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Autore: Caelien    18/01/2014    3 recensioni
Sospesa causa esami! Riprenderò appena possibile!
*Petrichor: l'odore della pioggia sulla terra umida. [Inglese]
"Dentro la tasca non portava solo il suo nastro celeste. Dentro quella tasca c'era la verità, taciuta da tempo".
Maria è partita per Londra; scossa dagli avvenimenti di Moonacre, decide di recarsi altrove, per qualche tempo. Nonostante i solleciti di suo zio, non farà ritorno alla valle prima di aver compiuto i diciotto anni. Quattro anni lontana da magia e mistero, ma soprattutto, quattro anni distante da lui.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Maria Merryweather, Robin De Noir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le urla di Robin si udirono sin dal limitare del bosco.
Se in un primo momento Digweed, Marmaduke e Miss Heliotrope non vi diedero peso, i pugni veloci e forti sulla porta d'ingresso li fecero immediatamente 
ridestare dal loro torpore.
Alla vista di Maria, dal colorito cadaverico e dai polsi gocciolanti sangue, Miss Heliotrope non poté far altro che svenire. 
-Ha bisogno di una medicazione, immediatamente!- Disse Robin, col fiatone. -Ma che le è successo?!- Chiese Miss Heliotrope, rialzandosi e osservando a occhi 
sgranati Maria.
-Non c'è tempo per spiegare adesso, mettetela distesa, io torno con delle erbe per medicarla.- Robin corse velocemente verso i prati circostanti, alla ricerca di 
erba saponaria e parietaria. 
Marmaduke, non potendo essere fisicamente d'aiuto, si catapultò verso le dispense del castello per recuperare garze e acqua limpida. Nel mentre, Miss 
Heliotrope e Digweed  avevano già disteso Maria sul letto matrimoniale della stanza per gli ospiti. Quando l'uomo scostò i nastri, ormai color porpora, dai polsi 
della giovane donna, sbarrò gli occhi, inorridito. 
-Povera Miss Maria, ma che cosa vi hanno fatto... Miss Heliotrope, presto, toglietele le vesti sporche, io correrò in paese ad avvisare i padroni.- Digweed uscì 
dalla stanza così velocemente che la donna non ebbe il tempo di rispondergli.
Maria respirava lentamente ed in modo scostante;al contrario, il suo pallore non faceva che aumentare e con esso l'entità dell'emorragia. Miss Heliotrope dovette 
respirare profondamente per rilasciare la scarica nervosa che la stava attraversando. 'Maria ha bisogno di me' pensò 'Devo farmi coraggio'. Dopo un solo istante 
di crisi, la donna si rimbocco le maniche a sbuffo della sua redingote, per poi spogliare la ragazza, lasciandole indosso solo la sottoveste di mussola bianca.
Le rimboccò le coperte sino al mento, lasciandole fuori soltanto le braccia, scoperte sino a tre quarti. Gettò i vestiti sporchi e la crinolina sulla poltrona vicino al 
letto, per poi affacciarsi dalla porta.
-Marmaduke! Robin! Qualcuno venga ad aiutarmi!- Gridò, in preda all'ansia e all'agitazione. 
Proprio quando pensava di crollare a terra un'altra volta, Robin quasi non la travolse, seguito da Marmaduke. 
-Miss Heliotrope, si sbrighi! Abbiamo bisogno anche di lei!- Disse Marmaduke, vedendola immobile contro al muro. La donna annuì impercettibilmente, 
avvicinandosi al letto.
L'uomo passò dei panni umidi sui polsi di Maria; dopo aver ripulito le ferite dallo strato di sangue e sporcizia, temettero che un'infezione potesse già aver 
intaccato la pelle viva. 
-Santo cielo, con cosa è stata colpita? Le ferite sono piene di terra e detriti...- Chiese Marmaduke.
-Con un pugnale dei nostri fabbri.- Disse Robin, esaminando i tagli.
-Un... Pugnale...?- Miss Heliotrope spalancò gli occhi e la bocca, rischiando di svenire nuovamente. Tuttavia il suo stupore venne ignorato.
