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Autore: SerMisty    19/01/2014    6 recensioni
Goldie alza gli occhi al cielo emettendo un sibilo frustrato e poi si avvia con rabbia lungo la strada, affondando le scarpette nel rivolo d’acqua che scorre sul terreno. Scrooge la segue, tirando un sospiro di sollievo.
È ufficiale: quel giovane le farà venire una crisi di nervi.

[Vi siete mai chiesti cosa sia successo in quel mese che Goldie ha passato su White Agony Creek? Sì? Ebbene, questa raccolta di 31 flash è qui per rispondervi - più o meno - accuratamente. ScroogeXGoldie, come se fosse una novità da parte mia.]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Paperon De' Paperoni
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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6 Aprile, 1897
 
«In nome del cielo, ma cosa…?»
No. No, non ha tempo per questo. Sono ore che cammina – sono ore che lui la trascina – lungo quella distesa gelida e desolata, non ha il tempo per mettersi a fronteggiare anche un maledetto mammut.
«Tranquilla, è morto da tempo.» Scrooge le viene dietro e lei quasi d’impulso stringe le dita sulla pistola – oh, come odia la sua voce saccente e presuntuosa! «Questo elefante peloso deve essere rimasto intrappolato qui a morire in qualche era glaciale diecimila anni fa. Lui è il mio “Mostro dei Ghiacci”: tiene lontani dal Fosso dell’Agonia Bianca tutti i manigoldi e i cercatori che provano ad avvicinarsi!»
Non ha ancora capito che a lei non importa niente?
Scrooge sogghigna, dà una botta al cappello per sistemarselo.
«Scommetto che non hai mai avuto niente di così grande e peloso nel tuo saloon, il sabato sera.»
Molto spiritoso.
«Beh, c’è stato un grosso svedese da Malmö, una volta, che…» soffia sulla rivoltella ancora fumante «Ma lascia perdere.»
Non è certo il caso di rispondere alle sue allusive frecciatine. Proprio no.
Fa per rimettere la pistola nella fondina che ha legata alla gamba, ma Scrooge è più veloce e le afferra il polso, per poi strapparle l’arma di mano.
«Questa la prendo io.» sibila «Perché non l’hai usata contro di me?»
Lei si libera dalla sua presa con uno strattone.
«Aspettavo solo che mi voltassi le spalle, razza di puzzolone fortunato!»
Lui alza gli occhi al cielo.
Mentre ripone la derringer nel suo zaino, la bellissima Glittering Goldie si ritrova a sogghignare: quanto è stupido! Perché mai dovrebbe spararlo e perdere l’unica possibilità di scoprire l’ubicazione della miniera segreta di Scrooge McDuck? Poi non potrebbe più rubare la sua Pepita Uovo d’Oca! Del resto, è proprio quello l’unico motivo per cui si è fatta trascinare lì.
Il fatto che lui se la sia caricata in spalla come un sacco di farina fino in strada è solo un dettaglio insignificante.
«Bene, vediamo di sbrigarci.» Scrooge si sistema lo zaino e stiracchia la schiena affaticata per il peso «Tra le gambe.»
Per la seconda volta da quando è entrato nel saloon quella stessa mattina, Goldie barcolla per la sorpresa. Sgrana gli occhi e si volta, irrigidendosi. Adesso si rammarica di avergli consegnato la pistola così placidamente.
«Come hai detto!?»
Lui la fissa con espressione confusa per qualche secondo. Poi finalmente sgrana gli occhi anch’egli, arrossendo vistosamente accanto alle basette.
Almeno si è reso conto dell’ambiguità della sua frase.
«Voglio dire,» cerca di recuperare il contegno perduto «per arrivare al Fosso dell’Agonia Bianca bisogna passare in mezzo alle gambe del mammut. Quindi, se non ti dispiace…»
Goldie alza gli occhi al cielo emettendo un sibilo frustrato – si è presa un colpo, si è davvero presa un colpo! – e poi si avvia con rabbia lungo la strada, affondando le scarpette nel rivolo d’acqua che scorre sul terreno. Scrooge la segue, tirando un sospiro di sollievo.
È ufficiale: quel giovane le farà venire una crisi di nervi.    

[500 parole]
 

 
7 Aprile, 1897
 
«Sveglia, il sole è già alto! È ora di colazione!»
Scrooge rovescia i fagioli dal pentolino dentro un piatto e lo poggia sul tavolo. Goldie mugugna mentre si alza a fatica dal letto di legno.
Indossa solo una sottoveste.
Il giovane fa in tempo a distogliere lo sguardo, ancora prima di arrossire. Modo singolare di cominciare la mattinata.
Infilatasi il vestito, Goldie raggiunge il tavolo massaggiandosi la schiena.
«Non avevi menzionato il fatto che non ci fosse il materasso sul letto.» borbotta.
«Credi che i minatori perdano tempo a trascinare comodi materassi su per le montagne?» risponde Scrooge soffocando una risatina «Toh. Mangia.»
Mentre lui si volta per prendere il caffè – è incredibilmente allegro, deve ammettere che avere qualcuno con cui parlare la mattina non è male – Goldie si siede al tavolo ed emette un verso disgustato.
«E tu chiami questa schifezza colazione
«No, la chiamo colazione, pranzo e cena.» ribatte Scrooge prontamente «Fagioli e pane del minatore, ti ci abituerai anche tu.»
Avvicina il bricco del caffè alla tazza della giovane donna ed estrae il coltello dal fodero. Per un attimo può vederla sussultare – e si ricorda solo allora che, nel mondo esterno, i pugnali a colazione non sono proprio così comuni.
«Mandalo giù con un po’ di caffè.» sorride, cominciando a versare nella tazza un liquido scuro e stranamente denso «Di’ basta…»
«Uh…» Goldie sembra confusa «Basta.»
Rapidamente, Scrooge usa il coltello per separare il bricco dal caffè stesso.
Non è certo il massimo in cucina.
«Un po’ forte, eh?» commenta Goldie, ironica.
Scrooge si incupisce per la prima volta quella mattina.
«Non preoccuparti,» replica, secco «non è forte come l’ultima tazza di caffè che ho bevuto.»
La vede irrigidirsi, punta sul vivo, e si sente soddisfatto. Non deve dimenticare che è colpa sua se ora si trova confinata nel Fosso dell’Agonia Bianca con lui.
«Guarda!» approfittandone per cambiare discorso, Goldie indica una serie di animali che si è affacciata alla finestra «Non ho mai visto tanta selvaggina tutta insieme! Perché non vai a procurarti un po’ di cibo decente?»
Scrooge scuote la testa, rassegnato: certo non può aspettarsi altro che un commento egoistico da una come lei.
Si avvicina alla finestra, e sorride quando gli animali si lasciano accarezzare e ricambiano il gesto con affettuose leccate sul viso.
«Ho un accordo con gli animali che vivono qui – loro non mangiano me e io non mangio loro.»
Goldie mastica rumorosamente i suoi fagioli e Scrooge capisce che non le interessa affatto.
Va bene. Calma. È stato lui a portarla lì con sé, quindi ora non può lamentarsi. Goldie è una creatura assai più difficile da gestire rispetto a un orso o a un lupo, lo sa bene, ma deve imparare quanto sia dura la vita di un cercatore d’oro – e lui è l’unico cercatore onesto che può insegnarglielo. Anche se gli farà venire certamente una crisi di nervi, deve prendersi le sue responsabilità.  
«Creature puzzolenti.» commenta Goldie, acida.
E non le ha ancora parlato del repellente per moscerini. 

[500 parole]
 

8 Aprile, 1897
 
Lo odia. Lo odia. Lo odia.  
Ehi, può funzionare. Se continua a ripeterselo continuamente la stanchezza le passa.
Anche se farlo fin dalla prima mattina rende tutto un po’ più noioso.
Goldie si asciuga il sudore dalla fronte mentre continua a picconare.
Lo odia. Lo odia. Lo odia.
Lei è la Stella del Nord. La Regina di Ghiaccio di Dawson. La Fiamma Fredda dello Yukon. E proprio lei si trova adesso in mezzo alla fottuta sporcizia su una fottuta montagna con un fottuto piccone in mano a scavare fottuto oro per un fottuto minatore con un fottuto berretto alla Davy Crockett.
Però. Anche imprecare aiuta.
Alza e abbassa le braccia più volte, rischiando di perdere l’equilibrio quando il piccone urta contro il terreno duro. E uno, e due, e uno, e due…
Oh, ma Scrooge pagherà per questo. E caro, anche. Esattamente il valore della Pepita Uovo d’Oca e del resto dell’oro nella sua concessione. Sì, presto diventerà ricchissima, niente potrà fermarla…
Sempre che sopravviva a questa maledetta giornata.
Abbassa ancora una volta il piccone, rendendosi conto di non aver scavato che pochi centimetri nel terreno. Lascia andare l’attrezzo per asciugarsi il sudore… E solo allora si accorge che Scrooge la sta fissando.
È immobile dietro di lei, a braccia incrociate, con un sorrisino ironico sul volto.
«Che cazzo guardi?» ansima, riportandosi indietro una ciocca di capelli dorati finita fuori posto.
Scrooge ridacchia sornione.
«Sei patetica.»
«Datti un’occhiata tu, di tanto in tanto.»
Raccoglie il piccone e ricomincia il lavoro. Non riesce a sollevare l’attrezzo la terza volta, però, che improvvisamente Scrooge le è arrivato dietro e ha fatto aderire il proprio corpo al suo per afferrarle le braccia.
Goldie sa di aver assunto un colorito scarlatto.
Oh, lei conosce gli uomini. E anche bene. Li conosce a menadito, ormai. Sa che sono tutti maledetti approfittatori e se un qualsiasi altro ragazzo le si fosse avvicinato in quel modo senza il suo consenso lo avrebbe preso a ceffoni talmente forte da farlo tornare piangendo dalla mamma.
Ma non Scrooge. Non lui. Il modo in cui la tocca è così incredibilmente innocente che per un istante crede che il caldo stia già cominciando a bollirle il cervello.
Almeno non si è accorto del rossore sul suo viso.
«Non è così che si fa.» dice, muovendo le sue braccia in su e in giù «Tieni le mani più distanziate… Bene… Piega un po’ le ginocchia… Ecco, così. Dovrebbe essere più facile, adesso. Prova.»
Goldie abbassa il piccone, ma solo perché Scrooge l’ha lasciata e la forza che teneva le sue braccia sollevate è sparita. Eppure l’impatto contro il terreno risulta meno violento di prima.
Scrooge sorride.
«Non c’è malaccio. Ora torna a lavoro.»
E si allontana.
Goldie rimane immobile, il viso ritorna pian piano del suo colore naturale. Mentre ricomincia a picconare – ma possa morire ad ammettere che sì, in effetti in questo modo è meno faticoso – nei suoi pensieri adesso c’è un’altra domanda che si ripete all’infinito.
Perché diavolo è arrossita!?

[500 parole]
 

9 Aprile 1897
 
«Ho un impellente bisogno di un bagno.»
Scrooge interrompe il suo sciacquare detriti e si volta. Goldie avanza nella sua direzione saltellando su un piede solo, il secchio d’acqua semivuoto in una mano. Con l’altra fa aria vicino al piede che tiene sollevato – e che effettivamente emana un odore molto sgradevole.
Scrooge ride.
«Porta fortuna.»
«Aspetta che te la spiaccichi in fronte e vedrai quanta fortuna ti porta.» si siede su un masso gettando via il secchio con noncuranza, continuando a sventolare la mano disgustata «Allora, mi dici dove posso farmi un bagno?»
Scrooge riprende a sciacquare detriti.
«Torna al fiume per ripulirti le scarpe.»
La sente sbuffare irritata.
«No, ascolta – ho bisogno di un bagno vero. Lo schifo sulle mie scarpe è solo l’ultimo dei miei problemi.»
Lui scrolla le spalle.
«Va’ al fiume lo stesso.»
Seguono un paio di secondi di silenzio che lo sorprendono, al punto che posa di nuovo il setaccio e la guarda: Goldie lo sta fissando come se gli fosse spuntata una seconda testa.
«Non mi dirai che tu fai il bagno nel fiume.» mormora.
«…Sì?» risponde lui sollevando un sopracciglio. Non vede cosa ci sia di strano.
Goldie impallidisce e per un istante sembra che stia per svenire. Poi però si riprende e, facendo brevi respiri, agita con decisione il dito indice.
«No.» afferma «No, non se ne parla. Assolutamente no.»
«Ma perché?»
«Perché sono una donna! Ho già accettato il tuo “ridare alla natura ciò che è della natura”, ma mi rifiuto di fare il bagno nel fiume, è… Antigienico!»
«Ma se lo fanno tutti.»
«No, lo fanno solo gli alci, gli orsi, e i pelledura stronzi come te!»
Scrooge aggrotta le sopracciglia, offeso.
«Bene.» conclude, girandosi «Allora resta sporca.»
«Bene!»
Goldie batte stizzita la scarpetta – quella pulita – sul terreno e si alza, avviandosi a prendere il piccone strusciando l’altro piede sul terriccio nella vana speranza di ripulirlo.
Scrooge rimane lì, continuando a sciacquare detriti più lentamente di prima.
Lui non conosce le donne. Non bene, almeno. Ha affrontato orsi, lupi, alci in amore, cavalli indomabili, ladri, furfanti, truffatori, risse, prezzi alti – ma le donne, quelle proprio no. A parte sua madre e le sue sorelle, Goldie è la prima creatura di sesso opposto con cui deve avere effettivamente a che fare. Ma, ora che ci pensa, non gli pare di aver mai sentito di donne andare a farsi un bagno nei fiumi.
Sospira: Goldie rimarrà lì con lui finché non avrà imparato la sua lezione – e teme che non sarà una cosa rapida – quindi sarà meglio cercare almeno di distendere questa sorta di convivenza.
La giovane è impegnata a picconare borbottando qualcosa di poco carino sui ricordini degli orsi quando Scrooge attira la sua attenzione gettando sul terreno una grossa tinozza di legno. È nuova – l’ha appena costruita.
«Toh.» brontola «Spero che tu sia soddisfatta.»
Goldie inarca un sopracciglio: evidentemente non se lo aspettava.
«Meglio di niente.» commenta, secca.
Scrooge scuote la testa. Si era perfino illuso di ricevere un ringraziamento.

