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Autore: Nyssa    03/06/2008    22 recensioni
L'amore non è solo come una rosa che sboccia o una pesca delicata, l'amore è anche una mela selvatica dal sapore un po' asprigno che nasce al freddo e tra le spine.
L'amore è fatto di tante cose, anche di imprevisti, esattamente come quello che colpisce Draco Malfoy ed Hermione Granger durante una delle loro solite litigate, ma che cosa gli è capitato veramente? E quali sono i tanti misteri della Londra babbana (ma non troppo) che Hermione è più che mai decisa a scoprire? E quali sono gli altrettanto sconosciuti motivi che spingono (o costringono?) Draco Malfoy a seguirla?
Prima classificata al Never Ending Story Awards - Terzo Turno secondo la scelta del pubblico.
Vincitrice nelle categorie: Best Saga, Best Romance, Best Plot e Best Couple (Draco/Hermione)
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Quando Rodolphus Lestrange lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene

Quando Rodolphus Lestrange lasciò la presa, scaraventato via da una folata di energia che non si sapeva da dove provenisse, il giovane Devlin atterrò morbidamente sul pavimento pieno di cocci e schegge con i piedi nudi, senza preoccuparsene.

Sarebbe stato difficile attribuirgli un’età precisa, il suo sguardo pareva aver visto tutta la storia del mondo, ma il suo aspetto di ragazzino lo smentiva.

I capelli bianchissimi, poi, erano un bizzarro contrasto con il verde quasi innaturale degli occhi grandi che studiavano e guardavano tutti.

 

L’ultimo Dumbledore sulla terra si guadò attorno regalando un’occhiata di superiorità ai mangiamorte impietriti e tremanti e una fredda e scrutatrice al piccolo esercito dell’Ordine della Fenice schierato e altrettanto basito.

Gli occhi smeraldo si abbassarono sul lungo lenzuolo che lo ricopriva e Devlin scosse la testa: solo più tardi, riflettendo su quel dettaglio, sia Draco che Harry avrebbero confermato che Silente stesso non avrebbe fatto cosa diversa, infatti, toccando appena la stoffa bianca, questa cominciò a modellarsi su di lui fino ad assumere le sembianze di un abito decisamente più comodo.

Quando rialzò la testa, pareva che il giovanetto avesse risolto tutti i suoi problemi e che la presenza massiccia degli adepti di Lord Voldemort ancora lì non costituisse un dettaglio di cui preoccuparsi.

Solo allora gli occhi verdi si spostarono su Draco, appoggiato fiaccamente al tavolo riverso che ansimava a fatica, ma che, tuttavia, stava ghignando come solo lui sapeva fare, quasi rispondesse un po’ all’aria strafottente che lo stesso ragazzino albino aveva stampigliata sul volto dalle fattezze ancora un po’ infantili.

 

Devlin si mosse per la sala senza che nessuno osasse fiatare o muoversi, né buoni e né cattivi, si accostò allo Slytherin e piegò le ginocchia per arrivare all’altezza di quest’ultimo.

 

-          Credo che tu, tra tutti, sia l’unico che sa davvero chi sono – gli sorrise e quel gesto gli parve molto diverso dagli altri che aveva rivolto, come se volesse bene a Draco

Il biondo annuì a fatica, dopodiché Devlin scostò appena i lembi della camicia dell’altro e posò una mano sul petto, il Caposcuola verde-argento sussultò a quel contatto, come se per un attimo gli fosse mancato il respiro, dopodiché le ferite che aveva sul corpo e che gli erano state procurate dagli schiantesimi di sua zia cominciarono a scomparire, lentamente.

 

-          Chi sei? Che cosa stai facendo? – urlò esagitata Bellatrix brandendo la bacchetta e più si rendeva conto che la situazione diventava critica per loro, più diventava isterica

-          Mi pareva di averti già detto il mio nome. – rispose glaciale Devlin senza neppure guardarla, ma continuando in quello che stava facendo – avresti fatto meglio a ricordartene allora – aggiunse ancora.

 

Faceva uno strano effetto essere arrivati sull’orlo della distruzione totale e sapere che a salvare il tutto era stato un ragazzino un po’ sfrontato.

E il fatto che stesse rimettendo in piedi il figlio di sua sorella non giocava a loro favore, Draco Malfoy era senz’altro una persona pericolosa tanto quanto lo era la sua totale imprevedibilità.

Era fin troppo intelligente e per di più adesso militava tra le fila di Silente.

Doveva fare qualcosa.

 

In un impeto di follia lanciò contro i due, apparentemente indifesi, la prima maledizione che le giunse alla mente, la scagliò con tutte le forze che aveva in corpo nel tentativo di distruggerli per sempre, poco importava che andasse contro le regole della cavalleria, visto che non potevano difendersi ed erano impreparati all’attacco, erano mangiamorte, dopotutto, il loro unico codice era quello che li univa al loro signore.

 

Ma fu tutto vano, per quanto potente e odiato, l’incantesimo andò ad infrangersi contro una barriera invisibile intorno alle due figure.

E l’attimo seguente il nipote di Albus Silente voltò verso di lei la testa, sembrava che avesse a che fare con un moscerino fastidioso e l’aria era decisamente molto seccata.

-          Sei una persona molesta, Bellatrix Black. E credevo che tu avessi abbastanza cervello per preservare la tua integrità, ma mi rendo conto che non è così.

-          Stai zitto! – gli gridò furibonda la donna, più scarmigliata che mai

Nel frattempo Malfoy si rimise in piedi, non era proprio come nuovo, ma quel ragazzino sapeva davvero compiere miracoli con quella bacchetta e non dubitava certo che la maggior parte del merito fosse dei suoi grandissimi poteri: figlio di Ariana Silente e di Grindewald… chissà che aura magica immensa possedeva… in parte capiva perché i mangiamorte fossero così restii ad ucciderlo, che atrocità avrebbe commesso una persona simile se indottrinata a dovere con il credo di Voldemort?

Già da solo non sembrava proprio uno stinco di santo, con le dovute manipolazioni, se mai fossero riuscite a fargliene e non fosse accaduto il contrario, sarebbe diventato un autentico Signore del Male.

 

Lo guardò e provò quasi un sentimento fraterno nei suoi confronti, qualcosa che per nessun altro aveva mai provato, poi qualcosa lo colpì: dalla camicia linda del ragazzo, che portava con i primi tre pomelli rigorosamente sbottonati, pendeva una catenella dorata che reggeva senz’altro un ciondolo nascosto dalle pieghe del tessuto.

In un primo momento credette che fosse il medaglione che Silente aveva mostrato loro, quello contenente lo spirito della Elder Wand, quello che nessuno poteva toccare e che Devlin avrebbe dovuto avere sempre con sé, ma c’erano un paio di dettagli che non quadravano.

Innanzi tutto il preside aveva detto loro che, alla sua more, Alys, la fantomatica feycoocu che abitava la Bacchetta di Sambuco, si sarebbe ricongiunta al legno dal quale era stata separata alla nascita di Devlin, dunque, dato che Silente era morto e suo nipote stava combattendo, ella doveva già essere tornata alla sua “casa”.

Eppoi… come non riconoscere quelle maglie sottili che formavano il complicato intreccio della catenella? Quella era senz’altro la Giratempo di Hermione!

 

Devlin intercettò il suo sguardo, come se la scenata di pazzia di Bellatrix non richiedesse la sua attenzione per un secondo di più e neppure un possibile incantesimo scagliato all’improvviso

-          Ringrazia la tua dolce metà se sono qui – gli disse ghignando e a Draco quel ghignò ricordò molto il proprio

-          Hermione? – domandò incredulo – Hermione è… viva?

Il ragazzino parve riflettere in modo teatrale sulla questione, liquidandola con un

-          Ne parliamo più tardi

Detto ciò si voltò finalmente verso l’iraconda seguace di Voldemort e la squadrò da testa a piedi, quando la sua ispezione fu terminata sul suo viso si leggeva perfettamente un’espressione terribilmente annoiata: Bellatrix non suscitava certo il suo interesse.

-          Giunta l’ora di morire eh, Bella? – la schernì – sei pronta? Hai fatto l’esamino di coscienza?

-          Tu, stupido bamboccio saputo – sibilò pericolosa lei riuscendo a strappargli un sorrisetto ironico – non credere di potermi uccidere così facilmente…

-          Io invece penso di sì – rispose con naturalezza lui rigirandosi il legno chiaro tra le dita – non sei dotata di nessuna caratteristica particolare, i tuoi poteri sono qualcosa di cui vergognarsi, più che altro, e al momento riesci pensare solo alla rabbia. – una bella analisi psicologica -  Ma dopotutto, tu volevi la bacchetta di Albus… forse è il caso che io ti dia effettivamente una dimostrazione di cosa può fare

Gli occhi verdi si spostarono sulla figura bionda in piedi lì accanto che lo stavano ammonendo di non fare troppo il gradasso, più che altro perché il ruolo non si confaceva molto al suo aspetto fanciullesco e Draco questo lo sapeva bene, non tanto perché sua zia potesse davvero ucciderlo.

