Una Lametta Nell'Astuccio
Le ore passano veloci,
inesorabili e passive. Solo un grande senso di noia e affaticamento mi
pervade
mentre fisso le labbra delle varie professoresse che si susseguono
senza
nemmeno comprendere di cosa stiano vagamente parlando.
L’orologio bianco appeso
al muro giallino è ciò che cattura maggiormente
la mia attenzione ma purtroppo
nonostante gli sguardi disperati non scorre più velocemente.
Arriva l’ora di
chimica ed ecco la verifica adagiata sul mio banco. Leggo le domande.
So dieci
risposte su venti. Incomincio a scrivere veloce, come se fosse la penna
che
guida il corpo invece del contrario. Forse nonostante tutto non
è andata così
male, o almeno spero. Mi limito a guardare Niall che parla con dei
compagni,
sorride soddisfatto, e questo può significare due cose: o
è riuscito a copiare
o magicamente le ha sapute fare. Buon per lui in fondo.
Il momento più brutto
della
giornata? La ricreazione. Non ho molti amici, anzi posso dire che oltre
a Niall
non ne ho, be certo conoscenti, ma nessuno su cui possa contare
davvero. Penso
dipenda dal mio carattere soprattutto, eppure io non ci trovo niente di
sbagliato nel preferire un paio di cuffiette ad andare in giro per la
scuola mostrando
i vestiti firmati. Ho sempre preferito la musica al mondo vero, a volte
fin
troppo, fino a non riconoscermi più senza di essa. La
verità è che solo con una
qualsiasi canzone sotto mi sento completa. Non so come farei senza
musica, la
mia vita farebbe più schifo di quanto già non
faccia. Solo una cosa non mi
piace del mondo musicale, le discriminazioni. Non comprendo la
necessità della
gente di provare odio nei confronti di alcuni generi o cantanti e per
il suo
fandom. Io ascolto di tutto e non giudico nessuno e non mi sembra
così
difficile. Ma vivo in un mondo in cui nessuno la pensa come me, ed ecco
un
altro motivo dei pregiudizi nei miei confronti. Tutto questo continua
da molti
anni. Posso cambiare scuola, posso cambiare città, ma non
posso cambiare me
stessa e dopo varie e ripetute scene di critiche e prese in giro ho
imparato ad
accettare che sono io lo sbaglio e sto cominciando a farmene una
ragione. Tutto
questo però non incide su di me. Ho Niall, ho la musica e ho
il mare. Questo mi
basta. Non do peso a quelle persone e alle
cattiverie, o almeno cerco di non farlo.
Sento una cuffia lasciare
bruscamente il mio orecchio e il suono diminuire
all’improvviso.
-Niall?; lo
guardo sorpresa
chiedendogli spiegazioni di quel gesto.
-Oggi
esci? Facciamo un giro in cortile?; mi chiede speranzoso, come se
non conoscesse già la risposta.
-No… ho mal di
pancia; fingo
cercando di riprendermi la cuffietta.
-Penso che dovresti farti
vedere. E’ due anni che hai mal di pancia tutti i giorni;
guardandolo si direbbe
che sia arrabbiato. Gli compaiono delle rughe sulla fronte e aggrotta
le
sopracciglia guardandomi in una maniera che mai avrei pensato che i
suoi occhi
azzurri fossero capaci di guardare.
-Mi sto stancando della
tua
depressione Brit.; bum. Colpo al cuore. Lo fisso senza
espressione, mai mi
sarei aspettata che mi dicesse una cosa così. Era sempre
stato il primo ad
aiutarmi, a sostenermi ad essere la causa del mio sorriso, e ora? Ora
cosa
significa tutto questo? Si gira e se ne va. Spingo play e torno nel mio
mondo,
più scossa che mai.
Cammino verso casa con le
guance rosse e il naso congelato, ma l’aria fredda mi piace.
Ha smesso di
piovere, anche se si nota che è solo un momento provvisorio.
La nebbia da
l’impressione che il tempo si sia fermato, bloccato, in
questa ora del primo
pomeriggio dove le persone raggiungono le famiglie per pranzare e
raccontarsi
gli avvenimenti della giornata. Amo l’estate eppure
l’inverno ha un effetto
magico, è come se i miei pensieri confinati in un angolo del
cervello fino a
quel momento, venissero fuori per riflettere. A volte credo che la mia
testa
corra troppo e non riesco starle
dietro
ma mi piace pensare e cercare di scoprire ogni sfumatura della vita, in
fondo
si vive una volta sola, no?
Arrivo a casa quasi
congelata ma con un’insolita tranquillità, anzi
no, non insolita, io sono
sempre tranquilla. Ma questa volta il mio cuore è ricoperto
da un velo di
tristezza per le parole di Niall e del suo comportamento. Salto il
pranzo dato
che i miei non ci sono e mi stendo sul letto buttandomici a capofitto.
