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Autore: ChiiCat92    18/01/2014    2 recensioni
Come si sono conosciuti Riku e Sora?
Si sono piaciuti subito?
Hanno legato sin dall'inizio?
Bhè...io dico di no.
"[...]- Io sono Sora, e tutto quello che vedi qui dentro è mio e non devi assolutamente toccarlo, a meno che non te lo dica io. - il piccolo albino non può fare altro che annuire, terrorizzato da quegli occhi blu che lo fissano con insistenza - E noi non saremo mai amici, hai capito? -
- Ho capito. -
Sussurra Riku. Adesso ha veramente paura."
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riku, Sora
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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24/12/2013

 

Friendship Has Strange Big Blue Eyes

 

Riku ha cinque anni.

È un bambino tranquillo, silenzioso, timido. Parla molto poco.

Non si allontana mai dalla sua mamma senza permesso. È ubbidiente, ordinato, attento, pulito, e anche mettendosi di impegno non si potrebbe trovare un valido motivo per sgridarlo.

A Riku piace stare sulla spiaggia, costruire castelli di sabbia e raccogliere conchiglie; non sa nuotare, e quindi cerca di rimanere il più asciutto possibile. Forse ha un po' paura dell'acqua.

Quando è inverno diventa un po' triste, perché tutto diventa freddo e grigio.

Gli piacciono le verdure, soprattutto i broccoli che la sua mamma sa cucinare così bene.

È uno di quei bambini che le altre mamme indicano ai propri figli dicendo “ecco, vedi come è bravo? Perché non sei così anche tu?”, sempre sulla lista dei buoni di Babbo Natale.

C'è da chiedersi chi potrebbe mai volergli fare del male...

 

Quella mattina, Riku dorme stringendo il suo orsacchiotto preferito. Sogna una cosa tranquilla, come sempre: il mare, la spiaggia, l'ombrellone rosso che sua madre pianta sempre nella sabbia, le formine colorate per fare i castelli, un granchietto catturato tra gli scogli che cammina sul fondo di un secchiello riempito d'acqua fino all'orlo e...

- Tesoro, tesoro svegliati! -

Il bambino non se lo lascia ripetere, anche se è stanco, anche se il sogno è piacevole: apre gli occhi acquamarina e mette a fuoco la sua mamma che lo sta chiamando accarezzandogli dolcemente la fronte.

- Che succede mamma? -

Chiede, mentre si mette seduto. È sempre pronto e reattivo quando lo si chiama, anche se sta dormendo profondamente, si sveglia subito e scatta sull'attenti. “Come un vero soldatino!”, dice sempre la mamma.

Si strofina un occhio, e stringe con l'altra mano il suo orsacchiotto.

- Scusa se ti ho svegliato, ma stamattina dobbiamo andare a fare la spesa. Vuoi accompagnare la mamma, vero? -

- Certo. -

Prova a mettere in quella parola tutto l'entusiasmo di cui è capace, ma è sempre un bambino di cinque anni svegliato alle sette del mattino.

Sbadiglia, assonnato, e rabbrividisce per il freddo c'è fuori dalle coperte.

La donna gli scompiglia i capelli argentei con gentilezza.

- Sei un bravo bambino. -

Lui le rivolge un sorriso, assonnato, ma sempre un sorriso.

Poi le mostra il suo orsetto bianco, e il sorriso si trasforma in una faccina tutta preoccupata.

- Può venire anche Mopy? -

- Certo che può, mettigli un cappellino però: fuori fa freddo. -

Quasi a volersene accertare, Riku guarda la finestra. Il cielo è plumbeo, il sole coperto, il mare agitato: dov'è la calda estate del suo sogno?

Fa una faccia triste, aggrottando le sopracciglia tanto da farsi venire una piccola ruga di espressione sula fronte.

La mamma gli accarezza il viso con dolcezza. Sa già a cosa il suo unico figlio sta pensando.

