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Autore: My Pride    03/06/2008    14 recensioni
Alto, flessuoso, ricordava vagamente un angelo. Un angelo di morte, di terrore.
Incarnava ogni terrena paura, tutto ciò di cui gli esseri umani avevano timore; incrociare il suo sguardo equivaleva a dire addio alla vita. Quegli occhi d'ambra, magnetici e intensi, riuscivano a farti dimenticare chi eri e dove ti trovavi, persino quello che stava per accaderti, ma non per quello abbandonavi quello sguardo. Ne venivi indipendentemente attratto. Era come essere vincolato da un qualcosa di feroce e potente che non aspettava altro che condurti alla morte.
Un mesto sorriso incurvò le labbra della creatura, scoprendogli i canini immacolati. «La stavo aspettando, Padre».
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Maes Hughes, Roy Mustang, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vampire's Story ~ Il Bacio del Vampiro'
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Il bacio del vampiro_Act 1 Titolo: Il bacio del vampiro
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist

Tipologia: Long fiction
Personaggi: Un po' tutti
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale

Rating: Arancione
Avvertimenti: AU, Non per stomaci delicati, OOC, Shounen ai



FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.
 
ATTO PRIMO. INCARNAZIONI DEL MALE


    La Chiesa, come ogni qual volta lui completava un sermone, era silenziosa, e nel grande atrio risuonavano solo i suoi passi sul lucido pavimento di marmo.
    Il prete si insinuò nel corridoio per raggiungere l'altro edificio dell'Abbazia, svicolando verso destra con il crocifisso argenteo ben in vista sulla veste nera. Non erano passate molte ore dalla conclusione della solita messa domenicale, e tutti i frati e i novizi consumavano in silenzio la loro cena, per apprestarsi poi a tornare nelle loro camerate. Uscì nel patio e fu investito da un vento gelido che gli accarezzò debolmente il volto, facendolo rabbrividire e stringersi nella sua veste. Sebbene fosse piena estate, quel freddo improvviso aveva stravolto l'intero paese, creando, se si aggiungeva l'aumento delle tasse, un malcontento generale. Lui, in qualità di prete, cercava in tutti i modi di calmare gli animi con le sue messe, per quanto fosse un compito per nulla facile come ci si aspettava.
     Era diventato quel che era per dare un contributo a quella società così disarticolata, per cercare di riportare la gente della sua comunità sulla retta via; erano in molti coloro che gli chiedevano consigli, specialmente donne che, dopo essersi confessate, parlavano con lui della propria vita matrimoniale. Vedevano in lui non solo la figura per eccellenza, ma anche un uomo dall'aspetto attraente. Privato delle sue vesti parrocchiali, difatti, non si poteva minimamente immaginare che fosse un uomo di chiesa. I capelli corti, d'un ebano splendente, se non venivano ritirati all'indietro ricadevano sbarazzini su un paio d'occhi d'onice che esprimevano simpatia e vivacità; il volto giovane, dall'espressione sempre serena, era una vera tentazione per qualsivoglia donna che si recava in Chiesa ad ascoltare la messa da lui tenuta.
    Si stava ritirando nella sua stanza del convento, attraversando il vasto corridoio che portava alle scale a chiocciola che davano nelle stanze dei novizi, quando incrociò proprio uno di loro, parecchio trafelato. Sempre con la sua solita calma e tranquillità, il prete gli si avvicinò, sorridendogli benevolo. «Va tutto bene, figliolo?» chiese cordiale. «A quest'ora dovresti essere nella tua stanza».
    Il ragazzo sussultò, sistemandosi gli occhiali in bilico sulla punta del naso prima di chinare il capo, come per scusarsi. «Mi dispiace, Padre, ma sono corso ad informarla che il Sindaco è qui, vi attende nella stanza accanto al confessionale», si fermò per riprendere fiato. «Dice che è urgente e deve vederla immediatamente».
    Lo sguardo del prete si accigliò. «Urgente, dici?»
