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Autore: ParonMellonParelthon    18/01/2014    3 recensioni
Il testo contiene alcuni SPOILER de “Il Marchio di Atena” SOLO nel PRIMO CAPITOLO.
Dal testo:
"-Mentre incontrastabile il tempo scorre,
Otto semidei verso l'ignoto dovranno correre.
Una divinità da tutti dimenticata,
Dimostrerà che a nessuno è mancata.
La tavola infame dividerli potrà,
Se l'unione della natura il fato non cambierà.
Il torrido clima della foresta pluviale
Indicherà loro la strada per la festa mortale.
Laddove il barlume di un antico zaffiro
Determinerà quell'ultimo sofferto respiro.-
Ora ero davvero sconvolto. Lo scheletro, la profezia... che stava succedendo?"
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Hazel Levesque, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer:
'Questi personaggi non ci appartengono, ma sono proprietà di Rick Riordan; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.'


Premessa:
Malgrado questa ff sia ambientata dopo la fine del “Figlio di Nettuno” e l'inizio de “Il Marchio di Atena”, ad esclusione del primo capitolo, il resto della storia NON contiene alcun tipo di SPOILER del terzo e quarto libro.



 
Ω Percy Ω






Erano arrivati.
I semidei greci mi avevano raggiunto, finalmente. Ad esclusione di Annabeth, non conoscevo nessuno di loro, ma venivano dal Campo Mezzosangue, e se la mia ragazza si fidava abbastanza da intraprendere questo viaggio con loro, allora mi sarei fidato anch'io.
Quel ragazzo, il famoso pretore Jason, era con i greci che stavano arrivando, ne ero certo. Hera aveva scelto volontariamente i leader dei due campi per far conoscere le parti, cercando di evitare una guerra violenta e insensata. Ma poteva anche evitare di cancellarmi la memoria...
Presi a braccietto Hazel alla destra e Frank alla sinistra, ed uscimmo dal Senato per unirci alla folla di romani assipati vicino al Pomerium.
Cittadini, legionari, Lari e fauni. Erano proprio tutti là, con il naso all'insù, che guardavano qualcosa nel cielo.
Alzammo anche noi lo sguardo, osservando la nave imponende che stava scendendo lentamente.
Era un trireme greco, ma a differenza di quelli che avevo visto sui libi di storia antica al Campo Mezzosangue, quello era tre volte più grande. Scudi di Bronzo Celeste circondavano la nave, ma non ne conoscevo il motivo.
Sarebbe andato tutto bene, o almeno speravo. I Romani non avrebbero attaccato perché Reyna aveva ordinato di attendere, ma se chiunque su quella nave avesse fatto un passo falso, la Dodicesima Legione Fulminata non avrebbe esitato un solo momento per difendere il Campo, e allora sarebbero stati grossi guai.
Non avevo idea di dove fosse atterrata la nave ma, con mia grande sorpresa, questa si limitò a fermarsi una decina di metri sopra le nostre teste, librandosi leggera nel cielo.
Stavano per scendere, me lo sentivo.
Per l'appunto, qualche minuto dopo, una scaletta di corda con pioli di legno calò dalla fiancata destra della nave, penzolando fino a mezzo metro da terra.
Una figura controluce comparve alla sua estremità, e compì l'atto di scendere. Essa venne seguita da altre sette figure. Tra di loro si potevano distinguere dei lineamente prettamente femminili, ed altri maschili. Una in particolare aveva evidenti gambe caprine, da ciò si poteva dedurre che fosse un fauno -satiro, secondo i Greci -. Molto probabilmente era il mio migliore amico Grover, compagno di numerose imprese. Lo avevo visto in sogno qualche giorno prima, grazie al nostro legame telepatico, ma la visione non era durata a lungo, forse perché il nostro legame si stava dissipando lentamente. Per fortuna, ora riuscivo a ricordare tutto.