Fisso il
soffitto bianco e poi la parete ricoperta di poster e di foto mie e del
mio
migliore amico. Sorrido mentre nella mia mente passano uno dopo
l’altro i
meravigliosi ricordi dei momenti passati con lui. Afferro il telefono
sulla
scrivania e digito il suo numero. Squilla. Non risponde… che
strano. Fisso
interdetta lo schermo del telefono pensierosa sul da farsi. Riprovo,
ancora niente.
No, lui non ha mai il telefono spento, ce l’ha sempre con se,
deve rispondere.
Riprovo ancora e ancora, ma nessuna risposta. Non riesco a credere che
il mio
migliore amico non mi risponda nemmeno al telefono, ma
perché? Che succede?
Comincio ad aver paura che questa volta la cosa sia grave
perché non abbiamo
mai litigato per più di qualche ora. Io ho bisogno di lui,
non mi può
abbandonare così.
Mi sono torturata la mente
fin troppo aspettando una sua chiamata, sembro una di quelle ragazze
disperate che
aspettano un solo squillo dal ragazzo che amano, ma qui, non si tratta
di
amore, si tratta di amicizia, e la cosa è ancora peggio. Le
lacrime scendono
senza che nemmeno me ne accorgo, non avevo mai provato
l’assenza di Niall, lui
c’è sempre stato. L’unica persona che
potrebbe aiutarmi è proprio quella per
cui sto piangendo. Ripercorro mentalmente
tutti i momenti fino a quella mattina, devo rimediare, in ogni modo.
Non posso
perderlo, proprio non posso. Decido
di
andare a casa sua, non potrà chiudermi la porta in faccia,
spero.
Camminando per strada noto
quanto posso sentirmi sola sapendo che non ho nessuno accanto a me,
perché
anche se prima Niall non c’era fisicamente, sapevo che quando
avevo bisogno
bastava una chiamata e lui era da me, bastava un sorriso falso per
sentirsi
dire ‘cosa c’è che non va?’,
bastava una lacrima per avere un suo consiglio,
bastava… mi bastava averlo.
Eccola lì casa sua,
mi
sembra così sconosciuta ora che non ci posso entrare come
d’abitudine sbattendo
la mia borsa sul tavolo a aprendo il frigorifero senza nemmeno chiedere
il
permesso. Nella mia testa solo una parola: ‘torna’.
Busso alla porta e
fortunatamente, se così si può dire, mi apre
direttamente lui. Il suo ciuffo
biondo spunta fuori dalla porta, seguito dai pezzi di cielo che si
ritrova al
posto degli occhi. Appena mi vede la sua espressione muta in uno sbuffo
scocciato.
-Hei Niall..;
cerco di
parlagli con calma sforzandomi di sorridere.
-Che vuoi Brit?;
mi chiede freddo.
Quella freddezza è come una pugnalata al mio cuore,
dov’è finito il ragazzo
dolce che ho sempre conosciuto? Ma non importa, aggiusteremo il tutto,
è solo
una litigata, solo una stupida discussione.
-Come va?;
cerco di
proseguire il discorso.
-Sei qui solo per
accertarti
della mia salute e come vanno le mie cose?; forse calca un
po’ troppo quel
‘mie’, perché prima tutte le cose di
questo mondo erano ‘nostre’.
-In realtà
volevo chiarire
il malinteso di stamattina; dico abbassando lo sguardo.
-Non era un malinteso..
-Oh bene allora..;
pensavo
che fosse tutto finito, insomma se non lo vedeva come un malinteso.. ma
ho
parlato troppo presto.
-Brit.. era un addio.;
no,
credo di non aver sentito bene. Il mio cuore sussulta, batte veloce e
il mondo
mi crolla addosso. Un.. un addio? Come un addio? No.. è solo
un brutto sogno.
-Brit, mi sono stancato
dei
tuoi comportamenti, mi sono stancato dei tuoi problemi con il mondo,
cresci un
po’ e smettila di fare la vittima.
-N-Niall.. io..;
cerco di
balbettare qualcosa senza riuscirci.
-Brit, non
c’è più niente da
dire.
-Ma io ti voglio bene!;
gli
urlo come se quella fosse una giustificazione abbastanza plausibile per
farlo
restare.
-Anche io, te ne volevo.
Ma
ora è… tutto diverso.; le lacrime
non smettono, e forse non smetteranno mai,
così come non smetterà quel dolore al petto ad
ogni sua parola. Credo che la
cosa che mi faccia più male sia la sua freddezza, il fatto
che mentre pronuncia
quelle parole che per me sono un massacro per lui sono insignificanti.
Non
riesco a muovermi, vorrei buttarmi tra le sue braccia, dirgli di
restare,
chiedergli se scherza, ma lui ferma i miei pensieri con un semplice: -Scusa ma
ora devo andare. Lasciandomi lì, sui gradini di
casa sua con il cuore e l’anima
a pezzi. Vorrei solo che qualcuno gridasse che sono stata vittima di
uno
scherzo televisivo e che le telecamere saltino fuori, ma non
è così, ed io
resto sola, nel freddo dell’inverno aspettando qualcuno che
mai arriverà.
