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Autore: s1mo94    14/01/2014    2 recensioni
Nicolas e Mattia sono due ragazzi normalissimi. Sono molto diversi tra loro, ma hanno una cosa in comune: sono omosessuali. Un giorno Mattia viene a conoscenza di un luogo in cui si paga per avere in cambio delle prestazioni sessuali, e decide di andarci per curiosità. Nicolas lavora proprio in quel posto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Stava facendo un bellissimo sogno quando suonò la sveglia; uno di quei sogni che sembrano realtà e fanno illudere per un istante di essere felice.
Ma il suono della sveglia lo fece scendere dal paradiso, riportandolo di colpo in quell’inferno che stava vivendo.
Nicolas era un bel ragazzo, vent’anni, capelli mori e corti, occhi verdi, carnagione leggermente scura, alto circa un metro e settantacinque con una corporatura normale: il classico ragazzo che piace. Infatti, quando andava a scuola, molte ragazze si prendevano una cotta per lui, alcune perché lo consideravano davvero il più bello della scuola, altre solo per seguire la massa. Lui però, aveva occhi solo per una persona: Christian, un ragazzo di un anno più piccolo che aveva conosciuto ad una fermata dell’autobus: leggermente più basso di lui, occhi azzurri, capelli biondi. Fu un colpo di fulmine. Restarono insieme per tre anni (tempo per entrambi di diplomarsi), finché Nicolas non scoprì che Christian lo aveva tradito con un uomo di quasi quarant’anni. Così iniziò un bruttissimo periodo per lui: il fratello Francesco, di cinque anni più grande, uno dei suoi pochi punti di riferimento, partì per l’America dove trovò lavoro e moglie. Inoltre, i suoi genitori morirono in un brutto incidente stradale a causa di un ubriaco che correva a folle velocità su una strada dove il limite era di cinquanta Km/h.
Nicolas viveva così: in un appartamento di cinquanta mq. nel centro di Roma con un salotto, un angolo cottura, un bagno e due camere; era la casa dei suoi genitori, che lui e suo fratello ereditarono automaticamente dopo la loro morte.
Tra smog e traffico, dove la vita scorre attimo dopo attimo, con la gente che sembra andare sempre così di corsa, lui si chiedeva spesso perché bisogna avere così tanta fretta, alla fine basta risparmiare qualche minuto al giorno per vivere più tranquilli; ma la pigrizia ci fa stare quel minuto in più a letto che poi si fa risentire per tutta la giornata, facendoci correre di qua e di là.
Lui era una di queste persone ma, a differenza degli altri, Nicolas non andava di corsa, lui in realtà cercava sempre di ritardare anche se poi arrivava sempre puntuale. Quella mattina non aveva voglia di mangiare, bevve un po’ di latte e caffè e ascoltò distrattamente qualche canzone alla radio; erano le otto in punto, fuori faceva freddo e c’era un temporale; a lui piaceva quando pioveva: si sentiva a suo agio.
 
Prima di andare a lavoro (se così si può definire) diede il cibo ai suoi pesci e controllò la temperatura dell’acqua. Aveva sempre adorato il mondo marino e aveva un bellissimo acquario; era difficile da gestire, ma ci metteva tutta la passione. Alcune volte si metteva ore intere a fissare nuotare i pesci mentre si perdeva nei suoi pensieri.
Uscì di casa, prese la macchina e si diresse verso il suo luogo di lavoro. Andò nella sua stanza, la numero cinque; non aveva un significato particolare, gliel’avevano assegnata e lui l’aveva presa senza troppi problemi.
Erano le nove e trenta quando squillò il telefono nella stanza; lui rispose e lo avvisarono che stava salendo un uomo sulla cinquantina; neanche fecero in tempo a finire la frase che bussarono alla porta; andò ad aprire e vide un tizio con i capelli brizzolati corti, occhi neri e vuoti, viso leggermente rovinato dai segni del tempo e dalle esperienze; ed era lì, in quella stanza, perché voleva del sesso, e Nicolas doveva accontentarlo, era questo il suo lavoro. L’uomo iniziò a parlare facendo dei complimenti al ragazzo sul suo corpo e sulla sua bellezza, però lui lo bloccò subito e gli disse che aveva pagato solo per mezz’ora, quindi era meglio non perdere tempo in chiacchiere. Iniziò a spogliarlo e l’uomo fece lo stesso, poi Nicolas chiese:
- Sei attivo o passivo?
- Sono versatile, ma se mi fai scegliere preferisco essere passivo.
- Perfetto. Posso usare il preservativo? Sai vorrei evitare di prendermi qualche malattia. Non lo uso solo con te, è meglio non fidarsi.
Chiedeva ad ogni persona di usarlo, e tutti gli dicevano più o meno le stesse parole di quell’uomo: - Certo, fai come vuoi.
Così cominciò a soddisfare le sue voglie. Mentre facevano sesso, Nicolas chiuse gli occhi e pensava a Christian. Poi ad un tratto vennero tutti e due, e Nicolas, riaprendo gli occhi, realizzò che quello che era sotto di lui non era Christian, ma semplicemente un altro dei tanti uomini che andavano lì. Gli succedeva quasi sempre di pensare al suo ex ragazzo mentre era nel pieno di un altro rapporto.
