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Autore: delilahs    16/01/2014    4 recensioni
[SPOILER HOUSE OF HADES]
Un mese da quando Annabeth e Percy sono tornati dal Tartaro, cosa proveranno? Si sa che i semidei non dormono bene. Prologo di Blood Of Olympus.
Percabeth, ovvio.
Questa fic è per Valeria. Ciao Vale, ci manchi tanto.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Hazel Levesque, Percy Jackson, Piper McLean
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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I don't want it if you are not with me




Percy scivolava sull’acqua, libero e senza pensieri, mentre il vento gli sferzava la faccia e le onde lo assalivano giocosamente. Il cielo era limpido, senza una nuvola, e il Sole era alto. Dietro di lui si sentivano le voci di decine di ragazzi che ridevano e scherzavano, schizzandosi. Il figlio di Poseidone continuò imperterrito, tuffandosi e risalendo. A venti metri dalla riva si fermò, un sorriso vispo sulle labbra, girandosi verso il litorale più lungo.
Accanto a lui Annabeth sorrideva radiosa, i capelli biondi che scintillavano al sole. La pelle era abbronzata e aveva una macchia rossa di bruciatura sul naso. Percy la trovava adorabile, mentre rideva e cercava di non soffocare, aggrappandosi al suo aitante eroe.
No, ok, sul serio Perseus” disse lei, guardandolo con un misto di orgoglio e divertimento, ma con la bocca piegata verso il basso. “Non voglio nuotare, ho paura. Quelle ninfe sono troppo… pretenziose.” continuò, facendogli l’occhiolino.
Il ragazzo la guardò, adocchiando una corrente alle sua spalle che faceva girare in cerchio le alghe e qualche pesciolino. Riportò svelto lo sguardo sul viso della sua ragazza, sorridendo furbo. Se riusciva a distrarla abbastanza a lungo.
Da quando in qua hai paura di nuotare?” chiese, sarcastico. La sua mano si mosse veloce sotto l’acqua, spaventando una paio di pesci e creano un’onda che si infranse contro la pancia piatta di Annabeth, bagnandola; contemporaneamente dietro di lei si alzò un vortice silenzioso, alto cinque centimetri.
Non ho paura di nuotare.” precisò lei, imbronciata. “Solo che non sopporto quelle smorfiose.
Ma chi, le ninfe?” chiese lui, incuriosito. Sotto la sua mano, poggiata sul pelo dell’acqua, le correnti si mossero, trascinando le alghe dietro Annabeth. Il vortice si alzò ancora.
La ragazza non rispose, improvvisamente incapace di parlare, rossa come un peperone. Borbottò qualcosa, mentre Percy rideva. La ragazza si infiammò ancora di più, stringendo le braccia. Sembrava volesse trattenersi dal tirare un pugno al suo ragazzo – e lo avrebbe fatto – se solo un onda alta due metri non l’avesse sommersa da dietro, mandandola a salutare i pesci.
Da sotto l’acqua uscirono una marea di bolle, e Annabeth riemerse, uno sguardo omicida negli occhi.
MA SEI RINCOGL-“ iniziò, non riuscendo a concludere quando le labbra di Percy si posarono sulle sue.
Ah no!” commentò Annabeth, cercando di allontanarsi “No, no, no, no. Non è possibile che mi affoghi quasi e poi speri di cavartela con un bacio!” concluse, girandosi di spalle impettita e camminando verso la riva – ancora con i piedi in acqua –
Percy la raggiunse a nuoto, arrivando dove l’acqua non era più alta di un metro e mezzo. La afferrò per i fianchi, e la mise di fronte a lui. Piego le labbra all’ingiù, storcendo il naso e cercando di sembrare adorabile.
Piccola,” la chiamò, facendola sussultare “Pensavi davvero che ti avrei fatto affogare nelle alghe e ti avrei lasciata andare? Non te ne andrai via da me. Non di nuovo.
Annabeth non rispose, la testa abbassata. Respirava piano, come se stesse borbottando o gemendo. Percy si avvicinò, sorridendo, e aprì le braccia. Quando la ragazza si girò, però, il suo sorriso si trasformò in una smorfia di terrore.
La figlia di Atena sorrideva, malinconica, tendendo il braccio verso Percy, che all’improvviso sembrava lontano centinaia di metri. La serenità della ragazza si trasformò presto in paura, e poi in terrore, mentre la sua mano iniziava a sanguinare, sporcando il lago di rosso.
PERCY!” urlò, piangendo, osservando il suo braccio che si riempiva di sangue e crepe. Sembrava più scuro del solito, come bruciato. La pelle cadeva a brandelli, staccandosi dal braccio abbronzato, carbonizzata come se Annabeth avesse attraversato un forno. Come se il forno fosse dentro di lei.
Il figlio di Poseidone aprì la bocca, ma non fece in tempo a dire una parola che Annabeth si chinò, agonizzante dal dolore, cacciando un urlo quando anche il suo petto si riempì di sangue, proveniente da vari fori nella pelle, sui fianchi e sotto il seno. Il costume si inzuppò di liquido rossastro e amaro, mentre attorno a lei nuotavano famelici ed enormi mostri marini. La ragazza urlò ancora, il braccio carbonizzato e la pelle sul petto bucata, sforacchiata all’altezza dei polmoni. Allora Percy capì.
ANNABETH!” urlò, cercando di raggiungerla invano. Ma in un attimo il cielo e il mare erano diventati neri e l’acqua sembrava respingerlo, invece che favorirlo.
Da lontano, osservò impotente la sua ragazza che si dibatteva nell’acqua, sofferente, cercando di fermare il sangue. Cadde sulle ginocchia, affondando per metà nel fondale improvvisamente putrido e appiccicoso. Si guardò intorno, come cercando qualcuno.
PERCHE’ MI HAI LASCIATA SOLA NEL TARTARO? IO MI FIDAVO DI TE!” urlò, delirante, mentre a poco a poco veniva invasa dalle tenebre. Percy singhiozzò, impotente, costretto a contemplare orripilato quello spettacolo da lontano.
Quando alzò la testa e il ragazzo poté vederla in faccia – per l’ultima volta – Annabeth strillò, più di terrore che di dolore. Davanti agli occhi impotenti del suo ragazzo, le sue pupille si dilatarono sempre di più, diventando sempre più chiare, dal grigio tempesta al grigio chiaro. E poi bianche.
No, pensò solamente Percy. Il ricordo della maledizione e della ragazza sola ed indifesa lo sopraffecero, e le acque cominciarono ad inghiottirlo, attirandolo verso un oscurità fredda e malevola.
L’ultima sua visione fu un Annabeth terrorizzata e impotente, piegata in due dal dolore, che veniva azzannata da una empusa spuntata dal Tartaro. E poi più niente.