Non so come ma torno a casa,
le mie condizioni sono disperate e l’unica cosa che voglio
sono proprio quelle
cuffiette che me l’hanno portato via. Mi estraneo dal mondo,
dato che al momento
per me, il mondo non esisteva più. Ero sola, sulla faccia
della terra, sola,
come quell’unica rondine abbandonata dal gruppo, sola, come
l’unico fiore che
sboccia in mezzo alla neve, sola, come tante altre persone a questo
mondo che
non si meritavano questo. Voglio solo stare al buio e piangere,
sporcando i
cuscini di mascara e lacrime. Penso che non accetterò mai il
fatto che Niall mi
abbia lasciato, mai. Per la mia testa lui sarà sempre
lì, il suo sorriso sempre
presente e il suo odore sempre nella mia memoria.
Devo aver passato tutta la
notte a piangere perché sento il suono della sveglia che
richiama la mia
attenzione e mi riporta alla realtà, a quella
realtà che equivale ad un incubo
per me. Vado a scuola, sperando in un suo cambiamento, sperando ancora
che
tutto questo non sia vero, sperando che lui torni da me. Ma non
è così, e così
non sarà mai, lui ha preso la sua decisione, distruggendomi
la vita. La
giornata che passò, penso sia stata la più
brutta della mia vita, seguita da quella dopo, e dopo ancora, e dopo
ancora. La
verità è che senza di lui tutto era buio e tutto
scuro, niente aveva più senso.
Alla mensa da sola, in classe da sola, all’uscita da sola, il
pomeriggio da
sola. Certo, ci sono le mie cuffiette, ma ultimamente nemmeno loro
riescono a
colmare la sua mancanza. Io voglio lui, io voglio disperatamente lui.
Non mangio da vari giorni,
non ho fame, così come non studio, non dormo e non sorrido.
Se prima la mia
vita faceva schifo, ora non la si può nemmeno chiamare tale.
Mi guardo allo
specchio e vedo solo una persona che non merita la vita, una persona
orribile
che è stata in grado di far soffrire il suo migliore amico,
una persona che non
riconosco, una persona che mi fa pena. Corro in bagno e prendendo
l’ennesimo
pacco di fazzoletti per asciugare le lacrime cade una lametta.
E’ come
un’illuminazione. E’ come un fascio di luce in
tutto quel buio, come la
soluzione ai miei problemi. La rigiro tra la mani. Ho sentito spesso
parlare di
autolesionismo, ma non avrei mai pensato che ci avrei avuto a che fare
in prima
persona, non avrei mai pensato che ne avrei sofferto, sempre ammesso
che sia
una malattia. Forse
non dovrei, infondo
lo so che è sbagliato, lo so che è inutile, lo so
che è stupido… però.. in fin
dei conti anche io sono sbagliata, inutile e stupida. In fin dei conti
abbiamo
già qualcosa in comune, quindi, perché non farci
amicizia? La prendo e la
stringo nel pugno, tanto che quando lo riapro ci sono i suoi
inconfondibili
segni senza che nemmeno me ne fossi accorta. Sento il sangue caldo nel
mio
palmo, un senso di calore che non provavo da giorni dopo che il mio
cuore si
era come ghiacciato alle parole che Niall aveva pronunciato davanti al
suo
portone. La presi e la fissai, piccola, lucente, con un piccolo buco in
mezzo
e… affilatissima. Il palmo era striato di rosso che ricadeva
sul lavandino con
piccole gocce simili a lacrime. Ho pianto così tanto in
questi giorni che temo
di aver finito le lacrime, ed ecco un altro modo per mostrare il mio
dolore. La
premo con tutta la forza che ho, non molta in verità, contro
l’avambraccio
destro, poco dopo la linea che segnava la giuntura del gomito. Un solo
profondo
taglio si apre. Non sento dolore, non sento paura, non sento neppure la
mancanza di Niall mentre la lametta scorre sul mio braccio. Quelle
erano
sensazioni che sono comparse dopo, quando il sangue aveva finito di
colare. Rimango
ferma a studiare la mia ‘opera d’arte’,
quell’arte con cui amavo creare cose e
che invece ora ho utilizzato per distruggere.
Stesa sul letto della mia
camera, ascolto la stessa canzone per l’ennesima volta,
quella canzone che mi
ricorda lui, il mio ex-migliore amico, perché ora devo
definirlo così no? Ex.
Ex, ex, ex… che strana parola, sa di vecchio, di qualcosa di
andato, che non ci
sarà più, ma io non percepivo così
lui. Lui c’era, era lì presente dentro il
mio cuore, e questo è ciò che fa più
male. Fuori è notte fonda e in questo
momento avrei potuto essere al telefono con lui. Quando non riuscivo a
dormire
parlavamo ore e ore, anche se lui aveva sonno si offriva di rimanere
sveglio
per me. Altre lacrime scendono e mi bagnano il viso. Il resto della mia
vita
sarà così? Vivere solo per ricordare i momenti
trascorsi con lui? Mi tornano
alla mente le immagini di qualche ora prima nel bagno, la lametta, il
sangue,
la librazione dal dolore mentale per sentire solo quello fisico. Non
riesco a
togliermelo dalla testa.