Il mio arrivo al Campo Mezzosangue, la scoperta di essere figlio di un Dio greco, le imprese, la guerra contro i Titani, il mio scontro con Crono. Ricordavo ogni singola cosa. E ovviamente anche tutti i momenti passati con Annabeth. L'avrei rivista dopo circa otto mesi. Non stavo più nella pelle. Avevo sentito tanto la sua mancanza, e il fatto che fosse l'unica di cui mi ricordassi prima di riacquistare la memoria, me l'aveva fatta mancare ancora di più. Contavo i secondi che mi separavano dal rivederla, dal riabbracciarla, dal baciarla nuovamente.
Il primo a toccar terra fu un ragazzo di media statura, con una matassa di ricci neri ricoperti di una sostanza untuosa -forse olio per motori- e un sorrisetto sarcastico, o meglio ghigno, che non prometteva nulla di buono. Indossava una camicia bianca, con macchie nere, e in vita portava una grossa cintura per gli atrezzi. Sembrava appena uscito da un'officina meccanica.
Con la coda dell'occhio vidi Hazel assumere un'espressione strana, quasi sconvolta. In effetti, osservandolo meglio, notai una certa somiglianza con il ragazzo della foto che Hazel ci aveva mostrato in Alaska. Anzi, sembrava proprio lui. Come era possibile dopo più di settant'anni?
Con mia grande sorpresa il satiro non era Grover ma qualcun'altro che blandiva una clava come fosse un giocattolo.
Dietro di lui, un ragazzo alto, con i capelli biondi ed una fanciulla con la maglietta arancione del Campo Mezzosangue lo affiancarono. Lui aveva occhi azzurri come il cielo dopo una tempesta e una piccola cicatrice vicino al labbro superiore. Emanava potenza e autorità da tutti i pori. Era senza dubbio Jason. La ragazza, invece, aveva la pelle color caffelatte e, malgrado avesse i capelli tagliati probabilmente da con un tosaerba e i pantaloni rattoppati, era bellissima. Proprio come una figlia di Afrodite, pensai. Malgrado la bellezza della ragazza mi avesse distratto, la mia attenzione venne subito catturata dall'ultima figura che stava scendendo dalla scaletta. Il mio cuore prese a martellare forte nel petto. Aveva lunghi capelli biondi e indossava la maglietta del mio vecchio Campo. Era indubbiamente lei, Annabeth. La mia ragazza.
Prese posto accanto a Jason, e fece scorrere lo sguardo su tutti i romani, cercando qualcosa -o qualcuno-.
Vedevo il suo sguardo farsi sempre più preoccupato ogni secondo che passava. E poi fermò i suoi grandi occhi su di me. Mi aveva visto.
Sollievo, felicità, paura, confusione... nei suoi occhi leggevo tutto questo. E poi c'era l'amore...
Volevo correrle incontro, abbracciarla, baciarla... ma non potevo. Dovevo aspettare che Reyna desse il consenso.
Non ce la fecevo più. Una forza invisibile mi spingeva ad avvicinarmi a lei...
Lasciai perdere Reyna e il suo assenso, e corsi incontro alla ragazza dai capelli biondi. Nello stesso momento lei si mosse nella mia direzione. La distanza tra noi si fece via via più corta, fino a diventare nulla. Finalmente di nuovo insieme. Mi si buttò addosso mentre io la trinsi in un poteroso abbraccio, sollevandola da terra. Affondai il viso nei suoi capelli, respirando il suo profumo. Sapeva di Annabeth.
Dopo un tempo che mi sembrò infinito, sollevò il viso dalla mia spalla. Aveva le lacrime agli occhi ma sorrideva come non l'avevo mai vista.
-Presumo che questo voglia dire che ti ricordi di me, eh?- sussurrò quasi impercettibilmente.
-Non mi potrei mai dimenticare di te, Sapientona.-
La strinsi più forte e la baciai. Mi era mancata così tanto.
-Non lasciarmi mai più, promettimelo.- temevo che scoppiasse a piangere per non smettere mai più. Ma ovviamente lei era Annabeth e non sarebbe crollata per così poco.
