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Autore: GainaBuba    15/01/2014    0 recensioni
Madison Holland cresce in una famiglia piena di regole e con la sola paura di mostrarsi per quella che è.
All'età di 18 anni decide di scappare di casa, senza avere ancora una meta precisa.
Come la prenderanno i suoi genitori e le sue sorelle?
La sua famiglia che sembra così tanto perfetta riuscirà a non far cadere quell'equilibrio che erano riusciti a trovare?
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-I-
 
“E se ti dicessi che ho fatto tutto questo per te?”
Quella figura, quella sagoma nera senza volto, senza identità, era immobile davanti a lei. Non fece nessun passo, nessun movimento. Non si avvicinò alla donna che credeva di amare così profondamente da volerla proteggere a qualsiasi costo.
La voce profonda di quella sagoma rivelò subito l’identità alla sua amata, lei sapeva chi si celava nel buio davanti a se.

Un tonfo ruppe il silenzio che improvvisamente era calato su di loro. Un tonfo che mise fine a tutto.
 
-II-
Chicago, 16 giugno 2000
“Madison, tuo padre stamattina ti ha iscritta al college e frequenterai i corsi di medicina. Diventerai proprio come lui”.
Le parole di Janice Holland caddero su Madison  producendo soltanto dolore e rabbia.
Per Madison non era mai stato facile vivere con la sua famiglia. Da piccola veniva educata secondo le regole del Galateo, che sua madre sapeva ormai a memoria. Lei non era così, era un maschiaccio che preferiva rotolarsi nel fango piuttosto di prendere il thè alle cinque con le sue sorelle che invece erano lo stampo perfetto di Janice.
Aveva frequentato le scuole più prestigiose della città, rigorosamente private, dove solo una certa tipologia di ceto sociale poteva entrarvi.
Si, perché per la sua famiglia i soldi erano tutto e l’idea di condividere anche solo un pasto con una famiglia di ceto basso li disgustava.
Ma mai si erano resi conto che Madison li odiava. Suo padre non era mai a casa ma concentrava la sua vita sul lavoro. Era un medico di fama, un neurochirurgo. Non aveva mai avuto l’istinto di crescere le sue figlie, di educarle e di far sentir loro la presenza che solo un padre poteva.
Lasciò a sua moglie il compito di crescere le loro figlie. Con Patricia e Cameron ci era riuscita ma non con Madison che all’età di sette anni aveva già effettuato la sua prima evasione di casa alle tre di notte.
Aveva sempre dato problemi a quella famiglia che al di fuori sembrava perfetta ma che in verità aveva mille crepe che prima o poi avrebbero fatto rompere quell’equilibrio che erano riusciti a stabilire.
Era il 16 giugno del 2000 quando Janice diede quella notizia a Madison. Suo padre dopo aver passato i diciotto anni della sua vita a non interessarsi minimamente di lei aveva deciso di iscriverla al College senza sapere quali fossero le sue passioni e i suoi interessi.
Madison non avrebbe mai accettato di diventare un dottore come lui, non voleva essere famosa per qualcosa che non desiderava. Lei voleva si aiutare le persone ma non in quel modo.
Quel giorno rimase tutto il tempo chiusa nella sua camera, assecondando in parte i desideri dei loro genitori. Madison iniziò a preparare le valigie come se dovesse partire realmente per il college. Ma lei aveva già preparato il suo piano di fuga e non aspettava altro che il momento migliore per intraprenderlo.
Aveva intenzione di andare in aeroporto e prendere il primo volo internazionale che sarebbe comparso sul tabellone, lasciando ai suoi genitori soltanto una lettera.

Quando Madison guardò l’orologio erano ormai le otto di sera, l’ora in cui suo padre Alfred tornava solitamente. Non era mai in ritardo e anche quel giorno arrivò puntuale. Salutò Janice che stava sfornando l’arrosto, salutò Patricia e Cameron che erano già sedute a tavola composte.
Madison ovviamente era ancora nella sua camera, che stava completando la lettera piena di odio che avrebbe lasciato sul tavolo della cucina la notte stessa.
Alle otto e cinque scese le scale, trovando suo padre con le braccia appoggiate al tavolo e l’arrosto fumante nel piatto.
Madison sorrise, sedendosi a tavola, di fronte alle sue sorelle come di consueto.
Anche la sistemazione dei posti a tavola non la faceva sentire parte della famiglia: i genitori posti agli  antipodi del tavolo, le due sorelle poste davanti a lei come se tutti  e quattro dovessero giudicarla. Ma era quello che facevano ormai da diciotto anni.

“Lo sai che i ritardatari non mi piacciono”

La voce di suo padre interruppe quel solito silenzio che per Madison era invece pura follia.

“Non succederà più”

Madison parlò quasi senza voce, tanto era spaventata dal padre.