L’orologio scorre
lento come
sempre, i prof si susseguono ora dopo ora parlando di cose inutili, io
sono
seduta sul mio solito banco e fisso Niall. Al posto di qualche metro di
distanza sembra che ci dividano kilometri. Sorride di soppiatto con il
suo
compagno di banco, Mike, non ricordavo nemmeno che gli andasse molto a
genio.
Deve proprio avermi dimenticato. Fisso i suoi capelli biondi che
riflettono la
luce del sole che entra dalle finestre. Quanto vorrei toccarli come
facevo una
volta. Di notte, durante le mie ore insonni, vedo i suoi occhi davanti
a me,
grandi, enormi e bellissimi, di quella sfumatura che solo lui ha e che
ricorda
il cielo irlandese.
A scuola sono stata ben
attenta a non alzare le maniche, cosa che di solito faccio spesso a
causa del
nervosismo, o per le interrogazioni o quando qualcuno mi rivolge la
parola, di
solito per chiedermi di passare qualche foglio. Ora che ci penso credo
che
nessuno mi abbia mai rivolto la parola solo per scambiare quattro
chiacchiere
con me, devo proprio fare schifo. Forse avevo cominciato a fare schifo
anche a
Niall. In ogni caso i mie tagli sono passati inosservati, ed io con
essi.
Sono passate due settimane
da quando mi sono tagliata la prima volta, nonché due
settimane da quando
Niall, senza molti perché, aveva deciso di troncare la
nostra amicizia,
lasciandomi da sola, in balia di me stessa. Da quel giorno ho
continuato a
farlo ripetutamente. Mi svegliavo, andavo a scuola, tornavo a casa
saltando il
pranzo, correvo in bagno a tagliarmi e andavo in camera dove studiavo,
dormivo,
e ascoltavo incessantemente la mia amata musica. E lo farò
anche ora. Entro nel
soggiorno salutando i miei, butto sopra il letto lo zaino e corro in
bagno. Il
riflesso che vedo allo specchio è davvero spaventoso. Una
ragazza sempre più
magra, con enormi occhiaie grigiastre coperte inutilmente dal trucco e
nessun
bagliore negli occhi ad attestare la presenza di vita. Prendo la solita
lametta
dall’armadietto e la sfrego in quello che ormai non si
può più nemmeno definire
un polso. I segni e le cicatrici presenti cominciavano ad essere sempre
di più,
alcune si stavano rimarginando formando nuovo spazio su cui passare
l’oggetto metallico.
Niall non mi aveva parlato per tutte e due le settimane e, se per
questo,
nemmeno guardato. Non una sola parola e non una sola occhiata.
Tagliarsi dopo
scuola non mi bastava più. L’assenza di Niall era
sempre più presente, giorno
dopo giorno. Il dolore fisico che mi faceva dimenticare momentaneamente
quello
dell’assenza non era abbastanza. Mi aveva permesso di
sorridere davanti a
compagni e genitori, ma più il tempo passava, più
il dolore aumentava e di
conseguenza, cresceva il bisogno di tagliarsi per poter fingere nuovi
sorrisi.
Credo che nessuno abbia notato il mio vero stato d’animo,
cerco sempre di
essere forte davanti agli altri, a nessuno interessa veramente di me.
Allora
perché dovrebbe interessargli il mio dolore?
Più passa il tempo,
più il mio
umore è nero. La solitudine mi è entrata nelle
vene e l’unica mia compagnia
sono le lamette. Ne ho una nella borsa, una in camera, la classica in
bagno e
anche una nell’astuccio. L’ultima è
proprio quella che mi sto rigirando tra le
mani. A scuola sto andando da schifo e la verifica davanti a me ne
è la prova.
Ho la testa completamente altrove e la concentrazione per lo studio
sembra
essere nell’angolo più remoto del mio cervello.
Eppure prima o poi dovrò
recuperare o mi toccherà passare in quel carcere anche tutta
l’estate. Nuovo
stress, aggiunto a dolore e solitudine. Fino a che punto
potrò resistere?
Nessuno mi guarda, perciò perché non liberare i
miei pensieri dal senso di
colpa scolastico? La lametta scorre veloce sulle dita, nessuno sembra
accorgersene.
Dopo il primo taglio un senso di pace momentanea mi pervade. Ora la
scuola, le
lacrime, le occhiaie… stanno scorrendo fuori dal mio corpo
sotto forma di
piccole goccioline rosse.
-Signorina Bravery
è tutto
ok?; la professoressa mi sta fissando e con lei alcuni
compagni. Sento le
guance diventare dello stesso colore del sangue sulla mano facendo
scomparire
la lametta dentro l’astuccio.
-Si, devo essermi
tagliata
con la carta accidentalmente, vado in bagno a pulirmi, con permesso.;
senza
guardare in faccia nessuno esco velocemente dalla porta. Un senso di
nausea mi
pervade mentre percorro il corridoio e raggiungo la porta azzurrina del
bagno.