- Su Riku, presto tornerà l'estate. Quest'anno devi imparare a nuotare, no? Sarà bellissimo. -

- Sì. - il bambino stringe l'orsetto - Possiamo comprare le caramelle? -
Lo chiede con gli occhi liquidi, pieni di tenerezza. Riku non chiedeva mai niente, e se lo chiedeva non era mai più di quanto credesse di avere bisogno.

Deve sentirsi molto giù per avanzare quella “dolce” richiesta.

- Vediamo. -

Risponde la donna, un po' severa.

- Mamma non ne mangio tante, solo una dopo pranzo...per favore. -

Si appende al suo braccio, con un faccino tutto da strapazzare, cercando di convincerla con la sola forza della sua tenerezza.

- E va bene, te lo meriti un premio, ma prima devo fare la spesa. - la tenerezza ha vinto! Lei lo accarezza con dolcezza e gli da un bacio sulla fronte - Adesso corri a prepararti, okay? -

- Okay! -

Salta giù dal letto, incitando il suo orsacchiotto a fare lo stesso: se fanno tardi la mamma non riuscirà a fare la spesa in tempo e non andranno a comprare le caramelle!
Si trasforma in un piccolo bolide argenteo mentre sfreccia in bagno, seguito dalla risata gentile della mamma.

 

*

 

Sora ha quattro anni.

È il Diavolo incarnato.

Passa tutto il giorno a scappare, rincorso dalla sua povera ed esausta madre. È disubbidiente, disordinato, disattento, sporco, e chiunque alle Isole del Destino vorrebbe poterlo punire per le sue malefatte.

Sora è dispettoso, indisciplinato, non da retta a nessuno se non a se stesso. Se vuole qualcosa la ottiene, perché se la prende, con le buone o le cattive.

Sua madre, disperata, si chiede spesso che cosa ne sarà di lui quando sarà cresciuto. Diventerà un delinquente, un criminale?

C'è chi proprio non se ne stupirebbe...

 

Come tutte le mattine, Sora è accucciato da qualche parte a colorare i muri di casa con i pastelli a cera. Inutili sono state le sgridate di sua madre, come inutili sono state le punizioni: a lui piace disegnare sui muri, e quindi lo fa e basta.

- Sora? Sora? - anche se sente che sua madre lo sta chiamando, lui non si scompone: deve finire di disegnare la paperella ed è tutto concentrato nel farlo, con la linguetta fuori dalle piccole labbra. - Sora?! Dove sei? -

- Qui. -

Risponde alla fine, e solo perché sua madre sembra veramente disperata.

- No, di nuovo! -

Strilla, e lui alza lo sguardo su di lei, come se fosse una persona enormemente inutile.

Perché è questo che Sora pensa di sua madre: è inutile, non gli serve a niente, è brava solo a sbraitare contro di lui e contro suo padre, e non fa mai niente di buono per lui. Quindi perché lui dovrebbe fare qualcosa di buono per lei, tipo smetterla di disegnare i muri di casa?
- Che vuoi mamma? -

Le dice soltanto, e torna a fissare il suo disegno, come se sua madre non avesse detto proprio nulla.

- Quante volte ti devo dire che non devi...oh, lasciamo stare, tanto neanche mi ascolti! - la donna sembra provata dalla stanchezza, fisica e mentale, e il fatto che il suo bambino stia lì in terra di fronte al muro bianco completamente ricoperto di scarabocchi non l'aiuta a sentirsi meglio. - Dobbiamo uscire, per favore vai a vestirti. -

- Non voglio. Tu esci, io rimango. -

Ribatte il bambino, senza neanche scomporsi, anzi, prende il marrone e comincia a disegnare un albero accanto alla paperella.

- No, non puoi rimanere, devi venire con me, papà è al lavoro e non c'è nessuno che possa badare a te. - la donna gli afferra un polso e lo tira su - Forza, vieni a vestirti. -
- Ho detto che non voglio! -

Urla Sora, con le lacrime di stizza agli occhi.