    «Sì, Padre. Urgente», ripeté il ragazzo, poi, dopo aver fatto un cenno referenziale con la testa, sparì di gran carriera su per l'angusta scala, diretto alle camerate dei novizi.
    Al prete non toccò altro da fare che attraversare nuovamente il corridoio stretto e breve appena illuminato, ritrovandosi fuori nel patio, dove scoprì che aveva ripreso a nevicare. I fiocchi di neve mulinavano leggeri mossi dal vento, ed alberi e cespugli si tingevano di bianco a poco a poco. Tornò nell'edificio principale percorrendo le ampie gallerie del chiostro, avanzando sotto gli archi a volta, ritrovandosi infine nell'ampia stanza rettangolare in cui lo attendevano il sindaco e il suo primogenito, Maes Hughes, i quali lo salutarono con rispetto.
    I candelabri accesi, posti su un tavolo in mogano accanto a dei rotoli antichi, rilasciavano nell'aria un intenso odore di umidità e cera bruciata, rendendo l'atmosfera ancora più opprimente di quanto non sembrasse. I suoi due ospiti erano in piedi, e si sedettero solo quando indicò loro di prendere posto sulle due sedie presenti nella stanza, accomodandosi su un'altra dinnanzi a loro prima di abbozzare un sorriso amichevole. «Parlate liberamente, vi ascolto».
    Il sindaco si mise comodo, appoggiando la schiena alla sedia. La sua espressione tradiva un nervosismo mal celato. L'occhio verde si mosse rapido ad incrociare quelli del figlio, per poi tornare a guardare con intensità il volto del prete e trarre un lungo sospiro. «Mi spiace chiederle favori del genere, padre, anche lei ha un bel da fare ma... la città è in subbuglio», disse, giocherellando nervoso con la sua cravatta. «Stiamo passando un periodo tormentato, specialmente per quest'Inferno di ghiaccio nel mese d'Agosto».
    Il prete ridacchiò. «É dell'Inferno di fuoco che bisogna preoccuparsi, signor Sindaco», replicò, per rivolgere poi lo sguardo al suo amico. «Comunque, Hughes... potreste spiegarmi cosa succede? Devo ancora preparare il sermone per domani e ho poco tempo».
    «Ecco, Padre...»
    «Roy», lo corresse prontamente il prete con un sorriso.
    Maes scosse la testa, lanciando un'occhiata quasi divertita al padre, che aveva intanto alzato gli occhi al soffitto, quasi sconfortato. Era una battaglia persa quella di essere formale con il prete, e ormai lo sapeva da anni. «D'accordo. Come vuoi, Roy», lo assecondò. «Ci servirebbe aiuto per una faccenda molto delicata».
    «Che sarebbe...?» lo spronò a continuare.
    «
É nata una specie di caccia alle streghe, giù in paese».
    «Uhm... una caccia alle streghe?»
    «Esatto, Padre
», si intromise il sindaco. A causa di questo freddo improvviso e pungente sebbene debba far caldo, il raccolto scarseggia e le piante gelano... la gente ha paura che si tratti di una maledizione».
    «Ma dovrebbero ben sapere che sono tutte sciocchezze. Abbiamo già avuto una invernata così anticipata», fece scettico. «E oggi nessuno mi sembrava agitato come affermate voi».
    «Questo perché nell'arco di sei ore è successo altro», aggiunse, restando per lunghi istanti a contemplare la biblioteca alle spalle del prete, ostentando interesse. Lo sguardo, diventato cupo, ritornò sull'uomo di chiesa. «Più di otto persone sono... morte, Padre».
    «Morte? Per cause naturali o...?»
    «Oh, no no. Le circostanze sono misteriose», la voce si abbassò, divenendo quasi un sussurro. «Nessun infarto, nessun segno d'arma da taglio, nulla... solo due fori all'altezza del collo. La gente teme... qualche incarnazione del male».
    Il prete sbatté le palpebre, incredulo, cominciando forse a comprendere di che cosa stessero parlando i due uomini; si alzò e camminò mesto per la stanza sotto gli sguardi apprensivi e quasi spaventati dei suoi ospiti, che si stringevano in continuazione nella spalle. Incarnazioni del male... seppur uomo di chiesa, non credeva a certe cose. Sollevò una mano per portarsela al petto e afferrare la croce, stringendola forte nel palmo. «Temono, dunque?» chiese, interessato.
    La risposta, bisbigliata con un fil di voce tremante, gli arrivò rapida e fulminea, lasciandolo di stucco. «Vampiri».