-Te lo prometto. Anche se dovesse cadere il mondo, non ti lascerò più. Staremo insieme finché la morte non verrà a prenderci, è una promessa.-
Avrei voluto stare da solo con lei ma, in quel momento, era impossibile.
Lentamente tornammo alla realtà. Più tardi ci sarebbe stato tempo per parlare in privato, ma in quel momento avevamo cose più importanti a cui pensare. Per esempio, a come evitare una guerra civile.
Arrossii leggermente, quando mi accorsi che tutti i presenti ci stavano fissando, come se fossimo la cosa più strana del mondo.
Anche Annabeth sembrò accorgesene e, con mia sorpresa, arrosì più di me.
Se avessi prestato più attenzione alla massa di cittadini romani, e non alla mia ragazza, avrei visto la maggior parte delle donne sorridere. Qualcuna, addirittura, si asciugava le lacrime.
Eravamo davvero così commuoventi da far piangere le persone? Magnifico. Punto a nostro favore. Sciolsi l'abbraccio, ma tenni la mano intrecciata alla sua. Volevo sentirla vicina il più possibile.
I ragazzi venuti dal mio Campo Mezzosangue si avvicinarono, proprio mentre Reyna ci stava raggiungendo.
Il ragazzo con i capelli mori si avvicinò al pretore e sfoderò un sorriso smagliante.
-Noi venuti in pace. Non vogliamo distruggere vostro campo. No. No. Noi venuti in pace. Noi buooni.- nel mentre si era portato l'indice alla guancia, ruotandolo come fa la mamma con il proprio bambino quando questo non vuole mangiare la pappa.
Cercai di non ridere. Ryna lo stava guardando come guarderebbe un fauno vestito con un gonnellino hawaiano balare la macarena.
Jason scosse il capo portandosi una mano alla fronte. Hazel, dal canto suo, sembrò ancora più confusa di quello che già era.
Il figlio di Giove avanzò, mettendosi di fronte a Reyna e accennò un piccolo sorrisetto.
-Ciao Reyna. E' un piacere vederti.-
-Jason Grace.- disse impassabile. -E' passato quasi un anno da quanto sei sparito.-
La ragazza, che ero certo fosse figlia di Afrodite, si avvicinò al pretore e sorrise.
-Veniamo dal Campo Mezzosangue, siamo semidei greci. Credo che ci siano parecchie cose di cui dobbiamo discutere. C'è un posto privato dove potremmo andare?- e posso giurare che la sua voce mi indusse a pensare ad ogni luogo con un po' di privacy che conoscevo lì al Campo Giove.
Arrivò un ragazzo alto dai capelli biondi, con dei peluche legati alla cinta. Ottaviano, ovviamente. Si avvicinò e, con un'espressione sbalordita, protestò.
-Reyna, ragiona. Non possiamo parlare in privato. Tenteranno di ucciderci! Loro stanno sicuramente tramando qualcosa per distruggerci!-
Reyna lo guardò aggrottando le sopracciglia.
-Ottaviano, siamo in un campo pieno di romani pronti a combattere alla prima occasione. Per gli Dei, come fai a pensare che abbiano la possibilità di ucciderci? Inoltre se li portassimo al Senato non potrebbero portare armi.- disse. -Comunque penso sia meglio parlarne davanti a del cibo caldo. E magari semza armi.- aggiunse col beneficio del dubbio.


Ci dirigemmo alla sala del pranzo. Mi sedetti vicino ad Annabeth sulle panche comode del Campo Giove, mentre tutti gli altri prendevano posto attorno al grande tavolo dei pretori.
Io indossavo ancora la toga che avevo messo per andare in Senato, accorgendomene solo ora che avevo complessità a sedermi. Cercai di accomodarmi in tutti i modi, ma era davvero difficile. Annabeth, vedendo che avevo problemi, cercò di non ridere, ma dovevo sembrare davvero molto buffo. Alla fine mi sedetti alla bell'e meglio ma sentii uno strappo di stoffa dietro alla schiena. Annabeth fece uno sforzo enorme per trattenere le risa. Me ne sarei occupato dopo.
Mi guardai intorno. C'era uno strano clima lì.