Esattamente come avrebbe fatto un fratellino desideroso di mostrare la propria abilità al fratello maggiore, Devlin sorrise, per una volta gaiamente, al Serpeverde.

-          Allora, sei pronta? – le chiese portandosi la lunga asta parallela alla linea mediana del volto e fissandole gli occhi sul viso

Reggendo l’impugnatura elaborata proprio sotto il mento, la parte di legno separava in due metà perfettamente speculari il volto del ragazzino, l’unica cosa asimmetrica era il ghigno un po’ bieco che storpiava le sue labbra.

Bellatrix deglutì e si preparò al duello in posizione di difesa.

Non sapeva chi fosse quell’esserino pestifero né da dove fosse sbucato fuori e, di sicuro, alla sua età non ci si poteva aspettare che sapesse combattere con una bacchetta in modo da tenere testa ad una persona dotata di molta esperienza quale lei stessa era, ma… c’era qualcosa in lui che lo rendeva molto pericoloso.

La logica avrebbe suggerito quanto sopra, ma aveva come la terribile sensazione che lui sarebbe davvero stato in grado di ucciderla. Se lui avesse cominciato, con ogni probabilità sarebbe riuscita a stento a sopravvivere.

-          Pronta? – le chiese come se si stesse divertendo da matti e la punta della bacchetta si colorò di un’aura verdastra

Come un tredicenne sapesse richiamare a cuor leggero un’Avada Kedavra era un mistero; o il piccoletto non era a conoscenza della potenza distruttiva di quell’incantesimo, ma francamente ne dubitava, o erano di fronte a qualcuno che la storia non aveva mai visto e che di sicuro più che appartenere ai libri, l’avrebbe SCRITTA la storia.

 

Vide gli occhi verdi, prima puntati su di lei spostarsi leggermente di lato e si accorse di un piccolo dettaglio, ovvero la mano di Draco posata sulla spalla del ragazzo, poco più basso di lui.

Malfoy scosse la testa

-          Non dovremmo abusare della nostra magia in questo modo – incominciò paterno - abbiamo tutti e due poteri troppo grandi per la nostra età, io stesso ho appena pochi anni più di te, ma… è giunto il momento che mi assuma la responsabilità di quanto mi è stato dato, per presto che sia. A tempo debito regolerai i tuoi conti

Devlin aspettò in silenzio, ragionando sulle sue parole, e quel modo di fare allo Slytherin ricordò quello della sua nuova tutrice, Mana, non avrebbe saputo dire se Devlin avrebbe ucciso Bellatrix a sangue freddo o se quel gesto l’avrebbe perseguitato per tutta la sua esistenza, ma era giunto il momento di mettere la parola fine a quella faccenda e toccava a lui, da dove tutto era cominciato.

-          D’accordo – disse infine il ragazzino, Draco gli regalò un sorriso riconoscente – ma lo faccio solo perché è una questione tra te e lei

Sarà stata un’impressione, ma quella piccola peste gli ricordava molto se stesso alla sua età…

-          Devlin?

Una voce dall’esterno chiamò il nipote del preside e subito dopo, affaticata, nel vano della porta comparve la professoressa McGranitt

-          Oh, sia grazie al Cielo, meno male, credevo di averti perduto nelle correnti temporali

Lo sguardo di Minerva pareva stranamente preoccupato, come se quello con cui stava parlando fosse il suo nipotino anziché un perfetto estraneo che aveva conosciuto da meno di un anno.

Gli occhi azzurri erano umidi e si stava sorreggendo con una certa fatica allo stipite mentre il pugno della mano sinistra, chiuso, era poggiato sul petto.

-          Uno come me non può morire a quel modo – rispose con naturalezza il diretto interessato

Draco guardò quella scena, un piccolo quadretto familiare distrutto come il suo, anzi, come entrambi i suoi: quello di cui faceva parte come figlio e quello che avrebbe voluto costruire come marito e come padre.

Scosse la testa cercando di scacciare l’immagine serena della mezzosangue prima di chiudere gli occhi per sempre, se l’avesse rammentata ancora si sarebbe messo a piangere e non era il caso visto che c’era ancora da sistemare una ventina di mangiamorte e sua zia.

Accidenti, sua zia!

Distratto com’era stato dalla comparsa della vicepreside si era completamente dimenticato di Bellatrix!

Si voltò appena in tempo per vedere l’Avada Kedrava dall’inconfondibile colore fosforescente partire dalla bacchetta della maga diretta non a Devlin o a lui, bensì alla McGranitt!

Cazzo, se la McGranitt fosse morta a quel modo avrebbe liberato un mostro!

Perché faceva tanto lo sbruffoncello, ma anche Devlin, stranamente, voleva bene a quella burbera professoressa e c’era da chiedersi come mai visto che non erano stati insieme che poche ore prima dell’inizio della battaglia…

Un “nooooo!!!” gridato con tutta la forza che aveva in corpo gli uscì involontariamente dalla bocca mentre, più veloce che poteva, si lanciava verso l’insegnante che si era accorta solo in quel momento della magia appena partita  e non le avrebbe dato il tempo di scansarsi.

Spiccando probabilmente il salto più spettacolare della sua vita, col cuore che batteva a mille nel petto, come quando faceva l’amore con la mezzosangue, lo sguardo terrorizzato degli occhi verdi di Devlin che gli vorticava nella mente, si gettò più veloce che poté sulla professoressa cercando di scaraventarla lontano.

Sentì un dolore fortissimo colpirlo al fianco sinistro mentre stava ancora volando a mezz’aria.

 

Quando guardava quegli sceneggiati babbani, mentre era a Londra, si chiedeva spesso perché a metà della scena clou i registi decidessero sempre di mettere il rallentatore alle immagini, beh, adesso lo capiva: in quel momento era come se il tempo stesse frenando, come se tutto scorresse molto più lentamente, i movimenti parevano a scatti, i suoni che riusciva ad udire divennero concitati e confusi, le immagini cominciarono a sfuocarsi nella sua mente.

Udì in lontananza le grida dei suoi compagni.

Atterrò malamente sul pavimento di pietra graffiandosi con lo scempio di cocci e vetri infranti e riconobbe la sagoma allarmata di Potter quando aprì appena gli occhi cercando di non perdere conoscenza.

-          Malfoy! Malfoy! – stava chiamando Potty con un’agitazione che non gli si addiceva molto

Se fosse stato in salute (e qualunque minuto della sua vita poteva dichiarare di essere stato meglio di ora) gli avrebbe risposto per le rime, Potty non era certo una bella donna a cui dedicare l’attenzione degli ultimi attimi della sua vita… se fosse stata la mezzosangue di certo avrebbe fatto uno sforzo diverso. Perché non lasciava avvicinare la Greengrass? Almeno avrebbe visto qualcosa di bello prima di andare per sempre all’Inferno…

 

Un grido disumano gli rimbombò nelle orecchie, ma non riusciva a distinguerlo, voltò la testa verso la direzione da cui proveniva cercando di mettere a fuoco la scena leggermente sgranata, lo spettacolo che si presentò ai suoi occhi stanchi non lo sorprese.

I mangiamorte avevano il pregio di essere mossi sempre da grandi emozioni che li scuotevano e spingevano nelle loro idee, ma altrettante ne suscitavano nei loro rivali e quando il proprio avversario è uno come Devlin Dumbledore, la cui madre aveva immensi poteri magici, ma altrettanto incontrollabili e il proprio padre era nientemeno che il mago più spietato del mondo magico, beh, qualsiasi cosa avesse visto non l’avrebbe stupito.

 

Sua zia al momento era intrappolata in un cerchio magico che la stava investendo di scariche decisamente poco piacevoli mentre il fautore di tutto quello se ne stava in piedi attorniato da un’aura omicida che colorava perfino l’aria di quel rosso vermiglio che aveva accompagnato anche la sua venuta in quel mondo.

Gli occhi verdi avevano le iridi dilatate mentre le pupille sottilissime stavano fissando lo scempio di vita che causavano.

I capelli bianchissimi quasi ritti sulla testa dalla violenza della magia che senz’altro scorreva nelle mani di quel ragazzino al momento, erano testimoni della sua rabbia.

Quanto faceva paura, nonostante fosse poco più che un bambinetto, ma dopotutto, recentemente lo era stato anche lui e…

Non aveva la forza di continuare a pensare e riflettere, eppure doveva fare qualcosa!

Allungò una mano, doveva fermarlo, se non lo faceva lui chi altri…

 

-          Devlin! – richiamò una voce – adesso basta!

 

Dalla stessa porta da cui era entrata la McGranitt arrivò un’altra sagoma vestita di scuro muovendosi con passi lenti e cadenzati.