Sta per prendere il via una scenata in puro stile Sora, e la donna lo sa, tanto che quando il bambino comincia a urlare, a pieni polmoni e senza quasi prendere fiato, neanche si sorprende.

Si limita a sollevarlo di peso da terra, anche se lui scalcia e tira pugni e cerca di strapparle i capelli.

Ci vuole un grande sforzo di volontà per portarlo nella sua stanza e per vestirlo (perché di certo lui non ha intenzione di farlo da solo).

Quando vola il primo schiaffo, Sora smette di urlare e comincia a piangere, con lacrimoni palesemente fasulli e con l'espressione più stizzita che può.

- Sei cattiva, sei cattiva, ti odio! -

Urla lui, cercando di darle un pugno, ma lei lo blocca.

- Basta, stai zitto! -

Il secondo schiaffo, eccolo qui.

Sora si zittisce, costringendosi a non urlare ancora, e si morde il labbro inferiore a sangue.

Si lascia vestire e infilare il cappotto, poi la donna lo trascina fuori, letteralmente, visto che lui ha i piedi puntati a terra e non intende muovere un passo di sua spontanea volontà.

Sarà una lunga mattinata.” pensa la donna, con un diavolo per capello.

 

*

 

Riku stringe con una mano il suo orsacchiotto, mentre con l'altra tiene la presa sulla tracolla della borsa della mamma: ha le braccia impegnate per i sacchetti della spesa, e gli ha detto di reggersi in quel modo per non perdersi nella confusione, e lui che è un bravo bambino fa proprio quello che gli è stato detto di fare.

Passano davanti allo stand delle caramelle un paio di volte, ma lui non emette un fiato, anche se ha l'acquolina in bocca: come vorrebbe poterne mangiare almeno una!

Ma mamma ha detto “dopo”, e lui deve aspettare.

Vanno a comprare le verdure, il venditore indirizza a madre e figlio un sorriso cordiale. Poi si rivolge a Riku.

- Buongiorno piccolo, oggi cosa sei venuto a comprare? -

Solitamente, Riku non parla agli sconosciuti, ma dato che quell'uomo lo vedono sempre quando vanno al mercato, e dato che sua madre ha detto anche che è bene essere educati e rispondere alle domande degli adulti, lui tira su il mento, orgoglioso, e risponde.

- Le zucchine, signore. E i fagiolini...quelli lunghi, non quelli piatti. -

- Ah, ma che bravo bambino! - commenta l'uomo con un sorriso, mentre la mamma si apre in un sorriso soddisfatto. Il venditore riempie due sacchetti con quello che gli ha detto il bambino, aiutato per le quantità dalla donna, e poi glieli porge.

Riku non ha detto niente, ma ha visto che l'uomo ha infilato anche un sacchetto di con del prezzemolo e del basilico fresco nella busta, che poi non ha fatto pagare alla mamma. Forse è un regalo, perché lui gli rivolge un occhiolino e gli fa cenno di non dire niente.

Conclusa anche quella spesa, Riku sa che c'è un premio che gli spetta di diritto per come si è comportato bene e per come è stato bravo, per cui aspetta di essere portato davanti allo stand delle caramelle da un momento all'altro.

Proprio mentre stanno girando l'angolo tra la bancarella delle stoffe e quella delle candele, Riku sente un urlo, un urlo tremendo.

I suoi grandi occhi acquamarina vanno subito alla ricerca della fonte di quell'urlo, e incontrano quelli di un bambino bruno, che sta strillando come se lo dovessero ammazzare da un secondo all'altro.

Sua madre lo tira, cercando di convincerlo a staccarsi dallo stand di caramelle, ma lui strilla e scalcia così tanto che lei lo lascia cadere a terra, dove continua a contorcersi come il corpo di un serpente dopo che gli hanno mozzato la testa.