I greci si guardavano attorno, meravigliati dalla grande quantità di persone presenti nella stanza. I romani, invece, continuavano a lanciare occhiate al nostro tavolo, come se avessimo potuto attaccare da un momento all'altro.
Guardai Reyna e mi accorsi che stava cercando di sembrare tranquilla, ma era nervosa come tutti gli altri. Sapeva solo nasconderlo bene.
Il cibo ciminciò ad arrivare. Arrosto di tacchino, patate al forno, bistecche alla griglia, pesce aromatizzato... il cibo svolazzava per la stanza in cerca della persona giusta.
-Non sapevo che il cibo potesse volare. Che figata! Da noi invece devi solo pensarci... è una noia in confronto a questo.- disse Leo ad un certo punto.
Reyna tossicchiò. -Allora... direi prima le presentazioni.-
-Leo Valdez, comandante supremo di quello spettacolo di nave. E tu?- disse Leo sogghignando.
Reyna lo ignorò, rivolgendosi ad Annabeth.
-Presumo tu sia Annabeth. Sei fortunata ad avere Percy... ti vuole molto bene.- Annabeth mi guardò interrogativamente. -E tu chi sei?- riprese il pretore guardando la ragazza seduta accanto a Jason.
-Sono Piper McLean, figlia di Afrodite. E' un piacere per me conoscerti.- sorrise la ragazza.
Reyna la guardò cercando di nascondere una smorfia. Nessuno lo sapeva per certo, ma io sospettavo che fosse gelosa di Piper. Dopotutto Jason aveva scelto una figlia di Afrodite al posto suo.
Prese un respiro e parlò -Siamo... lieti di avervi qui al Campo Giove. Raccontatemi la vostra storia.-
I ragazzi raccontarono di come avessero sconfitto il gigante Encelado e liberato Era dalla sua prigione.
Reyna ascoltò il racconto annuendo ogni tanto per incoraggiarli a continuare. Sembrava approvare ciò che ascoltava anche se il suo viso non rivelava nulla. I ragazzi erano stati molto coraggiosi, ora forse si sarebbe fidata un po' di più.
Poi toccò a me, Hazel e Frank narrare della nostra impresa eroica nell'Alaska e di come fossimo tornati in tempo al Campo Giove per evitare che venisse distrutto.
Infine discutemmo della grande profezia.
Reyna annuì. -E così questa profezia... da quel che ho capito siete qui perché i sette ragazzi devono essere scelti tra greci e romani.-
Annabeth annuì.
-Quindi presumo che tu, Jason, Piper e... scusa come ti chiami?- chiese rivolta a Leo, il quale sbarrò gli occhi preso alla sprovvista.
-Leo, Leo Valdez. Te lo ho detto poco fa.-
Reyna fece un gesto noncurante con la mano. -Sisi, certo.- poi si voltò verso Annabeth. -Dicevamo, voi quattro siete i semidei greci... giusto?-
Presi parola io -Si e gli altri tre siamo io, Hazel e Frank.-
Vidi Ottiaviano strozzarsi quasi con il boccone di fagiano che stava masticando. Divenne prima bianco cereo, poi viola ed infine rosso peperone. Tossì mentre nessuno accorreva in suo aiuto. Una voglia improvvisa di vederlo morire strozzato, mi assalì.
Quando si fu, sfortunatamente, ripreso aveva le lacrime agli occhi ma appariva ugualmente oltraggiato.
-E perché dovresti essere proprio tu a decidere chi deve partecipare a questa missione? Per di più ora abbiamo tre pretori ed è contro le regole di Roma.- esclamò.
-Non abbiamo deciso noi, Ottaviano, ci hanno scelto gli Dei.- dissi guardandolo male. -E chiudi il becco.-
Mi lanciò uno sguardo assassino, quello che di solito riserva ai suoi peluche mentre li tagliava, e continuò: -Ma non si possono avere tre pretori! Inoltre per decidere chi dei semidei parteciperà all'impresa bisogna consultare gli auguri! E...-
-Chiudi il becco!- esclamammo io e Jason all'unisono.