[500 parole]

 
 
10 Aprile, 1897
 
Potrebbe morire affogato, mangiato da un orso, sbranato da un lupo, morso da un serpente, calpestato da un alce, sommerso da una valanga, congelato dal freddo, inghiottito da una voragine.
«Dobbiamo mettere a punto alcune regole di convivenza.»
Forse se lo desiderasse abbastanza ardentemente precipiterebbe un meteorite proprio sul suo stupido cappello alla Davy Crockett.
Scrooge tamburella le dita sul tavolo davanti al quale sono entrambi seduti, interrompendo il suo desiderio a metà.
«Regola numero uno: niente lamentele sul cibo.»
Goldie sbuffa, incrociando le braccia. Si comincia male.
«Posso provare.» mugugna.
«Regola numero due: lamentele sul lavoro permesse solo dalle cinque del pomeriggio in poi.»
Lei emette un verso di disappunto e batte con sdegno una mano sul ginocchio.
«Ti sembra che con tutta la fatica che mi costringi a fare abbia anche la forza di capire che ore sono!?»
Scrooge sogghigna.
«Hai già infranto la regola numero due.»
Vuole infrangergli qualcosa sulla testa, piuttosto. Possibilmente pesante.
«Regola numero tre:» continua il giovane «per ogni bestemmia ti verranno detratti venticinque centesimi dalla paga.»
«Stronzo.»
«E uno…»
Oh, signore, vuole ucciderlo. Non riesce a sostenerlo. Quel sorrisino sornione è così simile a quello che ha lei quando balla sul palco del Blackjack Ballroom. Le parti si sono ribaltate! Dio santo, perché non si ribella? Vorrebbe prendersi a schiaffi.
«Regola numero quattro:  non…»
«La regola numero quattro» lo interrompe alzandosi in piedi di scatto «è che tu devi andartene a fanculo insieme ai tuoi fottutissimi fagioli del minatore e che se osi mandarmi di nuovo a sgobbare sotto il sole senza un minimo di pietà io ti piccono il cervello. Sì,» ghigna «ho infranto tutte e tre le regole contemporaneamente, cosa pensi di fare?»
Scrooge non risponde. Rimane seduto al tavolo, lo sguardo basso.
Goldie sorride vittoriosa.
«Bene. Sono contenta che ci siamo capiti.»
E si volta per andarsene.
«Mi chiedo» la voce di Scrooge la ferma «che razza di infanzia devi aver passato per diventare così. Non pensi che i tuoi genitori possano non apprezzare il tuo comportamento? Il fatto che rubi ciò che i minatori faticano per guadagnare?»
Goldie resta immobile per diversi secondi.
Con che coraggio osa Scrooge tirare in ballo la sua famiglia? Lui non sa niente di lei. E mai ne saprà.
Si volta, torna sui suoi passi e batte la mano sul tavolo proprio davanti al suo viso.
«Va bene.» dichiara «Facciamo come vuoi. Accetto tutte le regole che hai proposto – a patto che se ne aggiunga un’altra.»
Lui solleva un sopracciglio.
«Che sarebbe?»
«Regola numero quattro:» scandisce lei con freddezza «non si fanno domande sulla mia famiglia.»
Non aspetta la sua reazione. Esce dalla capanna, sbattendo la porta dietro di lei.
L’aria fresca della mattina le scompiglia i capelli. Afferra un secchio e si avvia lungo la scarpata.
Si ferma solo un momento per guardare attraverso la finestra aperta, e scoprire che Scrooge la sta fissando.
Eh già, è tentata di dirgli, non sono una viziata bastarda come immaginavi tu.
Ma naturalmente non lo fa.

[500 parole]
 

 
11 Aprile, 1897
 
Scrooge riemerge dal pozzo arrampicandosi su per la corda con un’agilità impressionante. È coperto di polvere da capo a piedi e porta con sé un secchio di terriccio che è deciso a sciacquare – chissà se troverà qualcosa oltre ai sassi, questa volta?
Goldie è seduta su una pietra non molto distante, e si sta asciugando il sudore dalla fronte.
«Beh? Cosa siamo, in vacanza?»
Lei ringhia nella sua direzione, fulminandolo con lo sguardo.
«Sono stanca.» lo informa.
«Anch’io. Ma dobbiamo lavorare.»
Goldie emette uno sbuffo irritato.
«Noi non dobbiamo fare proprio niente.» precisa «Questo non è il mio lavoro! Io non sono una cercatrice d’oro!»
«Hai ragione, sei solo una ladra.»
La giovane donna si batte una mano sul ginocchio, sembra in procinto di scoppiare.
«Perché devi sempre mettere in mezzo questo discorso!?» esclama «Ti ho ridato la pepita, ti ho firmato l’assegno, che altro vuoi da me!?»
«Voglio» Scrooge si volta di scatto «che tu veda con i tuoi occhi ciò che noi minatori siamo costretti a fare per trovare anche una piccola pagliuzza d’oro. Tu rubi il meritato premio del nostro faticoso lavoro. Come ti sentiresti se dopo tutto questo sgobbare arrivasse qualcuno e ti portasse via ciò che hai guadagnato, costringendoti a ricominciare daccapo?»
Goldie non esita.
«La prossima volta che venite al saloon» ribatte «provate a guardare le vostre tasche piuttosto che la mia scollatura.»
«L’unica cosa che ho visto io è stata una tazza di caffè drogato.»
«Tu sei un caso a parte! Ma chi ti credi di essere, il giustiziere mascherato? È vero, rubo l’oro dei minatori che vengono al saloon. Ma c’è gente anche peggiore di me, quindi stai perdendo tempo con un pesciolino invece di pensare agli squali.»
«Ho già avuto a che fare con gli squali.» risponde Scrooge, ricordando il giorno in cui ha affondato la barca di Soapy Slick «Hai ragione, sai? Tu sei solo un pesciolino. Ma ti credi più grossa di quello che sei, ti butti in acque nelle quali non dovresti nuotare. Sappi che ti sto aiutando, perché prima o poi uno squalo potrebbe decidere di toglierti di mezzo.»
Goldie questa volta indugia per un istante.
«Quindi dovrei esserti grata?» sputa poi «Dovrei ringraziarti per tutto il lavoro che mi stai facendo fare? Ah, no, non mi conosci affatto. Se stai aspettando che cambi idea per rimandarmi a casa, allora temo che dovremo sopportarci a vicenda per molto tempo.»
«Prima o poi cederai.» afferma Scrooge «Il nostro lavoro è più duro di quanto credi.»
«Non sfidarmi, pelledura. Potresti pentirtene.»
Si rialza, afferra il piccone e si allontana.
Scrooge scuote la testa, mentre riprende a sciacquare i detriti del secchio: è una ladra ingrata, nient’altro che questo. Dovrebbe semplicemente riportarla a Dawson e aspettare che qualche vero squalo si prenda cura di lei.
Ripercorre mentalmente la loro discussione e si blocca tutt’a un tratto, ricordandosi di un particolare a cui prima non aveva fatto caso.
«Aspetta, perché io sono un caso a parte?»
Ma Goldie è già sparita.

[500 parole]
 

12 Aprile, 1897
 
«I’m just a poor girl, bashful and shy,
onest and truthful, I can’t tell a lie.
»
Nonostante i respiri ansimanti, la voce di Goldie risulta limpida e cristallina. Si asciuga il sudore mentre piccona, e si accorge che anche cantare riesce a rendere il lavoro un po’ meno faticoso.
«My needs are quite simple, the smallest than all:
just listen what I tell you I want.
»
La sua famosa canzone l’aiuta a ricordare che lei è ancora Glittering Goldie, non ha smesso di scintillare e non smetterà mai. Certo, ora come ora non c’è nessuno che possa applaudire la sua prestazione, ma poco importa.
«Don’t care for diamonds, rubins or pearls,
don’t care for shappires like some other girls.
»
Deve solo aspettare e sopportare. In fondo è questione di poco. Prima o poi Scrooge commetterà un errore, e allora la vendetta sarà sua. 
«Just give me the one thing that’s easiest to spend:
gold nuggets are my own best friends.
»
L’anima gentile! Vuole insegnarle a vivere! Come si permette di darle ordini? L’ha catalogata come una ladra qualsiasi – ma Scrooge non sa niente, assolutamente niente di lei.
«Gold nuggets are my truest friends!»
Si ferma e si asciuga il sudore. Alcuni passerotti appollaiati sui rami degli alberi cominciano a cinguettare allegramente imitando il ritmo della canzone.
«E voi che volete? Forza, smammare!»
Gli uccellini pigolano spaventati e volano via.
«Volevano solo accompagnarti nel ritornello.»
La giovane donna si volta per trovare Scrooge pochi passi dietro di lei. È coperto di polvere e ha un piccone in mano, potrebbe facilmente essere appena uscito dalle viscere della terra.
Lei lo squadra da cima a fondo e poi sbuffa.
«Che cazzo ci fai qui?»
«Venticinque centesimi in meno.»
«Togline pure cinquanta, stronzo.»
Scrooge ridacchia, pulendosi il naso con la mano sudicia e riuscendo solo a sporcarselo di più.
«Sai,» esita un po’ «hai una bella voce.»
Goldie aggrotta le sopracciglia.
«Beh, non sono la Stella del Nord per niente.»
Lui sorride.
«Sì, suppongo che sia vero.» ammette «C’era un’altra canzone che ti ho sentito cantare… Quella del giorno in cui mi hai drogato il caffè.»
Goldie grugnisce.
«Perché non dici “il giorno in cui sono entrato nel tuo saloon e mi sono messo a esibire la mia pepita come un coglione”?»
«Mi pare che si chiamasse “After the Ball”.»
«Ehi, mi hai sentito?»
«Mi piaceva. Era bella.»
Goldie si zittisce senza neanche capire perché.
Poi sbuffa, e afferra il piccone.
«Oh, non so cosa mi spinge a perder tempo discutendo con te.» esclama «Sparisci!»
Scrooge non replica e si allontana. La giovane donna torna a lavorare, ma il silenzio che la circonda è troppo opprimente e perciò deve mettersi a cantare di nuovo.
«After the ball is over, after the break of morn,
after the dancers’ leaving, after the stars are gone…
»
Gli uccellini, tornati sui loro rami, si mettono a cinguettare come se ridessero, e Goldie li fulmina con lo sguardo.
«Non fatevi strane idee.» borbotta «Il mio repertorio è molto limitato.»