- Basta, Sora, stai dando spettacolo! Smettila! -
La donna lo supplica, ma non c'è modo di farlo smettere di urlare.

Riku si nasconde dietro la gamba di sua madre. Guarda quel bambino e i suoi occhi si riempiono di disprezzo. Come può comportarsi così? Che bambino cattivo!

Sua madre lo guarda come a dire “Hai visto? Quel bambino si dovrebbe vergognare.”

E di certo, Riku concorda.

La scenata finisce, con il bambino che rimane disteso a terra senza muoversi, solo singhiozzando sommessamente.

La madre chiede scusa a tutti i presenti, e prova a prendere in braccio suo figlio, ma lui sembra avere tutta l'intenzione di fare il peso morto, perché non l'agevolò per niente.

Riku si sente trascinato in avanti, lo sguardo severo ma accondiscendente della sua mamma lo fissa con insistenza.

Lui la segue, senza emettere un fiato.

Non si sente più neanche entusiasta del fatto che sua madre sta per comprargli le caramelle.

Rimane per tutto il tempo a fissare quel bambino.

Come l'aveva chiamato sua madre?

Sora, sì, Sora.

Sora, gli piace quel nome...ma non gli piace quel bambino.

Quando i suoi occhi blu incrociano quelli acquamarina di Riku, entrambi sanno che quella non sarà l'ultima volta che si vedono.

 

*

 

- No, Mopy, attento! C'è il drago! Aaaah! - Riku rotola a terra, stringendo al petto il suo orsacchiotto. Un drago di peluche guarda entrambi con aria di sfida da un metro di distanza. Il bambino gli striscia accanto e gli afferra il collo per fargli muovere la testa. - Adesso vi mangerò! - comincia, con la voce grossa, come se a parlare fosse proprio il drago - Vi mangerò entrambi roooooar! -

- Riku! -

Il bambino alza la testa dai giocattoli, un po' seccato di essere stato interrotto ma sempre ubbidiente.

- Sì, mamma? -

È primo pomeriggio, lui e sua madre hanno finito da poco di pranzare, e solitamente ha un'ora o due di tempo per giocare, prima che la mamma gli faccia fare i compitini: l'anno prossimo comincia scuola, e non vuole arrivare impreparato, infatti sa già leggere e scrivere, ma deve sempre tenersi in allenamento, altrimenti si dimentica tutto! O almeno...così dice la mamma, anche se a lui pare di ricordarsi tutto bene.

- Per favore, vieni un attimo qui. - il bambino lascia i giocattoli in un cantuccio, perché non esce mai senza aver ordinato le cose con cui gioca, anche se non sono proprio messi al loro posto, e raggiunge la madre in cucina. Si presenta alla mamma con lo sguardo curioso, ma anche fremente: ha una battaglia con un drago da portare a termine. - Ti ricordi quel bambino che abbiamo visto l'altro giorno al mercato? - Riku fa “sì” con la testolina argentea - La sua mamma è una mia amica, e mi ha chiesto aiuto, sai a cosa mi riferisco, vero? - E sì che lo sa, non c'è bisogno che lei si spieghi altrimenti.

- Mamma io non voglio giocare con quel bambino, è cattivo. -

La donna, al solo sentire quelle parole, sorride, intenerita: suo figlio è tanto intelligente quanto sveglio, ha capito subito dove voleva andare a parare!

- È solo un bambino che ha bisogno di un amico...potresti essere tu, che dici? -

- No mamma. - è raro che Riku dica di “no” alla mamma, molto raro. Lo dice solo quando è giusto dirlo, e quando crede di avere ragione quando gli altri gli danno torto. - Non voglio. Romperà tutti i miei giocattoli! -

- Ti porto a casa sua, giocherete con i suoi giocattoli. È solo per un pomeriggio, puoi farlo piccolo mio? -

- Ma...mamma... - ormai non sa neanche come dirle che non vuole, lei ha già deciso! Per la prima volta si sente in dotale disaccordo con lei, ma non può fare niente. - E non leggiamo? Non scriviamo? -

- Possiamo farlo domani. -

La donna comincia ad innervosirsi, e Riku sente crescere in lei l'impazienza. Sta mettendo alla prova la sua ubbidienza?