Tutte le teste intorno a lui si voltarono a guardare, fissare quasi con sconcerto, cercò di girarsi anche lui nonostante il dolore, avvertì la camicia nuovamente zuppa di sangue e maledisse quel giorno in cui era la seconda volta che rischiava di morire per mancanza di emoglobina, se fosse sopravvissuto avrebbe fatto un’ordinazione “in serie” di camicie al suo sarto di fiducia.

 

La persona appena giunta aveva un’aria stranamente familiare, indossava una gonna della divisa della scuola, era del Grifondoro, inconfondibile, i loro colori sarebbero saltati agli occhi perfino ad un cieco…

Anche la camicia pareva dei grifoni e i capelli mossi le cadevano sulle spalle…

Doveva trattarsi di una ragazza, ma con la vista che si ritrovava avrebbe scambiato Hagrid per Miss Inghilterra.

Eppure quel qualcuno sembrava familiare, anche la sua voce, nonostante non avesse più parlato.

E gli occhi… così caldi e dorati… si stavano spostando meccanicamente da lui al bambino di fronte che, forse, si stava calmando un poco.

Se quella era la fine, beh, era meglio di quanto ricordasse, perfino lui si sarebbe calmato se qualcuno l’avesse guardato con tanta severità.

Eppure quando incrociava quelle iridi così piene di tristezza e di paura… così prossime alle lacrime…

Hermione!

Quella era Hermione!

Hermione Jane Granger!

 

No, non era possibile! Stava sognando o forse era qualche allucinazione causata dalla sua ferita di cui tutti parevano essersi dimenticati…

Hermione era morta! L’aveva vista lui stesso mentre si addormentava per sempre tra le pieghe del lenzuolo…

 

All’improvviso, anche se non lo vide, riuscì ad avvertire la forza magica di Devlin diminuire progressivamente.

Chiuse gli occhi, qualunque cosa facesse gli costava fatica, anche pensare a LEI, viva o morta che fosse.

Il suono martellante del suo cuore coprì a poco a poco tutti gli altri.

Aprì ancora una volta gli occhi, sentendo le palpebre tanto pesanti come se fossero fatte di pietra, dopodiché, tra i tanti visi più o meno familiari, casualmente Potter sempre in primo piano a rovinare la visuale, spiccava anche quello della Granger.

Hermione era il ritratto della paura e le lacrime si stavano accumulando fino ad offuscare le sue iridi, sentì che anche i suoi occhi erano umidi.

Le sorrise, come meglio poteva e allungò una mano ad accarezzarle i riccioli ribelli che le incorniciavano il volto.

Facendosi violenza mise tutta la sua forza nella mano avvicinando il capo della ragazza al suo, se non lo avesse detto, se non lo avesse fatto…

DOVEVA!

Non poteva andarsene per sempre senza dirglielo!

La bocca si avvicinò all’orecchio, le spostò una ciocca sfuggita alle forcine e parlò

-          Ti amo. Sposami Hermione Granger

Dopodiché, con le sue ultime forze, la bocca percorse quel breve tratto di pelle che separava l’orecchio dalla bocca e posò un castissimo bacio sulle labbra di lei.

Non aveva la forza di fare altro, non riusciva neppure a stringerla a sé, non riusciva a vederla, avvertiva solo il contatto dei suoi capelli e della sua pelle.

Udì appena una voce gridare il suo nome, sapeva essere la mezzosangue.

Avvertì sulla bocca una lacrima, salata come quelle che aveva assaggiato la prima volta che si erano baciati, la prima volta che lei baciava qualcuno.

Beh, era meglio di quanto riuscisse ad immaginare.

Presto anche il suo udito sarebbe scomparso.

 

-          Fate largo, branco di stupidi! – gridò qualcun altro, quella, decisamente, non era la voce della Regina dei Gryffindor, lei non avrebbe mai sbraitato a quel modo, come una pescivendola, eppoi il lessico era decisamente fuori questione

Gli sembrava più se stesso che la sua bella e rediviva Hermione.

 

Anche l’udito scomparve, sostituito dal nulla.

Presto sarebbe scemata anche la consapevolezza.

Non avrebbe resistito che mezzo minuto.

Uno.

Due.

Tre.

Quattro.

Cinque.

Sei.

Sette.

Otto.

Nove.

Dieci…

Qualcosa, come una scarica, lo costrinse ad uno scatto e riaprì improvvisamente gli occhi.

La prima cosa che vide fu una serissima e quantomai arrabbiata faccia fanciullesca dai capelli bianchi che lo fissava con un cipiglio incazzoso che avrebbe fatto invidia al proprio.

-          Vedi di svegliarti, non ne ho voglia di stare qui a questo modo ancora un po’!

Stava dicendo il soggetto in questione.

Con una certa fatica allargò il suo campo visivo e riuscì ad avvertire altri sensi oltre la vista e l’udito: il tatto era uno di questi.

Le mani del ragazzino erano poste sul suo petto come quando gli aveva curato le ferite, subito dopo essere arrivato, solo che in quella circostanza aveva usato solo la sinistra mentre ora entrambe erano appoggiate sulla sua pelle

-          Che cosa staresti facendo, razza di invertito?! – sbraitò con tutta la rinnovata forza che sentiva in corpo alzandosi un po’

-          Ti sto salvando la vita, sottospecie di ingrato! – rispose a tono l’altro mentre Draco si rimetteva a sedere

-          E per farlo devi proprio spogliarmi?! – aggiunse il biondastro

-          Sai che bello avere a che fare uno come te! – sibilò pericoloso Devlin

-          E dì un po’, per curarmi dovevi proprio sbottonarmi i pantaloni?! – aggiunse lo Slytherin tirando i lembi per la cintura di pelle e riabbottonando il pomello, in realtà solo quello era stato slacciato, ma c’era qualcosa che gli sfuggiva leggermente, eppoi non poteva darla vinta a quel piccoletto

-          Guarda che sono etero! – sbraitò il piccolo Dumbledore – mi fanno schifo quelli che vanno con gli uomini

-          Ma stai zitto, razza di moccioso!

-          Moccioso lo vai a dire a qualcun altro – sbuffò

 

-          Ma cosa siete, fratelli? – propose qualcuno non meglio identificato dalla piccola platea di studenti in piedi che si era venuta a creare lì intorno

Draco e Devlin si voltarono a fulminare con lo sguardo chiunque avesse parlato.

Malfoy passò in rassegna i volti e gli ci volle meno di un secondo per identificare la provenienza della voce nel suo migliore amico lì in piedi con le braccia incrociate e un sorrisetto divertito sulle labbra.

Blaise!

Santo cielo, ma allora era vivo! Allora il piccolo saputello lo aveva davvero salvato!

Accanto a Zabini c’era Pansy con l’aria sollevata, divertita dalla scena, poco distante Potter sospirò e si aggiustò gli occhiali rotondi sul naso nascondendo una risatina.

E lì davanti a loro, sul pavimento con le ginocchia sbucciate, la sua piccola mezzosangue con il petto che si alzava e abbassava agitato e le lacrime che le rigavano le guance.

Farfugliò qualcosa di inintelligibile e subito dopo lei gli si lanciò tra le braccia.

Rimase un po’ stupito da quella reazione, più che altro perché era il primo ad essere scioccato di stare ancora in quel mondo: era VIVO!

Spostò gli occhi su Devlin mentre accarezzava piano la testa della giovane Gryffindor; il nipote di Silente se ne stava seduto a gambe incrociate sul pavimento antico dondolando ritmicamente la bacchetta più potente di tutto il mondo magico e quando i loro occhi s’incrociarono sbuffò scuotendo la testa.

 

*          *          *

 

Qualcuno dietro il piccolo gruppetto riunito tossicchiò significativamente e un varco si formò tra gli studenti: la professoressa McGranitt attraversò il passaggio e si fermò in piedi di fronte ai due studenti abbracciati e al bambino seduto poco distante con tutta l’aria di far finta di guardare lontano

-          Avrei qualcosa da ridire circa i suoi metodi – dichiarò leggermente a disagio Minerva – ma devo ringraziarla

Draco boccheggiò, caspita che giornata! Perfino un ringraziamento della vicepreside!

Poi un pensiero lo colse vedendo la gonna lunga di lei e il piccolo Silente lì affianco

-          Professoressa, il professor Silente?

La donna aprì la bocca, come per dire qualcosa, stupita da quella affermazione, ma la richiuse subito dopo e abbassò gli occhi oltre le lenti rettangolari.

Si voltò verso gli altri che, con ogni probabilità, non avevano colto tutti quei dettagli

-          Cominciamo a rimettere a posto – disse all’indirizzo degli allievi – professor Vitius – aggiunse poi indicando l’insegnante – rinchiuda i prigionieri nelle celle di Hogwarts e metta delle sentinelle; signorina Tatsumiya – Mana comparve dal nulla col suo fucile di precisione appoggiato per il calcio sul pavimento, le braccia che si reggevano, apparentemente come se si stesse annoiando, alla canna, le gambe leggermente divaricate negli stivali camperos di pelle – vuole occuparsene lei?