Dopo un momento di esistazione, consapevole che il gesto che avrebbe ora compiuto avrebbe provocato un dolore lancinante alla ragazza, Robin strofinò le erbe 
raccolte e pulite nelle zone interessate.
Maria spalancò immediatamente gli occhi, emettendo un urlo ed un lamento agghiaccianti. La donna dovette uscire dalla stanza, esausta e inorridita, mentre Robin 
e Marmaduke tentavano di tenere la ragazza ferma nel letto.
Il ragazzo era più che mortificato; vedere Maria con i muscoli tesi e il viso contratto in una smorfia di dolore lo faceva sentire angosciato e colpevole. Se fino ad 
allora si era creduto unica vittima di tutto quel trambusto, adesso, osservandola soffrire, non poteva nascondere a sé stesso un sentimento di colpevolezza, il 
quale gli premeva contro al cuore. 
-Fa male! Basta, vi prego!- Urlava Maria, non riuscendo a controllare le lacrime.
Era lo spettacolo più angosciante al quale Robin avesse mai assistito. 
-Maria, cerca di calmarti, ti prego, ti stiamo disinfettando le ferite. Ti stiamo aiutando.- Le disse lui, cercando di sorriderle. -Come faccio a calmarmi?! Per 
l'amor del cielo... Basta...- Anche Marmaduke provò a tranquillizzarla con quale dolce parola, ma ogni tentativo fu vano.
-Maria! Maria! Ragazza impossibile, in quale altro guaio ti sei cacciata?!- La voce di Sir Benjamin risuonò in tutta la casa, minacciosa e preoccupata. Non ci 
mise molto a raggiungere la stanza, insieme a Loveday, dove tutti si trovavano.
I due coniugi furono così impressionati dalle garze insanguinate e dall'espressione di Maria, che non si accorsero di Robin fin quando non parlò.
-È stata aggredita nel bosco, non è colpa sua.- Disse lui, imbarazzato ed impaurito. Aveva visto altre volte Sir Benjamin, ma mai ne aveva auto timore come in 
questo momento.
-Robin?!- Esclamò Loveday, sorpresa. Lo stesso sentimento si dipinse sul volto di Sir Benjamin, ma presto venne travolto dall'ira, la quale lo spinse a trascinare 
Robin per il bavero e a metterlo contro a muro. Le proteste di Loveday furono sorde alle orecchie del marito.
-Tu, maledetto De Noir! Sei stato tu a farle questo?!- Chiese, a denti stretti. Robin sembrava paralizzato. Il suo sguardo saettava dagli occhi di Benjamin, 
spalancati, a quelli di Maria, chiusi in una morsa di dolore.
-Io l'ho soccorsa!- Rispose Robin, indignato. -Ho cavalcato fino a qui per salvarla! Non potrei mai farle del male!- -Benjamin, Robin dice la verità, queste sono 
ferite che solo un assassino esperto potrebbe provocare. Lui non è un assassino!- Disse Loveday, esasperata, difendendo il fratello.
Sir Benjamin lo lasciò andare con uno spintone, per poi voltarsi verso Maria. Le lanciò un duro sguardo, sotto sotto dispiaciuto: non riuscendo a sostenere la 
tensione, si diresse a grandi passi verso le sue stanze, sentendosi un perfetto stupido.
                                               
                                                                                                                        *

Il buio era calato sulla valle, irrigidendone il clima. Tutti i camini della casa, anche quelli nelle stanze vuote, vennero accesi affinché il clima non interferisse con 
la guarigione di Maria.
Erano passate diverse ore da quando Robin l'aveva riportata a casa, ma ancora non dava segni di miglioramento. La sua temperatura corporea aveva iniziato ad 
aumentare, rendendo i tentativi di farla bere e mangiare totalmente inutili. La nausea la investì tramite violente ondate, le quali la scuotevano dalla testa ai piedi.
Quando giunse la mezzanotte, Robin costrinse Loveday, unica rimasta a vegliare su Maria insieme a lui, ad andare a riposare, notando i suoi occhi sforzarsi di 
rimanere aperti. -Va' a riposare, bado io a lei.- Le disse, posandole una mano sulla spalla.