[500 parole]
                
          
13 Aprile, 1897
 
«La mia foto sarà già su tutti i giornali.»
Non demorde. Parla e parla ancora, il silenzio è ormai un ricordo lontano. 
«Lo so.»
Continua a picconare, senza voltarsi. Senza dargliela vinta.
«Tutti sapranno che mi hai rapita.»
Insiste, imperterrita. Il suo tono è aspro, eppure il suono della sua voce è di per sé così dolce che crea un contrasto quasi scioccante per qualsiasi palato. Il silenzio non può esistere se c’è lei.
«Se lo dici tu.»
È sudato e i peli del berretto alla Davy Crockett gli prudono la fronte, ma non vuole fermarsi, non alza lo sguardo.
«Prima o poi qualcuno verrà a salvarmi.»
Non smette. Ha del lavoro da fare e sa che a fine giornata lui la rimprovererà, eppure non va via, non lo lascia in pace.
«Probabile.»
Sente gli occhi verdi di lei che lo percorrono. Non ha voglia di affrontarli.
«Saranno in tanti e saranno armati.»
Il tono si fa leggermente più irritato, non sembra felice della poca attenzione che lui le sta prestando.
«Può darsi.»
Il terreno sembra sempre più duro, dovrebbe fermarsi un istante per asciugarsi il sudore ma questo significherebbe guardarla.
«Potrebbero portarti via la concessione.»
Non sembra una minaccia, più un avvertimento. Forse se alzasse gli occhi la vedrebbe perfino preoccupata.
«Non ci sperare.»
Prova a concentrarsi sul suo lavoro, ma il sole è troppo caldo, il sudore troppo appiccicoso, lo sguardo di lei troppo bollente.
«Non hai paura di venir arrestato?»
Scrooge sbuffa, e finalmente, finalmente interrompe il suo picconare. Si appoggia al manico dell’attrezzo, estrae un fazzoletto e si tampona la fronte.
Goldie è immobile davanti a lui, e lo fissa.
«Signorina,» il giovane sogghigna «hai già dimenticato come ho affondato la barca di Soapy Slick? E come ti ho distrutto il saloon? Sono il Re del Klondike, non esiste nessuno in grado di tenermi testa.»
Goldie incrocia le braccia. Sembra leggermente turbata.
«Stai mettendo comunque a repentaglio ciò che hai.» gli fa notare «E questo – solo perché vuoi darmi una lezione?»
Scrooge annuisce con semplicità.
«Sì. Solo per questo.»
I loro occhi si scontrano, chiaro e scuro affogano uno dentro l’altro. Scrooge è il primo a distogliere lo sguardo, afferra il piccone e ricomincia il lavoro.
Si insudicia da capo a piedi, spera che così lei smetta di fissarlo.
«Non è possibile.» riprende Goldie «Non posso credere che tu corra un simile rischio.»
Scrooge scrolla le spalle. Se spera di poterlo manipolare come gli altri, si sbaglia.
«La vita è tutta un rischio, non trovi?»
La risposta si fa attendere alcuni secondi.
«Sì,» ammette la giovane «ma solo per qualcosa che valga davvero la pena.»
I passi di lei si allontanano. Pian piano la radura cade nel silenzio, e solo il ritmico rumore del piccone che cade sul terreno riempie le orecchie di Scrooge.
E proprio ora che l’ha lasciato in pace, proprio ora che lei non parla più, il minatore indugia.
Forse il motivo per cui rischia tanto è anche per sentire la sua voce.

[500 parole]

 
14 Aprile, 1987
 
Si odia per avere paura, ma cazzo – ha paura.
Goldie si rannicchia sul letto di legno duro, tenendo sollevata la coperta lurida e rattoppata fin sotto il naso. Trema – e non è solo per il freddo.
Fuori tira vento, si insinua fra i rami degli alberi sottomettendoli alla sua forza e cantando sinistre melodie utilizzando le foglie come strumenti. Alcuni spifferi penetrano nella capanna attraverso le fessure del legno, soffiando e sibilando.
Ad accompagnare quell’agghiacciante concerto ci sono gli ululati dei lupi, troppo vicini perché la giovane possa convincersi che stiano facendo una serenata alla luna. Forse è la tensione che le gioca brutti scherzi, ma Goldie sente i loro versi intorno alla casa, li sente appostati fuori dalla porta.
Non osa alzarsi per socchiudere la finestra e sbirciare all’esterno: è terrorizzata dall’idea di trovarsi due occhi gialli e famelici che la fissano con bramosia.
Ricorda ancora le favole di sua madre.
Lei è Cappuccetto Rosso, fuori c’è il Lupo… Ma nessun Cacciatore verrà a farla uscire dalla sua pancia.
Nonna, che occhi grandi che hai!
Sono per guardarti meglio.
Non dovrebbe avere paura. È grande, ormai, non è più una bambina. È ridicolo avere paura, soprattutto per Glittering Goldie… Avere paura è una debolezza. La prima fra tante.
Nonna, che orecchie grandi che hai!
Sono per ascoltarti meglio.
Gli ululati sono chiari e distinti, appartengono a più di un animale. È un branco, e Goldie non può fare a meno di pensare che non sia il padrone di casa la preda favorita in quel momento.
Nonna, che bocca grande che hai!
Le sue dita si contraggono sulla coperta. La porta scricchiola sotto la pressione del vento e non solo.
Un energico grattare sul legno marcio riesce a farla impallidire. Può quasi vedere i solchi diventare più profondi, sempre di più…
È per mangiarti meglio!
E poi tutto accade così in fretta che Goldie quasi non se ne rende conto. La porticina che dà nella legnaia si spalanca e ne esce Scrooge, rapidissimo.
Attraversa la stanza in meno di tre secondi, spalanca la finestra e si affaccia.
«Insomma, la finiamo di far baccano!? C’è gente che vuole dormire, qui!»
Gli ululati cessano di botto e si trasformano in guaiti patetici. Goldie intravede gli snelli quadrupedi scappare nella foresta, e anche il vento diminuisce, diventando una brezza quasi piacevole.
Scrooge ghigna soddisfatto e richiude la finestra. Si volta, e lo sguardo ancora sconvolto di una Goldie rannicchiata sotto le coperte incontra il suo.
«A volte capita. Per la fame affrontano perfino me. Che vuoi farci, sono animali.»
Goldie non risponde.
«Torna a dormire. Non credo che ci riproveranno, comunque resterò sveglio un altro po’.»
E così come è apparso – magicamente, quasi da un sogno o da una favola – Scrooge rientra nello sgabuzzino e sparisce.
La bionda riprende man mano a respirare, la presa sulla coperta si allenta, si appoggia lentamente sul cuscino.
Lei è Cappuccetto Rosso, fuori c’è il Lupo… Ma a quanto pare c’è anche un Cacciatore che la protegge.

[500 parole]
 

 
15 Aprile, 1897
 
Bisogna precisare fin dal principio che la colpa non è sua.
Non è colpa sua se lei non lo ha sentito mentre usciva dallo sgabuzzino. Non è colpa sua se proprio quella volta si è svegliata presto. Non è colpa sua se fuori splende il sole e lei si è alzata, spalancando la finestra, per prendere una profonda e rigenerante boccata d’aria.
Non è colpa sua se per dormire indossa solo quella sottoveste così maledettamente trasparente.
Quindi ora non capisce perché Goldie gli abbia tirato addosso il setaccio strillandogli contro infuriata, e dopo aver indossato il vestito di fretta e furia si sia seduta fuori dalla capanna per trangugiare la sua colazione.
Non aveva cattive intenzioni, come lei lo ha invece accusato. Come potrebbe averne? Le donne non le conosce. Ha ascoltato anche con vivido interesse i racconti fatti da alcuni compagni quando spalava il carbone sui treni o sulle navi per guadagnarsi una paga e un viaggio, ma erano tutti diversi uno dall’altro, tutti esagerati, tutti atti a divertire il resto degli uomini. E lui – nel poco tempo che sprecava per pensare a qualcosa di così futile – era giunto alla conclusione che le donne dovessero avere un chissà che di tremendamente affascinante e incantevole.
E poi era arrivata Goldie. E gli era successo qualcosa. Quelle poche volte che l’aveva incrociata, in giro per Dawson, aveva sentito il suo corpo rabbrividire e il suo volto accaldarsi, tanto che all’inizio aveva temuto di essersi preso qualche malattia.
Ma che sia quello, il chissà che di affascinante e incantevole, Scrooge ne dubita profondamente. Gli altri uomini ne parlavano come di qualcosa di irresistibile – e se lui avesse dovuto scegliere fra Goldie e la sua Pepita Uovo d’Oca, proprio lì, su due piedi, avrebbe senza dubbio scelto la seconda.
Si sporge leggermente sulla sedia, poggiando il cucchiaio nel piatto vuoto, per guardare attraverso la finestra: la giovane è sempre lì, seduta fuori, la vede masticare con rabbia e disgusto.
Poi osserva, pian piano, un piccolo scoiattolo che le si avvicina titubante. Ogni tre passi si blocca e si solleva, la guarda, poi avanza di nuovo, si ferma e la guarda.
Scrooge si aspetta che lei lo cacci via, eppure non succede.
«Che c’è, ne vuoi un po’?» la sente chiedere.
Lo scoiattolo, com’è logico, non risponde, però si avvicina ancora.
Goldie ingoia a fatica un ultimo boccone.
«Serviti pure. Mi fai solo un piacere.»
Posa a terra il piatto e si alza in piedi. Lo scoiattolo è ben felice di accettare l’invito, e si avventa allegramente sui fagioli restanti.
Goldie rivolge all’animaletto un piccolo sorriso tenero, che però dura solo un istante. Quando rientra nella capanna per prendere un piccone e uscire di nuovo – senza dire una parola, ricordandogli che è molto offesa – il suo volto è tornato nuovamente acido e sprezzante.
Eppure quell’istante c’è stato. E Scrooge si chiede, mentre lei si incammina sbuffando lungo la scarpata, se non sia proprio quel piccolo sorriso il famoso chissà che di affascinante e incantevole.

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  16 Aprile, 1897 – Pomeriggio.
 
«Vieni con me.»
Goldie posa il piccone e si volta. Scrooge sembra essere appena tornato di corsa dal fiume e le sta tendendo una mano, invitandola probabilmente a prenderla.
Aggrotta le sopracciglia, sospettosa di natura.
«Dove?»
«In riva al fiume. Voglio mostrarti una cosa.»
Cosa potrebbe mai mostrarle in riva al fiume? I salmoni, al massimo.
Esita, perché non si fida – e perché è strano che sia così gentile.
«Dai, vieni, o sarà troppo tardi.»
La curiosità ha la meglio sui sospetti, e Goldie gli prende la mano. Un istante dopo si trova già catapultata lungo la strada in discesa, con lui che corre avanti rapidissimo e la trascina senza alcuno sforzo.
«Ma… Ehi!» strepita «Che cazzo fai, fermati!»
Scrooge non le bada. Continua a correre, i suoi piedi quasi non toccano terra. Goldie incespica sulle sue scarpe col tacco e sente da un momento all’altro di perdere l’equilibrio e sfracellarsi in mezzo ai sassi.
Poi finalmente raggiungono il fiume. Scrooge si fionda dietro un cespuglio, tirandosi dietro Goldie.
«Dannazione!» impreca la giovane, riemergendo «Sto per mollarti un gran paio di ceffoni che…!»
«Shh!» la zittisce lui «Guarda.»
«Non farmi “shh”! Chi ti credi di essere…?»
La sua voce scema e si dissolve rapidamente, mentre segue la direzione del dito di lui.
Lì, sulla riva del fiume, ci sono due aquile. Due bellissime aquile, maestose e regali, dal piumaggio scuro e lo sguardo fiero. Una delle due è immobile, volta solo piano la testa, mentre l’altra le gira attorno spalancando le enormi ali e gonfiando il petto, emettendo grida forti e sicure.
Goldie rimane in silenzio. Non ha mai visto uno spettacolo simile così da vicino.
«È un rituale di corteggiamento.» sussurra Scrooge chinandosi verso di lei, senza distogliere lo sguardo «Di solito si svolge a Marzo, è una fortuna aver beccato questa coppia in ritardo.»
Lei non risponde, continua a osservare i due uccelli, estasiata.
«Sai,» continua lui quasi sovrappensiero «quando le aquile fanno coppia, è per sempre. Rimangono insieme tutta la vita.»
I due rapaci, senza alcun preavviso, spiccano il volo. Si sollevano alti nel cielo e volteggiano uniti, in una danza meravigliosa.
Goldie salta fuori dal cespuglio e solleva la testa.
«Guarda, Scrooge!» esclama, non può nascondere la sua eccitazione «Guarda come volano! Sono bellissime! Sono…!»
E poi inciampa, agita le braccia per mantenere l’equilibrio, ma non ci riesce e cade, sorprendendo Scrooge e finendogli addosso, precipitando a terra insieme a lui.
E smette di respirare.
Scrooge, sotto di lei, si è fatto rosso ciliegia, e Goldie sicuramente non è da meno. Né lei né Scrooge osano muovere un muscolo per non peggiorare la situazione già equivoca. Si fissano a vicenda, silenziosi.
Poi Goldie si riscuote e si rialza, pulendosi il vestito, imbarazzata. Scrooge fa lo stesso.
«Uh…» farfuglia lei «Bello spettacolo.»
«Già.» annuisce Scrooge «Molto bello. Torniamo a lavoro.»
«Sì.»
E riprendono la strada su per la scarpata, questa volta ben distanti l’uno dall’altra.
Sopra di loro, le aquile continuano la loro danza di amore eterno.

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16 Aprile, 1897 – Notte.
 