Il bambino fa un faccino infelice mentre le dice:

- Va bene. -

 

La casa di Sora, quel bambino demoniaco, non è distante dalla loro, tanto che Riku si chiede come mai non l'ha mai visto prima.

Si è portato dietro Mopy, il suo adorato orsacchiotto, per il semplice fatto che quello è suo amico...il suo unico amico.

Forse è per questo che sua madre vuole che giochi con quel bambino? Perché non le va che lui stia tutto il giorno a giocare da solo con i suoi giocattoli?

È una specie di punizione per qualcosa che non ha fatto o che ha fatto male?

Si chiede tutto questo, mentre sua madre quasi lo trascina tirandolo per una mano.

Arrivati davanti alla porta, Riku è certo che succederà qualcosa di terribile.

La mamma suona il campanello e subito da dentro si sente la corsa affannata di piccoli piedi impazienti.

Ad aprire è Sora.

- Ciao Sora, dov'è la mamma? Come mai hai aperto tu? -

Il brunetto non fa che guardare Riku, neanche ha calcolato la presenza della donna.

Riku si sente rabbrividire e si stringe alla gamba della madre come fosse la sua ancora di salvezza.

- Mia madre è al cesso. -

- Sora! - il bambino viene brutalmente spinto all'indietro, mentre una signora affannata e stanca si affaccia sulla soglia - Dovete scusarlo...entrate, entrate pure, prego. -

La faccia della donna è tutta rossa d'imbarazzo, mentre Sora ha un ghignetto soddisfatto sulle labbra.

Riku non vuole entrare in quella casa, non vuole proprio. Quel bambino continua a fissarlo con quegli occhi blu, così grandi, così strani, così spaventosi...non vuole!

Ma sua madre lo spinge e lo strattona, finché non oltrepassa la soglia e la porta gli viene chiusa alle spalle.

- Sono contenta che hai potuto portare Riku. - continua la madre di Sora - Di certo potranno aiutarsi a vicenda. -

- Lo spero. - sorride sua madre, poi si piega sulle ginocchia e gli mette le mani sulle spalle, guardandolo con un serio cipiglio - Vai a giocare, cerca di non fare troppa confusione, mi raccomando. Noi rimaniamo in salotto, se hai bisogno di qualcosa vieni pure. - gli da un bacio sulla fronte e il bambino si chiede come mai è così preoccupata.

- Vuoi venire a vedere la mia stanza? -

Gli chiede Sora. Lui stringe al petto l'orsacchiotto, guarda la mamma, guarda l'altra signora, guarda la porta...e sospira: che altra scelta ha?

Annuisce al bruno e lentamente gli va dietro.

La sua camera è in fondo al corridoio.

Gli sorge subito spontaneo fare una smorfia di disgusto non appena apre la porta: è il regno del disordine.

Ci sono vestiti a terra, giocattoli dappertutto, oggetti sparsi sul tappetto. I muri sono tutti colorati, allegramente, con paesaggi luminosi e pieni di fiori. Predominano il rosso e il giallo, come se Sora avesse disperatamente cercato di dare luce a quella stanza.

- Ti piace? -

Chiede il bambino, che neanche si aspetta una risposta, infatti va a sedersi sul tappeto e riprende quello che stava facendo prima che Riku e sua madre arrivassero: costruire un castello con le costruzioni, e poi distruggerlo con una ruspa di plastica.

- Ahm...sì, mi piace. -

Mente Riku. È vero che la mamma gli ha detto che dire le bugie non è mai un bene, ma in quel momento gli sembra di non poter fare altro.

