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Autore: kestrel88    18/01/2014    1 recensioni
anni 80.
2082 per l'esattezza.
il mondo è cambiato, e con esso le persone, ma l'innocenza di un bambino non cambia mai.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I frutti dell'albero della conoscenza

 

-Sofia non aveva mai visto il mare.

Nei suoi quasi dieci anni di vita non ci era mai stata di persona, nemmeno una volta.

Amava guardare documentari e film ambientati in località marine, ma, nonostante questo suo forte desiderio, la sua casa era nel centro della città di Nuova Londra e i suoi genitori lavoravano tutto l’anno al centro di robotica avanzata, quindi non avevano mai tempo per lunghi viaggi.

Sofia però si abbandonava all’immaginazione, inventava storie di mirabolanti viaggi in nave, sottomarini che esploravano gli abissi dell’oceano e, quando andava a dormire, appena chiudeva gli occhi si ritrovava in un vecchio faro, come quelli che esistevano prima che la tecnologia navale si automatizzasse.

Così, mentre si affacciava alla piccola finestra incrostata di salsedine della sua fortezza personale, il rumore delle navette che sfrecciavano davanti alla sua reale abitazione si trasformava nell’infrangersi impetuoso delle onde contro la scogliera, una frenata troppo brusca mutava nel richiamo dei gabbiani e il suono quasi impercettibile delle porte del bus che si aprivano e si chiudevano diventava lo sfiatatoio di un delfino, o magari di una megattera, anche se la bambina sapeva bene che nel mondo reale erano quasi estinte ed ormai si potevano trovare solo in cattività negli enormi parchi-riserva del pacifico.

Ma questo non le importava, perchè dal suo faro poteva chiaramente vedere i grandi cetacei che si tuffavano tra le onde e gli alti spruzzi di schiuma bianca che provocavano quando emergevano per respirare.

Sofia amava il suo faro, lo considerava il suo posto speciale, il suo nascondiglio segreto anche se sapeva bene che si trovava solo nella sua immaginazione, ma ciò non le impediva di tornarci ogni volta che lo desiderasse.

Così la bambina continuò a visitarlo, fino al giorno del suo decimo compleanno.

I suoi genitori erano davvero eccitati per lei, poiché la mattina dopo la loro bambina avrebbe sostenuto la procedura di passaggio e sarebbe ufficialmente entrata nel mondo degli adulti, come era consuetudine da ormai più di cinquant’anni.

Sofia però era nervosa, poichè dopo il passaggio la sua vita sarebbe totalmente cambiata.

Innanzitutto non avrebbe più frequentato la scuola di socializzazione, che serviva per “formare individui equilibrati e ben integrati nella società”, come diceva sempre la sua maestra, la signora Whinterfall, ma avrebbe dovuto scegliere un gruppo di ricerca per dare il suo contributo al mondo, come era dovere di tutti i cittadini dell’unione occidentale.

I suoi genitori avevano sempre sperato che scegliesse il gruppo di ricerca robotica, per seguire le loro orme, ma la passione di Sofia per il mare e le creature che lo abitavano l’aveva sempre portata a prediligere la ricerca ambientale o magari biologica.

La giornata passò in fretta e, giunta l'ora di dormire la bambina trovò non poche difficoltà nel prendere sonno, ma fortunatamente i suoi abissi personali riuscirono a calmarla ancora una volta facendola cadere in un sonno popolato da magnifiche balene e possenti squali toro.

La mattina dopo i genitori accompagnarono Sofia alla Grande Università.

Assieme a lei c'erano altri bambini della sua stessa età con i rispettivi genitori, ma questo non la aiutava affatto a tranquillizzarsi come voleva farle credere sua madre.

Aspettarono per un tempo che le parve infinito in un'ampia sala d'attesa con le pareti indaco pallido illuminate da ampie finestre.

Finalmente arrivò il loro turno, sul grande schermo che troneggiava sulla parete principale apparve il loro numero e il codice della stanza dove dovevano recarsi.