Non riesce a smettere di pensarci.
È tardi, è stanco, vuole dormire. Ma qualsiasi posizione risulta scomoda, ogni spigolo una tortura immane, ogni odore pungente un puzzo disgustoso. Va bene che quello sgabuzzino non è certo il luogo più spazioso e confortevole del mondo, ma fino alla sera prima ci ha dormito benissimo.
Eppure adesso si gira e si rigira, sembra tormentato da una zecca, scalcia e borbotta cercando inutilmente di prendere sonno.
Non riesce a smettere di pensarci.
Quel maledetto pomeriggio, mentre guardavano le aquile, e Goldie gli è caduta addosso… Lei che incespica, si agita, poi perde l’equilibrio e gli finisce sopra… La scena continua a ripetersi ancora e ancora nella sua mente.
Si era sentito pervaso da un misto irrefrenabile di emozioni. Per quei pochi istanti si era perfino dimenticato dell’odio che provava – che doveva provare – per lei, per i suoi metodi, per le sue abitudini. Tutto ciò a cui era riuscito a pensare erano i suoi occhi, verdi come due smeraldi, che si specchiavano nei suoi… E quella pelle, candida, divenuta scarlatta sulle guance… E quei capelli dorati che…
Si rialza tutt’a un tratto, colto da una sferzante illuminazione.
Quasi senza controllare il suo corpo, Scrooge fruga nella catasta di legno che gli è accanto, ed estrae la sua piccola cassaforte di metallo. La apre, con cautela, e subito la lucentezza della Pepita Uovo d’Oca lo saluta con entusiasmo.
È bellissima, una gioia per gli occhi. Eppure non è ciò che sta cercando in quel momento.
La sua mano esita. Le dita sfiorano il contratto della sua concessione, e poi si fermano accanto ad un secondo foglio di carta, stinto, piegato in tre su se stesso.
Quel foglio non dovrebbe trovarsi lì. Non dovrebbe nemmeno esistere. Non avrebbe mai dovuto dargli vita, ma… Lo ha fatto.
«Avresti potuto uccidermi con il tuo stupido coltello!»
Il primo giorno di lavoro per Goldie, dopo la lezione su come tenere un piccone, non era stato molto tranquillo. Ma con quale acidità, con quale sfacciataggine gli ha strillato contro, senza nemmeno ringraziarlo per averla appena salvata dalle fauci dell’orso. È solo un’ingrata, una stupida ingrata.
La sua voce – aspra, tagliente, mai gentile, eppure così melodiosa – rimbomba nelle orecchie di Scrooge. Il giovane afferra il foglio di carta e lo apre, guarda al suo interno.
Quella ciocca di capelli dice tutto.
L’ha raccolta quando lei si è allontanata, la ciocca che il coltello le aveva tagliato. L’ha raccolta, l’ha conservata, poi l’ha infiocchettata con un bel nastro rosso e l’ha riposta nella cassaforte. Se lo venisse a sapere, probabilmente Goldie lo ammazzerebbe.
Ma anche qui, Scrooge non ha cattive intenzioni. Fissa quella ciocca di capelli, i riflessi scintillanti che brillano sotto la luce instabile della candela quasi estinta, sfiora i setosi fili dorati immaginando di star toccando proprio i riccioli biondi che le pendono sul collo, e si sente bene.
Sorride. Poi mette via tutto, con molta calma, si stende sul pavimento duro e tira un sospiro: forse adesso riuscirà a dormire.

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17 Aprile, 1897
 
«Questa è pioggia o una scarica di moscerini suicidi?»
Scrooge ride, prendendola per una battuta. In effetti lo è – il dubbio l’ha tormentata solo un istante, ci sono cose strane nella foresta.
«No, questa è proprio pioggia.»
Le gocce si infrangono sul terreno, picchettano sul legno della capanna e l’eco rimbomba all’interno. Il bosco sembra scomparso tanto è fitto il rovesciarsi dell’acqua nella valle. Gli ultimi animali fuggono alla ricerca di una caverna per ripararsi.
Goldie chiude la finestra che aveva aperto leggermente per spiare fuori, soddisfatta, e torna a sedersi sul letto.
Incrocia lo sguardo confuso di Scrooge.
«Beh?» dice «Piove. Non possiamo certo lavorare.»
«È solo un po’ d’acqua.» replica lui «Anzi, doccia gratis. Coraggio, muoviti.»
E così dicendo afferra il piccone, si calca sulla testa il berretto alla Davy Crockett e si dirige fuori. Quando apre la porta lo scrosciare della pioggia diventa più rumoroso e quasi assordante, è un vero diluvio.
Scrooge si ferma, accorgendosi di non essere seguito, e torna indietro. Rimane sulla soglia, sotto la pioggia, senza che essa lo disturbi minimamente.
«Che aspetti?» le chiede «Vieni.»
Goldie lo guarda come se fosse impazzito.
«Mi bagnerò tutta.» afferma semplicemente.
«E allora?» ribatte Scrooge con altrettanta tranquillità.
Non ha ancora capito se la prende in giro o fa sul serio.
«Non voglio bagnarmi.»
«E io non voglio discutere.»
La giovane ringhia. Non ha nessuna intenzione di rovinarsi i capelli e il vestito solo perché lo dice lui, accidentaccio!
Volta la testa con arroganza.
«Io da qua non mi muovo.»
Sente Scrooge sbuffare, poi dei passi che si fanno più vicini. Fa giusto in tempo a voltarsi di nuovo che – per la seconda maledettissima volta! – Scrooge l’afferra per la vita e se la carica in spalla.
«Ehi!» strilla.
«Dobbiamo sempre finire così?» commenta lui con un sospiro divertito, avviandosi verso la porta.
«Toglimi le mani da dosso, stronzo! E non azzardarti nemmeno a…!»
Ma è troppo tardi. Tutt’a un tratto si ritrovano fuori dalla capanna e le imprecazioni di Goldie vengono interrotte a metà dalla pioggia che la assale improvvisamente.
Scrooge la mette giù, sogghigna.
«Visto? Non è la fine del mondo.»
Goldie non sa che fare, a parte aprire e chiudere la bocca ed agitarsi in preda alla stizza. Il vestito è già zuppo, i capelli un disastro e le scarpe sono affondate nel fango. Perfetto.
«Ti ho detto quanto ti odio, di recente?» sibila.
«Non negli ultimi cinque minuti.» ride Scrooge «Cominciavo a preoccuparmi.»
Si avvia lungo la scarpata, fischiettando. Il fatto che il pelo del berretto gli si sia appiccicato alla fronte non sembra dargli alcun fastidio, così come la camicia che, zuppa, è aderita al suo corpo mettendo ben in risalto il suo…
Fisico…
Muscoloso…
Goldie scuote la testa.
«Ecco, mi hai fatta già ammalare
Scrooge si volta.
«In effetti» ammette, addirittura un po’ preoccupato «hai le guance tutte rosse.»
Goldie non sa se si tratta di ingenuità o sarcasmo, ma comincia ad inveire con tanta foga da dimenticarsi perfino della pioggia.

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18 Aprile, 1897
 
Non dovrebbe essere così dispiaciuto. In fondo è colpa sua se ha un fisico fragile, se inciampa nel terreno, è colpa sua se si trova lì, tanto per cominciare, lui non…
«Et-chum!»
Però ogni volta che Goldie starnutisce Scrooge si ricorda di come l’ha presa in spalla e l’ha trascinata fuori sotto la pioggia. E no, non dovrebbe sentirsi in colpa, ma accidenti – lei non lo aiuta certo a convincersene.
«Ecco, hai visto?» borbotta dopo ogni starnuto, soffiandosi il naso e fissandolo con un’acidità che certamente maschera la soddisfazione di poterlo rimproverare almeno una volta «Mi sono ammalata perché tu mi hai fatto lavorare senza darmi retta!»
«Non ti sei ammalata.» replica Scrooge «È solo un semplice raffreddore. Domani ti sarà già passato.»
«Ma intanto mi si staccherà il naso!»
«Una melodrammatica, ecco cosa sei.»
Goldie fa per rispondere ma si interrompe per starnutire di nuovo. Scrooge ne approfitta per versare nella tazza il tè che ha preparato e raggiungerla.
«Toh,» le porge la tisana «bevi. È calda, ti farà bene.»
Lei mugugna qualcosa di incomprensibile per la sua voce nasale, e accetta la tazza. Scrooge si lascia scappare un minuscolo sorriso, vedendo il suo naso arrossato.
Goldie beve un sorso e subito dopo sul suo viso si dipinge un’espressione disgustata. Sputa.
«Che schifo!» geme «Ma che razza di veleno mi hai dato!?»
«È un infuso speciale.» spiega Scrooge «Ti farà stare subito meglio.»
«E certo, perché mica puoi perdere più di un giorno di lavoro!»
«Esatto.»
In realtà ha paura che il tempo ancora un po’ freddo, nonostante il disgelo primaverile, possa rendere quel semplice raffreddore più grave del previsto – in tal caso che si sentirebbe in colpa.
Ma non è il caso che Goldie lo sappia.
La giovane beve un altro sorso, schifata.
«Me la pagherai cara.» lo minaccia.
«Cinquanta centesimi al giorno.» sogghigna Scrooge «E senza contare la parolacce.»
«Ti odio.»
«Bevi.»
Goldie ringhia, però obbedisce. Arriccia il naso, nauseata, poi solleva lo sguardo.
«Che hai da guardare?» sibila, acida.
Scrooge scuote la testa e si riprende: per un istante si era perso a guardarla.
Goldie in fondo non è altro che un puzzle fatto da tanti tasselli misteriosi del suo passato.
Proprio come lui.
«Mi ero distratto.» si giustifica. Poi, afferrando il berretto – perché è veramente ora di smettere di pensare «Beh, io vado.  Per oggi ti lascio riposare, ma domani avrai un doppio carico di lavoro.»
«Spezzati una gamba.»
«Buona giornata anche a te.»
Prende il piccone ed esce, assaporando l’aria fresca. Poi si blocca a pochi passi dalla soglia e rientra, sotto lo sguardo confuso della giovane donna. Si infila nel suo sgabuzzino e ne esce subito dopo con in mano la piccola cassaforte di metallo.
«Questa la porto con me.» la informa con un sorriso sornione «Non si sa mai.»
«Spezzati anche un braccio.»
«Bevi tutto, mi raccomando.»
Si allontana di nuovo, fischiettando. Forse è perché quel giorno c’è un bel sole, ma convivere con Goldie gli comincia a sembrare quasi piacevole.

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19 Aprile, 1897
 
«Ti senti meglio, oggi?»
Goldie si volta all’indietro, asciugandosi il sudore, verso Scrooge che come spesso accade è venuto a controllarla durante il lavoro. Ha anche lui in mano un piccone, chiaro segno che in fondo non è l’unica a sgobbare.
«Abbastanza.» ammette.
«Abbastanza?»
«Abbastanza da lavorare ma non abbastanza da prenderti a ceffoni.»
Scrooge sogghigna.
«Buon per me, allora.»
Lei storce il naso.
«La tisana ha fatto effetto, ne deduco.» riprende il giovane.
«Ho ancora in bocca il suo terribile sapore.»
«Adesso capisco perché non ti sei lamentata dei fagioli questa mattina.»
«Sei la perspicacia in persona.»
Riprende a picconare, non sapendo che altro dire. Si ferma dopo pochi colpi, però, perché Scrooge è sempre dietro di lei, non si muove, e il suo sguardo le dà fastidio. Ma è un fastidio diverso da quello che prova di solito – è un fastidio che prude, che brucia, che la imbarazza.
«Beh, che altro vuoi?» gli domanda, brusca.
Scrooge saltella piano da un piede all’altro, abboccandosi di tanto in tanto sulla sinistra, dove tiene il piccone.
«Io…» inizia, esitante «Uh…»
Si blocca, rimane in silenzio. Goldie aggrotta le sopracciglia.
«Se sei venuto fin qua solo per prendermi per il culo…!»
«Io» scatta il giovane, quasi le parole fossero sfrecciate fuori dalla sua bocca come quando la pistola segna il via «non avrei dovuto farti uscire sotto la pioggia.»
Goldie ci prova davvero a non mostrare la sorpresa sul suo volto, ma non ci riesce.
Lui muove gli occhi qua e là, non la guarda.
«Ho…» mormora «Ho dimenticato che non sei abituata a queste piogge torrenziali primaverili. Io ci convivo spesso, ma tu… Insomma» si vede che sta disperatamente cercando di recuperare un contegno, mentre un vago rossore gli colora le basette «spero che tu abbia imparato che i cercatori d’oro devono lavorare in qualsiasi condizione climatica. Comunque» ecco che di nuovo il tono si abbassa, gli occhi fuggono «se pioverà di nuovo… Posso fare da solo.»
Goldie lo fissa esterrefatta. Conosce quel modo di parlare – può capitare che sia costretta ad utilizzarlo lei stessa – ed è il tipico chiedere scusa di chi è troppo orgoglioso per pronunciare quell’unica singola parola.
Scrooge continua ad agitarsi. La mano che tiene il piccone si è stretta talmente al manico dell’attrezzo da far diventare bianche le nocche.
Senza volerlo, si ritrova a ridacchiare.
«Che c’è di divertente?» domanda Scrooge, risentito.
Lei si porta una mano davanti alla bocca, si ricompone.
«Era solo un semplice raffreddore.» risponde.
Il giovane distoglie di nuovo lo sguardo.
«Lo so benissimo,» afferma «ma comunque non era mia intenzione farti ammalare.»
Goldie tira un sospiro – è il momento di ritornare gelida, come sempre – e gli dà le spalle, riprendendo a picconare.
«Bene,» sogghigna «spero che pioverà per il resto del mio soggiorno.»
«Non sperarci troppo.»
I suoi passi si allontanano fino a sparire, la lasciano sola. Però il sole sembra meno caldo, la fatica diminuita, e Goldie si rende conto che Scrooge non è poi così impossibile come credeva inizialmente.

