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Autore: mrsdianablack    18/01/2014    8 recensioni
“Sei ancora innamorato di me?” gli chiese, per la terza volta.
Non aveva intenzione di desistere finché lui non avesse risposto. Doveva sapere.
“Elena…”
“Rispondi.”
“Sì!” sbottò lui alla fine, esasperato.
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Elena/Stefan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Era stata una giornata strana, che altro non era che l’ultima di una serie di giornate strane.
Era trascorsa appena una settimana, o forse due, da quand’era stato liberato dalla sua prigione acquatica nel fondo della cava, eppure a lui pareva fosse trascorsa un’eternità.
Prima aveva perso la memoria e aveva dovuto reinventarsi la sua vita, scoprendo di essere una persona completamente diversa da quella che aveva sempre creduto di essere.
Poi, Tessa gliel’aveva restituita, in modo alquanto traumatico e destabilizzante, e aveva inconsciamente sublimato il dolore causato dalla perdita di Elena nel dolore fisico di annegare in continuazione, ed erano alla fine culminati in una serie di attacchi di panico da cui era appena riuscito faticosamente ad uscire.
Infine, era andato a letto con Katherine. Non solo! Era persino dispiaciuto per la sua imminente morte.
Ora se ne stava lì, seduto alla sua solita scrivania, la penna in mano e una pagina di diario bianca davanti agli occhi.
Normalmente quella pagina l’avrebbe già riempita con i suoi pensieri ma ora… era come se il suo cervello fosse stato svuotato.
Inoltre, lui un diario non lo teneva più. Aveva bruciato solo qualche giorno prima gran parte dei ricordi di una vita e ora poteva contare solo sulla sua, nemmeno tanto valida, memoria.
Chiuse il diario di scatto, posandovi sopra la penna e si alzò in piedi, scostando rumorosamente la sedia.
Stare lì a pensare non sarebbe servito a niente. Doveva fare qualcosa.
Poteva bere qualcosa di alcolico, tanto per cominciare. Quello gli avrebbe snebbiato di sicuro la mente, o l’avrebbe annebbiata maggiormente, a seconda dei casi.
Scese le scale lentamente, osservando distrattamente gli arredi del corridoio come se li vedesse per la prima volta.
La casa era buia e silenziosa. Nessun rumore proveniva da alcuna stanza. Dovevano essere usciti tutti.
O magari dormivano. Non aveva voglia di preoccuparsene.
Magari Damon ed Elena avevano già fatto pace ed erano tornati insieme.
Non aveva potuto fare a meno di ascoltare il loro litigio.
Aveva provato ad escludere le loro voci ma non ci era riuscito. E doveva ricordarsi di dire due paroline a suo fratello, quando se ne sarebbe presentata l’occasione.
Aveva ottenuto la ragazza e ora che faceva? La lasciava alla prima difficoltà?
Non riusciva a gioire della situazione, non poteva se Elena soffriva.
Non avrebbe mai potuto essere felice, se Elena soffriva.

Raggiunse il salone e andò subito al tavolino degli alcolici, versandosi una generosa dose di whisky.
Solo dopo si accorse di un lieve rumore provenire da uno dei divani di fronte al camino acceso.
“Stefan?”
Si voltò di scatto al suono della voce e vide Elena, rannicchiata sul divano e seminascosta da una coperta, che lo guardava.
Stefan rimase perfettamente immobile, apparentemente impassibile, con il bicchiere di whisky ancora pieno tra le mani, mentre il suo corpo era percorso da una serie di emozioni contrastanti tra loro.
Tra tutte spiccava la tenerezza di vederla così fragile e indifesa e dovette fare uno sforzo per ricordare che ora lei era una vampira ma soprattutto, che non gli apparteneva più.
Eppure quel pomeriggio, nell’averla tenuta di nuovo tra le braccia, era riaffiorato in superficie tutto l’amore che provava per lei, più forte e tenace che mai.
Probabilmente non avrebbe mai smesso di amarla. Si era sentito attratto da lei anche quando non aveva alcun ricordo e stupidamente aveva creduto di poterla conquistare.
Strinse involontariamente il bicchiere, nel ricordare quel recente episodio, e dovette fare uno sforzo per calmarsi.
Intanto Elena si era alzata, lasciando scivolare la coperta sul pavimento, e gli si era avvicinata di un passo.
Non aveva smesso di guardarlo dal momento in cui lui era entrato nel salone.