Loveday gli sorrise di rimando, prendendo la mano del fratello e stringendola. -Sei stato molto coraggioso, Robin. Sono fiera di te.- 
Come faceva strano, pensò il ragazzo, sentire qualcuno dirgli una cosa del genere. Anelava da sempre quelle parole, e mai nessuno aveva avuto occasione o 
volontà di rivolgergliele. -Se ti venisse freddo, dentro al baule in fondo al letto, ci sono delle coperte. Buona notte.- Robin le sorrise, facendo cenno col capo. 
Non era mai stato bravo con i convenevoli.
Ora che Maria dormiva, anche se non proprio tranquillamente, poté prendersi del tempo per riflettere. Dove aveva sbagliato con Rue? Si sentiva un verme a 
pensare a lei con Maria in quelle condizioni, ma voleva a tutti i costi fare i conti con sé stesso.
Come poteva averle messo in testa un'idea tanto estrema, tanto violenta? Ripensò alle loro conversazioni, quando la giovane Merryweather veniva tirata in ballo, 
ma nulla riusciva a giustificare la furia omicida di Rue.
Sapeva di essere stato motivo di attrazione per lei, sapeva che lo avrebbe voluto accanto a sé, non solo durante la caccia, ma non avrebbe mai e poi mai creduto 
che la gelosia avrebbe potuto portarla a tanto.
Ma, ad un tratto, cominciò lentamente a capire. 
Da quando Maria aveva lasciato Moonacre, aveva sempre sentito la forte necessità di fare ritornare quella parte di sé violenta, animale, istintiva, che aveva 
imparato a domare da quando si era avvicinato alla ragazza. 
Il naso cominciò a bruciargli, la gola a seccarglisi; la consapevolezza cominciava a bruciare all'interno del suo corpo. Era sull'orlo di una crisi di pianto, quando 
finalmente capì: quella parte di lui, la più malvagia e spietata, l'aveva completamente trasmessa a Rue.
Quando l'aveva conosciuta, era una ragazzina ambiziosa, prorompente, ma innocente. Ricordò all'improvviso i suoi occhi disgustati e tristi, quando uccise di fronte a lei 
un animale per la prima volta. Il suo urlo, quando colpì un brigante al volto, spaccandogli il naso.
Robin l'aveva plasmata a suo piacimento, mantenendo ciò che di buono aveva imparato ad essere, e gettandole addosso quella tempesta di frustrazione e 
cattiveria che era stato un tempo.
Quando le lacrime gli uscirono involontariamente dagli occhi, capì che era stato principalmente lui, ad aver tentato di uccidere Maria.
Immobile e silenzioso, fissò il volto della ragazza qualche istante ancora. Poi corse via, disperato e spaventato da quello di cui era adesso venuto a conoscenza.

                                                                                                                          *
-Vi ho portato i vestiti puliti Misses!- 
Con una mano, Digweed posò con delicatezza la sottoveste e il corsetto sulla sedia di fianco al letto. Con l'altra, reggeva un vassoio con una tazza e qualche 
pezzo di pane. -La colazione!- Le disse, posandole il vassoio sulle ginocchia.
Maria prese la tazza fra le mani; ne annusò il contenuto, per poi assumere un'espressione disgustata. -Ancora quell'intruglio amaro di Loveday?- Chiese, con una 
punta di ironia. -È per guarire in fretta!- Rispose il maggiordomo, ridacchiando. -Come vi sentite oggi?-
Maria era ferma a letto, ora nella sua camera, da qualche giorno, quasi una settimana. I pasti le venivano portati in camera, come anche e medicazioni e le 
medicine. 