 

Percy! Percy, svegliati!
Il figlio del dio del mare cadde dal letto, ancora sconvolto. Si rialzò subito, osservando sconvolto Piper che lo guardava allibita. Davanti agli occhi aveva ancora il volto sconvolto di Annabeth che urlava.
Si rialzò, ansioso, fucilando la figlia di Afrodite con lo sguardo.
E’ Annabeth” sbottò lei, gli occhi allucinati e pieni di occhiaie.
Percy si alzò, incredibilmente sveglio e vigile, e corse fuori dalla stanza, seguendo Piper, che svoltava correndo tra i corridoi della Argo II. Per la strada incontrò Hazel, i capelli riccissimi sparati in tutte le direzioni, Leo, con doppie borse sotto gli occhi e la sfera di Archimede in mano e Jason, che stava aspettando fuori dalla porta di Annabeth.
Gli altri li raggiunsero, Frank e il coach Hedge ancora scarmigliati dal sonno. Percy guardò distrattamente l’orologio appeso al muro, illuminato da una luce fioca. Segnava le quattro e mezza di mattina.
Che è successo?” chiese totalmente terrorizzato, memore del suo incubo.
L’ho sentita gridare alle quattro, sono venuta qui, ma lei non vuole farci entrare. Nessuno di noi. Piper ha provato a convincerla, ma non sembra funzionare. E sfondare la porta peggiorerebbe solo le cose.” riferì triste Hazel, indicando la sua camera accanto.
E avete aspettato mezz’ora per svegliarmi?
I ragazzi si guardarono sconsolati, e Percy capì cosa intendevano. Non è che lui fosse conciato tanto meglio della sua ragazza. Un mese che erano tornati dal Tartaro e ancora non potevano essere lasciati da soli per più di tre ore che cominciavano ad avere le allucinazioni. Percy si era ripreso, più o meno, ma Annabeth non aveva fatto altro che peggiorare. Sogni strani, tendenze solitarie, e solo Percy riusciva a parlarle. I ragazzi erano confusi. La figlia di Atena era un po’ il capo di quella missione, la mente. E ora neanche ci stava tanto bene con la testa.
Okay. Ci provo io.” acconsentì il ragazzo dagli occhi verdi, spostando i ragazzi con un gesto della mano.
Si accovacciò accanto alla porta, bussando un paio di volte.
Annie? Posso entrare?” chiese, rendendosi conto di quanto la sua voce fosse roca.
Da dietro la porta si sentì un gemito, poi lo scattare di una serratura e la porta si apri di mezzo centimetro.
P-perc-?“ chiese la ragazza dagli occhi grigi, singhiozzando.
Il figlio di Poseidone scivolò dentro l’apertura stretta, ritrovandosi a sbattere contro la porta che la ragazza aveva chiuso furiosamente. La osservò, alla luce della luna calante. Aveva i capelli scarmigliati, e gli occhi da.. pazza. Non l’aveva mai vista in quello stato, neanche quando l’aveva presa dalla tana di Aracne o neanche nel Tartaro – o quasi –
Percy vedeva il terrore negli occhi di Annabeth, come se la sua mente – per quanto allenata fosse – non riuscisse più a contenere tutti gli incubi dei ricordi. Il Tartaro aveva lasciato cicatrici in entrambi, ma a differenza di Percy, la figlia di Atena si era chiusa in se stessa. Non voleva l’aiuto di nessuno, ed ecco come si era ridotta.
