.
“Che Dio ci aiuti.”
“Sono davvero scioccato,” ribatté Shacklebolt senza
alcuna inflessione nella voce, e poi esitò.
Draco non l’aveva mai visto esitare prima.
“Signor Malfoy – c’è dell’altro.” La voce di Shacklebolt aveva quasi un’inflessione. Draco
fu assalito dalla paura. “Riguarda il detenuto Lucius
Malfoy,” spiegò, e poi si fermò. “Adesso che tutti i
suoi appelli sono stati respinti, Scrimgeour ha
ritenuto opportuno emettere una sentenza definitiva. Potrebbe fare - bene al
morale del paese e temo che Scrimgeour abbia deciso
di fare di tuo padre un esempio. Ha raccomandato il Bacio dei Dissennatori.”
Draco strinse i braccioli della sedia: abbassò lo
sguardo e vide che li aveva stretti fino a farsi diventare bianche le nocche,
ma non riusciva a sentire niente.
“Presumo che ti opporrai,” riprese Shacklebolt,
continuando a suonare stranamente, terribilmente umano.
“Sì,” rispose Draco con voce roca.
“Non c’è bisogno che ti dica che sei uno dei nostri, e che quindi il
dipartimento farà tutto quello che può per aiutarti.”
“Grazie,” riuscì a rispondere Draco.
“Devo comunque chiamare il signor Potter per
informarlo della fine del suo periodo di prova,” aggiunse Shacklebolt.
“Se pensi che sarebbe più facile, potrei dirgli io-”
“No,” lo interruppe Draco. “No, lo farò io.”
Doveva farlo. Avrebbe chiesto aiuto a Potter. La sola
idea lo nauseava, ma si sentiva già nauseato e pensava che Potter
avrebbe potuto farlo stare meglio, avrebbe potuto fare quello che faceva sempre
e proteggerlo solo per un po’, finché lui non fosse stato di nuovo abbastanza
forte.
Lasciò l’ufficio di Shacklebolt e si fece una tazza
di caffè con le mani che gli tremavano. Sarebbe
andato tutto bene, si disse, controllando le mani e cercando di calmarsi. Lui e
Potter erano – amici, adesso. Avrebbero potuto
risolvere anche questo.
Sentiva ancora il bisogno di una qualche consolazione, così andò ad ascoltare
alla porta di Shacklebolt e arrivò in tempo per
sentire la risposta di Potter prima di doverlo far
sedere e dirglielo.
Si appoggiò con indifferenza contro lo stipite della porta, piegando la testa
verso l’interno, e sentì Potter che diceva: “Va bene.
Voglio un altro compagno.”
In lontananza, Draco sentì la voce cauta di Shacklebolt domandare: “Posso chiedere chi?”
“Chiunque,” rispose Potter, con voce fredda.
“Chiunque tranne lui.”
Anche Draco si sentì piuttosto freddo. Si allontanò
dalla porta: non pensava fosse rimasto molto altro da dire, là dentro, niente
che gli potesse interessare. Andò in cucina e versò il suo caffè
nel lavandino. Si sentiva la gola stretta, e le sue mani avevano ricominciato a
tremare.
Note conclusive:
ANGSSSTTTT! Io vi avevo avvertito! ç_ç