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20 Aprile, 1897
 
Si è addormentata.
Va bene che i lupi hanno ululato tutta la notte; va bene che c’è un bel sole che, mischiato alla leggerissima brezza che soffia in riva al fiume, rende il tempo assolutamente perfetto; va bene che il letto su cui la fa dormire non ha il materasso che lei tanto brama, ma accidenti – si è addormentata sotto un albero sulla sponda del torrente, con il secchio pieno d’acqua vicino.
Scrooge incrocia le braccia al petto e scuote la testa. Non vedendola tornare, un’oscura e misteriosa parte di sé aveva fatto scattare l’allarme e lo aveva fatto correre a cercarla, ma adesso si rende conto di aver sprecato solo tempo ed energie.
Le si avvicina, con l’intenzione di scuoterla per svegliarla, ma nel mentre che la raggiunge e le si inginocchia accanto quel proposito è già scomparso.
Goldie dorme tranquilla rannicchiata contro il tronco dell’albero, le braccia che pendono lungo i fianchi, la testa abbandonata sulla spalla sinistra. Il sole illumina quella porzione di viso che lui riesce a vedere, arricchito da un sorriso rilassato, fa scintillare i suoi capelli e la sua pelle al punto che sembra un angelo biondo.
Scrooge rimane immobile e la fissa, la fissa come non ha mai potuto fare prima. Scorre lo sguardo sui suoi riccioli dorati – che anche se spettinati rimangono lucenti e setosi – poi cala, passa al viso, al collo, non corre sui seni così velocemente come dovrebbe, osserva la gonna dell’abito ormai piena di strappi e sporcizia e raggiunge i piedi, nudi, poiché le scarpe le ha lasciate fra i sassi giù, quasi nel fiume.
Sente di star assistendo ad una scena segreta, quasi proibita: è lo spettatore di un lato che Goldie non mostra mai, un lato sereno e dolce che scioglie la Regina di Ghiaccio, spegne la Fiamma Fredda, estingue la Stella del Nord. Sta osservando l’unica e vera Goldie, di cui vorrebbe conoscere qualcosa in più rispetto al nulla che sa.
È dannatamente bella. Il suo viso, il suo corpo, tutto in lei è perfetto, e Scrooge fino ad allora ha avuto difficoltà perfino ad immaginarsela, la definizione di perfetto. Nemmeno la Pepita Uovo d’Oca… No, nemmeno la sua preziosa pepita è perfetta quanto lei.
In quel momento una mosca seccatrice prende a ronzargli attorno, rumorosa più che mai nel silenzioso scrosciare del fiume, e si posa infine su Goldie, proprio sulla scollatura del vestito, dove décolleté e seno si confondono.
Scrooge non pensa – ha smesso di farlo da una decina di minuti – semplicemente allunga una mano per cacciarla, come se posandosi su di lei possa contaminare la sua bellezza. Riesce nell’eroica impresa, ma le sue dita sfiorano e quasi paralizzate si fermano nel punto dove sostava l’insetto un istante prima.
E proprio in quel momento Goldie apre gli occhi.
Quando ritorna alla capanna, Scrooge ha sulla guancia il segno rosso di cinque dita.
D’ora in poi, se quel diabolico angelo biondo deciderà di schiacciare un altro pisolino, prenderà la propria nuvoletta e girerà al largo.

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21 Aprile, 1897
 
Il sole batte forte, eppure la neve che circonda il Fosso dell’Agonia Bianca si scioglie con una lentezza esasperante. Probabilmente in inverno deve fare un freddo cane – ma dannazione, non ricorda di avere avuto così caldo in tutta la sua vita!
Goldie si ferma, si tampona con il polso la fronte sudata. Non è possibile che i minatori lavorino così tanto. Non ci può credere. Probabilmente Scrooge le sta facendo fare del lavoro extra perché si tradisca – ma lei è troppo furba per cedere così facilmente!
Riprende a picconare, e colta da un improvviso moto d’ira dà un colpo più forte del solito sul terreno.
Meraviglia! Un ammasso di ciottoli dorati e brillanti la salutano cordialmente. Goldie lascia cadere il piccone e guarda: sono piccole pepite.
«Scrooge!» si ritrova a gridare «Vieni a vedere! Ho trovato l’oro!»
È entusiasmante. Aveva già rinvenuto qualche piccola pagliuzza in precedenza, ma queste sono pepite, pepite vere e proprie, e accidenti – le ha trovate lei!
Scrooge accorre trafelato, tenendosi il berretto per evitare che voli via. Il suo sorriso si allarga da orecchio a orecchio.
«Non c’è male.» è molto parco nei complimenti «Ti sei meritata una doppia razione di fagioli.»
Goldie grugnisce.
«Risparmiami.»
Un gracchiare dall’alto fa sollevare la testa a entrambi: un uccello nero di medie dimensioni scende improvvisamente in picchiata, rasente al suolo, afferra con il becco una delle pepite e poi risale in fretta come è arrivato.
Goldie ci mette qualche secondo a realizzare l’avvenuto.
«Ehi!» strepita, voltandosi «Molla l’osso!»
Ma l’uccello non le bada. Svolazza sul ramo ancora spoglio dell’albero poco distante, aggiustando con le zampe il piccolo nido su di esso.
Scrooge scuote la testa, infastidito.
«È una Pica Pica.» dice.
Goldie lo guarda confusa.
Il volatile agita le ali mentre continua a smuovere i rametti che compongono il nido. La piccola pepita d’oro scintilla nel suo becco.
La giovane donna agita i pugni.
«Chiunque sia, non può rubare il mio oro!» esclama, furiosa «L’ho trovato io! Non ha il diritto di rubarlo, non…!»
Cazzo.
Si immobilizza, un pugno sollevato, la bocca semiaperta. Non ha la forza di voltarsi, ma sa che Scrooge, lì accanto, sta sogghignando.
Senza dire una parola, lui afferra un sasso dal terreno e lo lancia in direzione dell’uccello. La mira è precisa e il volatile schiamazza, colpito e spaventato, lasciando cadere il maltolto.
Il giovane allunga la mano e afferra la pepita.
Goldie ancora non si muove.
«Pica Pica.» ghigna Scrooge «Volgarmente, Gazza ladra. Esattamente come te.»
Goldie non dice nulla, e lui ne approfitta per allontanarsi.
«Separa le pepite in un mucchio e ricomincia il lavoro.» le ordina «Io vengo a prenderle fra cinque minuti.»
E sparisce in direzione della capanna.
Goldie sbatte gli occhi, scioccata. Le sue stesse parole continuano a risuonarle nella mente. Le ha dette senza pensare, per il caldo, per lo stress… Ma le ha dette, e non può tornare indietro.
 La Gazza, sopra di lei, gracchia contrariata.
«Lo so, dolcezza.» mormora Goldie «Ha fregato tutte e due.»

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22 Aprile, 1897
 
«Io ti disprezzo!»
Scrooge è abituato agli insulti di ogni genere, eppure quella frase, detta da lei, è tanto grave che per forse la prima volta si irrigidisce senza rispondere.
Goldie è immobile, i pugni chiusi, e lui non ricorda nemmeno più per quale motivo sia così arrabbiata. Ma non gli interessa, adesso è offeso.
«Bene.» dice, incrociando le braccia «Se mi disprezzi a tal punto, perché non te ne vai?»
«È esattamente ciò che intendo fare!»
E lo fa, effettivamente. Getta a terra il piccone, volta i tacchi e se ne va.  Si allontana decisa lungo la strada, e sparisce nella boscaglia sotto l’arancio del tramonto.
Scrooge batte un piede sul terreno, riprende il setaccio che aveva abbandonato e ritorna al suo lavoro, con rabbia, con furore.
Che vada pure, che importa a lui? È solo una ladra, una maledetta truffatrice – se riesce a ritrovare la strada di casa, meglio per entrambi! A lui non interessa, non interessa niente, può anche sparire dalla faccia della terra, a lui non interessa!
Ma quando si sente un ululato dal profondo del bosco, Scrooge abbandona il setaccio e scatta ancor prima di rendersene conto.
Arriva in tempo solo perché le gambe muscolose gli permettono di correre veloce. Non guarda nemmeno, semplicemente si frappone, quasi per istinto, fra una Goldie appiattita contro un albero e un lupo ringhiante dal lato opposto, con il coltello sfoderato e i denti scoperti, e latra in direzione dall’animale tanto da sembrare un suo simile.
Il lupo esita. Ha imparato che davanti al Re del Klondike non si scherza. Ringhia, indeciso, ma infine abbandona l’obiettivo e si ritira nella boscaglia, la coda fra le gambe.
Scrooge tira un sospiro di sollievo. Ripone il coltello e si volta indietro.
«Ehi, tutto bene?»
Goldie è pallidissima – un lupo è evidentemente più terrificante di un orso – e annuisce piano con gli occhi fissi nel vuoto. Scrooge allunga una mano per toccarla – e questo gesto la riscuote, perché si allontana di scatto.
«Lasciami stare.» sputa «Potevo cavarmela anche da sola.»
Lui alza gli occhi al cielo. Non riceverà mai un ringraziamento da parte sua.
«D’accordo.» sbuffa «Buon ritorno a casa, allora.»
Si volta e torna indietro, senza ripensamenti, ma sarebbe una gigantesca bugia dire che non è felice quando i passi di Goldie, rapidi come lo zampettare svelto dei passerotti, lo raggiungono e lo affiancano.
«Io…» la vede indugiare «Ormai è quasi buio. Le mie compagne dormono tutte, non mi farebbero nemmeno entrare.»
È il suo modo per dire che ha paura e che ha bisogno di lui – almeno così crede, così spera – ma va bene. Gli basta.
Sorride, mascherando il sorriso in un ghigno.
«Allora domani?»
«Sì… Certo. Domani.»
Ma sa che non lo farà. Forse è per i lupi, forse è per la Pepita Uovo d’Oca – ma domani sarà ancora lì.
«Goldie.»
«Uh?»
«Mi disprezzi davvero?»
Lei sembra turbata dalla domanda. Esita.
«N-No… Non proprio.» confessa. Poi, sollevando il mento con arroganza «Ma ti odio.»
Scrooge sorride.
«Va bene così.»