Mana annuì svelta, fece un segno di vittoria a Draco, gli strizzò l’occhio e seguì il prof di Incantesimi ricaricando la sua arma dopo la battaglia, seminando lungo il suo percorso bossoli vuoti.

Dopo aver sistemato tutti, Minerva si voltò nuovamente verso Draco, Hermione e il piccolo Devlin

-          Riesce a camminare, signor Malfoy? – domandò, l’altro fece un paio di prove per rimettersi in piedi, poi accennò un assenso – molto bene, seguitemi – e si diresse veloce verso l’uscita della Sala Grande ridotta ad un campo di battaglia.

Malferret si voltò un’ultima volta, fotografando con precisione quell’immagine nella sua mente: quando vi avrebbe rimesso piede tutto sarebbe stato diverso, probabilmente ogni cosa sarebbe tornata al suo posto come ricordava essere sempre stata, ma era giusto ricordare che cosa si era consumato tra le antiche pareti della sala maggiore della scuola.

 

*          *          *

 

La professoressa li condusse nel proprio studio e fece sedere i tre sulle poltroncine di fronte alla scrivania con un gesto della mano, poi si accomodò a sua volta nella poltrona dietro.

Hermione, che tremava come una foglia, continuava a tenere la mano del biondo senza lasciarla e gli occhi bassi sul pavimento.

-          Mi ha chiesto di Albus Silente – commentò quasi con tristezza la McGranitt

-          Infatti – rispose Malfoy – se Devlin riesce a usare la Bacchetta il preside deve essere per forza morto – tatto zero.

Nessuno ne sapeva tanto quanto lui sulle Reliquie, il vecchio mago stesso gli aveva detto tutto ciò che conosceva in proposito e, a differenza delle altre grandi famiglie coinvolte in quella questione: i Black, i Potter, i Gaunt e i Malfoy, i Dumbledore non avevano la pessima abitudine di dimenticarsi le cose importanti per strada.

Ovviamente poi aveva fatto un po’ di ricerche per conto suo e di sicuro sapeva che il potere di una Reliquia veniva trasmessa all’erede della famiglia solo quando il capofamiglia stesso moriva.

-          E’ vero? – domandò il bambino albino puntando gli occhi smeraldini sull’anziana donna, Minerva sospirò drammaticamente, si tolse gli occhiali incrinati dalla caduta, li appoggiò sulla scrivania, li pulì con un panno e se li mise, il tutto con esasperante lentezza

-          Lasciate che prima vi spieghi che cosa è successo, oppure, se vuole può farlo la signorina Granger

-          Silente è morto davvero? – questa volta il biondo rivolse direttamente a lei le sue domande

Hermione annuì con tristezza, continuando a tenere gli occhi fissi sul parquet

-          Ma non sono stati i mangiamorte – aggiunse in un sussurro appena udibile

-          È vero? – indagò ancora lui girandosi verso l’insegnante che annuì

-          Lasciate che vi spieghi.

-          Non aspetto altro.

Se c’era una cosa che Draco Malfoy non capiva era come quelle due donne così fedeli all’Ordine avessero lasciato che Silente morisse, non lo riteneva umanamente concepibile, anzi, assurdo!

-          Lei certamente sa che, quando la signorina Granger ha preso la sua decisione – e qui spostò alternativamente lo sguardo su di lei e sullo Slytherin – sono rimasta io a vegliare su di lei

-          Sì, ricordo – confermò

-          Sono entrata nella mente della signorina, subito dopo che ve ne siete andato – aggiunse – avevo la necessità di trovare una risposta che mi premeva particolarmente

-          Quale? – Minerva McGranitt si irrigidì contro lo schienale e indurì gli occhi

-          Non sono cose che la riguardano – rispose altera e Draco avvertì una piccola stretta alla mano da parte di Hermione – ad ogni modo, la signorina mi ha fornito l’autorizzazione per prendere la sua Giratempo

-          Ma se era morta, poteva farlo benissimo – era a conoscenza del fatto che nessuno potesse toglierle quell’oggetto senza il suo specifico consenso

-          Non è esatto. L’incantesimo che si è scatenato quando lei ha assorbito la sua energia magica – e la scena si ripresentò con prepotente urgenza alla mente del ragazzo – non ha effettivamente ucciso la nostra studentessa, bensì l’ha lasciata in uno stato comatoso. Se la caposcuola di Grifondoro fosse effettivamente morta sarebbe stato impossibile anche per me entrare tra i suoi pensieri

-          E dunque?

-          Ho preso la Giratempo e ho riflettuto su quello che andava fatto, ma quando sono tornata alla realtà l’infermeria non era più vuota

Si fece silenzio, tra i presenti, mentre si entrava nel vivo della narrazione

-          Il professor Silente, con ogni probabilità, era venuto a conoscenza del gesto sconsiderato che si era compiuto, sia da parte mia che della signorina. Mi presentò una seconda Giratempo, poi si avvicinò al letto e donò la sua energia magica alla nostra allieva, esattamente come a sua volta aveva fatto con lei

-          Spero che lei abbia tentato di impedirglielo – esclamò quasi indignato il biondastro

-          Signor Malfoy! – tuonò irosa la donna – ritengo che il nostro stimato preside sia grande a sufficienza e dotato di senno in quantità bastante per badare alla propria esistenza senza una balia che gli dica cosa fare. Non approvo la sua decisione, lo sappia, ma non spetta certo a me dirgli ciò che è giusto e ciò che non lo è!

-          Vada avanti – rispose altrettanto seccato il ragazzo

-          Prima di infondere in lei – e con un gesto del capo indicò la ragazza – la sua energia, mi spiegò la sua idea: dovevamo recarci entrambe nel passato e modificare ciò che è stato. Quando mi ha detto questo la battaglia in Sala Grande era appena cominciata

-          E quindi?

-          Quando la signorina Granger si è risvegliata, siamo partite assieme alla volta della data in cui il professore ci aveva indicato l’arrivo del suo corrispettivo giovane e l’incontro tra costui e il Silente moderno

-          Credo di non seguirla

-          Lo immagino. Quando il signorino Devlin – e qui indicò il bambino – è nato, il professor Silente, per preservarlo dalla minaccia di Voldemort appena creatasi lo ha portato cinquant’anni nel futuro sperando di salvarlo. Parlando con se stesso, lo pregò di prendersi cura di quella creatura mentre lui doveva pensare alla sua vita di allora

-          Ce ne ha parlato

-          Sì, c’ero anche io. Noi siamo arrivate dal Silente di un anno fa, quando aveva appena ricevuto la visita del suo se stesso più giovane e gli abbiamo spiegato la situazione, dopodiché abbiamo preso nuovamente la Giratempo e abbiamo viaggiato undici anni indietro ancora, spiegando al Silente di allora tutta la questione e affidandogli il bambino in modo che se ne occupasse.

-          Quindi è come se Devlin fosse nato undici anni prima di come lo conosciamo… adesso lui avrebbe

-          Undici anni – puntualizzò la vicepreside – il signorino Devlin ha undici anni e, dovrebbe entrare a Scuola il prossimo settembre – aggiunse con un pizzico di disappunto immaginandosi i guai che un tipetto simile avrebbe potuto causare

-          Quindi è per questo che è cresciuto all’improvviso, durante la battaglia

-          Sì. Quando siamo arrivate undici anni indietro e abbiamo lasciato lì la cesta dopo aver parlato con Silente, il corso degli eventi è stato leggermente distorto.

-          Dunque si spiega perché abbia agito così, lui sapeva già che Devlin sarebbe arrivato – commentò Hermione, leggermente confusa

-          Credo che lo abbia fatto per permettermi di usare la Bacchetta - aggiunse ancora – se l’avessi adoperata quando lui fosse stato viso, probabilmente il suo effetto sarebbe stato minore, invece, essendo morto…

-          È una possibilità – ammise il biondo

-          Ad ogni modo, credo che sia giunto il momento di far tornare in vita Silente

-          Ma-ma… puoi farlo davvero? – chiese esterrefatta la prof alzandosi in piedi e dimenticandosi le dovute cerimonie che usava con gli allievi

-          Non ho bisogno della Bacchetta io, è meglio se torna a lui e gli ridà i suoi poteri, dopotutto, essendo vissuto in un’epoca dove Silente era ancora vivo, ne possiedo una mia. Eppoi posso cavarmela benissimo anche senza poteri supplementari, ne ho d’avanzo dei miei. – modesto come sempre

Lei fece per dire qualcosa, ma appena aperto bocca si ritrovò nell’infermeria della scuola.

-          Ho solo accelerato un po’ gli spostamenti – concesse il piccoletto stupendola

Il ragazzino le regalò un sorriso a trentadue denti molto innocente. Proprio come quello di uno squalo.

 

*          *          *

 

Silente giaceva su una delle brande di Madama Chips, l’aria serena di chi sa di aver fatto la cosa giusta.