“Elena.” Mormorò il vampiro a bassa voce. “Scusami. Non mi ero accorto che eri qui.” Stava per fare dietro front e lasciare la stanza quando lei gli si avvicinò ulteriormente, prendendogli dalle mani il bicchiere di whisky ancora colmo e svuotandolo in un'unica sorsata.
“Immagino avrai sentito.” Disse Elena, ignorando le sue parole. Alzò lo sguardo su di lui, incrociando volutamente i suoi occhi.
“Damon è uno stupido.” Rispose Stefan, prendendo distanza da lei.
Si allontanò di un passo. La sua vicinanza lo turbava e non era sicuro che sarebbe riuscito a resisterle.
“Lui ti ama, tornerà da te.”
Prese un altro bicchiere e si versò del whisky. Necessitava di non essere lucido, per affrontare quella conversazione, quando invece avrebbe voluto prenderla tra le braccia e farglielo dimenticare, Damon.
“Credevo fosse cambiato. Credevo mi amasse.” Ribatté lei, facendosi prendere dalla rabbia.
Stefan non era la persona più adatta con cui confidarsi in quel momento, ne era consapevole ma non riusciva a farne a meno.
Il dolore si stava trasformando in rabbia, il tutto era amplificato dal suo essere vampiro e confuso dalla presenza di Stefan.

“Ti ama.” Affermò il vampiro, con convinzione.
Quella strana conversazione iniziava a fargli male ma per qualche perversa ragione non riusciva, o non voleva, andarsene da lì.
Era la prima vera occasione di trovarsi solo con Elena da quand’era tornato e forse era giunta l’ora di fare chiarezza sui loro reciproci sentimenti.
“E tu mi ami ancora?” domandò lei all’improvviso.
Stefan rimase paralizzato e, per un lungo momento, non riuscì a muoversi, né a dire nulla.
Quella domanda l’aveva del tutto preso alla sprovvista e non poteva, per tutta una serie di ragioni, risponderle.
“Andiamo a caccia.” Disse alla fine, posando con gesto secco il bicchiere di whisky ancora pieno e allontanandosi da lì.
Si spostò verso l’ingresso.
“Cosa?”
“A caccia.” Ripeté paziente.
“Ma..”
“So che non ti nutri di animali. Ma serve a concentrare l’attenzione su altro e a sublimare la rabbia che provi.”
Elena lo guardò sorpresa e anche un po’ frastornata, ma annuì alla sua alquanto bizzarra proposta, tralasciando per il momento il fatto che lui non avesse risposto alla sua domanda.
Tanto non aveva nulla da perdere.

Poco dopo erano immersi nell’oscurità dei boschi vicini al pensionato.
Stefan l’aveva portata nella stessa radura in cui avevano cacciato insieme la prima volta, più o meno un anno prima.
Non era sicura se fosse un caso o l’avesse condotta lì volutamente. Probabilmente era solo un suo abituale territorio di caccia.
Non doveva farsi alcuna illusione ma soprattutto doveva smettere di pensare a Stefan se non come un amico.
Perché era quello, no? Un amico.
“Chiudi gli occhi e dimmi cosa senti.” La voce di lui interruppe il corso sconclusionato dei suoi pensieri.
Si era posizionato dietro di lei e le sue dita avevano casualmente sfiorato la pelle nuda del suo braccio.
Elena fece come gli aveva detto, e cercò di concentrarsi su ciò che aveva intorno, sfruttando i sensi rimanenti, e potenziandoli, visto che non poteva usare la vista.
 