“Domani mattina ti porterò a visitare il college. Spero che tua madre ti abbia avvisata che ti ho iscritta giusto stamani. Diventerai proprio come me, tutti ti conosceranno per la tua bravura nella medicina sperando che la tua sfacciataggine e la tua maleducazione non influiscano nella tua formazione”
Madison strinse leggermente la mano con cui teneva la forchetta, imprigionando nella sua gola quelle parole che si sarebbero scagliate contro quell’uomo, ferendolo nel profondo

No, non succederà”
Quelle furono le ultime parole che uscirono dalla sua bocca fino alla fine del pasto, mentre le sue sorelle invece raccontavano quanto fosse stato bello andare a scegliere le tende nuove con la madre.
Non appena tutti ebbero finito di mangiare, Madison corse nella sua camera e si mise subito nel suo enorme letto cercando di dormire un po prima della grande fuga.
Quando chiuse gli occhi erano le dieci di sera e quando li riaprì erano le due di notte.
“L’orario perfetto per scappare” – pensò.
Si era addormentata vestita, per non perdere tempo, così prese la sua valigia, la sua borsa e un cappotto leggero dove in una tasca aveva già inserito la lettera per i suoi genitori.
Non fece alcun rumore, camminava con molta cautela, imitando i passi dei felini. Dopo aver appoggiato la lettera sul tavolo della cucina si guardò in giro, lasciando che i suoi occhi vedessero per l’ultima volta la casa in cui era cresciuta, perché Madison non sarebbe mai più tornata indietro. Mentre usciva di casa una lacrima le rigò il volto, ma non si lasciò abbattere dalle sensazioni che stava provando, andò fino infondo e varcò la soglia di casa, camminando velocemente fino alla prima stazione dei pullman che l’avrebbe accompagnata all’aeroporto.
 
-III-
Chicago, 17 giugno 2000
Alfred Holland si svegliò come ogni mattina alle 7, dopo aver sentito il profumo del caffè e dei pancake riempire la casa.
Quella mattina però quei profumi mancavano e al posto del rumore delle pentole e delle tazze, delle risate delle sue figlie, c’era un gran silenzio che sembrava essere più rumoroso di qualsiasi altra cosa.
Dopo aver indossato la sua vestaglia blu, Alfred scese le scale con estrema calma come se quello che stava succedendo in casa sua non gli importasse veramente.
Lui era sempre stato così, Alfred sembrava non provare sentimenti di nessun tipo. Ne gioia, ne dolore, ne paura ne felicità. Ma soprattutto sembrava non sapere il significato della parola amore.
Quello che gli riusciva bene, però, era rassicurare le persone visto il suo lavoro. Dare speranza a qualcuno era il suo mestiere, per questo Janice continuava a stare al fianco di quell’uomo.
Quando Alfred arrivò in cucina vide sua moglie seduta sulla sua sedia, tra le mani un foglio bianco che fissava come se fosse la sola cosa che avesse al mondo.
Alfred si avvicinò a lei e prese quella lettera, senza dire una sola parola fino a quando non iniziò a leggere ad alta voce quello che vi era scritto:

Non inizierò questa lettera usando un consueto cari mamma, papà e sorelle perché mi sono imposta di essere sincera con voi.  Ieri pomeriggio ho preparato la valigia per andarmene di casa. Ho programmato un viaggio di sola andata ormai da più di un mese e dopo aver saputo dell’iscrizione al college ho capito che ormai era giunta l’ora di lasciare la casa in cui sono cresciuta ma che non ho mai sentito mia.
Si, ieri sera è stata una specie di ultima cena perché non tornerò più a casa, non tornerò più da voi. Un’ottima cena, vero papà? Tu che mi rinfacci il mio modo di essere, la mia presunta maleducazione. E tu, mamma, che come al solito non dici nulla ma cerchi di concentrare il tuo discorso sul tuo arrosto troppo secco mentre Patricia e Cameron non fanno altro che giudicarmi per come sono, per come non sono cresciuta come loro. Ho vissuto la mia vita stando alle vostre regole, seguendo le regole del Galateo, andando a letto subito dopo cena perché il Mondo è troppo pericoloso per una ragazza. Ho detto “no” a troppe cose, a troppi amici, a troppi amori perché papà è una persona prestigiosa e quindi non potevo rovinare il nome della famiglia. Ma non potevo più vivere in questo modo, non potevo stare a guardare la mia vita naufragare insieme a voi. Non avrei mai voluto arrivare a questo punto ma mi sono sentita costretta. Non vi dirò dove sono andata, non vi dirò nulla perché voglio iniziare una nuova vita e in questa vita non c’è posto per chi intende ostacolarmi o dirmi che cosa fare. Mi dispiace deludervi, mi dispiace per voi di non essere come le mie sorelle. Ma non mi dispiacerò mai di essere andata via per vivere la vita che ho sempre voluto. Sicuramente non avete idea di che vita avrei voluto per  me, vero? No, perché non vi siete mai fermati a chiedermi che cosa volessi veramente. Tu, papà, non sai nemmeno quale sia il mio colore preferito, non sai quale sia il gruppo musicale che adoro ascoltare. Figuriamoci se sai che sogni tenevo nel cassetto. Mamma, invece, eri così preoccupata a farmi sembrare perfetta che non ti rendevi conto che quello che mi facevi fare mi pesava così tanto da farmi piangere ogni notte.
Ma ora non ha più importanza perché sto uscendo dalle vostre vite, per sempre.
Addio.
Madison”.


