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Autore: Dicembre    02/06/2008    2 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Sei

- "Mi dai sicurezza" -
 

 



Aleggiava nell’aria, così, leggera e al contempo intensa: la consapevolezza di aver inteso l’altro senza che ci fosse la necessità di vestirsi di parole e adornare un qualcosa che non era possibile definire a voce. Gli occhi di Aaron, di un turchese al cui confronto il cielo di quel giorno era azzurro pallido, erano fissi e guardavano con stupore l’interlocutore che aveva labbra leggermente socchiuse, una linea perfetta da cui fuoriusciva del vapore sottile. Ma in quel momento non esisteva né il freddo, né le voci che giungevano da lontano, entrambi ancora assordati dalle loro stesse parole.

Poi Aaron sorrise, con un sorriso così sincero e aperto da essere quasi commovente. Sembrò, d’improvviso, molto più giovane, quasi un ragazzino con gli occhi che brillavano. Di fronte a quella tenera debolezza non riuscì a porre immediato rimedio, se non abbassando lo sguardo ed arrossendo, cercando inutilmente di smettere di sorridere. Il Nero lo guardò e sfiorando leggermente l’ampia manica della sua veste, gli fece cenno di sedersi sulla panchina di marmo.

Anche il cavaliere si sedette, sereno. Chiuse gli occhi per un istante, per godere ancora un attimo di quel momento e poi, finalmente, sorrise anche lui.



“Ho sentito che presto ci sarà un matrimonio”

“E’ vero” annuì Aaron “passando per le stalle e per l’ala Est, immagino non abbiate sentito parlare d’altro”.

“Sono tutti in attesa, ho sentito che i preparativi sono già cominciati…”

“Si terrà a breve, si sposa Rebecca, chiamata dal villaggio “La bella”. Vi lascio immaginare quanti cuori infranti…”
”Ecco perché se ne parla tanto, sentivo fra gli uomini un certa invidia” sorrise

“Sì, anche perché chi diventerà suo marito è il figlio del birraio del paese, l’ultima persona che ci si aspettava la prendesse in sposa”.

“ Perché?”

“Credo che sia l’uomo più timido ed impacciato che abbia mai incontrato” Spiegò Aaron “ E’ buono e sicuramente la tratterà bene, ma ci si chiede come abbia fatto a chiederne la mano al padre”.
Il Nero lo prese un po’ in giro “Vedo che siete molto informato sulle voci che girano in paese”.

“Vi sarete reso conto che dopo poche ore fra i muratori, non c’è vita che possa rimanere segreta! Inoltre, voi non conoscete Josephine…”
”Ho avuto modo di incontrarla però” lo corresse il Nero ricordando la serva di quella mattina “e devo dire di averla trovata… loquace”

Aaron rise all’eufemismo del Nero “Siete buono con lei e sicuramente molto generoso!”

Nero si strinse nelle spalle e con l’aria innocente alzò leggermente le mani come per allontanare da sé le parole di Aaron “Sono sincero” e Aaron rise, con una voce cristallina e finalmente priva di preoccupazioni. Il Nero guardò il suo interlocutore, felice di vederlo più sereno. Assaporò il suono di quella risata per un istante; riteneva ingiusto che quel suono fosse stato nascosto dalle ombre che prima avevano coperto il viso di Lord Aaron.

“Di sicuro” continuò l’ospite “in un paio di giorni Josephine vi avrà messo al corrente del vero e del quasi vero sulla maggior parte degli abitanti della zona. E di sicuro conoscerete i due sposi prima di vederli”

“Ho sentito che parteciperete anche voi al matrimonio”.

“Lo trovate insolito?”
”Molto, se devo essere sincero.”

Aaron fece un gesto per schernirsi “Mi hanno invitato…”
Il Nero sorrise e abbassò la testa. I capelli scuri gli caddero davanti agli occhi e non fece nulla per spostarli: guardò attraverso quei fili d’ebano il padrone del castello.

“Non è quello che intendevo…”
”Lo so, ma io penso sia sbagliato rinchiudermi fra i miei possedimenti e le mie mura. Forse perché sono cresciuto qui, lontano dalla vita di corte e dalla maggior parte degli altri nobili, ma mi sembra sciocco declinare un invito semplicemente perché vivo in un castello”

Il Nero mosse leggermente il viso, ma lasciò ancora i propri capelli dov’erano “Una persona lontana una volta disse qualcosa di simile, e mi ricordo che pensai che se mai qualcuno in Inghilterra avesse detto lo stesso, quest’isola sarebbe davvero potuta diventare un posto migliore”