- Siediti. - sembra un ordine, e Riku ubbidisce. Sposta con un piede un mucchio di magliette sporche e si siede di fronte a lui. A separarli c'è solo il castello di costruzioni. - Come ti chiami? -

- Riku. -

Risponde subito, e le sue manine stringono forte l'orsacchiotto. “Torneremo presto a casa, Mopy.” gli dice mentalmente per cercare di confortarlo “Non ti preoccupare.”

- Riku. - ripete il bambino bruno - È un nome veramente brutto. - lo dice con tanta leggerezza che Riku non riesce neanche ad offendersi. Fa solo una faccina triste e incassa il colpo senza dire niente. - Io sono Sora, e tutto quello che vedi qui dentro è mio e non devi assolutamente toccarlo, a meno che non te lo dica io. - il piccolo albino non può fare altro che annuire, terrorizzato da quegli occhi blu che lo fissano con insistenza - E noi non saremo mai amici, hai capito? -

- Ho capito. -

Sussurra Riku. Adesso ha veramente paura.

Ma Sora non sembra più interessato a lui, ma solo alle sue costruzioni e a quello che stava facendo.

Riku rimane nel suo cantuccio, con Mopy stretto al petto, mentre Sora aggredisce le costruzioni con la ruspa giocattolo. Piazza sulla torre più alta un soldatino di plastica e poi l'abbatte con la ruspa.

- Muori, muori, muori! -

Urla, e con le ruote della ruspa passa sopra al soldatino, imitando la sua voce che invoca aiuto.

Riku lo trova orribile, e vorrebbe alzarsi e andarsene, ma proprio quando sta per farlo, gli occhi di Sora si piazzano nei suoi e lo tengono incollato al pavimento.

- Come mai i tuoi capelli sono bianchi? -

- E come mai i tuoi sono marroni? -

Sora non sembra gradire che alla sua domanda si sia risposto con un'altra domanda, per cui fa una smorfia arrabbiata.

- Non mi piacciono, sono brutti. -

- Non ci posso fare niente. - il brunetto si alza. Si avvicina alla scrivania e fruga in un cassetto finché non tira fuori un paio di grosse forbici, di quelle che usano i grandi, con le lame affilate, e la punta non arrotondata. - Quelle dove le hai prese? Dovresti riportarle alla tua mamma. - trema, mentre Sora si avvicina a lui con quelle forbici tra le mani e un ghigno sulle labbra - C-che...che vuoi fare?! -

- Ti taglio tutti quei brutti capelli, mi fanno proprio schifo! -

Riku lancia un urlo e salta indietro, mentre Sora cerca di raggiungerlo con le forbici.

Il bambino scappa nel corridoio, verso il salotto, chiamando a gran voce la sua mamma, le lacrime agli occhi.

La madre si allarma subito e quando il bambino praticamente le salta in braccio, non si stupisce.

- Sora lascia quelle forbici! -

Sbraita sua madre, ma Sora se ne infischia, anzi, la guarda con aria di sfida, quasi volesse farla a pezzettini.

Riku piange disperatamente, schiacciato contro la spalla della sua mamma, stretto stretto al suo collo.

- Forse è meglio che ce ne andiamo, torniamo in un altro momento. -

- Sì, è meglio. -

- Quando torni ti taglierò tutti i capelli! -

- Basta Sora! -

Riku si perde il resto della conversazione, e anche il resto delle urla di Sora, perché sua madre lo porta via.

 

*

 

Benché sua madre abbia tentato diverse volte di convincerlo a frequentare ancora Sora, cosa che veramente non capisce visto che è un bambino cattivo e dispettoso, Riku non si è lasciato convincere e di conseguenza è diventato scostante e piagnucolone.

La sola idea di dover passare del tempo con lui gli fa venire i brividi, e non ha la minima intenzione di farsi tagliare i capelli...a lui piacciono!

Visto che è una bella giornata, e che sua madre gli ha dato il permesso di scendere sulla spiaggia, Riku prende i suoi secchielli e le formine e saltellando esce di casa.