Stupida. Sono una stupida. Come diavolo ho fatto? E se ora lo sapessero
tutti?
Passerei per l’autolesionista, l’emo o
chissà che altro, come se lo sfottimento
in classe non fosse abbastanza. Non posso permetterlo, no. La vergogna
sarebbe
troppa. L’acqua fa scivolare via le macchie rosse e, pian
piano, i miei
pensieri con esse. Non devo più ricommettere lo stesso
errore.
All’uscita da scuola
percorro il più velocemente possibile la strada verso casa,
anche più degli
altri giorni, il senso di vergogna di prima è ancora forte
dentro di me.
-Hei Brit! Aspetta!;
sento
il mio nome portato dal vento, una voce familiare, calda, che non
sentivo da
tempo, troppo tempo. Mi giro. Niall è dietro di me e sta
correndo per
raggiungermi. Sicuramente sto sognando, non basta la depressione, sto
anche
impazzendo. Di bene in meglio.
-Brit… uao,
cammini veloce.;
ha il fiatone e aspetta di riprendere fiato prima di parlare. I suoi
occhi sono
fissi nei miei, la sua figura sovrasta la mia. Niall è
sempre stato più alto di
me, ma dato la mia statura piccola non è una cosa
sorprendente.
-C-cercavi me?;
mi fa strano
rivolgergli la parola dopo che l’ultima cosa che ci siamo
detti è stato un
addio un mese prima. Non mi sembrava reale, continuo a credere che
tutto questo
sia un’allucinazione.
-Sì,
io… la prof… quando eri
in bagno ha dato una ricerca di chimica a coppie e ha messo noi due
insieme. Mi
chiedevo se volevi venire da me oggi o io da te..;
sembrava nervoso quando
parlava, raramente l’avevo visto così prima
d’ora.
-Ah non lo sapevo..;
e certo
che non potevo saperlo, nessuno mi rivolgeva la parola in quella classe.
-Domani da me alle 2 va
bene?; lo fisso cercando di cogliere un senso di mancanza
nei suoi occhi,
possibile che dopo tutto quello che abbiamo passato insieme non gli
manco
nemmeno minimamente?
-Perfetto, a dopo Bravery.;
si gira e se ne va. Sentire il mio nome per esteso da la risposta alla
mia
domanda precedente. No, mi deve già aver dimenticato se
nemmeno si ricorda
quanto io odi il mio nome.
Musica a tutto volume nella
stanza. Il sole penetra dando un senso di calore dall’unica
grande finestra al
lato del letto, facendo apparire ancora più rosa le mensole.
Niall non veniva a
casa mia da quasi un mese ed oggi sarebbe piombato nuovamente tra le
mura che
una volta chiamava seconda casa. L’agitazione mi pervade e mi
corrode dentro.
Agitazione per cosa poi? E’ solo una stupida ricerca di
chimica. Sicuramente
presto chiamerà e fingendosi malato darà tutto il
lavoro da fare a me. Il Niall
che conoscevo una volta non l’avrebbe mai fatto
ma… da quello di adesso potrei
aspettarmi di tutto. Era come una persona nuova, irriconoscibile,
diversa, o
perlomeno lo era per me e per il mio cuore che continuava a vivere dei
ricordi
di noi due.
Il suono del campanello mi
riporta sulla terra ferma e una volta aperto la porta mi ritrovo la
figura di
Niall davanti alla porta. Una volta sarebbe entrato senza nemmeno
salutare,
borbottando tra sé e sé che casa mia era sempre
un disastro. Ma le cose erano
cambiate ormai.
-Ciao Brit;
almeno mi chiama
con il mio soprannome.
-Hei Niall;
lo saluto
facendolo entrare. –Vieni
pure di sopra.
Mi precipito per le scale
assicurandomi che in camera non ci sia troppo caos. Dopo pochi secondi
è fermo
davanti alla porta. Sembra scrutare le pareti e i mobili con un guizzo
divertito. Il suo sguardo si ferma sulla parete dedicata interamente
alle
nostre foto. Me l’aveva fatta lui, per il mio sedicesimo
compleanno, entrando
in casa avevo trovato la parete ricoperta da un centinaio di foto
sovrapposte
con lui accanto, con dei palloncini rossi in mano.
Sicuramente si starà chiedendo
perché non ho
buttato nel cestino tutti quei ricordi, ma in fondo perché
toglierli da una
parete se rimanevano comunque fissi nel cuore?
-In
realtà…; sospira e viene
a sedersi accanto a me sul letto, le sue iridi sempre più
chiare, mi mancava il
suo sguardo che si posava su di me.
-In realtà non
c’è nessuna
ricerca.; lo fisso, stupita. Non basta farmi soffrire? Non
basta avermi detto
addio da un giorno all’altro? Deve continuare a prendersi
gioco di me?
-Cosa vuoi da me Niall?;
sbotto irritata.
-Vorrei solo sapere come
stai.; perché? Perché lo fa? Sembra
che il tempo sia tornato indietro e lui sia
tornato il mio migliore amico pronto ad essermi vicino quando notava
qualcosa
di strano in me.