“Pochi si comporterebbero come me perché sono pochi quelli che vivono a miglia di distanza da un loro eguale” Disse Aaron inspirando profondamente “Probabilmente se fossi costretto ad andare giorno dopo giorno a fare presenza nei salotti e nelle corti di altri nobili, sarei così stanco di festeggiamenti inutili che anch’io non andrei ad un matrimonio…” Poi aggiunse sottovoce, cambiando discorso d’improvviso “Dal rispetto che sento nella vostra voce, doveva essere un grand’uomo, la persona alla quale vi riferite”

Ma Nero non rispose subito, si limitò a girarsi e guardarlo “Lo fate spesso vero?”
”Fate cosa?” Chiese con un sorriso stupito Lord Aaron

“Io non penso che sareste diverso a Londra. L’attenzione che vi ho visto mettere nel prendervi cura di Forgia, quello che dite… Non sono dovute alla città di nascita, ma piuttosto alla vostra indole”

Fu di nuovo il vento a rispendere, con una folata scompigliò i capelli d’oro di Aaron che si girò verso il cielo. Cleto stava volando nell’azzurrò terso di fronte a loro. Lì a terra, fra quelle pietre dell’ala Sud, rimanevano domande non risposte e un insolito stato di quiete.

Aaron lottò contro un intimo istinto di fiducia nei confronti del suo interlocutore. Quell’uomo sconosciuto suscitava in lui un sentimento di pace a lungo dimenticato. La sera prima, senza neanche accorgersene, gli aveva mostrato il marchio sulla sua nuca, perché anche adesso sentiva che, qualunque cosa avesse detto, sarebbe stata al sicuro?
Si sentì protetto, senza una ragione. Guardò il Nero di fianco a lui che non premeva né per delle risposte, né per una conversazione che ormai, era chiaro ad entrambi, leniva la loro anima, e non solo con le parole. Il cavaliere aveva gli occhi grandi e scurissimi, leggermente allungati, le ciglia lunghe che li incorniciavano erano, se possibile, ancora più scure. Erano così intensi che Aaron non potè fare a meno di chiedersi che cosa avevano visto e vissuto. Si portò le ginocchia al petto e vi appoggiò la testa, ancora intento a guardarlo, e solo dopo un po’ il Nero si girò a sua volta, stupito di quell’osservazione protratta.

“Siete una persona che dà molta sicurezza, lo sapete?” si spiegò Aaron “e dai vostri occhi date anche l’impressione di essere molto attento e curioso…eppure non mi avete chiesto ancora nulla della mia macchia sulla nuca”
”Ugualmente voi non m’avete chiesto chi è l’uomo a cui mi sono riferito poco fa, anche se sono certo che siete stato tentato”.

Aaron stava per protestare, ma si rese subito conto che Nero aveva ragione. C’erano mille e più domande che voleva rivolgere al suo nuovo ospite, ma aveva preferito non farne nessuna.

“Avete ragione” ammise sconfitto “ci sono molte, moltissime domande che vorrei farvi e che non oso, forse ne avremo modo in futuro?” suggerì Aaron con un pizzico di speranza nella voce, perché, si rese conto, era affascinato ed incuriosito da quello straniero, e da tutto ciò che quegli occhi sembravano portare con sé.

“Mi farebbe piacere” mormorò il Nero quando le grida di Margaret coprirono la sua voce.

“Mio Signore, Lord Aaron, presto accorrete!”
Il biondo s’alzò di scatto dalla panchina, preoccupato per l’estrema urgenza nella voce della donna. Prese il suo bastone e si diresse verso chi lo chiamava

“Mio signore, il malato… sta delirando!”





I cavalieri rimasero ad aspettare in una delle sale vicine alla stanza in cui era tenuto Forgia. Cencio, che non riusciva a stare fermo per l’agitazione, camminava avanti e indietro, davanti alla sedia di Luppolo. Quest’ultimo avrebbe voluto protestare, dato che il ragazzo così facendo non faceva altro che aumentare la tensione del momento, ma non ne ebbe il cuore. Così astuto e freddo in battaglia, Cencio ora sembrava un ragazzino piccolo ed impaurito, coi suoi capelli castani scompigliati sulla fronte e la sua andatura leggermente dinoccolata.

“Cencio” gli disse poi in tono dolce, ma non riuscì a concludere la frase. Dire che sarebbe andato tutto bene non aveva senso, perché Luppolo sapeva sarebbe stata una menzogna. Il filo di speranza a cui tutti erano aggrappati in quel momento si stava spezzando.