[500 parole]

 
23 Aprile, 1897

«No, no, no, no, no, no!»
Beh, sapeva che prima o poi sarebbero arrivate, ma maledizione – semplicemente no!
Goldie si riveste di fretta e furia ed esce dalla tinozza dentro la quale si era concessa un bagno ristoratore, avviandosi con rabbia verso la capanna. I capelli bagnati gocciolano sul terreno, ma è solo l’ultimo dei suoi problemi. Si pente amaramente di non essersene andata come aveva detto il giorno prima, ha la radicata convinzione che stia per accadere qualcosa di molto imbarazzante.
Scrooge alza la testa quando lei lo raggiunge, e solleva un sopracciglio. Le chiede qualcosa – ma è troppo irritata, troppo nervosa con il mondo intero per decifrare la sua accozzaglia di ventuno lettere.
Decide di prestargli un po’ della sua preziosissima attenzione solo quando lui le afferra un braccio.
«Ma che ti prende?» le domanda.
«Fatti gli affaracci tuoi!» replica lei con la solita gentilezza.
Scrooge abbassa lo sguardo verso la sua mano e sussulta.
«Stai sanguinando!» esclama. Le afferra il polso per esaminarlo meglio «Ti sei ferita?»
È paonazza quando ritira la mano di scatto.
«No che non sono ferita!» risponde. Sperando poi che così possa farla finita subito, ammette «Ho le mie cose.»
Ma lo sguardo confuso di Scrooge le fa capire all’istante di essersi tirata la zappa sui piedi.
«Le mie cose.» ripete, scandendo le parole una per una «Sai… Quel particolare periodo del mese.»
Lui continua a fissarla perplesso – e questa volta Goldie spera vivamente che la stia solo prendendo in giro, e che non stia facendo sul serio.
«Ma su che cazzo di pianeta hai vissuto fino a questo momento?» ringhia, irritata «Le mie cose, Scrooge! Quelle che mi avvertono che non ho nessuna pagnotta nel forno!»
L’espressione del giovane comincia lentamente a mutare davanti all’arguta metafora – ma in tutta sincerità non ha il tempo di aspettare che i sue due maledettissimi neuroni si connettano fra loro.
«Ho il ciclo, Scrooge!» sbotta «Ho il mio ciclo del cazzo, sei contento, adesso!?»
Lui, finalmente, sgrana gli occhi ed emette un verso di realizzazione. Il suo volto si fa rapidamente rosso – e quello di Goldie certo non accenna a cambiare tonalità.
«Oh.» mormora «Io… Beh… Ok.»
«Esattamente, ok
Goldie si allontana, scuotendo la testa esasperata. Deve ancora capire se quel giovane ci è o ci fa, tutte le volte che si parla di qualcosa al di fuori dell’oro e del duro lavoro lui sembra cadere dalle nuvole!
Ma prima di rifletterci ha bisogno di qualche fazzoletto, accidentaccio…
«Posso fare qualcosa?» sente la voce di Scrooge che la richiama.
«Puoi andartene a fare in culo!»
«A parte questo?»
Il suo limite di sopportazione è già ai massimi livelli e non può contenere quel suo tono ironico e sornione, ma non ha tempo, lo ucciderà dopo aver trovato quelle dannate bende ed essersi fatta un altro dannato bagno.
Il peggio, realizza mentre entra in casa, è che questa convivenza forzata li sta facendo sembrare sempre più un’allegra coppietta – e questo non deve accadere, né adesso, né mai.

[500 parole]
 

24 Aprile, 1897
 
Era venuto solo a controllare che stesse facendo il suo lavoro, davvero. Ma quando la vede seduta su una roccia con espressione sofferente, non può fare altro che avvicinarsi preoccupato.
«Va tutto bene?»
Lei lo fulmina con lo sguardo.
«Tu che ne dici, signor Acume?»
«Dico di no.»
«Ma che bravo.»
Emette un piccolo gemito e Scrooge si agita.
«Cos’hai?» le chiede.
«Il ciclo, genio, te l’ho già detto.»
«Ma non lo hai avuto ieri?»
Il modo in cui Goldie lo guarda – a metà fra lo sconvolto e l’omicida – gli ricorda che deve imparare a tenere la bocca chiusa più spesso.
Ma questa è un’altra cosa nuova per lui, e non sa come comportarsi. Ricorda di quel periodo in cui ogni mese sua madre diventava più sensibile e gli girava meno attorno – ed è in uno di quei momenti che deve aver imparato il nome di quell’evento – ma trovarsi a così poca distanza da esso… Sarebbe meno difficile affrontare un branco di lupi.
Dopo alcuni secondi in cui Goldie sembrava in procinto di ucciderlo, la giovane tira un sospiro rassegnato.
«D’accordo, senti:» e a Scrooge sembra di essere tornato bambino e di star ascoltando uno degli importanti discorsi di suo padre «noi donne passiamo attraverso questa fase ogni mese, e ci dura per quattro o cinque giorni. Perdiamo sangue, diventiamo irascibili, abbiamo fame – e prima che tu dica qualcosa, sì, è per questo che ho divorato tutti i fagioli stamattina – sopportiamo dolori atroci soprattutto i primi tempi e non abbiamo alcuna intenzione di spiegarlo agli stronzi decerebrati come te. Sono stata chiara?»
Lui rimane in silenzio. In effetti è stata chiarissima.
«Quindi stai dicendo che non puoi lavorare?» decide di chiedere.
Goldie emette un ringhio gutturale.
«Guarda, se vuoi che lavoro, lavoro! Basta che ti levi dalle palle!»
Si alza e afferra il piccone, ma Scrooge l’afferra per un braccio e la ferma.
«No.» dice «Se non stai bene…»
«Non c’è bisogno che tu sia gentile con me.» replica la giovane «E soprattutto non aspettarti che io lo sia con te.»
Scrooge soffoca una risatina.
«Non me lo aspetto affatto.» ghigna «Ma questo periodo deve esserti di lezione, non di tortura.»
Lei sembra sorpresa. Aggrotta le sopracciglia.
«Non vedo cosa cambi.» mugugna.
«Voglio che impari quanto sia dura la vita di noi cercatori d’oro,» spiega Scrooge «ma anche noi, se stiamo male, rimandiamo il lavoro al giorno successivo.»
Goldie esita, ma alla fine abbandona il piccone e si siede di nuovo.
«Vuoi una mano a tornare alla capanna?» le chiede lui.
«Non sono messa così male.»
«Volevo solo essere…»
«Gentile. Lo so. Risparmiati.»
Scrooge scuote la testa, rassegnato. Fa per andarsene, ma dopo pochi passi si blocca e si volta indietro, incapace di resistere alla tentazione.
«Hai detto… Che in questo periodo voi donne diventate più irascibili?»
«Sì, e allora?»
«Dov’è la differenza con gli altri giorni dell’anno?»
Deve fuggire in fretta quando una grossa pietra vola nella sua direzione – ma diavolo, stuzzicarla sembra l’unico modo per instaurare un rapporto.

[500 parole]
 

25 Aprile, 1897
 
«Cosa stai guardando?»
Goldie resta immobile davanti alla finestra aperta, non si volta.
«C’è una bella luna, stasera.»
«Già. È vero.»
Le sembra di essere tornata bambina, mentre durante le interminabili Notti Polari fissava l’astro celeste alla ricerca di un sole fittizio, di una luce argentea.
Si riscuote quando si accorge che Scrooge le è arrivato accanto. Le sorride.
«Conosco un posto dove si vede anche meglio.»
Non aspetta la sua risposta. Le afferra la mano e scatta fuori dalla capanna, trascinandola con sé.
«Ehi!» strepita la giovane donna «Non ricominciare, mollami!»
Le dà fastidio che lui la tocchi. Sì, anche se è stata toccata da molti altri e in modo completamente diverso. Le dà fastidio perché Scrooge è diverso… Le dà fastidio perché la fa arrossire.
Scrooge la sta conducendo su per una collina mezza innevata. Il vento le scompiglia i capelli biondi, e trasporta alle sue orecchie gli ululati dei lupi in lontananza.
Rabbrividisce senza volerlo e il giovane probabilmente se ne accorge, perché si volta e sorride.
«Non ti attaccheranno se sei con me.»
«Uh… Certo. Lo so. Non ho mica paura.»
Sicuramente non se l’è bevuta, ma può invecchiare se aspetta che ammetta i suoi timori ad alta voce.
Come molte altre cose.
«Ecco, siamo arrivati.»
Goldie si ripulisce il vestito, ma quando alza lo sguardo non fa in tempo a nascondere un sorriso estasiato: da lassù la luna è bellissima, è gigantesca, è luminosa, è sua.
Scrooge incrocia le braccia e sorride.
«Sembra una moneta d’argento.» commenta Goldie dopo qualche minuto «E le stelle piccoli diamanti.»
«Non pensi mai a niente che non sia prezioso?»
«Allora dimmi, a cosa paragoni le stelle, signor Poeta?»
Scrooge sembra esitare per un istante, ma non risponde. Alza la testa.
«Conosci le costellazioni?» chiede.
Goldie sbuffa – non le piace che si evitino le sue domande – e poi solleva anch’ella lo sguardo.
«Più o meno.» risponde «Ho imparato le principali da bambina, ma… Non importa.»
Fa finta di non accorgersi che Scrooge abbia abbassato gli occhi per guardarla: no, lui non deve sapere niente di lei. Nessuno deve. È su questo che si basa il freddo della Fiamma dello Yukon.
Il giovane riprende a guardare il cielo buio.
«Quella è l’Orsa Minore.» dice, sollevando un braccio e puntando il dito verso un ammasso di diamanti luminosi «E quella è la Stella Polare.»
Ridacchia sotto i baffi, e Goldie scatta nella sua direzione.
«Che c’è da ridere?» bofonchia.
«C’è» risponde Scrooge «che se fossi la Stella Polare mi preoccuperei di aver perso il mio primato.»
La giovane resta immobile, sorpresa. Sbatte le palpebre un paio di volte, e nel tempo che ci mette per riprendersi Scrooge si è già allontanato giù per la collina, fischiettando.
«Vieni, o i lupi ne approfitteranno.»
Goldie – non certo per paura – viene percorsa da un brivido.
Guarda la Stella Polare un’ultima volta, prima di raggiungerlo in fretta.
È strano, ma se qualcun altro avesse detto le sue stesse parole, lei le avrebbe scambiate per un complimento.

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26 Aprile, 1897
 
«Oggi avrei dovuto ballare per un grande spettacolo al Blackjack.»
Scrooge solleva gli occhi e la guarda, sorpreso, dato non aveva ancora proferito parola da quando l’aveva convinta a cenare all’aperto perché la serata era perfetta. Il fuoco che crepita in mezzo a loro le fa brillare gli occhi.
«Beh, la prossima volta vedi di tenere a freno la tua cupidigia.»
Goldie ringhia, gettando sul terreno il piatto ancora mezzo pieno. Si rialza e si volta stizzita per andarsene.
Scrooge sobbalza – semplicemente non vuole che vada via. Perché se non litigano la sua presenza è perfino piacevole.
«Aspetta, dai – se proprio vuoi ballare, puoi ballare con me.»
Goldie si blocca a metà di un passo. Si volta indietro, sul suo viso c’è la sorpresa e forse un pizzico di imbarazzo.
Apre la bocca, la richiude. Poi si gira completamente verso di lui, e incrocia le braccia con fare sprezzante.
«Tu sapresti ballare?» domanda.
«Ma certo!» ghigna Scrooge, saltando in piedi «Conosco danze di tutti i tipi!»
In realtà non è vero, – come se lui avesse tempo da perdere in balli – ma cosa ci vorrà mai? E così prende a muoversi seguendo un ritmo immaginario, agitando braccia e gambe in maniera sconclusionata.
Goldie scuote la testa e si batte una mano sulla fronte.
«Patetico.» commenta «Qualsiasi donna fuggirebbe.»
«Ma tu no.» replica lui con sincera semplicità.
Lei sembra irrigidirsi, ma è solo un istante e Scrooge non può esserne certo.
Rimangono in silenzio, il giovane continua la sua danza strampalata. I passi si fanno sempre più ridicoli e scoordinati, finché Goldie non emette un sospiro frustrato.
«Mio Dio, sei uno spettacolo rivoltante!» dice «Vieni qui, ti faccio vedere!»
Questa volta Scrooge sa che la giovane non sta riflettendo quando gli si avvicina, si vede: vuole soltanto interrompere questo scempio dell’arte del ballo.
Gli arriva di fronte, e lui si ferma. Goldie gli prende una mano nella sua, mentre con l’altra gli trascina il braccio intorno alla propria vita.
Il volto gli va in fiamme e non è nemmeno certo del perché.
La mano adesso libera di lei si posa sulla sua spalla. È poco più bassa di lui – se ne accorge solo ora che sono così vicini.
Goldie prende a muoversi, piano. Un passo a destra, uno a sinistra, poi due a destra e così via, avanti e indietro. Scrooge segue i suoi movimenti quasi d’istinto – non è proprio nelle condizioni di pensare.
«Ecco qua.» sorride soddisfatta «Non era difficile.»
E a quel punto, finalmente, si blocca. Resta immobile, Scrooge la imita. Solleva piano la testa per specchiarsi nei suoi occhi – il suo bel volto è scarlatto sotto la luce del fuoco quasi estinto.
Si allontana da lui, come se scottasse.
«Io…» farfuglia «Fa troppo freddo. Rientro.»
Scappa nella capanna e questa volta Scrooge non la ferma: non saprebbe che dire, rimane nella stessa posizione come se stesse ballando con il suo fantasma.
Forse è perché quella notte è perfetta – eppure adesso ha una dolce musica che gli risuona nella testa.