Ci squadrammo, annuendo e sorridendo soddisfatti. Era figlio di Giove e non mi andava molto a genio, ma su una cosa sembravamo essere d'accordo. Ottaviano doveva tacere.
Ci lanciò un ultimo sguardo indignato e riprese a mangiare, rosso di rabbia.
Reyna non nascose un sorrisetto soddisfatto. Ma subito il suo viso ritornò serio e, alzando la voce perché tutta la Legione santisse, disse: -Romani, domani mattina, alla decima ora, si terrà la seduta in Senato per decidere della missione. Sono invitati a parteciparvi tutti i Senatori e i Lari, e ovviamente i nostri ospiti Greci.-
Le cinque Centurie guardarono il loro pretore, chi annuendo, chi borbottando con il compagno vicino, ma nessuno sembrò voler obbiettare.
Molti ragazzi mandarono sguardi contrariati nella nostra direzione, come se si aspettassero un attacco da un momento all'altro.
Ottaviano cercò nuovamente di prendere parola, ma io e Jason gli lanciammo un'occhiataccia e lui ci ripensò.
-Ci fissano tutti. Cosa abbiamo che non va?- chiese Annabeth.
-Non si fidano di voi.- le rispose Reyna. -Siamo romani. E' nella nostra natura sospettare dei Greci. E' stato così fin dal principio, e sempre resterà così.-
Jason guardò Reyna. -Abbiamo il pomeriggio libero? Vorrei far vedere a Piper Nuova Roma.-
La faccia del pretore si congelò. Anche io che non capivo molto in fatto di relazioni umane capivo che quello che aveva detto Jason era da suicidio.
-Amico sei proprio nei guai.- gli dissi.
Mi guardò un po' confuso, poi Reyna gli rispose gelida: -Si. Certo.-
Jason le sorrise ma lei non lo guardò. Piper, dal canto suo, guardò preoccupata Reyna. Credevo che, come figlia di Afrodite, si fosse accorta della strana tensione tra il suo ragazzo e il pretore.
Mi voltai verso Anabeth che stava osservando la scena incuriosita.
-Mi piacerebbe farti vedere il Campo.- le dissi.
I suoi occhi grigi si illuminarono.
-Certo! Voglio assolutamente vedere il Foro e il Senato. Ho sentito dire che sono delle ottime riproduzioni delle opere originali.-
-Tu e il tuo amore per l'architettura.- le dissi scuotendo il capo. -Non lo capitò mai.-
Lei mi guardò seria. -Testa d'Alghe, le assurdità che dici mi sono mancate.- disse. -E mi sei mancato tu.-
Era la cosa più dolce che mi avesse mai detto, il che era tutto dire. Mi alzai e le tesi la mano. Lei l'afferrò e si tirò su, mettendosi al mio fianco.
-Noi andiamo. A dopo, ragazzi.- dissi, e li lasciammo lì.
Potevo finalmente stare solo con lei dopo tanto tempo.


Usciti dalla sala pranzo ci incamminammo per la via Principia in direzione dei Templi. Le volevo far vedere tutto il panomara dall'alto. Sapevo per certo che le sarebe piaciuto molto.
Era così bello riaverla accanto a me.
Camminammo in silenzio e in perfetta armonia. Quando eravamo al Campo Mezzosangue, nelle poche settimane prima che io sparissi, avevamo l'abitudine di svegliarci presto la mattina e di fare una passaggiata nel bosco. Arrivavamo in una radura poco illuminata ai confini del Campo e poi tornavamo indietro, tenendoci per mano ma rimanendo in silenzio.
Ora stavamo facendo la stessa cosa. Solo che non eravamo al Campo Mezzosangue e non stavamo passeggiando in una radura.
Era come ritornare ad avere una routine quando entrabi sapevamo che non sarebbe durata più di quel pomeriggio.
La sua mano era calda, nella mia. La sentivo famigliare. Tutto di lei era famigliare anche se le erano cresciuti i capelli.
Continuavamo a camminare e lei si guardava intorno, esaminando ogni cosa, meravigliata.