Iniziò dall’olfatto.
“Sento odore di resina, e di muschio bagnato.” Fece una breve pausa, riflettendo. “Deve avere appena piovuto.”
“E poi?”
“E il profumo della tua pelle.” Si lasciò sfuggire lei, senza volerlo.
O magari sì.
“Elena.” L’ammonì Stefan, ma con gentilezza.
La tensione tra loro era palpabile e non era sicuro di dove tutto questo l'avrebbe condotto.
Aveva creduto che questo li avrebbe distratti entrambi e invece si stava rivelando più pericoloso di prima.
Forse doveva andarsene, finché era ancora in tempo.
“Continua.” Le disse invece.
Elena cercò di concentrarsi di nuovo, ma risultava difficile, con lui sempre così vicino.
Andare nel bosco era stata decisamente una cattiva idea.
 

Si spostò sull’udito.
Scandagliò i dintorni, cogliendo anche il più piccolo rumore.
“Sento il rumore di un’auto lontana. Il fruscio di alcuni animali notturni nascosti da qualche parte.”
“Continua.”
“Il suono della tua voce, e le tue dita che mi accarezzano la pelle…”
“Elena” questa volta il tono di Stefan fu più duro, quasi arrabbiato.
“Scusa. Non posso farci niente. Ti sento. Sento tutto.”
“Smettila” fu quasi un ordine, il suo.
Un leggero spostamento d’aria e poi più nulla.

Elena riaprì gli occhi e si ritrovò da sola, in quella radura.
Sbuffò, rabbiosa e delusa allo stesso tempo.
“Stefan!” lo chiamò, guardandosi intorno nel buio.
Era sicura che non fosse andato lontano. Non l’avrebbe mai fatto. Non l’avrebbe mai lasciata sola nel bel mezzo di un bosco, nemmeno se era in grado di difendersi.
“Stefan, so che mi senti. So che sei qui attorno.” Ne era convinta ma non udiva alcun rumore, alcun segno della sua presenza.
Si sedette sul tronco abbattuto di un albero e si prese il viso tra le mani.
Quella serata stava andando di male in peggio. Prima il litigio con Damon, e ora forse aveva rovinato la sua amicizia con Stefan.
Era solo un’amicizia. Stava cercando di convincersene anche se quanto accaduto poco prima le aveva messo in testa non pochi dubbi, e le aveva fatto riaffiorare sensazioni che credeva ormai dimenticate.
Ripensò a quando Stefan aveva cercato di baciarla, vicino al Wickery Bridge, quando lui era senza memoria.
Credeva si fosse trattato di un episodio isolato, che quello per lei altro non fosse stato che un viaggio malinconico sul viale dei ricordi.
E invece…
“Stefan, ti prego…” lo supplicò quasi.
“Ti avevo detto di concentrarti sulla natura, e su ciò che ti trasmetteva, non su di me.”
La sua voce giunse infine, calma e controllata, da qualche parte attorno a sé.
Elena si alzò in piedi, aspettandosi di vederlo riapparire da un momento all’altro ma gli alberi erano perfettamente immobili.
L’unica cosa che le giungeva nitida era la sua voce.
“Mi dispiace.” Disse al nulla. “Non ho potuto farne a meno. E non ci credo che tu non abbia sentito nulla.” Affermò convinta, e fu come un dejà vu, un altro ricordo lontano che si affacciava nella sua mente.
Quanto tempo poteva essere passato? Un anno, o poco più.
Il ballo a casa Mikaelson. Il loro ballo insieme. E le emozioni che aveva sentito.
“Elena basta.”
Stefan aveva usato le stesse parole di allora. Forse anche lui ricordava.
Elena non capiva nemmeno perché si era intestardita così tanto, perché insisteva. Sapeva solo che non riusciva a frenare il corso di quelle emozioni contrastanti che si stavano riversando in lei.
“Sei ancora innamorato di me?” gli domandò di nuovo, ricordando improvvisamente che lui prima non aveva risposto.
Un attimo dopo, altrettanto improvvisamente, la carcassa di un cervo morto ancora caldo le finì quasi addosso, facendola sobbalzare disgustata.
E nello stesso istante che capì cosa le si trovava davanti, capì anche che Stefan se n’era andato.