L’orologio appeso alla parete segnava le dieci, dunque la mezz’ora era scaduta. L’uomo, mentre si rivestiva, esordì:
- Sai ragazzino, ci sai proprio fare. Però una cosa mi suona strana - disse con fare sospettoso - perché ripetevi in continuazione “Christian, Christian…”
Nicolas scattò come se quell’uomo avesse bestemmiato: - Fatti gli affari tuoi ed esci immediatamente da questa stanza.
- Va bene va bene, non ti scaldare troppo, me ne vado subito.
Disse l’uomo, abbastanza infastidito. Poi se ne andò sbattendo la porta.
Nicolas si era già stancato di stare in quella stanza, così decise di prendersi la giornata libera. In quel luogo funzionava così: sceglieva lui in quali giorni andare e quante ore stare, inoltre era aperto ventiquattr’ore su ventiquattro, e poteva scegliere di lavorare anche di notte. Le uniche cose che dovevano essere fatte erano registrare la sua presenza e coprire le 35 ore settimanali per essere retribuito. Non prendeva molto, circa novecento euro al mese, ma gli bastavano per vivere in modo tranquillo.
Decise di tornare a casa.
C’era sempre tanto traffico per le strade; fortunatamente abitava a soli quattro chilometri da dove lavorava, così non si innervosiva mai troppo mentre era alla guida.
Una volta arrivato a casa si sdraiò un po’ sul letto con il suo mp3. Scorrendo le tracce arrivò al brano “Wherever you will go” e lo ascoltò. Era un brano che gli faceva male, ma non poteva fare a meno di ascoltarla: era la canzone che Christian gli aveva dedicato, era la loro canzone; per questo non riusciva mai a trattenere le lacrime mentre la ascoltava.
Dopo una ventina di minuti, smise di ascoltare la musica, mise la pentola sul fuoco per cucinare la pasta e intanto accese la tv, che diceva sempre le solite cose: politica, cronaca, spettacolo, gossip…Mangiò un po’ di pasta e, nel pomeriggio, decise di andare a fare la spesa. Tornato a casa pensò di tornare a lavoro dato che non aveva niente da fare ma quel giorno proprio non aveva voglia. Inoltre era lunedì quindi aveva tutta la settimana per coprire le ore di lavoro. Restò a casa a guardare la pioggia, i suoi pesci nell’acquario e a disegnare; era una sua grande passione quella del disegno: mentre faceva scorrere la matita sentiva come se tutti i suoi pensieri svanissero e confluissero in quel foglio, dove creava delle vere e proprie opere d’arte. Nessuno sapeva di questa sua passione, neanche Francesco, era una cosa totalmente sua e i disegni li conservava tutti, non ne buttava via neanche uno. Poteva fare strada nel disegno, ma non gli interessava, voleva solo avere qualcosa di intimo e personale su cui poter liberare la propria anima; e il disegno glielo permetteva. Non aveva amici, si erano tutti allontanati una volta finita la scuola e ognuno aveva preso la sua strada. Una volta morti i genitori lui e suo fratello continuarono a vivere in quella casa, finché Francesco partì, lasciando Nicolas solo.
Lui poteva andare con il fratello, ma decise di restare a Roma. Facendo un giro lì intorno si accorse che esisteva una sorta di “casa per omosessuali” dove in cambio di soldi si offrivano prestazioni sessuali. Si interessò, e decise di provare ad entrare, ma, appena varcata la soglia, ci ripensò e decise di tornare indietro. Il proprietario però lo vide e lo fermò, gli disse che li avevano bisogno di un ragazzo bello come lui, e gli offrì questo lavoro. Nicolas, disperato e senza più niente da perdere, accettò, e il proprietario gli spiegò per filo e per segno tutto ciò che c’era da spiegare.
 
Lentamente si fece sera, si preparò una cena leggera e poi accese il pc sperando di trovare suo fratello in webcam, l’unica persona con cui parlava e su cui poteva contare.
Lo chiamò e dopo un bel po’ di minuti, quando Nicolas stava per staccare, rispose: - Ciao bello, come stai?
Bella domanda. Come stava? Non lo sapeva neanche lui a dire il vero; alla fine rispose nel modo più banale possibile: - Tutto ok, tu?
- Idem.
- Pensavo che non mi rispondessi, avevi il turno di pomeriggio oggi?
- No, oggi ho il giorno libero.
I due fratelli si somigliavano molto, una delle poche differenze era che Francesco aveva gli occhi marroni e i capelli un po’ più lunghi; per il resto erano molto simili. Il fratello maggiore riprese la conversazione: - Ehi fratellino, sei sicuro che vada tutto bene? Ti vedo un po’ giù di corda.
Nicolas non voleva appesantirlo con i suoi pensieri: - Certo, solo che ho un po’ di mal di testa.