-          Alys – chiamò Devlin stendendo la bacchetta magica di fronte a sé e la piccola feycoocu che la abitava comparve con i suoi capelli verdi e gli occhi fucsia

-          Ciao Devlin – lo salutò come se si conoscessero da una vita – sei proprio sicuro di cosa stai facendo? – gli domandò

-          Come fa a saperlo? – chiese curiosa Hermione a Draco

-          Le Reliquie hanno un rapporto molto stretto col loro proprietario, agiscono in base al suo volere, senza incantesimi

E Alys, infatti, sapeva già cosa Devlin aveva intenzione di fare di lei.

-          Se ridarai la magia ad Albus non potrai tornare nella tua epoca e noi non ci incontreremo che tra un bel po’ di anni – aggiunse

-          Nella mia epoca è tutto a posto, andrà come è andata in questa perché Silente si prenderà cura del bambino che è arrivato dopo che io sono partito – il piccolo Devlin abbassò la testa e baciò appena la chioma turchese della fata, sorridendole, poi annuì – Non preoccuparti - aggiunse

Alys sorrise e scomparve in una nuvoletta brillante che finì nella bacchetta poi questa, animata da spirito proprio, si mosse appena sopra il corpo anziano di colui che era stato uno dei maghi più potenti.

L’istante successivo questi aprì gli occhi ritrovando il piccolo gruppo schierato di fronte: Minerva, commossa fino alle lacrime, Draco ed Hermione, praticamente basiti, e suo nipote, Devlin, che aveva coscienza di aver avuto.

 

Il figlio di sua sorella stava in piedi affianco del letto e poteva immaginare cosa aveva fatto per farlo risvegliare.

Per tutta risposta, da sotto la camicia, il ragazzino estrasse una bacchetta scura, quasi nera, l’esatto opposto della Bacchetta di Sambuco. Era la SUA, quella che gli era stata destinata, non imposta dalla sete di potere di un antinato folle.

Fu felice per lui.

Quando tutta lo scompiglio si fosse placato avrebbero dovuto fare un lungo discorso.

Ringraziò che lo avesse svegliato perché morire prima di avergli confidato tutta la storia sua e di sua sorella andava contro i suoi principi, ma forse, un principio era sacrificabile per il bene di un intero pianeta…

 

*          *          *

 

-          Prova a rifarlo e questa è la volta che mi mandi davvero all’altro mondo!

Hermione storse la bocca seduta sul letto dell’infermeria e fissò il vuoto, Draco non era stato molto contento della sua decisione di sacrificarsi perché potesse combattere.

-          Dico, ma come ti è saltato in mente una cosa del genere? COME?

-          Mi sembrava la cosa più giusta… - mormorò lei sentendosi in parte colpevole e in parte accusata ingiustamente

-          Ma giusta per cosa? Ti prego, spiegamelo perché io non capisco!

-          Smettila di dire tanto! – proruppe lei – cosa credi che abbia provato quando sono tornata alla mia età normale e tu invece eri ancora un bambinetto? Cosa credi che abbia visto nei tuoi occhi?

-          Vorrei proprio saperlo! – sbraitò lui accendendosi una sigaretta dal nervoso

-          Volevi andare a combattere, guarda che lo so, non sono stupida! Volevi la tua battaglia, la tua guerra e la tua vendetta e avevi pure ragione!

-          Ma tu sei più importante della mia battaglia, della mia guerra e della mia vendetta!

-          Pensavo… credevo… che saresti stato felice di combattere per ciò che credevi

-          E in cosa dovrei credere, sentiamo! Per una volta, dico una nella mia vita che credo in una persona, questa preferisce morire piuttosto che starmi accanto! Non ero certo arrabbiato per non poter combattere! – sbuffò mentre la sigaretta era ormai quasi alla fine

-          E per cosa?

-          Per te, razza di stupida! Come potevo proteggerti in quelle condizioni?

-          Per me? Ma io so badare a me stessa! – sottolineò lapidaria

-          Su questo ho qualche dubbio.

-          Tu e la tua idea di proteggermi. Non capisco perché la fai tanto grossa, non occorre che qualcuno mi protegga, so usare la magia per difendermi a sufficienza

-          Evidentemente, allora, non sai usare la testa

-          Questo non lo devi dire, Draco Malfoy! – aggiunse pericolosa – tu non mi devi proteggere!

-          Sì invece! L’ho promesso a Silente e l’ho giurato a me stesso

-          Non m’interessa! Mi pare che, forse, tra i due sia io quella che deve proteggerti

-          Non dirlo, Granger, non provarci, sai?

-          E comunque non capisco perché stiamo ancora qui a litigare, è andato tutto bene!

-          Tutto bene?! Tutto bene un accidente! Quando mi hai toccato lo sapevamo tutti e due che saresti morta, anzi, tutti e tre! Lo sai che cosa hai fatto passare a quella strega della McGranitt?

-          Ma sentitelo! Adesso prendi anche le parti della prof!

-          Non prendo le parti della prof, ma tu stavi morendo! Quando ti ho lasciata tu eri come MORTA! È solo per un miracolo santissimo se invece sei ancora qui a voler avere ragione!

-          Ah, e così sarei io quella che vuole avere ragione?

-          Perché, non è forse così?

-          NO!

-          Io invece dico di sì.

-          E comunque non conta cosa ha passato la vicepreside, Silente sapeva che sarebbe andato tutto a posto, probabilmente me lo avrebbe impedito se le cose sarebbero andate male…

-          Granger, cazzo, non possiamo sempre essere tutti qui a guardare quello che fai! Non posso vivere con una persona che so che tenterà di ammazzarsi alla prima occasione per una stupidaggine! Hai minimamente, anche solo vagamente idea d cosa mi hai fatto passare?

-          Tu mi stai facendo passare un brutto quarto d’ora!

-          Al diavolo! Credevo di morire! Come puoi pensare che io possa continuare a vivere senza di te!

-          Il tempo guarisce tutte le ferite – citò apatica

-          Un corno! È una stronzata! Non pensarlo neppure, lo sappiamo entrambi che non è vero perché le nostre ferite sono ancora tutte aperte. Le mie e anche le tue. Dovresti smetterla di contare balle a te stessa per convincerti di aver fatto la cosa giusta! Tu e questa mania di voler avere sempre ragione e di fare “la cosa giusta”!

-          Perché tu fai sempre quella giusta, invece!

-          No

Silenzio.

-          Ad ogni modo… - incominciò lei titubante, sentendo che era giunto anche il momento delle sue scuse

-          Non farlo mai più, d’accordo? Tu non sai che cosa ho passato, tu non sai quanto ero contento quando mia zia stava per uccidermi. Andare all’Inferno era preferibile che rimanere su questa terra senza di te, soprattutto sapendo che l’avevi fatto per me.

-          Non dovresti dire certe cose…

Draco la ignorò e si avvicinò, abbracciandola stretta.

-          Hai promesso di non lasciarmi, giusto?

Tra le tante parole che aveva usato, quelle l’avevano colpita più delle altre perché lei non avrebbe mai voluto che Draco l’abbandonasse, quando fosse stata in vita, sapeva che ci sarebbe stata male, che ci avrebbe sofferto, terribilmente. Perché solo in Draco aveva trovato qualcuno con cui aprirsi davvero, qualcuno a cui poter parlare liberamente, senza nascondersi.

Draco era come lei, alla fine si somigliavano più di quanto piacesse loro ammettere.

E come lei sapeva che sarebbe stata malissimo a perderlo perché era la persona più cara al mondo, perché ne era innamorata… beh, forse ora comprendeva perché lui sembrava così furioso.

Se Draco fosse morto, sarebbe riuscita a trovare qualcun altro a cui confidare le proprie paure?

No, lo dimostrava la sua reazione, quando arrivata in Sala Grande lui era praticamente moribondo sul pavimento.

Anche il quel momento avrebbe dato la sua ritrovata vita per lui.

Ma ciò che voleva era solo vederlo felice.

Perché era innamorata e la gente fa sempre cose pazze quando è innamorata.

Chi l’avrebbe detto che sarebbe finita ad amare uno come Draco Malfoy… chi l’avrebbe detto che, dal quel giorno della visita al Giornale Scolastico, il loro rapporto sarebbe cambiato tanto.

Ora capiva meglio.

Gli strinse le braccia al collo, non voleva perderlo. MAI.

-          Andrò da Silente a ringraziarlo per averti ridato la vita. Vedi di non sprecarla, chiaro, signorina?

Lei sorrise.

-          Non sei l’unica persona sulla faccia della terra, mi pareva di avertelo già detto; devi pensare anche a chi ti vuole bene.

-          Tu mi vuoi bene, Draco? – chiese sottovoce, lui annuì, accarezzandole i capelli, piano

-          Non sei più sola, adesso. E se non ti ammazzi, non lo sarò neppure io.

La baciò dolcemente sulle labbra.

-          Un giorno ti chiederò di sposarmi, Hermione Jane Granger, perché voglio passare con te tutta la mia vita ed ogni singolo istante da adesso all’eternità.

 

*          *          *

 

Epilogo

 

Tutta Hogwarts stava danzando nella consueta festa organizzata dopo gli esami.

