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Autore: kateausten    18/01/2014    7 recensioni
È strano.
È veramente strano quello che le persone possono trovare nella propria memoria. Se solo si mettessero a scavare, se solo si prendessero un momento di tranquillità, di silenzio dal caos della vita, se solo lo facessero, allora si troverebbero davati ad episodi ormai superati, a momenti e persone che si credevano superati per sempre.
Non è così, non si dimentica mai e Ginny Weasley lo sa bene.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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È strano.
È veramente strano quello che le persone possono trovare nella propria memoria. Se solo si mettessero a scavare, se solo si prendessero un momento di tranquillità, di silenzio dal caos della vita, se solo lo facessero, allora si troverebbero davati ad episodi ormai superati, a momenti e persone che si credevano superati per sempre.
Non è così, non si dimentica mai e Ginny Weasley lo sa bene.
Ginny ha anche imparato la delicata arte del ricordare, dello scavare, perchè certe volte è l'unica cosa che può fare, l'unica cosa a cui può aggrapparsi.
Hogwarts non sembra Hogwarts in quel periodo. Sembra più buia, più sporca, più desolata che mai.
Ginny pensava che solo i Grifondoro, i Tassorosso e i Corvonero soffrissero per l'accaduto, del ritorno di Tu Sai Chi, delle sparizioni, uccisioni, marchi verdi nel cielo.
Invece, con sua somma sorpresa, aveva visto anche alcuni Serpeverde, soprattutto quelli più piccoli, vivere con disagio quella situazione di morte.
Sgusciavano per i corridoi, appiccicati ai muri, coincolti -come tutti- in una guerra di cui non capivano il senso.
Mentre Ginny si rigirava fra le lenzuola nelle notti buie, sempre più buie, rimpiangeva la vecchia Hogwarts, piena di luce e studenti che ridevano e studiavano e non erano terrorizzati ad aprire la Gazzetta, terrorizzati nel leggere un cognome conosciuto e amato.
Pensava e pensava e scavava sempre più a fondo, perchè solo così si teneva viva, solo così c'era un po' di luce e il buio non la inghiottiva.
Dettagli, dettagli, dettagli.
Una finestra del terzo piano aperta che dava sul campo di Quiddicht. La Torre di Astronomia piena di modellini di pianeti. Silente, vivo e gioviale, che batteva le mani e augurava un buon anno a tutti quanti. Le luci del Ballo del Ceppo. L'odore della neve che entrava da ogni fessura del castello.
Era con questi pensieri che Ginny si addormentava, scaldando il gelo che sentiva dentro e respingendo il buio che sembrava inghiottirla.

                                               *

È strano cosa possono trovare le persone nei meandri della propria memoria, se solo si concentrassero, se solo scavassero un po' meglio.
È un'operazione delicata, perchè uno può essere bravo a scavare ma soprattutto, soprattutto deve anche saper maneggiare i ricordi che tornano a galla. Con cura. Con mani precise e ferme.
Alcuni ricordi hanno il potere di distruggerti e perseguitarti. E dopo non si può dire "Oh, che sbadato" e seppellirlo nuovamente.
Una volta tirato fuori, va affrontato.
"Lui se ne è andato".
Ginny si maledì nel momento stesso in cui lo pensò. Nel groviglio di coperte in cui si avvolgeva la notte, solitamente cercava di mantenere pensieri neutri.
Era ovvio che pensasse a Harry.
Ci pensava tutto il giorno, a tutte le ore, ogni minuto, secondo, respiro, perchè non sapeva se era vivo o se era morto e quello poteva essere stato l'ultimo respiro che aveva fatto in un mondo dove Harry Potter era ancora vivo.
Ma di giorno andava bene, non c'era pericolo che il ricordo di Harry la schiacciasse, perchè poteva tenerlo dentro di se come un talismano e nel frattempo complottare con Neville, Luna o chiunque dell'ES; lanciare occhiate di disgusto a Piton; sognare di lanciare una maledizione ai Carrow.
Ma quella era una notte in cui Ginny si sentiva stanca e debole e il buio sembrava sempre più scuro ed ebbe paura. Voleva la luce dei suoi ricordi. Quella più potente.
E allora fece quello che si era proibita di fare da quando lui era partito insieme a Ron e Hermione. Da quando si erano baciati in camera sua quel 31 luglio che ormai sembrava appartenere a un'altra vita.
Penso' a lui, a Harry.
E scavò, senza nessuna protezione, nessuna precauzione, ansiosa di trovare quella luce che l'avrebbe salvata.
Così, ricordò.
Ricordò le ultime volte che si erano incrociati per i corridoi della Tana e sorridevano imbarazzati. E quando loro due, insieme a Ron e Hermione, avevano giocato a Quiddicht e lei guardava Harry, invece della Pluffa, perchè era così bello -per lei-, così libero -con il vento che gli arruffava i capelli-, così suo.
E poi andò ancora più indietro, scavando e scavando, trovando ricordi che non sapeva neanche di possedere.
Quel giorno, del quarto anno, in cui aveva sorriso a Harry ma lui stava guardando Cho Chang. Quella mattina del terzo anno, quando a colazione le aveva versato del succo di zucca nel calice e e lei si era sentita felice tutta la giornata. Un pomeriggio del secondo anno, nella Sala Comune, mentre giocava a scacchi con Ron e rispondeva a una domanda di Hermione.
Poi, Ginny strizzò forte gli occhi e si obbligò a scavare ancora di più.
La maglietta di Harry era grigia e sformata, i capelli un ammasso sconvolto e gli occhiali appiccicati con il nastro adesivo. Le unghie erano mangiucchiate e le mani stringevano talmente forte il manico del carello che Ginny aveva notato le nocche bianche.
L'aveva guardata solo per qualche secondo, un'occhiata distratta- così come sarebbero state tutte le sue occhiate nel corso degli anni-, poi aveva chiesto a Molly Weasley come attraversare il muro per raggiungere il Binario Nove e tre quarti. Era talmente sperso che Ginny si ricordò di aver provato una tenerezza così devastante da riempire tutto il suo metro e cinquanta.
L'aveva visto scomparire dietro al muro, così come l'avrebbe visto scomparire dietro a un peso che si ingigantiva sempre di più, anno dopo anno, e che adesso lo aveva allontanato da lei, forse per sempre.
Ginny aprì gli occhi: aveva il cuore dilaniato, un groppo alla gola, un peso sullo stomaco che le schiacciava le viscere.
Mai più, si disse. Mai più.
Ma in quel momento, non sapeva come ne tantomeno il perchè, si sentì osservata, guardata, studiata. Possibile, possibile che Harry la stesse pensando con la stessa intensità con lui lei pensava lui?
Non lo sapeva e forse era solo un rimedio inconscio per cercare di stare meglio dopo aver scavato, ma il buio era meno buio e il freddo meno freddo e Ginny, per la prima volta dopo molti mesi, si addormentò tranquilla.

(..) e dopo un po' Harry si ritrovò ad aprire la Mappa solo per guardare il nome di Ginny nel dormitorio delle ragazze, chiedendosi se l'intensità con cui lo fissava riuscisse a insinuarsi nel suo sonno, se lei in qualche modo potesse sapere che lui la pensava e sperava che stesse bene.
                                                       Harry Potter e i Doni della Morte
  
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