    Il prete restò in silenzio, avvolgendoli in uno stato di mistica contemplazione. Tutto ciò che si udiva era il vento ululare contro la finestra, facendo muovere i vetri. Lo sguardo gli finì automaticamente sulla Bibbia posta sul tavolino, accanto ad una lampada ad olio. I tratti del suo volto erano indecifrabili, non si riusciva a capire cosa stesse pensando. «Non mi dica che crede a queste dicerie popolane, signor sindaco», disse serio, guardandolo.
    «Anche lei dovrebbe crederci, Padre, è un uomo di chiesa», ribatté.
    «Io credo in Nostro Signore, ma non riesco a concepire che esistano creature come...» si interruppe per un secondo, per poi continuare con disprezzo. «...i vampiri», e pronunciata quella parola, si sentì d'improvviso il rombo di un tuono. La nevicata aveva lasciato il suo posto ad un temporale; la pioggia cominciò a picchiettare contro i vetri sempre più ferocemente, come persone insistenti che chiedevano di poter entrare e chiedere asilo.
    Hughes, che fino a quel momento non aveva partecipato attivamente alla conversazione, arrischiò una domanda. «Come si spiegano, allora, i segni sul collo?»
    «Qualche assassino psicopatico che ha deciso di uccidere così le sue vittime per far ricadere la colpa sui presunti vampiri», rispose prontamente.
    «Non avevano nemmeno più una goccia di sangue, in corpo», continuò Maes, ignorando la nota d'ilarità che aveva sentito trasparire dalla voce del prete. «La pelle era raggrinzita contro le ossa, mi sembra poco probabile che un normale assassino riesca a fare certe cose».
    «Cosa volete che faccia? Io diffondo solo la parola del Signore».
    «Abbiamo intenzione di andare alla ricerca di questa creatura, e ci chiedevamo se potesse unirsi a noi», affermò il sindaco.
    «Avete qualche indizio?» domandò rassegnato. Non avrebbe fatto cambiare loro idea nemmeno nell'alto dei cieli.
    «Non esattamente. Ma volevamo dapprima controllare quell'antico maniero al limitare della foresta», si alzò dalla sedia, facendo cenno al figlio di fare lo stesso. «Domani sera, nella sala delle riunioni giù al comune, si riuniranno gli uomini e le donne della città, e decideremo chi partirà e chi resterà in paese. Lei sarà dei nostri, Padre?»
    Il prete rifletté un po' su quelle parole. Era ancora parecchio scettico, ma dopo un po' di tentennamenti, acconsentì. «Verrò... non preoccupatevi di nulla».
    «Grazie, Padre».
    A conversazione conclusa, il prete restò solo nella stanza, guardando pensieroso ogni singola goccia di pioggia che si infrangeva contro il vetro. Vampiri... più ci pensava, più tutta quella storia gli sembrava assurda. A differenza dei frati e dei monaci che conosceva, e quelli presenti nella sua stessa Abbazia, lui non riusciva a concepire l'idea che potessero esistere creature così simili all'uomo, ma che si nutrivano del loro sangue. Non ci riusciva, per quanto potesse sforzarsi. Era inutile. Però, se sarebbe servito a rassicurare la sua comunità, avrebbe anche potuto andarci, a quel raduno.
    Si ritrovò a vagare con lo sguardo sugli antichi tomi in latino, catturandone alcuni parecchio particolari come se concentrarsi su di essi potesse in qualche modo cancellare la conversazione appena avuta. Era entrato in quella Chiesa alla tenera età di dieci anni, aveva trascorso quasi tutta la sua vita lì dentro, ma non si era mai soffermato su un'attenta lettura di quei testi, e forse sarebbe stato un buon momento per cominciare a diradare i pensieri.
    Padre Roy si alzò con un sospiro, riattraversando il grande edificio per giungere alla sua camera e inginocchiarsi accanto al letto, recitando il Padre Nostro e l'Ave Maria, per poi rimettersi in piedi; si coricò sul materasso senza nemmeno togliersi l'abito monacale, troppo stanco anche solo per pensare di farlo.
    La giornata che sarebbe sorta sarebbe stata lunga, e si prospettava inquietante.



ATTO PRIMO. FINE





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