La capivo benissimo. Quando Hazel mi aveva portato a fare quel giro, solo una settimana prima, ne ero rimasto sbalordito. Un pensiero mi tormentava la testa ma decisi di non dire nulla. Prima dovevamo tornare vivi dalla missione e poi, forse, le avrei esposto la mia idea di costruire una vita lì, al sicuro, con me. Ovviamente sempre che tornassimo illesi dalla vera Roma.
-Questo posto è.. incredibile.- sussurrò estasiata.
Sorrisi, e le risposi: -Si, è bellissimo.-
Ci sedemmo su una panchina, sempre tenendoci per mano.
-Allora, Sapientona, che mi racconti? Il Campo è sempre lo stesso? Oppure i fratelli Stoll lo hanno distrutto durante la mia assenza?-
Lei rise -E' sempre lo stesso. Ma macava una cosa.-
La guardai confuso. -Cosa?-
-Tu.- disse sospirando. -tutti hanno sentito la tua mancanza.-
Le misi un braccio in vita e la strinsi a me.
-Lo so, ma ora sono qui. Siamo insieme e questo è ciò che conta.-
Stemmo in silenzio per qualche minuto, lei con la testa appoggiata alla mia spalla e io in beata armonia con me stesso. Tirava un leggero venticello che alleggeriva il caldo torrido dell'estate in arrivo. Si preannunciava una lunghissima stagione.
-Alzati.- le dissi all'improvviso.
-Perché?-
-Perché voglio vederti bene, così, casomai venissimo separati di nuovo non per nostra volontà, io avrei un'immagine di te che sorridi.-
Annabeth mi studiò per qualche istante, poi si alzò dalla panchina e girò su se stessa. Non persi neanche il più piccolo dettaglio.
-Vedo che in mia assenza qualcosa è cambiato.- le dissi quando si rimise a sedere.
Lei mi guardò alzando un sopracciglio.
-Beh, hai messo su qualche chiletto sul fondoschiena, tesoro.- le feci notare.
Lei mi guardò male, e mi diede uno schiaffo. -Sei sempre il solito idiota, Testa D'Alghe.-
Detto ciò, girò sui tacchi e marciò via, in una direzione qualsiasi. Non avevo paura che si perdesse, dopotutto era Annabeth, ma la seguii.
-Dai, Annabeth. Aspetta!- la chiamai correndole dietro.
-Non ho intenzione di aspettarti se l'unica cosa che mi sai dire dopo nove mesi e che ho messo su qualche chilo, che tra parentesi è completamente falso.- urlò senza voltarsi.
Eravamo arrivati nella zona residenziale e stavamo attirando l'attenzione di tante -troppe- persone.
-Scherzavo, dai. Mi conosci.- dissi mentre cercavo di raggiungerla.
Lei continuava a passo spedito verso una meta imprecisata, ignorando le mie parole.
All'improvviso si voltò e io mi dovetti fermare per non travolgerla. Mi puntò l'indice sul petto e assunse l'espressione che usava sempre quando mi rimproverava, ovvero quella assasina.
-Prova ancora una volta a chiamarmi grassa e preparati a sentire la mancaza di un occhio perché diventerà così gonfio da non riuscire a vedereci per settimane.-
Alzai le mani in segno di resa e indietreggiai piano piano.
-Ok, ok. Scusami.- le dissi, cercando di trattenere un sorrisetto. Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e si guardò intorno.
-Ma queste persone abitano qui?- chiese a nessuno in particolare.
-Beh sì. Sono semidei che ormai non fanno più parte della Legione. Hanno deciso di mettere su famiglia e di costruirsi una vita, ehm, normale, e il Campo è la miglior opportunità per essere al sicuro dai continui attacchi di mostri.- le risposi.
-Wow. È magnifico.- esclamò spalancando gli occhi. Ora più che mai volevo parlarle della mia idea a stabilirci qui, ma non volevo rovinare tutto un'altra volta. Così la presi per mano e la condussi a visitare il Foro. Nel tragitto ci imbattemmo in Achille che stava giocando con la Signora O'Leary.