Dalla finestra della cucina la mamma può vederlo giocare sulla spiaggia, e lui può vedere lei.

Si sente meglio sapendo di poter giocare un po' per conto suo.

Tenendo sempre d'occhio la finestra di casa, Riku percorre i duecento metri che lo separano dalla spiaggia, trotterellando tutto contento.

Dall'inizio dell'inverno quella è la prima volta che la mamma gli da il permesso di andare a giocare sulla spiaggia.

Il cielo è sereno, l'aria è fresca, ma il sole riscalda alla perfezione: proprio una bella giornata! Una di quelle che mettono di buon umore il piccolo Riku.

Quando è arrivato al suo solito posticino, lancia un'occhiata indietro e vede sua madre salutarlo con una mano, dopo di che lascia cadere le sue cose sulla sabbia e stende la tovaglia per sedersi.

Ha intenzione di costruire il più bel castello di sempre!

Sistema Mopy sulla tovaglia, in modo che non possa sporcarsi, e poi va a riempire l'annaffiatoio d'acqua. I piedini nudi toccano l'acqua freddina e rabbrividisce di piacere. Che meravigliosa sensazione!

Torna indietro quasi correndo, non vede l'ora di cominciare.

La mamma, tranquilla, riprende a fare le sue cose, e smette di guardarlo, anche se ogni tanto lancia un'occhiata dalla finestra.

- Avanti Mopy, adesso costruiamo il castello del Re Sabbia! - dice Riku, guardando l'orsetto come se lui potesse rispondergli. Il bambino comincia a riempire un secondo secchiello di sabbia e poi lo rovescia, creando una bella torretta omogenea. - Urrà! La prima torre è costruita! -

- Sei scemo o cosa? -

Riku si sente morire, perché riconosce subito quella voce.

Si volta, terrorizzato.

- Che ci fai qui? -

- Sono scappato. - dice solo Sora, e va a sedersi sulla tovaglia accanto a Riku - La mamma è una rompiscatole, non ci voglio più stare con lei. -

- Non si deve scappare di casa. - risponde Riku, con cipiglio severo - La tua mamma sarà preoccupatissima per te. -

- No, a lei non gliene frega niente di me. -

Senza chiedere il permesso, prende una paletta e delle formine e comincia a giocarci.

Riku storce il naso, infastidito da lui...da tutto lui, da qualsiasi cosa riguardasse lui.

Gli da fastidio quegli occhi blu oltremare così profondi e cristallini, gli da fastidio la sua vocetta squillante, gli da fastidio la sua prepotenza.

Però, per qualche ragione, non può fare a meno di stare lì a fissarlo, mentre lui costruisce una torretta di sabbia con il secchiello.

Sembra...così triste.

- Perché dici che alla tua mamma non gliene frega niente di te? -

Sora si stringe nelle spalle e tira su col naso.

È con terrore che Riku vede delle lacrime formarsi agli angoli degli occhi blu di Sora.

Lui si asciuga con il braccio, l'unico punto non sporco di sabbia, e poi continua imperterrito il suo lavoro.

- Se do fastidio anche a te me ne vado. -

Dice all'improvviso.

- No! Non voglio che te ne vai. -

Ma perché? Non saprebbe dirlo. Vuole che rimane e basta.

Il brunetto mette su un'espressione corrucciata, ma non aggiunge niente.

Per un po' rimangono a costruire i castelli di sabbia, senza parlare, finché Sora non arriva al limite massimo di sopportazione del silenzio e, mentre Riku è distratto, afferra l'orsacchiotto abbandonato in un angolo della tovaglia.

Se lo rigira tra le mani, lo prende per una zampa, lo mette sottosopra, lo fa saltellare un po' su e giù.

Non ha mai avuto un orsacchiotto come quello.

- Si chiama Mopy. -

Sora salta in aria, non si è accorto che Riku lo sta guardando.