-Molto meglio, riesco quasi a ruotare completamente i polsi!- Rispose lei, sorridendo. -Oh, è proprio una bella notizia! Gradite qualcos'altro in particolare? Un 
libro da leggere, un piccolo dolce?- Chiese Digweed, facendole l'occhiolino. -Vorrei solo chiedervi di aprire leggermente la finestra, qui dentro sembra di 
soffocare.- -Oh, Misses, sapete che non è possibile. Rischiereste di contrarre di nuovo la febbre!-
Maria sbuffò, fingendo di essere adirata. In quei giorni aveva notato quanto, tutti i suoi cari, si fossero presi meticolosamente cura di lei. Persino suo zio 
Benjamin le aveva domandato scusa per il suo comportamento inopportuno. Decise che, per qualche tempo, abbandonare il suo cipiglio austero non sarebbe 
stato poi così sbagliato. -Non preoccupatevi Digweed. Sto bene così.-
Passò la mattinata a leggere, il suo passatempo favorito. 
Aveva mentito quella mattina; persino girare le pagine le provocava un dolore lancinante. I punti di sutura le furono fatti dall'unico medico del paese, vecchio e 
tremolante, e avevano spesso rischiato di rompersi, a causa della loro scarsa precisione.
Leggeva Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen, la sua autrice preferita durante il soggiorno londinese; amava sapere di Lizzie Bennet e della sua testardaggine. 
Ancor di più amava il personaggio di Fitzwilliam Darcy, tenebroso e introverso. Le ricordava terribilmente Robin, così chiuso in sé stesso e così timoroso delle 
sue stesse emozioni.
Non lo vide più, dopo il giorno dell'aggressione: non una lettera, non una visita. Tuttavia, non si fece troppe domande; sapeva che gli sarebbe servito tempo, per 
metabolizzare gli avvenimenti. Poteva dire di conoscerlo meglio di chiunque altro, sotto quell'aspetto.
Pensò tante di volte di utilizzare il passaggio del camino, speranzosa di trovarlo nella vecchia grotta di Loveday, ad aspettarla. Ma poi si dava della sciocca, 
dell'illusa. Sicuramente non voleva vederla e basta, e si sarebbe fatto vivo lui, prima o dopo.
Poco più tardi, nel primo pomeriggio, Loveday proruppe nella sua stanza, affannata e con un ampio sorriso sul volto. 
-Maria! Maria, mia cara!- Dopo esserle quasi piombata addosso, vicino al suo letto, la donna la abbracciò con attenzione, timorosa di riaprirle le ferite.
-Loveday! Che succede!- Chiese Maria, sorpresa e divertita. -Non me ne volere, ma ti ho sentita tante notti chiamare Robin, in preda al sogno.- La ragazza si 
rabbuiò immediatamente. -E questo ti provoca ilarità?- Chiese, scontrosa. -No piccola mia, affatto! Ma questa mattina è passato il porta lettere, e aveva questa 
con sé.- Loveday le porse una busta rovinata dall'acqua e dal terriccio. Sulla chiusura, vi era un marcio fatto con la cera lacca. Una D e una N. Maria comprese 
immediatamente chi fosse il mittente.
-È arrivata qualche giorno fa, ma era caduta nella sua abitazione e non ha potuto recapitarla prima. Credo sia di...- -Robin- Concluse Maria, fissando la lettera 
come fissò le Perle della Luna, la prima volta.
-Ti lascio sola, sarai curiosissima!- Come fu arrivata, Loveday sparì velocemente dalla stanza.
Maria, nell'aprire la lettera, gettò a terra il libro, nonostante avesse per lei un valore inestimabile. Respirò profondamente, con un speranzoso sorriso sul volto, 
per poi posare gli occhi sul foglio. La scrittura era indubbiamente quella di Robin De Noir.

-Maria, 
Non posso più starti accanto. Questa volta sono io ad allontanarmi da te. Non per malvagità, non per ferirti, ma per proteggerti. 
Ho riconosciuto una parte di me che credevo fosse assopita da tempo, ho compreso che per quanto io mi convinca di averla allontanata, lei torna sempre.
Quello che ti è successo è prevalentemente colpa mia. Non posso saperti ferita e malata a causa mia, non posso, non riesco ad assumermi questa responsabilità. 
Ti chiedo perdono Maria, con tutto il mio cuore. Ma per te, per la tua vita, per il nostro amore. Ti dico addio.
