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Autore: ToscaSam    15/01/2014    1 recensioni
Una comparazione anacronistica fra la Silvia cantata da Giacomo Leopardi e una ipotetica Silvia contemporanea. Una riflessione sulla brevità della vita e la vanità della giovinezza. Un famoso anonimato e un'anonima fama si spalleggiano per giocare al meglio il loro tempo mortale. Chi vincerà la vita?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Abbiamo perso la bellezza degli attimi. Cos’è un attimo? È un istante che non si può nemmeno toccare, nemmeno immaginare, da quanto esile e breve. Eppure la potenza di un attimo spacca più del cannone e rimbomba echi profondi negli abissi del nostro cuore.
 
Silvia, rimembri ancora,
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
 
Una giovane siede sulla finestra della sua umile casa. Non sa di essere osservata.
Non sa che la sua presenza, lì, in quel momento sarà un marchio infuocato nell’animo di qualcuno.
Si, rimembra, Silvia.
Rimembra molto bene quei pomeriggi passati a cucire nella sua stanza.
Una vita mortale? Una vita come tutte, semplice e modestamente felice.
Lei non sa che qualcuno la sta osservando, non sa di essere ammirata. Non sa di essere bella per qualcuno né tantomeno sa che i suoi occhi hanno quel singolare sorriso luminoso, che si accende sotto il sole delle belle giornate.
È timida, Silvia, se sapesse che qualcuno la pensa e la osserva, ritirerebbe subito lo sguardo.
… ridenti e fuggitivi …
Che c’è da temere, Silvia?
Tu sei lieta e pensosa: la tua vita scorre nella pacifica normalità.
Sei una giovane giudiziosa, buona, aspetti con pazienza tutto quello che il futuro avrà da offrirti.
Non sai che l’amore ti renderà immortale, tu, unica per sempre nella storia dell’umanità.
 
Oggi Silvia è lì: in camera sua. Distesa sul suo letto con un telefono in mano.
È stata in bagno a ripassare l’eye-liner e si è lanciata sguardi seducenti.
occhi bramosi e attenti, Silvia.
Rimembri?
Certo che rimembra, Silvia: i suoi occhi sono la traduzione del suo desiderio. Lei vuole essere vista.
Silvia guarda alla finestra aperta sul computer e vede che la foto che si è appena fatta ha ottenuto molto successo.
Ben quindici “mi piace” in meno di un quarto d’ora che la foto è in rete, bel colpo, pensa.
Non è possibile che non ci sia nessuno a guardarti, Silvia.
È ovvio che tutti ti guarderanno: si poseranno su di te sia gli occhi degli uomini che vuoi sedurre, sia quelli delle ragazze gelose, sia quelli dei moralisti che penseranno che sei una ragazzina ‘facile’.
Contenta e meditabonda.
 
C’è chi non sa di esser vista e chi vuol farsi vedere. Chi pensa alla propria vita come al flebile volo di una farfalla, effimero e passeggero, anonimo e ripetibile, e chi invece vuol essere qualcuno che tutti ricorderanno. Quanti volti da non dimenticare, oggi, cara Silvia. Tutte sono come te: felici di arrampicare la scala della gioventù, belle, così belle da doversi mostrare al mondo.
Ma il mondo non si potrà ricordare di tutte quelle come te, Silvia cara!
 
Sonavan le quiete
stanze, e le vie d'intorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
 
L’attimo è sacro; la tranquillità , un rituale.
Non ci pensavi molto, tu giovane Silvia: per te non era necessario riflettere poi, più di tanto, sulla vita perché sapevi bene che è una cosa normale e bella. Non avevi perso il sapore della normalità.
Nel tuo famoso anonimato tu, tenerella, cantavi indisturbata e cucivi quel che avevi da rammendare. Che c’è di meglio da fare in un bel maggio profumato?
L’odore della campagna alla finestra ti metteva il buonumore e tu, da maestra di vita silenziosa qual eri, ti dilettavi nei  tuoi più lieti passatempi.
Eri contenta di te stessa e di quelle tue speranze nemmeno troppo nitide che affollavano la tua testa: una vita come si poteva prevedere? Felice; avresti sposato un uomo che sarebbe stato la tua felicità. Avresti avuto bambini. Saresti invecchiata fra le braccia dei tuoi figli, con i tuoi nipoti sulle ginocchia e avresti sentito il buon odore dell’amore ogni giorno sulla porta della tua casa.
Era questo il vago avvenir che ti immaginavi, quando i tuoi pensieri si appoggiavano casualmente sul futuro.
 
Silvia, perché stai ballando in lingerie davanti a una webcam? Non è una bella cosa da fare.
Lo so, vuoi essere ricordata in eterno, ma la tua anonima fama non ti servirà a nulla.
Hai bene in mente quello che vuoi dalla vita, vero Silvia? Soldi, fama, sesso e magari una famiglia, per aggiungere quel pizzico di felicità in più.
E come trovare l’uomo giusto? Metti in mostra la mercanzia. No, non è per l’uomo giusto. Non è nemmeno per quello. È soltanto il desiderio di essere al centro dell’attenzione, almeno per qualche secondo, del maggior numero di persone possibile.
Pensa a quel che fai, Silvia. Goditi gli attimi della giovinezza, non gettarli. Fai quello che nessuno fa: sii te stessa e non quella che il pubblico vuole.
 
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
 
Ma tu, allora, autentica Silvia? Che fine hai fatto? Dove sei finita? Perché questo velo di amarezza nella tua poesia?
Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore.

 
Moristi, povera Silvia, come muore un fiore: strappato dalle mani di qualche bimbo che ti vide il più bello.
La natura crudele e gelosa di averti creato, ti riprese. E tu, semplice e buona fanciulla, te ne sei andata nel freddo grembo della madre che tutti crea.
Non cantavi più, non ti innamoravi più, non sorridevi più e non ti vedevi più crescere in quel semplice e vago avvenir che in mente avevi.
Ma non disperare, o creaturina spezzata: qualcuno ti ha amato in silenzio, così come silenziosa è stata la tua vita. Con semplici parole sei stata eletta fra gli immortali .
Qualcuno ti ha udita, ti ha vista. Qualcuno ha pensato: “ti amo!” e l’ha gridato al mondo in silenzio.
Poesia.
Come poesia è stata la tua semplice vita.
Dal nulla hai raggiunto il tutto.
Senza chiedere.
Un soffio.
Un attimo.
 
E adesso che hai quarant’anni, che fai, Silvia?
Ripensi al tempo della tua vita passata, quando beltà splendea negli occhi tuoi. Ma quel tempo, ora, non è più. L’hai sprecato a voler essere un albero senza piantarti nemmeno una radice.
Il silenzio ha vinto sul rumore.
Chi ha vissuto con coerenza ha saputo arrangiarsi. Non è giusto, vero? Eri così promettente ….
Ma le promesse non valgono nulla. Ti eri promessa una vita gloriosa, desiderando la fama grazie alle tue qualità manifeste. Hai trascurato la tua felicità, non ti sei ascoltata.
E ora che farai?
Non puoi certo farti foto e metterle in rete, ancora a caccia di apprezzamenti.
Non puoi certo ballare in lingerie davanti a una webcam immaginandoti di farlo, un giorno, davanti a una telecamera…
Il tuo tempo è scaduto, Silvia.
Tanti ti hanno percepita, nessuno ti ha fermata.
Dov’è l’amore?
È tutto passato.
Non c’è più niente.
È stato tutto così veloce: bellezza, gioventù, successo …
Un attimo.
  
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