-Bene grazie e tu?;
non è
questa in fondo la risposta che si aspetta?
-Dico davvero Brit, credi
che non sappia riconoscere i tuoi sorrisi finti? Puoi mentire al mondo
ma non a
me. Sei molto strana ultimamente, pensi che non lo noti? Sei
così..; dicendo
questo mi afferra la mani tra le sue. Quel contatto mi fa rabbrividire,
era
così tanto che non toccavo le sue mani, così
lisce e la sua pelle, così
perfetta.
-Così come?;
chiedo cercando
di mantenere la calma.
-Sei sempre stata
asociale,
amante della solitudine, chiusa, riservata… Ma ora sei
diversa, sembri il
ritratto della depressione.; lo fisso sconcertata per
alcuni minuti. Come si
permetteva? Era tutta causa sua e ora mi fa anche la ramanzina?
-Non è forse
per questo che
mi hai abbandonato? Non sono troppo ‘depressa’ per
te?; dico rinfacciandogli le
sue stesse parole. Ha la faccia di chi ha appena ricevuto uno schiaffo.
-Brit io…
-No Niall. Mi hai
lasciato
sola quando avevo solo te, te ne sei infischiato di me per un mese poi
prendi
una stupida scusa e vieni a casa mia per chiedermi come sto? Come vuoi
che
stia? Come a una a cui è crollato il mondo addosso, come una
che non ha più una
vita perché quella ha deciso di andarsene, perché
tu, brutto stronzo eri la mia
vita.; gli urlo in faccia tutto questo cercando di
ricacciare indietro le
lacrime che minacciano di uscire e togliendo con un gesto forzato la
mia mano
dalle sue. Lui mi fissa. I suoi grandi occhi rimangono immobili, ma
guardando
attraverso essi si nota un grande dolore. E’ possibile che
lui provi dolore per
ciò che ho detto? E’ possibile che a lui freghi
ancora qualcosa di me?
-Ho visto che non
è stato un
incidente quello di oggi, so che non ti sei tagliata con della carta.
Dimmi che
mi sbaglio e me ne andrò lasciandoti in pace, ma ti prego,
sii sincera.
Ora lo schiaffo l’avevo
ricevuto io. Com’è possibile? Ero convinta che
nessuno avesse visto, men che
meno lui che non mi guarda mai. Dicendo questo si avvicina allo zaino
e,
aprendolo afferra l’astuccio. Il mio bellissimo astuccio
ricoperto di taffetà
nero. Lo apre e… ne estrae la lametta guardandola
disgustato. Ha una piccola
macchia del mio sangue, nascondendola in fretta dagli occhi della
professoressa
non ci avevo fatto caso. Mi sento morire, lui, Niall, con in mano la
mia
lametta. Ciò che utilizzavo per alleviare il mio dolore
tenuta in mano dalla
causa di esso.
-E che te ne importa se
anche così non fosse?; cerco di rimanere
impassibile quando in realtà sono
davvero scossa.
-Come temevo..;
la sua voce
diventa flebile e abbassa lo sguardo.
-Come temevi cosa? Niall
che
cosa vuoi dalla mia vita? Continuare a rinfacciarmi quanto ti faccio
schifo? Oh
prego fai pure…
-Brit, brit.. no. Tu non
mi
fai schifo, tu non mi fai assolutamente schifo. Anzi..
-Anzi cosa Niall? Mi hai
sbattuto la porta in faccia senza un minimo perché! Anzi
cosa?; la mia voce
sale di vari livelli. Lui fa un grande respiro.
-Pensi che sia stato
facile
per me fare quello che ho fatto? Brit tu eri davvero importante per
me…; quel
verbo al passato mi procura una stretta al cuore.
-Ero..; dico
triste.
-Sei.;
ribatte lui.
-E tu tratti
così le persone
importanti? Abbandonandole?; le mie lacrime stanno per
uscire, non so quanto
posso resistere.
-Brit io ho fatto tutto
questo nella speranza che tu cambiassi, che capissi che non potevi
continuare
così, devi aprirti alla vita, non puoi chiuderti in te
stessa, io volevo solo
aiutarti ma non sapevo come e pensavo che il mio gesto ti avrebbe fatto
riflettere. Pensavo che saresti cambiata cercando di riallacciare il
nostro
rapporto, che ti saresti accorta che per stringere nuove amicizie devi
aprirti…
-Vuoi vedere come mi ha
cambiato? Ecco come mi ha cambiato!; alzo la manica della
felpa blu che indosso
in questo momento e lascio visibile l’avambraccio. La pelle
è ridotta a tanti
piccoli tagli che la rendono una lunga serie di strisce, alcune
cicatrizzate, altre
ancora ampiamente aperte. Dagli occhi Niall scendono delle lacrime
mentre alza
una mano come per toccarmi il braccio per poi ritirarla.