Lui con tono di ammonimento: - Nicolas, ti conosco da quando eri ancora attaccato al cordone ombelicale di mamma, pensi di potermi mentire?
- Fidati, va tutto alla grande.
Francesco si arrese: - Va bene. Senti, qui all’hotel ci sarebbe bisogno di un cameriere; ho detto al direttore che ti avrei chiesto se volevi venire, hai fatto la  scuola alberghiera anche tu e mi sembrava giusto dirglielo.
- No non se ne parla, digli che non sono disponibile.
- Ma perché scusami?
- Ci sono un sacco di motivi Frà.
- Tipo?
- Tipo che non so l’inglese alla perfezione, e poi non mi piace fare il cameriere.
- La lingua la parli e anche bene, e poi questo è sicuramente meglio del lavoro che fai.
- A me piace il mio lavoro.
Il fratello maggiore fece una risata sarcastica poi continuò a parlare: - Per favore smettila.
- E va bene non sarà il migliore dei lavori ma bisogna pur fare qualcosa per sopravvivere.
- Appunto, vieni qui - si stava alterando - come fai a dire che ti piace il tuo lavoro? Ti piace fare la puttana? Sei un ragazzo splendido e hai tutta la vita davanti, perché devi buttarti via così? Dai vieni a New York, vedrai che ti troverai bene con me e Jennifer.
Era tentato di mollare la vita da schifo che faceva e dire di sì al fratello, ma aveva paura di disturbare e non se la sentiva: - Ti ho detto che sto bene Frà, basta non insistere, ti prego.
Lui con voce triste: - È che mi dispiace per te, da quando Christian ti ha tradito stai sempre peggio e non puoi negarlo, te lo si legge chiaro negli occhi. Io vorrei una nuova vita per te, non meriti di stare così.
- La mia vita è finita quando lui ha preferito quel vecchio bastardo a me.
- Basta, la devi dimenticare questa storia, è un anno che ci stai male. È il passato, e per quanto lui può essere stato importante per te, non puoi smettere di vivere
- Io sto bene così.
Mentiva costantemente su questo, sia al fratello che a se stesso.
- Non so più cosa devo fare con te, hai perso completamente la speranza.
- Sperare significa illudersi, illudersi vuol dire stare male e io mi sono stancato; meglio vivere in questo modo.
Francesco era sul punto di piangere; era sempre stato tanto attaccato a suo fratello e non poteva stare bene se lui stava male: - Mi manchi tanto - gli disse - ecco perché voglio che vieni a vivere qui con me.
Nicolas rispose in modo aggressivo: - Te ne sei andato via nel momento in cui avevo più bisogno di te, mi hai lasciato da solo in questo schifo, sei stato un bastardo.
Francesco si giustificò: - Fermati un momento, io ho provato in tutti i modi a convincerti a venire con me, ma tu non ne hai voluto sapere, sei stato capace solo a fare il ragazzino offeso. Volevo continuare a vivere e l’ho fatto a differenza tua che vivi nel ricordo. Non sei l’unico ad aver perso qualcuno di importante. Sei un fallito, ecco cosa sei.
Poi ci fu un momento di silenzio. Nicolas voleva piangere, strillare, sfogarsi, ma riuscì a dire una sola cosa: - Scusami.
Francesco si pentì di tutto ciò che aveva detto: - No scusami tu, davvero, non le pensavo quelle cose.
- Non pensiamoci più dai, non importa. Come stanno Jennifer e Kevin?
- Stanno molto bene, Kevin piange e dormiamo poco ma è un angelo, tutto suo zio.
- Ma smettila non sono mica un angelo. Ascolta, tra venti giorni è Natale, venite da me tu e Jennifer? Così finalmente vedo anche il mio nipotino. Sempre se puoi prenderti le ferie, il lavoro che fai impone di lavorare il doppio quando è festa.
Francesco sorrise e dopo un po’ rispose: - Veramente volevamo farti una sorpresa, ma visto che ci hai invitato ti confermo che ci saremo. Le ferie posso prendermele tanto a Natale i receptionist ci sono. Non possiamo fermarci tanto perché poi a capodanno dovrò lavorare, ma il 24, il 25 e il 26 verremo, Kevin non vede l’ora di vederti.
Nicolas un po’ stupito disse: - Ma come fai a saperlo? Ha solo 3 mesi.
- Ma io lo so quello che pensa.
Risero entrambi, poi si salutarono: - Frà ora vado, ci sentiamo presto, ti voglio bene.
- Si va bene a presto, ti voglio bene anch’io.
Nicolas spense il computer e si sdraiò sul letto. Parlare con suo fratello gli faceva sempre bene, era l’unica sua ragione di vita ormai. Pensò a quelle cose che gli aveva detto, al fatto che era un fallito e un ragazzino; forse era così, ma non ci pensò molto. La sua mente andò altrove, e i suoi pensieri si confusero con i mille rumori della città ancora in piena vita come se fosse metà mattinata, invece erano le ventitré e trenta.
Con il passare dei minuti i rumori si affievolirono, e Nicolas scivolò nel sonno.
  
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