Le ci volle un po’ di tempo per calmarsi e ritrovare la strada di casa, ma alla fine Elena varcò la soglia del pensionato e là, nel salone, in piedi accanto al tavolino dei liquori, lo ritrovò, come se l’episodio accaduto nel bosco non fosse mai successo.
Era incredibile come apparentemente fosse calmo e controllato.
Lui le dava le spalle e mentre si avvicinava, aveva l’aria di non essersi nemmeno accorto del suo rientro.
O forse fingeva solamente.
Si fermò a pochi passi da lui, indecisa. Non sapeva se era più arrabbiata o confusa.
“Cosa volevi dimostrare, con quel cervo?” esordì alla fine.
Stefan strinse il bicchiere che teneva in mano finché non sentì il vetro incrinarsi tra le dita.
Era ancora nervoso ed agitato per quanto era successo nel bosco.
Aveva faticato a mantenere il controllo mentre era con lei e alla fine, l’unica soluzione possibile era stata fuggire.
Gli aveva domandato se aveva sentito qualcosa?
Si morse il labbro inferiore, senza voltarsi ancora, poggiando con delicatezza il bicchiere sul tavolino, prima di rischiare di romperlo.
Lui aveva sentito ogni cosa, con una tale intensità da fargli male.
Andare nel bosco era stata davvero una pessima idea.
E a tutto aveva pensato, mentre tornava indietro, tranne che al cervo.
Già. Cos’aveva voluto dimostrare? Che doveva sfogarsi su qualcosa per non impazzire.
“Era lo scopo di questa gita.” Finalmente si voltò a guardarla. “Concentrarti su cosa ti stava intorno.” Fece una breve pausa. “Mi sono lasciato prendere un po’ la mano.”
“Perché?” domandò lei.
“Ero nervoso.”
“E perché eri nervoso?” Elena non si lasciò intimidire dal suo tono freddo e lontano.
“Elena, non ricominciare.”
“E tu non eludere le domande.”
“Io non sto…” si fermò, sospirando.
Quella storia doveva finire, e subito, o avrebbe perso di nuovo il controllo.
E stavolta non ci sarebbe stato alcun cervo da uccidere.
“Vai a riposare, Elena. E’ stata una giornata pesante.”
Fece un passo verso la porta del salone, in direzione delle scale, ma lei gli si mise davanti.
“Sei ancora innamorato di me?” gli chiese, per la terza volta.
Non aveva intenzione di desistere finché lui non avesse risposto. Doveva sapere.
“Elena…”
“Rispondi.”
“Sì!” sbottò lui alla fine, esasperato.
E fu come se si fosse liberato di un peso che lo opprimeva da troppo tempo.
“Non ho mai smesso di amarti.” Mormorò dopo, a voce più bassa.
Non gli passò per la mente che suo fratello, o Katherine potevano essere in casa.
Alla fine non gli importava.
Quello che importava ora era la reazione di Elena.
La vampira era rimasta immobile, quasi incredula.
Una parte di lei, quella che nel profondo forse amava ancora Stefan e non aveva mai smesso di preoccuparsi di lui, se l’aspettava ma fu uno shock comunque, che rimetteva in discussione ogni cosa.
Ogni convinzione che l’aveva tenuta insieme fino a quel momento si era sgretolata.
“Perché non me l’hai mai detto?” gli chiese, con la voce incrinata del pianto che minacciava di travolgerla.
“Avrebbe cambiato qualcosa?” ribatté lui, con la stessa angoscia malcelata.
“Io… non lo so…”
“Avrebbe cambiato la tua scelta?” insistette.
Ormai era quasi impossibile riuscire a fermarsi.
Elena deglutì a vuoto e non capì subito a cosa si riferisse.
Avrebbe cambiato la sua scelta? Avrebbe ancora scelto Damon, sapendo che Stefan l’amava?
Scosse il capo più volte, ancora incredula e incapace di dargli una risposta.
Stefan la guardò a lungo con tristezza, con la segreta speranza di udire la sua risposta.
Quando capì che non sarebbe mai arrivata, lasciò la stanza lentamente, senza mai voltarsi.
E stavolta Elena non lo fermò, né lo seguì.
Rimase semplicemente lì, consapevole dell’enorme sbaglio che aveva commesso.

 

 

 

   
 
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