-Brit…
io… tu; è sconvolto,
senza parole. Mi pento del gesto che ho fatto, ora lo dirà a
tutti, ora penserà
che sono impazzita totalmente e se prima c’era una
più piccola possibilità che
la nostra amicizia sarebbe potuta tornare,
ora sicuramente era sparita. I miei pensieri vengono bloccati da un suo
abbraccio. Sento i muscoli delle sue braccia stringersi a me, mi spinge
delicatamente verso il suo petto e appoggio la testa sulla sua spalla.
Il suo
odore mi era mancato, il suo inconfondibile profumo di fresco, One
Million e
lui, il profumo che per me sa di casa. Mi lascio andare come non facevo
da
quasi un mese, piango e verso tutte le lacrime che ho in corpo, lui,
per
risposta, mi stringe ancora più forte. Piango per il dolore
provato nella sua
assenza, piango per il male che mi sono fatta, piango per i vecchi
ricordi e
piango per la paura che questo momento svanisca e lui scompaia di nuovo
dalla
mia vita.
-Scusami, io
Brit… non so se
potrai mai perdonarmi, non so se potrai smettere di odiarmi, ma sappi
che io
non avevo intenzione di procurarti tutto questo male, volevo solo
proteggerti e
invece guarda che ho combinato.; la sua voce è
scossa da tremiti eppure ciò che
dice mi riscalda il cuore.
-Non ti mai odiato Niall,
non riuscirei ad odiarti nemmeno volendo.
-Scusami davvero
Brit…;
rimaniamo così, stretti, abbracciati, dove finiva lui
cominciavo io, eravamo di
nuovo quella cosa unica che siamo stati un tempo.
-Brit
-Sì?
-Ora smetterai, non
è vero?
Insomma, ora sono qui, è tutto finito, ora quel…
quello che fai finirà,
giusto?; c’è una leggera speranza
nella sua voce, come una supplica, come se il
senso di colpa per ciò che ha fatto lo stesse corrodendo
dentro. Mi stacco
dall’abbraccio per guardarlo in faccia. Per tutto quel tempo
non avevo fatto
altro che impazzire dal dolore della sua perdita, senza nemmeno aver
pensato a
un suo possibile ritorno. Ed ora? Sarebbe tornato tutto come prima?
Come se
niente fosse successo? Eppure qualcosa è successo, ed ha
segnato completamente
la mia vita, cambiandola radicalmente. No, non può tornare
tutto come prima. Il
tempo non si dimentica con le parole anche se noi lo vorremmo. Il tempo
non si
può cancellare e basta. Gli errori sono lì e le
loro conseguenze pure, fissate
sopra il mio braccio. Ora che guardo Niall noto la sfumatura diversa
con cui i
miei occhi e il mio cuore lo percepiscono. Lui è
l’unico che può salvarmi, ma è
anche stato la causa stessa del mio male. Come posso di nuovo fidarmi
di una
persona che mi può indurre a distruggere me stessa? Eppure
la sua mancanza mi
distruggerebbe ancora di più. Che fare?
-Niall io…
credo che solo il
tempo potrà dirlo.; Pensare a smettere di
tagliarmi equivale a provare altro
dolore. Ormai fa parte di me, io e la lametta siamo una cosa unica
così come lo
eravamo io e Niall. E’ l’unica cosa che poteva
farmi sentire viva, non so se
riuscirei a rinunciarci.
-Brit, giuro su me stesso
che farò tutto ciò che è in mio potere
per poterti far star meglio, ti aiuterò
come potrò…
-Lo dici solo
perché sei
invaso dal senso di colpa?
-Brit ma che dici? No,
io…
tu non mi credi? Non mi credi se ti dico che non ho mai smesso di
pensare a te
per tutto questo tempo?; sembra davvero sincero e le
lacrime sul suo volto lo
provano, mi piange il cuore vederlo così.
-Sì ti credo,
ma ho bisogno
di tempo e di fatti.; mi ristringe tra le sue braccia e
rimaniamo così per un
tempo che non saprei descrivere.
Sono passate settimane dal
mio riappacificamento con Niall. Ormai mi ero abituata al fatto che lui
non
sarebbe più tornato, e invece eccolo qui. Non ho ancora
realizzato quello che è
successo, è come se questo mese fosse stato tutto un sogno.
E’ difficile
pensare che io possa tornare così di punto in bianco quella
di prima,
nonostante NIall non faccia altro che chiedermelo. La mia vita ha avuto
cambiamenti radicali in così poco tempo che devo ancora
rendermene veramente
conto. Ormai il dolore fa parte di me e il mio fisico di ricominciare a
mangiare
o dormire non ne vuole sapere. Tantomeno di smettere di tagliarmi.
Niall è
sempre più preoccupato, cerca in tutti i modi di aiutarmi e
convincermi che non
posso continuare così, eppure tutto questo per me
è diventato il mio modo di
vivere, è come una droga, non riesco a smettere e
più provo a farglielo capire
più lui cerca di convincermi del contrario. Forse dovrei
continuare nascondendoglielo,
facendogli credere che ho smesso. No, non posso mentire a una persona
che amo così
tanto e soprattutto dopo tutti gli sforzi che fa per aiutarmi. Il mio
braccio
concorda con lui, dovrei farla finita una volta per tutte.