 

Gli studenti dell’ultimo anno, tra lacrime di gioia e di disperazione, si abbracciavano dicendosi addio dopo sette anni trascorsi assieme.

Qualcuno beveva per dimenticare di dover lasciare gli amici di sempre, altri rammentavano le belle esperienze e quelle un po’ meno idilliache.

 

Sul palco d’onore, posto al centro, stavano i quattro Caposcuola che presto sarebbero stati rimpiazzati da altrettanto validi studenti per il prossimo ciclo di studi.

Draco ed Hermione, in onore di una momentanea tregua tra le loro Case, che comunque non aveva risparmiato a Milicent di ritrovarsi “casualmente” con i capelli in fiamme, erano stati costretti ad occupare i due posti centrali vicini e avevano passato tutto il loro tempo a battibeccare rumorosamente.

Alla fine era cambiato tanto ed era cambiato poco dall’anno precedente.

Litigare litigavano come all’inizio dell’anno, peccato che, nascosti dietro il divano, si stessero tendendo per mano.

 

Harry e Ginny, desiderosi di dimenticare che dall’anno prossimo non avrebbero più potuto dividere molto tempo insieme, stavano danzando a centro pista un lento melodico.

 

Le gemelle Patil, piangenti come fontane, avevano acconsentito ad un giro di danze e, non si sa come, riuscivano a piangere, ridere e ballare (male) tutt’insieme.

 

Ron era al tavolo del buffet e si stava riempiendo il vassoio di pollo alla cantonese e insalata di primizie, oltre ad una generosa dose di carote, tanto per migliorare un po’ la già disastrosa condizione dei suoi capelli; affianco a lui, sbuffante e che batteva i tacchi delle scarpe sul pavimento, Lavanda Brown reggeva l’altro piatto che Weasley aveva appena terminato di riempire e, nel mentre, gli stava facendo una bella paternale sull’ingordigia che lo contraddistingueva: Ronald sollevò appena gli occhi dal cibo, alzò le spalle con noncuranza e continuò a servirsi.

 

Luna Lovegood, invece, era alla postazione musicale e stava scegliendo il prossimo disco da inserire.

 

Blaise e Pansy erano stesi su un elegante triclinio accanto alla grande finestra a vetri e, guardando la luna, si stavano coccolando dolcemente.

 

Neville e Daphne erano misteriosamente assenti.

 

-          Non è una festa meravigliosa? – annunciò sorridente Hermione prendendo dalle mani di Ernie McMillan un piatto colmo di prelibatezze mandatele direttamente da Ron

-          Sì, certo, uno spasso – borbottò acido il Principe delle Serpi sprofondando di più nel sedile del divano, il fatto che avessero impedito ai Caposcuola ogni attività vitale come alzarsi, ballare e quant’altro non lo metteva di buonumore, tantomeno rimanersene in mostra come un salame su quel divanetto scomodo

Hermione scosse la testa sconsolata e lui, per tutta risposta, prese dalla tasca dei pantaloni una sigaretta e se l’accese.

La popolazione femminile di Hogwarts tacque per un istante quando lui tirò la prima boccata e, subito dopo, una nuvoletta chiara e tornita si librò nell’aria formando una voluta sottile.

Ecco che cominciava la caccia alle farfalle, chissà come dovevano essere contente le ragazzine degli altri corsi a sapere che dall’anno prossimo Malferret non sarebbe più stato il loro idolo.

-          Di sicuro – annunciò piano il biondastro – preferirei un altro genere di “festa” le disse piano

Lei sbuffò.

Avevano già ampiamente parlato della questione, anche se si era trattato di un argomento secondario paragonato alla scenata che Draco le aveva fatto quando aveva liberato tutta la sua rabbia per quel gesto incosciente che aveva compiuto. Con ogni probabilità era stato più arrabbiato con lei che con sua zia.

Poi, proprio quando era lì lì per scusarsi con lui sentendosi davvero in colpa, lui le aveva messo il broncio dicendole che non si sarebbe mai dovuta comportare ancora come se fosse stata l’unico essere vivente sulla terra perché adesso erano in due e i problemi andavano discussi insieme e non si prendevano le decisioni così, su due piedi, soprattutto se queste erano FOLLI e AVVENTATE.

Lei non poteva saperlo perché non era stata dentro di lui durante quella terribile battaglia, sia la vera battaglia che quella interiore e anche raccontarla era una cosa diversa, ma lui era stato davvero molto male.

 

Era bravo Draco a raccontare stupidaggini, fin troppo. Rischiava quasi di credergli, soprattutto perché era stato dolcissimo e l’espressione che aveva sul viso davvero sconvolta.

 

Da allora era passato un po’ di tempo e, insieme, avevano fatto dei progressi in una vita a due che non erano abituati a portare avanti.

 

Quando tutto quanto era terminato, Silente, Draco e Devlin si erano recati a Malfoy Manor per spegnere il Fuoco che Brucia in Eterno che circondava la casa e lo stesso erano dovuti correre a fare a Londra dove lo Slytherin aveva appiccato quel piccolo falò all’ingresso del covo dei mangiamorte.

Per quel che rimaneva di Fenrir Greyback, invece, c’era poco da fare.

 

Si guardò intorno.

Le sarebbe mancato tutto questo: sia la scuola che la sua vita che i suoi amici e le avventure. TUTTO.

Draco no perché sapeva che sarebbero rimasti insieme, glielo diceva qualcosa… il fatto che, mentre lui credeva di morire, avesse usato le sue ultime forze per dirle ciò che davvero sentiva.

E che glielo avesse detto più esplicitamente quando avevano risolto i loro contrasti.

Avevano parlato anche di quello.

E di tanto altro.

 

Avevano fatto l’amore, prima di andare alla festa, e questa volta era stato… era stato… non riusciva a trovare un modo per definirlo, ma al solo pensiero le si imporporavano le guance e Draco lo sapeva, maledetta serpe, lui lo sapeva e ghignava strafottente, cingendole di nascosto le spalle e accarezzandola dolcemente.

Maledetto.

 

Una studentessa del quarto anno con un grosso album di fotografie si presentò al Principe degli Slytherin, aprendoglielo davanti

-          Potrebbe firmare il mio annuario con la foto di quest’anno, Caposcuola Malfoy? – chiese questa tutta mielosa

Come no!

Questa di sicuro non le sarebbe mancata, vivere a Hogwarts ed essere la ragazza segreta del furetto aveva i suoi lati negativi.

-          Ma certo – rispose invece la serpe prendendo dalle mani un po’ tremanti della tipa una stilografica e apponendo il suo prezioso nome. Dopodiché le rivolse un sorriso

La ragazza quasi svenne e si ritirò molla come una gelatina, stringendo al cuore il libro.

-          Potresti anche fare un po’ meno il cascamorto

-          Era solo una ragazza – cinguettò lui, ghignando a modo suo

Hermione alzò le sopracciglia, se aveva voglia di provocarla, ben venga, sapeva come ripagarlo.

-          E a me, Caposcuola Malfoy – chiese tutta zuccherina – potrebbe firmare anche a me l’annuario?

La guardò mentre, dal nulla, faceva comparire un quaderno molto spesso di pelle rossa e dorata e questo si apriva alla pagina dove troneggiava una grossa fotografia che immortalava l’attimo di qualche anno prima in cui lei gli aveva tirato un pugno.

Draco sospirò e la guardò, lei invece gli rivolse un sorriso perfido

-          Sei gelosa, Granger? – le chiese sadico, ostinandosi a chiamarla col cognome

-          Certo che no! – rispose lei, infiammandosi

-          Ah, è così, eh?

Lui ghignò mentre il sorriso di lei si smorzava un poco non riuscendo a prevedere la sua prossima mossa

-          D’accorso, so che cosa vuoi… - le disse sottilmente, poi a voce più alta – ehi, Canon, vieni un po’ qui!

Colin Canon, impegnatissimo a scattare fotografie alle coppie danzanti, si fiondò come un razzo sul piccolo palco avvicinandosi a Sua Maestà il Principe delle Serpi.

Aveva imparato a sue spese a non intralciare mai più il suo cammino, soprattutto dopo che Draco aveva mandato contro di lui una spedizione punitiva di cui avvertiva ancora qualche dolorino come “fautore” del casino dell’articolo sul bacio di beneficenza.

-          Canon, potresti fare una foto a me e alla Granger? Un ricordo di quest’anno, insomma…

-          Certo! – esclamò il piccoletto preparando l’attrezzatura, non avendo sperato in tanta fortuna e magnanimità

Draco ed Hermione si misero in posa sul sofà, lui le passò un braccio dietro la schiena e lei cercò di sorridere nel modo più naturale possibile.

Cosa diavolo aveva in mente quella subdola serpe?

Colin si posizionò con il marchingegno magico tra le mani inserendo l’autoscatto e aspettò che i due si assestassero.