Cencio si girò verso di lui e lo guardò con occhi immensi, con la speranza che Luppolo potesse dire qualcosa per risolvere la situazione. Lo scozzese lo prese per mano e lo attirò a sé, delicatamente gli sistemò i capelli dietro le orecchie e gli accarezzò il viso. Il gesto e il sorriso che ne seguì fu di tale tenerezza che Cencio si calmò leggermente. La paura che albergava nei suoi occhi pochi attimi prima, fu sostituita dalle lacrime. Non lasciando la sua mano, Luppolo fece cenno a Cencio di andarsi a sedere vicino a lui. Il ragazzo rimase immobile, come ancorato al terreno e, non riuscendo ad impartire nessun ordine alle sue gambe, si sedette lì dove si trovava, per terra davanti a Luppolo, esausto e sconsolato. Appoggiò la testa sulle ginocchia dell’amico e tirò su col naso. Questo rumore e l’ardere del fuoco erano gli unici suoni che potevano essere sentiti in quella stanza.

Il Nero era in disparte, appoggiato come suo solito con la schiena al muro e le braccia conserte.

Siete una persona che dà molta sicurezza. Nella sua mente riascoltò quella frase e la voce che l’aveva pronunciata. Di quella sicurezza ora, non ne trovava traccia in sé, non aveva parole né altro che poteva dire per rassicurarsi. Tuttavia il ricordo gli dava un insolito piacere.

Sospirò.



I pensieri di tutti, i singhiozzi di Cencio e persino lo scoppiettio del fuoco parvero dissolversi quando comparve alla porta Lord Aaron: tutti rimasero in attesa. L’ospite non disse una parola, fece solo un elegante cenno con la mano al Nero, chiedendogli di avvicinarsi.

Delicatamente, poi, gli si accostò e cominciò a bisbigliare qualcosa che gli altri non riuscivano a sentire. Nero prima spalancò gli occhi, sorpreso, poi, fra lo stupore generale, scoppiò a ridere.

Se non l’avessero visto, nessuno dei cavalieri ci avrebbe creduto: Nero sorrideva, tutt’al più la sua risata poteva essere contenuta, era da tempo invece che nessuno lo vedeva più ridere di gusto. Finito quel dialogo sommesso, Lord Aaron se ne andò come era venuto: in silenzio.

“Ha chiesto birra e carne e ha minacciato la povera Margaret strappandosi i vestiti di dosso ed inseguendola nudo per la stanza”

Il silenzio si fece ancora più intenso

“Cioè, mi stai dicendo che sta bene?”

“Bene no, perché ha ancora la febbre alta, “ disse il Nero aggiungendo, più per sé che per gli altri “il che giustificherebbe questo comportamento delirante”; riprese poi a parlare con gli altri “Però pare sia ormai fuori pericolo”.

Vi fu un’esplosione di gioia “Ma quando guarirà” chieste Guardia “Possiamo vederlo” chiese Levante, Cencio dal canto suo, nella totale irrazionalità, cominciò a saltare quasi preso lui stesso da un raptus delirante, finchè non gettò le braccia al collo di Luppolo che non resse all’impatto e cadde all’indietro sul divano

“E’ salvo!!” gli gridò in faccia

“Questo l’avevo capito anch’io senza che tu m’abbattessi”

“Sei un insensibile, come sempre! E’ salvo!!” gli occhi di Cencio brillavano così tanto che Luppolo non ebbe il cuore di continuare col suo solito sarcasmo “Sono davvero felice” gli sorrise, arruffandogli i capelli.

Un attimo dopo però, Cencio era già in piedi, a fianco di Nero “Allora, quando potremo vederlo, come sta? Cosa faremo? Perderà l’uso del braccio…”

“Cencio” lo interruppe il Nero con voce minacciosa “una sola domanda in più e stasera niente cena”

Cencio si zittì di colpo

“Hai trovato l’unico modo per far tacere il nostro amico” rise Luppolo, poi riprese in tono più serio “notizie più dettagliate?”

“A cena, Lord Aaron ci metterà al corrente della situazione. Sarà servita fra un’ora”.





Nero uscì sul balconcino della stanza. Voleva rimanere per un attimo da solo: la preoccupazione per le condizioni di Forgia, la notizia poi che le sue condizioni sarebbero migliorate, le parole di Aaron e la sua voce bisbigliata, la stessa voce che sorrideva cristallina poco prima sul balcone… Voleva avere modo di capire, di riordinare tutto nel suo animo, nella calma della sera.

Sul balcone l’aria era fredda, ma il vento era cessato. C’era un profondo silenzio, solo il fruscio degli alberi in lontananza lo inframmezzavano, il cielo era particolarmente limpido e si vedevano tantissime stelle. Sembravano voler disfare le maglie della notte con la loro luce, il manto buio che aveva avvolto il castello era intarsiato di diamanti. Alcuni brillavano di più, altri di meno, il silenzio che li circondava li rendeva ancora più misteriosi.