Tuo, sempre,
Robin.-

-Oh no. No, no... Robin, no. Oh mio dio.- Ripeteva ossessivamente Maria, bagnando la lettera con le sue lacrime. -Non devi, non puoi farlo...-
Incurante di quanto potesse farle male, Maria si alzò frettolosamente dal letto. Si tolse  la veste da notte buttandola a terra, per sostituirla con il cambio che le 
aveva portato Digweed quella mattina.
Soffocando i singhiozzi e mordendosi le labbra per non urlare dal dolore, indossò la chemisette e la crinolina. Non le importava che le mancasse il fiato, Robin 
veniva prima del suo respiro. Strinse il corsetto alla vita, cominciando a sentire i punti delle ferite saltare uno dopo l'altro; il dolore era insopportabile, il fluire 
del sangue, spaventoso.
Si fermò un istante, prima di indossare la sopra gonna e la camicia di lino: doveva farlo, se non voleva rischiare di svenire prima di aver raggiunto la fortezza. 
Sarebbe scappata attraverso il camino, non le importava di lasciare scritto dove sarebbe andata, forse Loveday avrebbe capito, leggendo la lettera di suo fratello.
-È tutta colpa mia.- Disse, fra le lacrime. Si appoggiò al pomo d'ottone del letto, per non perdere l'equilibrio. -Se non fossi andata via, tutto questo non sarebbe 
accaduto. Sei stata una sciocca, Maria Merryweather...- Cercò di tornare a respirare regolarmente. 
Si armò di tutto il coraggio che aveva dentro il cuore e tese le braccia per indossare la sopra gonna: ma un brusco movimento del polso destro fece aprire 
bruscamente i punti di sutura. Il dolore le fece mordere le guance con così tanta forza, da farle quasi staccare la carne anche da queste e non permise al suo udito 
di avvertire il rumore dei passi dietro di lei.
-Sei uscita di senno?!- 
Maria alzò il volto, e si ritrovò quello di Robin a pochi centimetri dal suo. -Perché ti sei vestita per uscire?! Devi stare a letto, razza di sprovveduta!- Le disse, infuriato. Maria era confusa; non riusciva a capacitarsi del tono disinvolto col quale Robin le si stava rivolgendo. Lo sgomento prese il posto del dolore, 
permettendole di parlare.
-Cosa significa quella lettera? Mi stai punendo per quello che ti ho fatto, non è così?- Robin parve non volerla ascoltare. -Stai ferma, ti rimetto a letto.-
-Vuoi ascoltarmi?!- Esclamò lei, perdendo le staffe. -Cosa significa che prima mi dici addio e poi spunti di nuovo qui?! Ti stai divertendo per caso? Ti sei 
accorto che ho rischiato di morire per mano della tua compagna di giochi?!-
Gli occhi del ragazzo si spostarono sulla sua lettera, posata sulle lenzuola. -L'hai aperta solo adesso.- Disse più a sé stesso che a Maria. -Intendi rispondermi?- 
Chiese ancora lei, riprendendo il suo pianto. Robin cercò di mantenere saldi i nervi.
-Maria, sono venuto a dirti...- Ma Maria lo interruppe. -Volevi dirmi addio di persona. Perché io non ho avuto abbastanza fegato per farlo, vuoi darmi il colpo 
di...- Robin non sopportò oltre. Le prese le spalle con le mani, immobilizzandola.
Le baciò le labbra, per poi posare la fronte contro la sua.
-Non sono venuto a dirti addio. Sono venuto a dirti che non me ne vado più, e tu nemmeno. Perché sono stufo di negarlo. Io ti amo, stupida Merryweather.-

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*Ibrat. Dall'urdu (lingua dell'Asia meridionale): un'angoscia derivante dalla sofferenza altrui.

Ciao ragazze!
Scusatemi tanto se non ho aggiornato prima, ma tra febbre e studio mi è risultato impossibile! Spero che il capitolo vi piaccia, che mi perdoniate per la violenza e la cattiveria di quello prima e che non vi abbia deluse ;)
Un saluto e un ringraziamento a tutte quante, in particolare a Jo e ad Assunta per i loro consigli! Un bacio a tutte!
Crys*
   
 
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