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Autore: Heronstark    17/01/2014    11 recensioni
Una ragazza spezzata e un ragazzo con mani di seta. Un amore contro la ragione,
"Un'intensa fitta alla testa mi riscosse e dovetti richiudere gli occhi. Il dolore aumentava, sembrava eterno. Una lama rovente che si rigirava nel mio cervello, mille aghi sulle pelle.
La luce del sole era più calda, più rovente.
E iniziai a bruciare."
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi butto in questa impresa, forse un po' fiolle e pretenziosa, ma spero vi piaccia.
Vi prego solamente di lasciare una recensione, grazie.
Heronstark.

 


PROLOGO

The sun's shining.

 

 

Bip. Bip. Bip.
Sentivo il sole sulla pelle riscaldarmi come se fosse la dolce carezza di una madre. Attraversava le mie palpebre creando uno splendido caleidoscopio di colori.
Mossi le dita della mano destra, sentendo come un peso all'estremità dell'indice. Ero sdraiata su qualcosa di morbido, odorava di buono, di pulito e di asettico.
Sentivo dei passi, voci attutite che si sovrapponevano fino a creare un insieme di rumori che mi aiutavano a non pensare.
Aprii leggermente le palpebre, intravedendo una finestra che si affacciava su un bosco, i raggi del sole che mi illuminavano il viso. Verde e oro.
Un'intensa fitta alla testa mi riscosse e dovetti richiudere gli occhi. Il dolore aumentava, sembrava eterno. Una lama rovente che si rigirava nel mio cervello, mille aghi sulle pelle.
La luce del sole era più calda, più rovente.
E iniziai a bruciare.

14 ore prima.

“'Fanculo Jason, la strada!” Urlò Melanie al di sopra della musica che usciva dalla radio e ci faceva rimbombare la cassa toracica. La Land Rover di Jason viaggiava a cento chilometri all'ora sulla strada che collegava Roxbury a Denville, appena fuori New York. Era da mezz'ora che avevo gli occhi fissi sul contachilometri, terrorizzata, le mani strette sul poggiatesta davanti a me. La strada era tutta curve, immersa in una fitta vegetazione che soffocava la strada come una cappa, i rami che si allungavano sopra di noi come lunghe dita. L'orologio sul cruscotto segnava le 02:23. Eravamo di ritorno da una festa in una fattoria vicino Roxbury. Era una di quelle feste in cui non serve essere 'in' per entrare, basta portare della Vodka o qualcos'altro per correggere il punch, e sei a posto. E' stata una festa tutta alcol, musica e baci rubati nei bagni.
Una di quelle feste dove le persone come me se ne stanno appiccicate alla pareti, a disagio, con una voglia matta di rinchiudersi in una stanza a leggere Harry Potter o a vedersi l'ultima puntata uscita del loro show preferito delle CW.
Ho sentito dire che Mary fa una cazzata!”
Devi assolutamente vedere l'episodio!”
I. Miei. Fottuti. Sentimenti.”
E ora stavamo tornando, Jason ubriaco alla guida, Stacey di fianco a me mezza fatta, che sonnecchiava appoggiata al vetro freddo del finestrino e Ken (sì, come il fidanzato di Barbie) che ci raccontava una storia fin troppo dettagliata su questa contadina bionda che ha avuto l'onore di conoscere nel bagno del seminterrato.
Seduta fra me e Stacey, Melanie, coi codini colorati che le ondeggiavano sulle spalle a ritmo di musica.
Erano tutti ubriachi, eccetto me, che durante la festa avevo accettato da un cowboy sorridente un bicchiere di punch, di cui avevo rovesciato il contenuto in un vaso.
Avevo insistito per guidare, ma, sarà per la mia bassa statura o per la mia voce sottile, nessuno mi aveva dato ascolto, e mi ritrovavo seduta sul sedile posteriore, alla fine.
La pioggia, che alla partenza cadeva leggera, ora era scrosciante e cadeva con un rumore sordo sul tetto della Jeep, sulla strada e sulle foglie degli alberi, e tutto sembrava cupo. Riuscivo a sentire il freddo infiltrarsi sotto la pelle, dentro le ossa, l'umidità strisciare sui sedili e sui finestrini, freddi e appannati.
Melanie si lanciò in un assolo di Toxic, mentre io guardavo la nostra vita di carta accartocciarsi su sé stessa, ma non me ne resi conto al momento. Era successo tutto in un momento, un fiammifero che annerisce un foglio, un battito d'ali, una risata di un bambino, un numero digitato sul cellulare.
Sdraiata nella vegetazione, la carcassa in fiamme della Jeep una decina di metri più in là, non sentivo le urla dei miei amici, non sentivo più niente.
Mi ricordo solo il tetto del bosco, l'acqua che mi cadeva sulle guance come lacrime, perché io non avevo la forza di piangere. Mi ricordo il battito del mio cuore accelerato, le mani che stringevano convulsamente il terriccio umido, un dolore sordo al fianco. Ricordo una luce bianca, delle ciglia scure. Ricordo un parola.
Scusami.”

 

 

  
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