“C’è qualcosa che ti preoccupa?”

Nero si girò a vedere chi avesse parlato, perché, perso nei suoi pensieri, non aveva riconosciuto la voce.

“Anche tu vieni a guardare le stelle, Chiaro?”

“In realtà ero venuto a cercare te, oggi non ti ho visto per buona parte del giorno…”

Nero rise fra sé e sé “Sono stato rapito da dei muratori con una parlantina particolarmente vivace e da alcune donne che m’hanno aggiornato sugli eventi mondani di qui a poco…”
”Eventi mondani?”
”Un matrimonio, pare che una tale Rebecca si stia per sposare…”

Chiaro non parlò subito, ma guardò anche lui il cielo stellato “Quindi rimarremo qui per molto” disse infine in un sospiro, lasciando trasparire la voglia di andarsene.

Nero scosse le spalle “Non so bene ancora… Purtroppo, dal poco che Lord Aaron m’ha detto, Forgia sebbene fuori pericolo, non guarirà in fretta, inoltre avrà bisogno di molte cure per riprendere l’uso del braccio. E’ probabile quindi, che dovrà rimanere qui ancora molto”
Chiaro sembrò leggermente stizzito e sbuffò. Nero non riuscì a trattenere il sarcasmo “Ormai sei grande per sbuffare, mio buon amico. Ma non ti preoccupare, se davvero Forgia dovrà rimanere qui a lungo, starò io con lui e non vi obbligherò a rimanere. Ora che abbiamo compiuto quello che Re Edoardo ci ha chiesto, possiamo tornare alle nostre case per un po’, ci meritiamo un po’ di pace.”

“E tu? Non torneresti a casa con me?”

Nero guardò in faccia il suo interlocutore con un espressione a metà fra lo stupito e l’irritato

“Quella non è casa mia, Chiaro. Non ho motivo per tornarci”

“Ma non è vero…”
”Chiaro, basta così!” tagliò corto Nero “Ti ho già ripetuto che non voglio tornare più sull’argomento. Quella è casa tua, non è casa mia, e non ho intenzione, né motivo, di tornarci”
Chiaro fece per protestare di nuovo, ma gli occhi di Nero lo fermarono.

“Gli altri decideranno cosa fare, se andare o restare. Tu fa’ come ti pare. Dal canto mio non mi dispiace rimanere qui per un po’. E’ una parte molto quieta d’Inghilterra e Lord Aaron è stato così gentile da aprirci le porte di casa sua”

Chiaro sospirò sconfitto. Tornare a casa senza Nero, per lui, non aveva molto senso. Tornare e ritrovare suo padre e sua madre, sì, ma Nero era suo fratello e la persona per la quale aveva abbandonato tutto. Lo aveva inseguito prima in Oriente e poi in Europa, ma aveva la netta sensazione di non averlo ancora del tutto ritrovato.
 

***
 

Michan_Valentine: Ciao ^_^ Sì, le tue recensioni mi piacciono davvero, sei sempre molto attenta *_* Non so se questa storia abbia raggiunto "il massimo" ora, o se mai raggiungerà "il massimo", qualunque esso sia. Sono però contenta che tu me lo dica, che mi sproni e che comunque, lo annoti. E questa, credimi, non è semplice retorica. Esistono dei commenti e delle critiche oggettive (l'errore, il nonsense etc) ed esistono delle critiche soggettive che, anche se non sono insindacabili, a mio modo di veder sono forse più importanti. L'opinione soggettiva, quel che qualcuno pensa è fondamentale. Poi, magari, quello che viene detto non rispecchia quello che io penso oppure quello che io volevo trasmettere con racconto, ciononostante è materia di confronto e di riflessione. Altrimenti, non sarei qui a leggere e a scrivere. (e poi, detto fra me e te, io sono ben lunghi dal mio massimo, che mi ostino a cercare. Per ora è piuttosto lontano, ahimè :/). Per tornare alla storia nello specifico, oltre a non essere recentissima (neanche troppo vecchia, direi di un paio di anni) è  lunga. Di conseguenza l'ho strutturata in modo tale che alcuni personaggi e alcuni eventi prendano forma solo strada facendo. Altri evolvano fra le righe. Nero, poi, è il principe per questo tipo di costruzione XD (po'rello, mi ci sono dedicata ahahahah). Che dire, tirare le fila di più discorsi m'ha impiegato un pochino di capitoli... °_°(E poi mi si dice che sono logorroica, chissà perchè XD). Un bacione

BiGi: Aaron è un personaggio che ha fatto della solitudine la sua forza. Non mi dilungo, altrimenti rischio spoiler, ma sono felice che si sia percepito il suo malessere *_* Un bacio

  
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