I secondi passarono in attesa che la foto venisse scattata, poi…

-          Guarda bene, Canon – disse, all’improvviso Draco – perché questa immagine la voglio vedere domattina sulla prima pagina della Gazzetta di Hogwarts

E prima che il giovane Grifondoro potesse dire qualcosa, prima ancora che Hermione riuscisse ad elaborare che si stava per consumare una follia che solo Draco era stato in grado di concepire, sentì la mano di lui sulla pelle che gli voltava leggermente il viso verso e, l’attimo seguente, la sua bocca sulla sua che la baciava con passione.

Se all’iniziò provò anche a resistergli, vale a dire per i primi tre secondi, dopo di allora seppe che era tutto inutile e si lasciò andare.

Poco male, tanto prima o poi qualcuno l’avrebbe scoperto…

Udì in lontananza il rumore dell’autoscatto, l’urlo disumano di Ron che aveva anche lasciato cadere il piatto con le vivande, la risata di Blaise e immaginò che Harry si stesse sistemando nervosamente ed in imbarazzo gli occhiali, sospendendo momentaneamente i suoi volteggiamenti.

 

Quando riaprì gli occhi, e non le sembrava che fosse passato così tanto tempo, la platea di fronte a loro era ammutolita, ferma, zitta e immobile mentre gli altri due Caposcuola si erano rintanati agli angoli del divanetto, il più lontano possibile, tanto per non spezzare l’atmosfera o quella sarebbe stata davvero la volta che Malfoy avrebbe spaccato loro la faccia a suon di sberle.

 

-          E, Canon – disse il biondastro al piccolo Gryffindor basito con la macchina tra le mani – fanne avere una copia a me e una alla signorina Granger, come ricordo, sai?

Colin annuì meccanicamente e scappò via a rotta di collo per andare a sviluppare in tempo di record la fotografia del secolo.

-          Beh, cosa è successo alla musica? – domandò poi lo Slytherin, stupito da tanto silenzio

Piuttosto aritmicamente il quartetto di archi che suonava il lento si rimise a suonare, un po’ fuori ritmo e le coppie ripresero a danzare completamente scoordinate, merito dello shock che quei due erano riusciti a somministrare loro anche quella volta.

-          Questo invece è per te – aggiunse porgendo alla Regina dei Gryffindor, rossa come un pomodoro, il suo album fotografico, la cui copertina le faceva concorrenza per tonalità vermiglia.

Nella pagina che lei gli aveva aperto prima, sotto la foto famosa, stava ora una scritta in diagonale, tracciata con l’inchiostro nero della stilografica più costosa in circolazione che, sapeva, Draco portava sempre con sé nella tasca interna della giacca.

Forse è cominciato tutto da allora…

Draco Malfoy Y

Recitava la dicitura e, subito sotto, la svolazzante firma di Draco, austera e regale, e un cuoricino.

 

 

*          *          *

 

Silente sorrise alla sfera di cristallo di fronte a lui e la donna in piedi fece altrettanto; l’istante dopo l’immagine si dissolse e sparì.

-          Il signor Malfoy è senza dubbio la persona più imprevedibile che abbia mai conosciuto

Affermò senza dubbio il preside

-          Anche la signorina Granger non scherza – ammise tristemente la vicepreside, ricordando lo spavento che si era presa e che l’aveva fatta invecchiare di vent’anni in un colpo

-          Beh, ad ogni modo, tutto si è risolto per il meglio

-          Volevi espiare le tue colpe con quel gesto, ridandole la vita, vero? – gli domandò lei facendo scomparire il vetro magico

-          Non ti posso più nascondere niente, vero Minerva?

-          No

-          Sai, se fosse nata una bambina l’avrei voluta chiamare come te – disse distratto, l’altra scosse la testa

-          L’avresti chiamata Ariana, come tua sorella

-          Come lo sai?

-          Oh, ero solo una stupida ragazzetta innamorata del suo professore – ammise sorridendo, ma nel suo sorriso c’era una vena di tristezza – ma sapevo che c’era un’altra, anche se non ero a conoscenza del fatto che fosse tua sorella, né di tutto il resto della storia

-          Eri un’alunna molto sveglia

-          Per questo non ti ho portato rancore, quella sera, perché sapevo che, finalmente, eri riuscito a dimenticarla. Avevi ammesso con te stesso che era morta e io, forse, avevo ancora una speranza. Sai, hai fatto il suo nome mentre… mentre è successo…

-          Sono stato così crudele? – indagò perplesso il vecchio mago

-          Sì. Ma è stato grazie a quello che ho avuto la conferma che Ariana era scomparsa per sempre. Dicevi che le somigliavo, ma sapevo che non era vero. Eri così bello, Albus, che tua sorella doveva essere anni luce distante da quello che ero io

-          Hai sempre avuto la pessima abitudine di sottovalutarti

-          Me lo dicevi anche allora

-          Lo so

-          Alla fine non è cambiato molto

-          Abbiamo avuto nuove esperienze e alla fine anche io sono riuscito a cacciare i fantasmi del passato…

-          Se non fosse stato per il signorino Devlin mi sarei ritrovata con uno spettro in più – lo pungolò la prof di Trasfigurazione

-          Già

-          Beh, a questo punto, allora, credo che sia giunto il momento di ripetere, finalmente, ciò che ti dissi quella volta, molto, molto tempo fa

E dolcemente gli si sedette in grembo, allungando la testa verso l’orecchio, sorrise mentre le labbra si avvicinavano, l’altra volta erano giovani tutti e due e la pelle che ora era rugosa e chiara era stata liscia e abbronzata, molto era cambiato.

Appoggiò la mano in modo che rimanesse un segreto solo tra loro due.

E poi lo disse, appena sussurrato, mentre sul viso dell’altro si allargava un sorriso finalmente sereno e non più conciliante

-          Era da tanto che avrei voluto sentirlo – confessò

-          C’era un prezzo da pagare – gli fece notare lei, lui annui sapendo che avevano espiato a sufficienza.

 

-          Albus?

-          Sì?

-          So che probabilmente penserai male di me, ma… - Minerva arrossì un poco – ecco, ogni tanto mi sono anche chiesta come sarebbe stato se… se non fosse successo così, o se fosse successo dell’altro dopo… sì, insomma…

Si fece silenzio mentre la mano nodosa del mago andava sistemare una ciocca dietro l’orecchio della donna. Le forcine collassarono, riversandole sulle spalle una lunga treccia grigia e bianca che una volta era stata del colore del bosco d’autunno.

-          Povera, piccola Minerva… solo ora mi rendo davvero conto di quanto ti ho portato via, ma con tutte le brave persone del mondo… perché non sei andata con qualcun altro? Perché non ti sei sposata? Perché non hai avuto dei bambini?

-          Non c’era nessun altro che volessi. Eppoi il mio posto è qui, non vorrai mica mettere Severus a fare il vicepreside, vero?

-          Tutti questi anni, tutto questo tempo…

-          A dire la verità, anche se non posso dire che sia stata un’esperienza piacevole o che la ripeterei, è stato un bene che sia accaduta.

-          Se solo tornassi indietro…

-          Ci siamo accorti quanto è sbagliato cambiare il tempo, credo che sarebbe pericoloso farlo per qualcosa di così futile

-          Non si tratta di un cosa futile – ribadì il mago – però ho ancora una carta da giocare

-          Ah sì? Che cosa vorresti fare? – chiese piuttosto divertita da quelle idee bizzarre

-          Beh, potremmo tornare momentaneamente giovani, solo per una notte e…

-          Mi rifiuto categoricamente di bere un filtro, guarda solo che cosa è accaduto hai ragazzi

-          I ragazzi se la godono più di noi – rispose Silente ritrovando in sé un po’ della sbruffoneria che lo aveva caratterizzato ai tempi che conosceva Grindewald o che aveva incontrato Minerva

-          Ma loro sono giovani

-          Tra poco lo saremo anche noi – rincarò la dose

-          Assolutamente no!

-          C’è sempre lo Specchio della Giovinezza

-          Non ci è permesso di usarlo

-          Solo per una volta… non volevi soddisfare la tua curiosità? – la McGranitt arrossì sotto le rughe sentendosi di nuovo una ragazzina

-          No

-          Va bene, ne parliamo quando siamo di là, ma non garantisco niente, sono passati tanti anni da allora, credo di aver perso un po’ di pratica…

-          No, Albus, assolutamente no!

-          Neppure se ti dicessi che sei stata la mia ultima donna?

Minerva tacque e la porta si chiuse dietro di loro.

Come Cenerentola: il sogno solo per una notte che poteva durare fino all’eternità.

 

*          *          *

 

Land’s End, 17 luglio

-          Mi spieghi che cosa ci facciamo in questa catapecchia cadente? – domando un bambino dai capelli bianchi scendendo dal cocchio nero con una valigia per ogni mano – non intendo certo stare in questa topaia! – sbuffò

-          Vedi di chiudere quella bocca prima che te la chiuda io

-          Come fai con Hermione? – indagò il bambino

-          Di questo ne parliamo quando sarai più grande

-          Ma sentilo, il signor “sono-il-dio-del-sesso-di-Hogwarts”…

-          Meriteresti che ti lavassi la bocca col sapone, lo sai, piccolo strafottente?