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27 Aprile, 1897
 
Ne è sicura. Morirà lì, in mezzo ai sassi, agli orsi, e con un piccone in mano. E sarà così coperta di polvere e di sporcizia che nessuno la riconoscerà e verrà seppellita in una fossa comune come tutti gli altri pezzenti.
Sì, sarà questa la fine della gloriosa Stella del Nord.
All’ennesimo colpo di piccone infruttuoso, Goldie si arrende e si accascia su una grossa pietra, abbandonando l’arnese ai suoi piedi. È sudata come non pensava fosse possibile, sembra si sia appena sciacquata il viso.
Oh, ma Scrooge pagherà ogni singola goccia di sudore. Tutte. Lo deprederà fino all’osso, e godrà della sua bancarotta!
Sospira.
Ormai non ci crede più neanche lei.
Goldie si riprende dal suo affaticato torpore e si irrigidisce di scatto: no! No, è solo il caldo che le fa pensare certe sciocchezze. Lei ci crede, ci ha sempre creduto. Deve solo aspettare il momento giusto.
Sarà ricca.
Sarà libera.
Certo, ora come ora, è semplicemente sfinita.
Voltandosi, Goldie si accorge di un piccolo cespuglio da cui spuntano tanti piccoli frutti. E si ricorda solo allora che ha una fame spaventosa.
Questo Scrooge non può proibirglielo, non è vero?
Si alza – e che fatica per sostenersi sulle gambe stanche! – e si avvicina al cespuglio. I frutti sono simili a mirtilli, rossi e invitanti… Si sente una selvaggia a mangiare in questo modo, ma la dignità è ormai stata seppellita sotto terra.
Prende un frutto e lo stacca dal cespuglio. Lo rigira fra due dita per un po’, e infine se lo porta alla bocca.
«Ferma!»
Una mano ruvida le afferra il braccio e la blocca. Goldie si volta, confusa, la bocca ancora semiaperta e il frutto a poca distanza dalle labbra.
Scrooge è dietro di lei. Le stringe il polso con forza e la guarda con severità e qualcosa che somiglia a preoccupazione.
Naturale, doveva venire a disturbarla.
Si libera con uno strattone.
«Levami le mani di dosso!» latra «Non mi fai nemmeno più mangiare un mirtillo del cazzo in santa pace?!»
Lui incrocia le braccia, sembra un padre davanti al bambino capriccioso.
«Non sono mirtilli.» dice «Questi sono velenosi.»
Goldie resta di stucco. Si lascia scivolare il frutto rosso dalle dita.
«Oh.» è tutto ciò che riesce a dire.
«Se lo avessi mangiato» continua Scrooge «tempo dieci minuti e ti saresti ritrovata a terra in preda al vomito.»
Lei abbassa lo sguardo. Scrooge l’ha appena salvata… Per l’ennesima volta.
Esita.
«Io…» farfuglia «Ecco…»
Lui incrocia le braccia al petto.
«Prego, non c’è di che.» ghigna «Io torno a lavoro, tu cerca di non morire.»
E si allontana nuovamente, fischiettando, lasciandola lì sorpresa e con le parole rubate. Vorrebbe sbuffare, ringhiare, offenderlo, eppure quando lo richiama nel suo tono c’è ben poco di astioso.
«Aspetta.»
Si ferma.
«Cosa c’è?»
«Perché ti frega di me?»
Scrooge riflette qualche secondo, poi scuote le spalle.
«Mi frega e basta.»
Mentre sparisce giù per la scarpata, Goldie vorrebbe improvvisamente chiedergli di rimanere.
Ma è il caldo.
Sissignore.
Solo il caldo.

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28 Aprile, 1897
 
«Goldie, insomma, che ti prende? Non ho tempo da perdere con…»
«Hai infranto la regola numero quattro.»
Scrooge aggrotta le sopracciglia e la guarda: gli dà le spalle, il viso rivolto verso la parete, le braccia non incrociate, bensì strette attorno a sé come per proteggersi. Non è la Goldie con cui di solito ha a che fare.
«La regola numero quattro?»
«Hai fatto domande sulla mia famiglia.»
Scrooge si rammenta improvvisamente di quella sorta di patto che avevano stipulato. E capisce che per la prima volta ha spezzato un accordo.
«Oh.» si gratta la nuca.
Non era sua intenzione. Ma sedevano lì sotto le stelle, lui ha raccontato di suo padre Fergus… Ed era così bello avere qualcuno con cui parlare, dopo tanta solitudine… Che quasi senza pensarci le ha chiesto di lei.
«Perché non vuoi parlarne?» domanda allora.
«Non sono affaracci tuoi, sparisci.»
Ma Scrooge non esegue. Lui non prende ordini da nessuno, tantomeno da una prigioniera – perché lei è solo e soltanto questo, non deve dimenticarselo.
«Forse se ne parlassi ti sentiresti meglio.» suggerisce.
«Non ho bisogno di sentirmi meglio.» replica, acida «Sto bene.»
«Non è vero.»
«Sto bene! Vattene! Lasciami in pace!»
No, non la lascerà in pace. Non finché non avrà una risposta. Lui è diventato cinico e aggressivo dopo tutti quegli anni di viaggi lontano da casa; e si rende conto solo adesso che anche Goldie non deve avere avuto una vita tutta rose e fiori.
Goldie si nasconde dietro un castello di carta. Deve solo trovare il modo per abbatterlo.
«Sai che non è un peccato avere emozioni?» dice  «Anche io penso alla mia famiglia. Anche io divento triste. Anche io desidero qualcuno con cui sfogarmi, di tanto in tanto.»
«Ma io no.» è la risposta «A me non serve una spalla su cui frignare. Sono Glittering Goldie. Non ho bisogno della tua pietà.»
Scrooge incrocia le braccia.
«Non te la darei comunque.» afferma, ed è quasi certo che sia vero «Niente può giustificare le tue azioni – ma vorrei capirne il motivo.»
«Non c’è niente da capire.»
Sta cominciando ad irritarsi anche lui. Perché non può semplicemente parlare?
«Smetti di fare la bambina. Voglio sapere che ti prende, subito.»
Goldie non risponde, e Scrooge non pensa. Fa un passo in avanti e le afferra un braccio, tentando di farla voltare, di scuoterla.
«Dimmelo
E un istante dopo la sente, la puntura dello schiaffo. Rapida, feroce, tagliente, meritata.
Lei lo guarda, occhi gelidi.
«Non. Mi. Toccare.» sibila. «Vuoi uomini credete di poterci dare ordini, di poter fare ciò che vi pare. Sei…» c’è un disgusto e una delusione nella sua voce che lo colpisce profondamente «…Proprio come tutti gli altri.»
Se ne va, sbattendo la porta.
Scrooge si volta piano verso la finestra, la guancia in fiamme, la guarda mentre calcia con rabbia un ciocco di legno nel fuoco ancora scoppiettante.
E capisce, questa volta.
Non è con l’aggressività che otterrà risposte da lei.
Non è così che abbatterà il suo castello di carte.  

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29 Aprile, 1897
 
Goldie piccona il terreno con rabbia, sfogandosi contro di lui per tutto ciò che le passa per la mente. I colpi le fanno tremare braccia.
Scrooge è così stupido. Così stupido.
Dimmelo, le ha ordinato la sera prima. Dimmelo, come se potesse costringerla. Dimmelo, come se lei gli avesse mai obbedito.
Così stupido.
Ma certo, cos’altro può aspettarsi da uno come lui? Scrooge è un pezzente pelledura, i suoi ragionamenti sono troppo semplici per lei: rubi il suo oro, sei una ladra; non parli, sei una bambina.
Il piccone ricade con tanta foga che un sasso viene sbalzato via e le colpisce la caviglia, costringendola a soffocare un gemito.
La sua stupidità la fa infuriare. Il suo comportamento la fa infuriare. Il fatto che non la capisca la fa infuriare, è questo è strano, perché è proprio sul rimanere imperscrutabile che ha fondato il suo intero stile di vita.
Goldie si volta e fissa Scrooge con la coda dell’occhio, mentre sciacqua una serie di detriti con minuziosa attenzione.
Lui è proprio come tutti gli altri uomini. Non è diverso – perché mai dovrebbe esserlo?
Eppure… Eppure Goldie sente che c’è qualcosa.
È proprio la sua stupidità. È proprio il modo in cui si comporta. È proprio il modo in cui cerca, anche se inutilmente, di capirla.
È il mistero che lo circonda. È il profumo di oro che lo anticipa quando la raggiunge.
Glittering Goldie è di ghiaccio. Se ne è sempre vantata. Eppure, sotto il sole di fine Aprile, lì, nel Fosso dell’Agonia Bianca, fa forse troppo caldo perché possa non sciogliersi. La verità sui suoi sentimenti sta bussando alla porta del suo cuore e chissà per quanto tempo ancora quell’uscio resisterà.
Perché lei non è stupida, lei è intelligente e non può fingere di non capire.
Vorrebbe riprendere il lavoro, per distrarsi, ma gli occhi restano fissi su Scrooge.  Così fissi che il giovane, voltandosi, se ne accorge.
«Cosa c’è?» le domanda.
Lei scuote la testa.
«Niente… Pensavo.» risponde. Non è del tutto una bugia.
Si affretta a riprendere il piccone quando Scrooge, forse insospettito, abbandona il pozzo e le si avvicina.
«Niente oro?» chiede, scrutando la terra brulla che circonda la ragazza.
«No.» risponde la giovane «Secondo me è tutto un tuo complotto.»
È acida, come sempre – ma solo perché è l’unica difesa che conosce per non affrontare la verità.
Scrooge non raccoglie la sua frecciata, annuisce piano mentre la guarda picconare.
Goldie attende, febbrile. Attende che tiri in ballo ciò che è successo la sera prima, che forse riprenda a fare domande, imperterrito, imperioso, come farebbe chiunque altro.
Chiunque altro, sì, ma non Scrooge. Scrooge ha cominciato la mattina parlando di tutt’altro e sta continuando allo stesso modo.
Ha finalmente capito che non vuole parlarne e lo ha accettato.
Nessun altro lo farebbe. Solo lui.
La osserva lavorare un altro po’, e alla fine si allontana.
«Scrooge.»
Lui si ferma.
«Sì?»
«Tu sei diverso.»
Gode della sua espressione confusa per qualche secondo prima di voltarsi di nuovo. 

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30 Aprile, 1897
 
«Stupidi, stupidissimi animali immondi!»
Scrooge esce dalla capanna a grandi falcate, fumando come una caffettiera. Si accorge solo di sfuggita che Goldie ha sollevato la testa, confusa, mentre lui raggiunge una grossa pietra e si siede lì borbottando a mezza voce.
«Non eri il grande amico degli animali, tu?» lo canzona Goldie, e lui grugnisce.
Tiene stretta fra le mani la sua preziosa cassaforte di metallo. È stato fortunato: se non fosse rientrato nello sgabuzzino per prendere un po’ di legna quegli stupidi topi avrebbero masticato il lucchetto fino a far saltare la serratura. E poi avrebbero divorato tutto il suo contenuto, le bestie fameliche!
Colto da un raccapricciante sospetto, fa leva sul coperchio ammaccato e la apre.
Sorride: la Pepita Uovo d’Oca è sempre lì, in tutto il suo splendore. Il sole si riflette su di essa e il suo bagliore quasi lo acceca.
Anche il contratto della concessione è intatto. E lo è anche quell’altro foglio ingiallito piegato in tre – e Scrooge non capisce perché ne sia così felice.
Goldie emette uno sbuffo annoiato e lui si volta a guardarla.
Sogghigna. Non può resistere alla tentazione di stuzzicarla – non può, in qualche modo adora vederla arrabbiata.
«Non hai niente da dire?» ghigna «I sorci sono ladri migliori di te.»
Goldie ringhia.
«Tu mi fai sgobbare talmente da non darmi nemmeno il tempo di accostarmi alla tua maledetta cassaforte.» sputa «Sei la smettessi di fare il tiranno anche solo per un minuto, vedresti…!»
Non termina la frase, o se lo fa lui non la sente. I suoi occhi scattano verso la capanna, distratti da uno squittire sospetto.
I ratti colpevoli stanno girovagando nei dintorni della casa, probabilmente alla ricerca di qualcos’altro da divorare.
Scrooge salta in piedi.
«Altolà, sottospecie di esseri schifosi!» esclama «In questa foresta tutti devono sapere chi è Scrooge McDuck!»
Scatta in avanti, mentre i topi laggiù cominciano a disperdersi spaventati.
E dimentica la cassaforte.
Ritorna pochi minuti dopo, con un sorriso soddisfatto sul volto. Goldie continua a picconare nella stessa posizione. È sul punto di informarla della sua vittoria contro i ratti, quando se ne accorge.
La cassaforte. Abbandonata sul masso. Aperta.
Impallidisce di colpo, più bianco della neve.
Fa un salto e si getta su di essa: vuole urlare, vuole aggredirla, ma si accorge prima di poter aprire bocca che il suo contenuto è, nuovamente, intatto.
E non c’è ragione per cui debba esserlo.
I suoi occhi scorrono rapidissimi da Goldie alla cassaforte.
Non è possibile che non se ne sia accorta. Era lì a due passi, l’ha vista, la deve aver vista. Ma allora…?
«È… È successo qualcosa mentre ero via?» farfuglia. Teme la risposta.
Goldie scrolla le spalle, senza guardarlo.
«Un altro strappo al mio costoso vestito.» risponde. «Nient’altro.»
Scrooge richiude la cassaforte e resta immobile. 
Non lo ha derubato.
Può significare che la sua rieducazione stia avendo l’effetto sperato o che in fondo Goldie non sia così meschina come pensava – e, stranamente, la soluzione più plausibile non gli sembra la prima.