- È solo uno stupido orso. -

Lo getta sulla sabbia e l'albino scatta in aria per andarlo a riprendere.

- Mopy! - strilla, neanche fosse stato fatto del male a suo fratello. Lo raccoglie con le manine tremanti e lo spolvera gentilmente. - Perché l'hai fatto?! -

- Non è successo niente. -

Borbotta Sora, innervosito.

- Si è sporcato tutto! -

- Sei proprio un moccioso. -

Riku stringe al petto l'orsacchiotto, gli occhi pieni di lacrime.

- Che vuol dire moccioso? -

Chiede, con la testolina leggermente piegata su Mopy, come a volerlo confortare.

- Non lo so, me lo dice sempre mio padre quando piango. “Sora, sei un moccioso”. -

- E perché te lo dice? -

- Perché mi odia. -

Riku aggrotta le sopracciglia e guarda il suo orsetto.

Da che riesce a ricordare, Mopy è sempre stato con lui, l'ha sempre accompagnato ovunque, ed è il suo migliorissimo amico.

Però...Sora...

Continua ad asciugarsi gli occhi e a tirare su col naso. Lui è solo, non ha nessun Mopy...

- Puoi averlo, se vuoi. -

Gli porge il suo orsacchiotto sentendosi come se gli stesse consegnando il suo cuore.

Sora lo guarda, con gli occhioni pieni di...di cosa? Non sono solo lacrime, c'è anche qualcosa di più.

- Ti ho detto che noi non saremo mai amici. -

Commenta solo lui, senza tendere la mano per prendere l'orsetto.

- Non fa niente. -

Riku gli sorride e gli mette Mopy tra le gambe incrociate.

 

*

 

Sora scivola silenziosamente fuori dal suo letto quando, scostando le tende, vede il sole brillare alto nel cielo, per sfuggire alle urla di sua madre.

Ma lei è già in piedi a preparare la colazione...e ovviamente lo becca.

- Se mi sporchi di sabbia la casa ti ammazzo, Sora! -

- Cercherò di non farlo allora. -

Ridacchia lui e schizza fuori dalla porta di casa.

Il sole fa bene al suo cuore, così come il cielo terso di cui i suoi occhi prendono subito il colore.

Corre sulla spiaggia, con un sorriso felice sulle labbra.

Lui è già lì, come tutte le mattine assolate degli ultimi dieci anni, inverno, autunno, primavera o estate che fosse.

Sempre lì.

Lo abbraccia da dietro con trasporto, affondando la testa nell'incavo della sua spalla.

- Sei di buon umore stamattina. -

Esordisce Riku, con il suo solito broncio arrabbiato.

- Sono sempre di buon umore. -

Gli stampa un bacio sulla guancia e si siede al suo fianco.

Rimangono per un po' in silenzio a fissare l'andirivieni del mare, mentre il giorno avanza.

Sora dondola i piedi, un sorriso perenne sulle labbra.

- Ti ricordi la prima volta che ci siamo seduti qui insieme? -

Dice Riku.

Lui crescendo ha smesso di sorridere, ma Sora ha imparato a farlo per tutti e due.

- Sì, me lo ricordo. -

Sora è sicuro che lo stia guardando, anche se tiene i suoi occhioni blu fissi sul mare.

- Adesso quindi siamo amici? -

- No. - il bruno sorride sotto i baffi. Poi si volta a guardarlo e di slancio lo abbraccia. - Noi non saremo mai amici! -

- Sora, Riku! -

I due si voltano verso la voce che li chiama, trillante come sempre.

Riku sorride, scompiglia con affetto i capelli di Sora e poi si tira su in piedi.

- Andiamo da Kairi? -

- Certo! -

- A chi arriva prima? -

Lo tenta Riku, inarcando le sopracciglia.

- Stavolta vinco io. -

I suoi occhi non avrebbero potuto essere più blu.



















The End

 

18/01/2014

   
 
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