-          Proprio come hanno fatto con te, immagino – suppose il piccoletto

Draco sospirò tentando di frenare l’ardente desiderio di schiaffeggiare quella sanguisuga

-          Eppoi vorrei proprio sapere perché Albus vuole che passi le vacanze insieme a te! Uffa, Hogwarts è tutta vuota!

-          Innanzi tutto vorrei che la smettessi di chiamare Silente “Albus”, eppoi al posto di parlare tanto potresti usare questi tuoi “grandi poteri” per rammodernare un po’ la casa

-          Ecco, lo zio mi manda qui perché mi vengano insegnati i segreti della magia e tu mi sfrutti come elfo domestico!

Draco rabbrividì a sentire quel nanerottolo chiamare il mago più potente del mondo magico “zio”, ma avrebbe dovuto farci l’abitudine…

Un colpo di bacchetta e la casa fu come nuova.

Pregò che i paesani del villaggio poco distante, l’ultimo lembo di terra d’Inghilterra, non notassero più di tanto il vistoso cambiamento avvenuto alla villa sulla collina, Devlin era avventato come suo solito.

-          Speravo che almeno mi avresti portato a Malfoy Manor – borbottò ancora il piccolo Dumbledore – invece mi tocca anche la residenza al mare

-          Non entro più a Malfoy Manor, adesso vivo per conto mio, zia Mana mi ha lasciato la sua casa, anche se non ne avevo bisogno, ma ha insistito

-          Ma se non sai neppure cucinare un uovo!

-          Quanto parli, ma ci stai un po’ zitto? Eppoi andare al mare ti farà bene, guarda come sei pallido

-          Senti chi parla! Eppoi fa parte del mio fascino

Aveva creato un mostro.

Come quel bambino gli somigliasse tanto era un mistero, visto che si erano conosciuti da poco tempo e da neonato l’aveva tenuto in braccio solo per salvarlo dalle grinfie degli adepti del Signore Oscuro che ora marcivano in prigione ad Azkaban; probabilmente quello era anche il motivo per cui Silente glielo aveva appioppato.

-          Meno male che tra una settimana arriva Hermione – annunciò contento il ragazzino albino spostando gli occhi verdi sull’arredamento che aveva fatto spuntare dal nulla, Draco, appena entrato, cambiò subito alcune cose – ho proprio idea che qui faremo la fame per quello che sai fare

-          Ordineremo pizze a domicilio – le odiava, ma tutto pur di non darla vinta al piccolo saputello. Se quando si trasformava in bambino era stato insopportabile quanto Devlin, capiva perché Hermione lo detestasse tanto.

-          Ripeto: meno male che arriva Hermione. Anche se penso che da quel momento mi ignorerete completamente.

Sfortunatamente il babanetto in questione aveva delle inusuali vene sadiche che gli permettevano di trovare a ridire in ogni momento, oppure di infilzare coltelli nelle piaghe a non finire. In più era stranamente intelligente per la sua età e aveva troppa memoria visiva, oltre che nessun pelo sulla lingua. Un autentico piccolo demonio, insomma, proprio come diceva il nome.

-          Oppure… - aggiunse ghignando alla maniera Malfoy, – potrebbe anche essere che ignorerà te per tutto il tempo…

Draco si voltò verso di lui con certo cipiglio dipinto sul viso mentre il ragazzino gongolava

-          Non osare dire una cosa del genere, chiaro, moccioso?

-          Non credo che Hermione approverà la parola “moccioso”, sai?

-          Va meglio piccolo pezzente?

-          Non credo

L’ex principe degli Slytherin digrignò i denti.

-          Beh, su, datti da fare, io ho fame!

Adesso lo ammazzava! Che qualcuno lo trattenesse o gli avrebbe spezzato quell’ossicino del collo che si ritrovava!

Devlin sorrise.

Lui e Draco erano stranamente un po’ come fratelli.

Facevano tanto i buffoni, gonfiavano il petto e mettevano in mostra le penne, ma sotto sotto erano fragili per la triste storia che li aveva segnati: il passato di Draco, la storia della nascita di Devlin.

Per questo stavano bene insieme, entrambi sapevano cosa stava sotto quell’impalcatura di spavalderia.

Per questo aveva chiesto allo “zio Albus” di poter rimanere insieme a Draco e per questo Draco aveva accettato.

Draco lo capiva più di ogni altro.

Lo sapevano entrambi.

 

Ed anche lui, come il suo fratellone che invidiava da morire e come suo zio, stava cercando una persona che riuscisse a comprenderlo fino in fondo e, parola di Devlin Derek Dumbledore, l’avrebbe trovata!

 

Fine

 

*          *          *

 

Spazio autrice:  dopo 25 capitoli, riuscendo a rientrare appena nei termini che mi ero imposta, ho messo la parola fine a questa storia, la terza che pubblico e la mia seconda fanfic lunga a più capitoli.

Ho faticato molto per riuscire a rimanere nei paletti che avevo fissato e ammetto che quest’ultimo capitolo, molto probabilmente, sarebbe stato meglio dividerlo, ma mi sarebbe spiaciuto separare la fine di tutto dall’epilogo vero e proprio che non conclude nulla, così ho preferito giuntarli. E, altro, grande motivo, è che volevo a tutti i costi finirla entro oggi perché… perché oggi è il mio COMPLEANNO!

(tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri all’autrice, tanti auguri a teeeeeeeee!!!!!).

Ehm, dopo questa piccola digressione piuttosto imbarazzante: no, non si tratta di uno scherzo, ma qualche settimana fa, riflettendo, mi era venuto in mente che, terminando la fic prima dell’inizio degli esami sarebbe potuto essere un bel pensiero che coincidesse proprio con la data del mio compleanno e, permettetemi di dirlo, un po’ perché sono molto felice e un po’ per dell’altro, sono orgogliosa di esserci riuscita. Dopotutto, l’altra era terminata proprio all’inizio dell’anno 2008, il 1° gennaio, per la precisione e vado molto fiera di queste date.

 

Scrivere finalmente la FINE dopo tanto tempo che ci si tiene compagnia dà uno strano sentimento di nostalgia, come quando si vede la propria figlia lasciare la casa per andare a sposarsi (paragone poco calzante visto che non ho figli e non intendo sposarmi a breve, chissà con chi, poi…).

Draco, Hermione e tutta la vicenda delle Reliquie della Morte riarrangiata dalla vostra pazza autrice di fanfic suonata lasceranno per un po’ il posto ad una bella pausa di riflessione per me e per voi.

Sappiate che sono stata molto felice di avere così tanti lettori anche per questa avventura che, nonostante non consideri proprio il mio capolavoro (le Relazioni avranno sempre la precedenza) mi rende comunque orgogliosa come una mammina.

Se nell’altra storia la mia vena comica alla fine ha preso il sopravvento, qui siamo finiti decisamente sul drammatico con personaggi tormentati e un po’ più cupi che combattono i propri mostri dentro di loro più che fuori, tutto merito delle pessime letture degli ultimi tempi XD

 

Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa fic dall’inizio e sono rimasti a leggerla.

 

Ringrazio tutti quelli che l’hanno cominciata un po’ in ritardo.

 

Ringrazio quelli che hanno commentato più o meno assiduamente, spronando la vostra autrice ad andare avanti felice di avere un così folto pubblico di ammiratori bugiardi ^^

 

Ringrazio quelli che, anche se non me l’hanno propriamente scritto, hanno apprezzato la storia oppure ci hanno pensato, ogni tanto.

 

Ringrazio quelli che hanno inserito la mia storia tra i preferiti e quelli che invece mi hanno assurta a tale ruolo, grazie!

 

Ringrazio quelli che con le loro recensioni mi hanno fatta sognare e io spero di aver fatto sognare un po’ tutti voi con la mia storiella pazzerella.

 

Mi scuso se ogni tanto la mia scrittura diventa pesante e monotona, se scrivo mettendo incisi ad ogni parola, se c’è sempre bisogno di una parola in più e se la storia, andando avanti, diventa troppo cervellotica, sorry davvero…

 

Mi scuso anche con quelli che ho involontariamente tralasciato nei ringraziamenti perché sono una persona davvero troppo sbadata e svampita, scusatemi, vi ringrazio adesso, chiunque siate!

 

Spero che in onore della fine della storia e anche del mio compleanno anche quelli che sono sempre rimasti nell’ombra escano allo scoperto e mi regalino un parere a proposito, sono molto curiosa delle opinioni altri, lo spero davvero!

 

Sappiate di essere stati davvero un pubblico splendido e che mentre io scrivo queste parole mi stanno salendo le lacrime agli occhi e mi sto commuovendo come una bambinetta, Devlin e Draco, invece, non lo farebbero mai…

 

Ci rivediamo prestissimo, Vi voglio tantissimo bene!

 

Con affetto,

Monica

(Nyssa)

   
 
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