La voce di Alfred non subì alcuna variazione mentre leggeva quella lettera.  Sentì dei passi arrivare dalle scale e quando si voltò vide Patricia e Cameron, entrambe particolarmente colpite da quelle parole.
Quando Alfred le vide piangere in quel modo portò subito lo sguardo su quella lettera, stringendola tra le mani.

Rosso, il suo colore preferito è il rosso. La sua band preferita sono gli U2 e il suo sogno più grande è quello di diventare una psicologa”.
A quelle parole Janice scoppiò in lacrime, come se quelle consapevolezze del marito l’avessero distrutta.  Guardò il marito, alzando leggermente il capo per via della sua altezza. Gli occhi di lui erano limpidi, quasi privi di empatia,  chiari come il cielo d’estate. 
Alfred sembrava non sapere nulla delle sue figlie ma a quanto pare sapeva molto.
Piegò la lettera in due e la posò sul tavolo accanto alla mano di sua moglie, che strinse con la sua come se volesse darle conforto.  Fissò per qualche secondo la foto di famiglia, incorniciata con una cornice color oro. Ma non si lasciò prendere dalle emozioni che stavano esplodendo dentro di lui. No. Come sempre  Alfred lasciò che le emozioni rimanessero dentro di lui. Camminò lentamente verso la scala che portava al piano superiore e quando si ritrovò di fianco alle sue figlie le guardò per qualche istante, ne aveva appena persa una ma rimanevano le sue amate Patricia e Cameron, quelle figlie che mai lo avrebbero abbandonato, che avrebbero seguito le sue orme. Lasciò loro un bacio sulla fronte e tornò nella sua camera, mettendosi il suo solito completo per andare in ospedale.

“Madison è partita stamattina per un viaggio, prima di iniziare il College. Sai come sono i ragazzi, vogliono godersi a pieno il tempo libero rimasto”
Alfred ripeté quelle parole fissando lo specchio alto dell’armadio, come se stesse cercando un modo per coprire la fuga della figlia.
Janice entrò in camera in quel momento, e sentendo quelle parole scosse il capo, andando a sistemare la cravatta al marito.

“Dovremmo cercarla. Non voglio perdere una figlia. Cosa direbbero gli altri di noi? Ci vedrebbero come tutte le altre famiglie. Non possiamo permettercelo”

Alfred appoggiò le grandi mani sulle spalle della moglie e guardò i suoi occhi chiari, accarezzando i lunghi capelli castani, baciando la sua fronte.
“Madison è partita stamattina per un viaggio, prima di iniziare il College. Sai come sono i ragazzi, vogliono godersi il tempo libero rimasto a pieno”
Usò quella scusa anche con la moglie, lo disse con una calma e con la voce così pulita che Janice per poco non credette che fosse la verità. Ma lei sapeva che non era così, sapeva che Madison non sarebbe mai più tornata. Anche Alfred lo sapeva ma lui aveva tanta speranza dentro di se.
Con la stessa calma Alfred lasciò la moglie in quella camera, diretto in ospedale. Quel giorno oltre alla solita maschera che doveva indossare con i suoi pazienti avrebbe dovuto indossarne una seconda per i suoi colleghi, per nascondere quella vergogna che la sua famiglia aveva appena subito.
“Madison è partita stamattina per un viaggio, prima di iniziare il College. Sai come sono i ragazzi, vogliono godersi il tempo libero rimasto a pieno”
Ripeté, fissando la targa sul muro che diceva “Parcheggio Riservato al Dott. Alfred Holland”.
Alfred prese un respiro profondo, riempiendo a pieno i polmoni e uscì dalla macchina, dipingendo sul suo volto un sorriso che mantenne per tutto il giorno fino a che non tornò a casa e vedendo il posto vuoto a tavola, vedendo gli occhi delle sue figlie e di sua moglie capì che la fuga di Meredith sarebbe stata la crepa più profonda, quella crepa che avrebbe unito tutte le altre procurando la rottura di quell’involucro che ricopriva la loro famiglia. 
  
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