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Autore: AmeOokami    18/01/2014    1 recensioni
"Io appartengo solamente a questa dimensione, io mi formo all'interno di questa placenta dalla quale non voglio andar via. Io non voglio nascere, non voglio il big bang, voglio la tranquillità e non la tempesta."
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Poche volte mi è capitato di sentirmi veramente felice. 
Ho capito però di non poter parlare, esprimere ad alta voce ciò che provo, perché quella vampata di calore che ti scuote il petto e irradia luce nel tuo cuore è solo una bastardata momentanea che non si dovrebbe mai, mai, far uscire fuori. La prova? Ciò che tu stai sentendo non è altro che una proiezione di ciò che la tua mente immagina avverrà nel futuro, e si sa che a parlare troppo presto poi nascono i guai. 
Ho imparato che non devo più far vedere ciò che sento. Mi rende vulnerabile, mi ammazza lentamente. 
Solo una volta mi è capitato di chiudere gli occhi e credere di poterli riaprire con le vesti di un'altra persona. 
Ho capito che esiste un contatto di anime, non parlo di roba religiosa o quant'altro, o forse sì, ancora non ho ben capito. Parlo di quando senti la tua propria personalità, ma allo stesso momento percepisci di appartenere a qualcosa di più grande. Ho sempre parlato di questo filo invisibile che ti collega alle persone, che delle volte è tagliente sì, perchè troppo teso, ma che è quell'appiglio a un qualcosa che non ti fa sentire solo. 
Io sono io, vero. Io sono uno, come diceva Pirandello. Ma non mi sento centomila, no, per niente. So che mi preoccupo del giudizio della gente, so che ognuno mi vede in modo diverso, ma so che in realtà quella, questa, non sono veramente io. 
Io sono io, sotto le mie coperte, al mare, in montagna, davanti a una tazza di the durante l'inverno, con l'ombrello sopra la mia testa, nascosta dallo sguardo della gente sotto la pioggia, in quegli attimi in cui la mia vita mi da spazio per isolarmi dal resto del mondo e apparire realmente come sono. Una sempre troppo troppo, una sempre troppo indietro, una sempre troppo esaltata e una sempre troppo depressa. 
Ma quando chiudo gli occhi, io non sono più io, quell'io che vede la gente. Io sento quel filo, quasi impercettibile, labile, come un po' di vento fresco tra i capelli. 
Io divento uno, nessuno e neo-uno. Visualizzo il filo, lo tendo come una corda di chitarra, e poi la faccio vibrare, per vedere fin dove arriva. Non molto lontano, a distanza di qualche battito, ma per ora troppo delicato e fragile perchè possa aprire la porta della gabbia in cui sono racchiusa. E allora mi annullo, vuoto intorno a me.
Poi un improvviso senso di tranquillità mi avvolge, arriva come il tepore del camino in una giornata troppo fredda, come la medicina che pian piano ti fa passare il dolore. So da dove proviene. Non molto lontano, a distanza di qualche battito. E non sono più io ad annullarmi, ma il mondo stesso intorno a me, come se fossi presente in un vuoto infinito nel quale sono energia solo le sue parole, sono empatia solo i suoi pensieri. 
Io appartengo solamente a questa dimensione, io mi formo all'interno di questa placenta dalla quale non voglio andar via. Io non voglio nascere, non voglio il big bang, voglio la tranquillità e non la tempesta. Quel luogo che non è luogo, quel momento che non ha un tempo, quella dimensione in cui tutto si dimentica e due piccole parti si cercano, sono vicine e si riconoscono, ma non si toccheranno mai realmente. 
Voglio il mio io, quell'ordine prima del caos.
  
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