Little Lion Man
Love that will not betray you,
dismay
or
enslave you,
It
will set you
free.
Be more
like the man
you were made to be.
«Sei
tornato.»
Jaime sorrise, tastandosi il
moncherino.
«Ormai avevi perso le speranze, non è
vero?»
Quel posto era esattamente come lo
aveva
lasciato: c’erano le pareti di pietra, gli arazzi rosso e
oro, c’era il mare
oltre le finestre. C’era una brocca con del vino rosso sul
tavolo, c’era una
fruttiera di vetro colma di uva spina e mandarini di Pentos,
c’erano carte e documenti
sparsi sulla scrivania. E c’era una donna bionda seduta sul
divano, con gli
occhi così belli da valere la pena di combattere tutte le
guerre del mondo.
Brienne si alzò, cinta
da un paio di
pantaloni scuri e un giacchetto di cuoio, e Jaime la trovò
meravigliosa come se
indossasse gli abiti della seta più pregiata del continente.
Si alzò e lo
raggiunse, cingendolo in un abbraccio che lo fece finalmente
ringraziare di
essere tornato a casa, di aver superato anche quell’ennesima
battaglia.
«Le nostre truppe erano
rientrate prima»
disse Brienne, scuotendo la testa e vomitando le parole che
l’avevano assillata
per giorni. «Voi eravate scomparsi, io non sapevo…
Non avevo idea di cosa…
Continuava a chiedermi perché non tornavi, perché…»
«Brienne.»
Jaime le posò una mano sulla
spalla e avvertì il suo corpo tremare a quel tocco.
Nonostante le sue braccia
lo cingessero ancora, nonostante i loro volti fossero così
vicini, Brienne
rabbrividì solo quando le dita di Jaime incontrarono la sua
spalla. Come se in
quel momento si fosse resa conto che era davvero
ancora vivo. «Ci stavamo nascondendo, ho ritenuto
più prudente non inviare
corvi.»
«Hai fatto bene,
però…»
«Ti ho fatta agitare
così tanto, donzella?»
Sperava che chiamarla in quella
maniera
che lei tanto detestava l’avrebbe indignata a tal punto da
calmarla, e così fu.
Brienne storse il naso e si allontanò leggermente da lui,
dandogli un paio di imbarazzate
pacche sulla schiena.
«Dovresti lavarti, Jaime.
E passare a
salutare Tyrion, ti aspettava.»
«Mi spiace deluderti, ma
sei la mia
seconda tappa.»
Alle spalle di Jaime risuonarono
dei
rapidi passi, accompagnati da una voce affannata che urlava:
«Guarda, mamma, guarda!
Sono un leone, ROOOOOAR!»
Tyrion indossava una cappa
gigantesca per lui,
dei colori dei Lannister e di Tarth, e sul petto aveva
l’emblema della casata
del padre; gli occhi, però, erano di un blu così
intenso che Jaime si ritrovò a
pensare di nuovo che sì, per quegli occhi valeva la pena di
rischiare la vita
in ogni fottuta battaglia.
Accarezzò i ricci biondi
del bambino,
che si illuminò e sollevò le braccia verso il
padre. Jaime ridacchiò e lo
afferrò, girando su se stesso per farlo volare in aria.
Scambiò uno sguardo
fugace con Brienne, la vide sorridere in quel modo genuino che
l’aveva fatto
innamorare: non c’erano complotti dietro quelle labbra, non
c’erano guerre da vincere
e regni da conquistare: era l’amore a farla sorridere.
E, in quegli ultimi anni,
sorrideva così
spesso da convincere Jaime che era finalmente diventato
l’uomo che era nato per
essere.
Happy WenchSlayer Day!
Piccola flash scritta perché a Roxar era piaciuta l'idea di un piccolo Jaime che correva incontro a una piccola Brienne, gridando le parole che qui ho messo in bocca a suo figlio. Ehm, sorry, Rox, ho leggermente barato, ma spero ti piaccia lo stesso!
Il titolo riprende quello di una canzone dei Mumford & Sons (che ho scoperto calmarmi parecchio mentre scrivo) e anche la citazione iniziale appartiene a loro, precisamente a Sigh no more.
Non chiedetemi perché abbia chiamato Tyrion il "cucciolo di WenchSlayer", credo che non ci sia bisogno di spiegarlo. Mi sembrava il solo nome che Jaime potesse dare a suo figlio (e alla fine l'ho spiegato, accidenti!).
Spero che la lettura sia stata di vostro gradimento e di aver convertito quanta più gente possibile alla WenchSlayer!
Medusa, a Lannister