Quando il segugio infernale mi vide mi corse incontro, saltandomi addosso.
-Ehi bella. Sta buona. Mi sei mancata molto anche tu.- le accarezzai il folto pelo soffice.
Mi diede una generosa leccata riempiendomi di bava infernale. Annabeth sorrise alla scena. Poi la cagnolona trovò divertente l'idea di buttarmi per terra, così mi diede una testata contro la spalla e caddi a gambe all'aria.
Questo fece ridere ancora di più la mia ragazza. Mio malgrado sorrisi anch'io. Mi era macata la sua risata.
Finito il giro turistico del Campo andammo a cenare con tutti gli altri. Jason e Piper raccontarono di come ogni persona che avevano incontrato li avesse fermati per chiaccherare con il pretore. Il Coach Hedge aveva "pascolato" sulle colline, esercitandosi con le nuove mosse imparate guardando Chuck Norris. Mentre Leo era stato rincorso per tutto il Campo da un fauno piuttosto infuriato. Il figlio di Efesto aveva accidentalmente dato fuoco alla sua finta coda di carta.
Tra cibo e risate arrivò sera. Mi accorsi che quella diffidenza iniziale non c'era più... forse, dopotutto, saremmo riusciti a convincere i romani a collaborare. Magari si sarebbero fidati dei miei amici greci e una tragica guerra fra i due campi sarebbe stata evitata.
Stanco salutai la mia ragazza con un bacio e mi diressi al dormitorio della Quinta Divisione per coricarmi. Anabeth e Piper dormirono in una piccola stanza riservata ai visitatori occasionali del Campo, mentre Leo dirmì con la Quinta Coorte. Jason andò nel suo appartamento da pretore, apparentemente felice di ritornarci.
Mi stesi sul letto e chiusi gli occhi. Avevo una strana sensazione che mi sarebbe servito molto riposo per affrontare le giornate seguenti.



 
Mellon e Parelthon vogliono dedicare questo capitolo
alla fantastica Paron
per rigraziarla di tutto.
nella speranza che torni presto con noi.
Grazie.


Angolo ParonMellonParelthon:
Ringraziamo calorosamente tutti coloro che sono arrivati fin qui a leggere.
Quelle che stanno scrivendo sono tre autrici (ragazze liceali con la fissa per la saga di Percy Jackson) che hanno voluto provare a fare questa cosa. Ci fa molto piacere che abbiate letto fin qui, e non vi biasimeremo se ora non leggerete più questa storia. Credeteci, vi capiremmo alla perfezione.
La trama della storia è tutta farina del nostro sacco (in verità quasi completamente di Paron, ma sono solo dettagli), e abbiamo dciso di non introdurre nessun personaggio nuovo.
Veniamo ai commenti del primo capitolo. Vogliamo ribadire che questo è l'UNICO CAPITOLO che contiene alcuni SPOILER de “Il Marchio di Atena” ma vi possiamo garantire che è stato riscritto TUTTO in modo diverso dall'ORIGINALE. Questo è un capitolo di passaggio e vi avvisiamo fin da subito che, nel prossimo capitolo, TUTTO cambierà radicalmente. Ci scusiamo per eventuali errori di battitura.
Sfortunatamente Paron sarà assente per i primi capitoli, ma darà il suo contributo in ogni capitolo. Mellon e Parelthon promettono di impegnarsi al massimo nella stesura dei capitoli per sostenere anche la mancanza di Paron.
L'aggiornamento NON sarà periodale ma prevediamo di riuscire a postare un capitolo ogni due massimo tre settimane (prendetevela con la scuola).
Ogni capitolo sarà scritto dal punto di vista di un personaggio diverso, come fa i nostro amato Rick Riordan, in prima persona, quindi speriamo vivamente di non cadere in OOC.
Pregando che questo inizio non vi abbia fatto scappare a gambe levate, vi salutiamo.
ParonMellonParelthon
P.S. Per chi se lo sta chiedendo Paron è presente, Mellon futuro e Parelthon passato. In Greco (ovvio).
  
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