Ci
provo, ci sto provando davvero a smettere e
più il tempo passa più mi taglio raramente, ma
è difficile. Il richiamo della
lametta per me è pari
a quello di un
cocainomane quando si trova davanti la sua droga preferita. Eppure lo
faccio,
ci provo, ci devo riuscire per lui che crede in me. Lui che
è stato la causa
per cui ho iniziato e lui che sarà la causa per cui
smetterò. Con il tempo tendo
a tagliarmi sempre meno, Niall mi lascia i miei spazi e non chiede
assillandomi
come sto o quante volte ho strisciato la lametta o se l’ho
fatto. Lui si fida
di me e mi da tempo. Mi perdo in lui quando mi sta accanto. Nonostante
sto
riducendo i tagli sono sempre più magra e la cosa lo
spaventa. Posso combattere
la mia testa che mi grida ‘tagliati’ ma non posso
comandare la mia fame che
sembra sparita.
Niall decise di trasferirsi
da me quando i miei partirono per lavoro e ci rimarrà per
due settimane. Cucina
sempre lui e mi sta a fianco. Trova dei modi spiritosi per occupare il
nostro
tempo, ma ciò che non sa è che io potrei passare
anche ore e ore in silenzio
senza fare nulla senza annoiarmi se c’è lui con
me. Penso di non essere mai
stata così bene come lo sono in questi giorni. Mi sento una
bimba piccola che
ha bisogno di cure e Niall è lì per darmi tutto
ciò di cui ho bisogno. La mia
fiducia in lui si è ristabilita completamente. Pian piano
sto ricominciando a
prendere tutti i pasti giornalieri anche se le dosi rimangono comunque
piccole.
Lui sembra davvero contento di vedere che i suoi sforzi stanno
funzionando e
questo, devo dire, sorprende anche me. Mette amore in tutto
ciò che fa, dalla
mattina quando mi sveglia amorevolmente sussurrandomi
nell’orecchio dolci
parole per farmi cominciare bene la giornata, alla sera, quando si
stende
accanto a me e dormiamo mano nella mano. Mi accorgo che non saprei
più vivere
senza di lui, è quel fratello che ho sempre desiderato. Ed
è proprio così che
lo considero: un fratello, anche se non di sangue. Penso che senza il
suo
ritorno non sarei qui, probabilmente avrei posto fine alla mia vita un
po’ di
tempo fa. Ma lui c’è, è qui, sempre
accanto a me, che mi guarda, mi sorride e
mi fa sentire amata. E allora io lo guardo sorrido e gli comunico tutta
la mia
gratitudine per ciò che fa per me. Nonostante tutto questo
però la lametta è
ancora lì e il suo richiamo pure.
La
notte i miei sogni sono invasi da pensieri orribili che mi fanno
svegliare
all’improvviso in preda al panico. Vedere la visione angelica
di Niall che
dorme accanto a me mi calma, ma non abbastanza per impedire agli incubi
di
tornare appena chiudo gli occhi.
Con il ritorno dei miei Niall è tornato a casa sua ma ci vediamo comunque a scuola e al pomeriggio e a volte rimane addirittura per la notte. La nostra amicizia sembra quella di un tempo, lui è quello di tempo e le cose che facciamo sono quelle di un tempo. L’unica cosa cambiata sono io. Più le settimane passano più la consapevolezza del mio cambiamento appare certa. Ho vissuto la solitudine, la tristezza e la disperazione e si sono insediate dentro di me. Sono come dei mostri senza forma che tornano fuori ogni qualvolta che ne hanno voglia. Lo si nota da come interrompo bruscamente una risata, da come mi fermo all’improvviso in mezzo alla strada o come certe volte il mio umore è nero senza alcun motivo. La depressione fa parte di me ed ora lo so. L’ho accettato. Io sono questa: una lacrima di tristezza in mezzo a risate di gioia. Niente e nessuno potrà cambiarmi e nemmeno voglio essere cambiata. I ricordi del dolore provato non se andranno mai e da una parte ne sono felice, perché ho capito che sono quelli che mi fanno sentire viva, oltre al dolore fisico causato dalla lametta. Non m’importa se Niall non l’accetterà o non ne sarà felice, non può fare niente al riguardo. Nessuno può. Io sono solo la prova di quanto i gesti delle persone che più amiamo possano ferire. Forse la mia amicizia con NIall è una di quelle può essere definita come ‘vera’ e forse vedrà un per sempre, ma questo non cambierà ciò che sono diventata proprio a causa di essa. Dicono che l’amore e l’amicizia sono più forte di tutto. Allora perché non riescono a guarire me? Perché non riescono a farmi essere una ‘persona normale’? In fin dei conti queste due cose non mi mancano, Niall riempie il mio cuore come nessun altro mai potrebbe fare. Ma forse io sono solo e sempre stata questa, il litigio e l’assenza di Niall mi hanno solo permesso di capirlo e, non c’è niente che possa cambiarmi. L’autolesionismo e la depressione sono la mia vera natura.
ClaireWrite