Mentre pensava, Percy sentì qualcosa di bagnato contro la sua maglietta e vide che Annabeth era crollata, come se i muscoli l’avessero abbandonata. Piangeva silenziosamente e intensamente, aggrappata alla maglietta del ragazzo. Goffamente, Percy le accarezzò i capelli, mormorando parole di conforto. Ma vedere la sua ragazza – che era sempre stata la più forte del gruppo – ridotta in quello stato, era troppo doloroso anche per lui. Anche per il Tartaro. Per tutto, Annabeth non poteva continuare a stare così. Non si poteva andare avanti ad incubi e pianti, per poi ricominciare da capo.
Annie, guardami.” le disse piano, alzandole il mento con due dita.
Gli occhi di lei erano gonfi e rossi dal pianto, terrorizzati come se fossero appena usciti da un tunnel degli orrori. Percy si rese conto, a suo malgrado, che probabilmente anche i suoi dovevano essere così, dopo il suo incubo tremendo. Si vide riflesso negli occhi d’acciaio liquido della ragazza, e distrattamente notò che sul pavimento erano sparsi i cocci di vetro di qualche bicchiere.
La strinse di più a sé, e iniziò a parlare, commosso, mentre cercava di calmare i singhiozzi della sua ragazza.
Amore, lo so che è dura. Lo so che è difficile. Ci stiamo male tutti e due, e devi sapere, assolutamente, che non è colpa tua. In alcun modo. Tu sei la ragazza migliore che io abbia mai conosciuto e non potrò mai smettere di ringraziare gli dei perché anche tu pensi questo. Ma io non ce la faccio a vederti così. Da un mese a questa parte, ogni notte, io sogno di perderti. Poi mi sveglio, e mi rendo conto che ti sto perdendo ogni giorno che passa. Non devi fare tutto da sola. I ragazzi stanno malissimo per te, e stanno ancora peggio perché non possono aiutarti. Io stesso non so cosa fare. Mi sembra sempre di salvarti, perché ogni volta che stai male, io arrivo e sto con te, e tu sembri viva. Sembri di nuovo la ragazza di cui mi sono innamorato. Ma poi dormo, e nei mie sogni tu non ci sei più. Ti prego, Annabeth, non voglio perderti anche nella realtà. Tu ti puoi fidare di noi. Non credere che non sappia quello che hai tentato di fare tre giorni fa. Non provarci mai più.” si interruppe, prendendo un lungo respiro per evitare di scoppiare a piangere “Perché tu puoi anche pensare che anche se tu non ci sei, il Sole resta dov’è, la Terra continuerà a girare, le stelle brilleranno, e la vita continuerà. Magari è vero. Ma io non le voglio se non ci sei tu con me. Sei tu la mia vita, in questo momento. Siamo legati, ricordi? Non andrai via da me di nuovo, vero? Me l’hai promesso, Annie. Non puoi infrangere la nostra promessa.
Alzò gli occhi al cielo, certo che se avesse detto un’altra parola sarebbe scoppiato a piangere e buonanotte.
Quando li riabbassò, sorpreso, vide che Annabeth lo stava fissando. Gli occhi erano ancora rossi e allucinati, ma non avevano più quella scintilla di terrore che li rendeva tanto tristi e distanti. Sorprendentemente, la ragazza annuì piano contro il suo petto, e poi, come se quel gesto l’avesse sfiancata, si appoggiò sul petto di Percy e si addormentò.






 
Angolo Autrice:
E niente, mi scuso per questa ff che è un po' il risultato di uno sclero.
Voglio dedicarla a Valeria, una ragazza di diciotto anni che conoscevo e che
si è suicidata stamattina.

Adesso sei libera, angelo.
Nell'Elisio degli Eroi.
   
 
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