La camera spaventò Sofia, rendendola più nervosa di quanto già non fosse.

Le pareti erano tutte completamente bianche e non c'era traccia di finestre, la luce era prodotta da lampade a led che si confondevano con il soffitto, anch'esso perfettamente bianco.

Nell'insieme la stanza evocava un'idea di sterilità, come una sala operatoria, o l'interno delle fabbriche con la catena di montaggio che Sofia aveva visto qualche volta in televisione.

La cosa che la spaventava di più però era anche la prima che saltava all'occhio, l'unica che spiccava su tutto quel candore come una macchia di pece in mezzo alla neve.

Si trattava di una poltroncina di pelle grigia affiancata da quello che la bambina avrebbe potuto scambiare per il macchinario che usava sempre il suo dentista, se non fosse stato per il grosso casco che vi era collegato.

Ad un tratto sulla parete di fronte si aprì una porta che solo un occhio esperto avrebbe potuto notare e che si richiuse tornando a scomparire nel muro, solo dopo aver lasciato entrare un uomo alto, con i capelli brizzolati e un lungo camice bianco, dando l'impressione che fosse comparso dal nulla.

Si presentò come il professor McGregor e si concentrò subito su Sofia, salutandola con fare amichevole.

La bambina pensò che sembrasse un uomo gentile e che avesse un bel sorriso e questo, insieme alle parole della madre, la aiutò a tranquillizzarsi e a sistemarsi sulla poltrona nel mezzo della stanza.

L'uomo gentile la rassicurò dicendole che, anche se il macchinario poteva fare paura, la procedura non era affatto dolorosa e le consigliò di rilassarsi pensando a qualcosa di piacevole.

Immediatamente il pensiero di Sofia tornò al suo faro e quasi non si accorse dell'anestetico che stava respirando, ma, prima di sprofondare in quell'incoscienza artificiale, vide le luci del computer accendersi e sentì il professore annunciare ai suoi genitori l'inizio del download.

 

Sofia aprì gli occhi e per un momento rimase accecata dalle luci a led della stanza.

Dedusse che non fosse passato troppo tempo dall'inizio del processo, eppure sentiva distintamente che qualcosa era cambiato.

Il professore la salutò come se la vedesse per la prima volta, le chiese come si sentisse e, dopo la sua risposta positiva, le domandò quale fosse la radice quadrata di due.

La bambina non riuscì nemmeno a chiedersi cosa fosse una radice quadrata che quell'informazione, assieme alla risposta alla domanda del professore, comparve nella sua mente, come dal nulla.

In un primo momento Sofia rimase interdetta, ma poi rispose con voce incerta ripetendo ciò che, senza spiegazione, sapeva essere giusto.

Il professore sorrise soddisfatto e annunciò la buona riuscita del primo download.

Sofia era sempre più confusa, una miriade di informazioni cominciarono a riversarsi nel suo cervello rendendole impossibile concentrarsi su altro o semplicemente formulare un pensiero autonomo.

Il professore spiegò a lei e ai suoi genitori che la confusione iniziale era perfettamente normale e che dopo un paio di giorni sarebbe migliorata, allora sarebbero potuti tornare per il download della professione.

I suoi genitori salutarono il professore e la riportarono a casa.

La testa le doleva molto, sentiva le tempie pulsare all'impazzata e, appena arrivati all'abitazione, Sofia chiuse tutte le finestre della sua camera e si raggomitolò sotto le coperte.

I suoi genitori non la disturbarono e lei cercò in tutti i modi di dormire, ma con scarsi risultati.

Decise allora di fare visita ai suoi abissi personali, ma questa volta nessuna magnifica creatura marina li abitava.

Allora la bambina capì cosa era cambiato, i suoi occhi si riempirono di lacrime e un profondo dolore si impadronì di lei, come se le avessero staccato un arto.

Non sarebbe mai più potuta tornare al suo faro.

  
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