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1 Maggio, 1897
 
Goldie detesta Maggio.
Non le piace come mese. Fa troppo caldo per essere inverno ma non abbastanza per fingersi estate. Lo detesta per tutta una serie di motivi che preferisce non considerare nemmeno.
Ringhia, mentre lavora.
In quel momento, invece di picconare inutilmente il terreno duro, avrebbe potuto trovarsi a Dawson, o perché no, già in viaggio per Londra o Parigi. Avrebbe potuto, se solo avesse rubato la cassaforte.
La vede ancora davanti agli occhi.
Era lì sul masso, aperta nella sua direzione. La pepita brillava, colpita dai riflessi del sole: immobile, quasi a dire prendimi.
E oh! Quanto avrebbe voluto obbedire! Perché lei ha bisogno di quella pepita per essere ricca, per essere libera, per vendicarsi, per dare un senso alla sua stessa esistenza.
Goldie desidera quella pepita più di qualsiasi cosa abbia mai desiderato in passato. Quella bramosia è presente in lei e non se ne andrà. È l’unico motivo per cui si trova lì, è solo quello.
E nonostante tutto non l’ha presa. Non l’ha stretta al petto, non è fuggita, non ci ha provato, non ha fatto nulla. È rimasta immobile finché Scrooge non ha fatto ritorno.
E ciò che più la terrorizza – lei, Glittering Goldie, terrorizzata! – è il sapere perché.
«Hai trovato qualcosa?»
Goldie si volta per trovare Scrooge che risale la scarpata per raggiungerla.
«Solo qualche pepita.»
Indica un mucchietto di pietruzze dorate a lato, così piccole da poter essere difficilmente giudicate preziose. Scrooge si china per esaminarle.
Quegli occhi scuri e profondi che spesso la guardano come se volessero succhiarle l’anima…
«Non c’è male. Ma puoi fare di meglio.»
La sua voce tagliente e seria che riempie l’aria sostituendosi all’ossigeno…
«Non è colpa mia se la tua miniera del cazzo si sta esaurendo.»
Scrooge scuote la testa.
«La mia miniera del cazzo non si sta esaurendo.» ghigna «Sei tu che non ti applichi abbastanza.»
Quel sorriso sornione e irritante che lei conosce e sa imitare così bene…
Scrooge si toglie il berretto e si passa una mano fra i capelli bruni appiccicati alla fronte sudata. Goldie è percorsa da un irrefrenabile brivido.
«Fa caldo, vero?» chiede lui.
Goldie non lo guarda.
«Perché invece di costringermi a sgobbare non mi mandi a prendere dell’acqua giù al fiume, così mi rinfresco un po’?»
Scrooge esita.
«È pericoloso.» risponde «Non vorrei che ti scontrassi con orsi o lupi.»
Quell’aria preoccupata che di tanto in tanto le rivolge…
«Guarda che so badare a me stessa.»
«Scusa tanto se ti salvo la vita.»   
Il silenzio che interrompe le loro discussioni e che la costringe ad ascoltare i loro respiri sincronizzati…
«Non hai pepite d’oro da trovare onestamente? Levati dalle palle!»
«Sempre elegante, tu.»
«Sparisci!»
Scrooge sogghigna di nuovo, si calca il berretto sulla testa e si allontana. Goldie aspetta che i suoi passi siano spariti prima di rimettersi a picconare.
Tanti pezzi compongono il puzzle delle emozioni di Goldie, ma la scatola è sigillata dall’orgoglio. Da quell’orgoglio che a furia di proteggerla è diventato un’armatura pesante e impenetrabile.

[500 parole]
 

2 Maggio, 1897
 
«Scrooge! Vieni, presto!»
Non dovrebbe scattare con una tale violenza, eppure la voce di Goldie è così preoccupata che non può fare altro se non lasciar cadere il piccone e fiondarsi giù per la strada che porta al fiume. Lo sapeva, lo sapeva che non doveva lasciarla andare da sola!
«Sono qui, stai ben…?»
Il respiro gli muore in gola quando si rende conto che per l’ennesima volta si è tormentato inutilmente. Goldie sta benissimo – forse in fondo è vero che sa cavarsela da sola – ma è accovacciata accanto a qualcosa che lì per lì non riesce a identificare.
La giovane si volta, l’ansia sul suo viso.
«L’ho trovato qui, sta male!»
Adesso lo vede anche lui: un cucciolo di orso geme dolorante steso sul terreno. La zampa sinistra è gonfia – probabilmente rotta.
Incrocia le braccia.
«Sarà scivolato su qualche lastra di ghiaccio.» ipotizza «A volte capita.»
«Dobbiamo aiutarlo!» afferma Goldie con decisione.
Scrooge solleva un sopracciglio: quella donna non finirà mai di sorprenderlo.
«È la legge della natura.» replica «Noi non…»
«Legge della natura un cazzo! Non possiamo lasciarlo morire, è un cucciolo!»
L’orsacchiotto geme, naturalmente d’accordo.
Lui esita, indeciso. Ha polvere d’oro da sciacquare e tanto lavoro da finire…
Sbuffa.
Chinandosi, raccoglie l’orso dal terreno con una delicatezza che sembra impossibile far nascere dalle sue braccia muscolose e fa cenno a Goldie di seguirlo verso la capanna.
La raggiungono in fretta, senza che nessuno dei due proferisca parola. Scrooge depone con uguale gentilezza il cucciolo sul tavolo di legno e poi si infila nella legnaia per cercare una benda e qualcosa per bloccare la zampa.
Gli arriva la voce di Goldie dall’altra stanza.
«Non piangere, piccolino. Vedrai che fra poco starai meglio.»
Una risata gli scappa fra i denti. Com’è possibile che Goldie sia così acida un giorno e così gentile quello appresso? A volte sembra quasi che la giovane donna sia divisa in due – nella cosiddetta Glittering Goldie, e in Goldie O’ Gilt.
La seconda gli piace un po’ di più.
Esce dallo sgabuzzino con le bende e un’asse di legno piccola e doppia. Sotto lo sguardo – oserebbe dire – ammirato di Goldie si applica in varie operazioni che si concludono con la fasciatura della zampa ferita.
«Ecco fatto.» dichiara alla fine «Questa gliela terrà ferma il tempo necessario. Poi vedrai che camminando qua e là per i boschi si toglierà da sola.»
L’orsacchiotto sembra stare subito meglio. Goldie sorride rincuorata e Scrooge ne è felice.
Il giovane prende il cucciolo e lo deposita fuori dalla capanna. L’orso si struscia contro la gamba di Goldie e poi, zoppicando, si allontana nella boscaglia.
Lei agita la mano per salutarlo.
«Ciao ciao, Blackjack!»
Scrooge solleva nuovamente un sopracciglio.
«Blackjack?» ripete «Gli hai dato anche un nome?»
«Naturale.»
Il giovane ride.
«Di questo passo scommetto che hai già in mente i nomi dei tuoi figli!»
No, quella donna non finirà mai di sorprenderlo: perché adesso gli stia inveendo contro cercando di nascondere il rossore del suo viso gli rimarrà un mistero.

[500 parole]
 

3 Maggio, 1987
 
Scrooge fa spesso avanti e indietro durante la giornata di lavoro – di solito per venirla a controllare – perciò quando risale la scarpata per raggiungere la capanna Goldie non ci fa molto caso. Ciò che la porta ad alzare la testa è l’accorgersi che sta zoppicando.
«Ehi.» lo richiama, approfittandone per asciugarsi il sudore «Che ti prende?»
Lui mugugna qualcosa di incomprensibile mentre apre la porta della casa con una spallata. Goldie lascia cadere il piccone e lo segue all’interno.
Scrooge si siede sibilando su una delle sedie, arrotolandosi una gamba del pantalone rattoppato fin sopra il ginocchio.
«Ma tu sanguini!» constata Goldie con un sussulto.
Scrooge non risponde. Sfiora con le dita sporche di polvere e fango la ferita, confusa in mezzo al sangue che riversa fuori – e deve bruciare parecchio, perché automaticamente la sua gamba salta.
«Che cos’hai combinato?» chiede Goldie.
Lui scrolla le spalle e finalmente la degna di uno sguardo.
«Stavo picconando giù a valle e sono inciampato.» risponde «Niente di grave.»
Goldie incrocia le braccia.
«C’è un fiume del tuo stesso sangue che ti arriva alle scarpe, mi sembra abbastanza grave. Aspetta.»
Si infila nello sgabuzzino e fruga nella catasta di legno finché non trova le bende. Esce fuori e le poggia sul tavolo per pulirsi il vestito – e subito Scrooge fa per afferrarle.
«Fermo lì,» gli schiaffeggia il dorso della mano «non ho finito.»
Lui resta immobile, forse sorpreso. Goldie ne approfitta per uscire, bagnare nell’acqua che scorre in quel canale di legno da lui costruito il fazzoletto che ha in tasca e rientrare spedita.
Scrooge la fissa senza dire nulla.
«Bisogna pulire la ferita,» risponde Goldie alla sua domanda silenziosa «o rischia di fare infezione.»
Scrooge sbuffa.
«Non farà infezione.» bofonchia «È solo un taglio.»
«Sta’ fermo.»
Non sa esattamente a cosa stia pensando mentre si inginocchia davanti a lui, ma una volta a terra è troppo tardi per tornare indietro. Così prende un respiro e comincia a pulire con il fazzoletto bagnato la gamba insanguinata.
Quando raggiunge il taglio – che si trova poco più giù del ginocchio ed è anche molto profondo – Scrooge caccia un guaito e si morde la lingua.
Goldie si ferma e sogghigna.
«Il Re del Klondike non sopporta un lieve bruciore?»
Lui gonfia le guance.
«Non ero preparato.» si giustifica a mezza voce.
Goldie continua a sogghignare mentre riprende le sue cure. Finisce di disinfettare il taglio e alla fine avvolge il tutto con le bende.
«Ecco fatto.» conclude, rialzandosi «A regola d’arte.»
Scrooge muove un po’ la gamba e si rimette in piedi.
«Non male.» commenta, e forse c’è un “grazie” nascosto sotto la lingua «Almeno posso lavorare.»
«Vedi di non romperti anche l’altro ginocchio.» sputa lei, acida.
Poi fa per uscire.
«Goldie.»
«Che vuoi?»
«Perché lo hai fatto?»  
La giovane scrolla le spalle.
«Se scappo con la pepita c’è bisogno che tu possa rincorrermi, se no non mi diverto.»
Sa che lui non l’ha creduta affatto, ma Goldie lascia la capanna senza dargli il tempo di dirlo.

[500 parole]
 

4 Maggio, 1897
 
«Beh, sembra che quei tre si siano fatti furbi e se la siano svignata prima che mi arrabbiassi davvero.»
Scrooge scruta i dintorni della capanna attraverso il buio per accertarsi che non ci sia nessuno. Non ha proprio voglia di ricominciare la scontro precedente dopo tutto quello che ha passato.
Goldie, seduta sul dorso del caribù dietro di lui, emette uno sbuffo irritato e appositamente vistoso. Scrooge alza gli occhi al cielo senza cogliere la sua frecciata.
Il giovane salta giù dall’animale e poi allunga una mano verso Goldie per aiutarla: lei però è già scesa dal lato opposto e si avvia verso la capanna, brontolando.
Scrooge scuote la testa. E dire che le ha appena salvato la vita! Dovrebbe costringerla a restare da lui per altri tre mesi, visto che non vuole cambiare atteggiamento.
Ma no, è questo il punto. Lei non può restare. Non può rischiare che capiti una scena simile a quella avvenuta alle Deadman’s Rapids poco prima. Non può rischiare che le capiti qualcosa – e ora forse, finalmente, ha capito perché. 
Fa una carezza al caribù per indicargli che può andarsene e poi si avvia dietro la ragazza.
«Penso che oggi tu abbia capito quanto dura può essere la vita di noi minatori.» dice, con noncuranza «Forse domani torneremo a Dawson. Ma adesso si è fatto tardi, rientriamo.»
Goldie spalanca la porta di legno e procede all’interno di qualche passo.
Sì. Torneranno, la lascerà in città davanti al suo saloon e se la dimenticherà definitivamente. Del resto è così che deve andare.
«Cucinerò un po’ di fagioli…»
Goldie si ferma, non lontano dalla soglia. Immobile, nell’oscurità della capanna.
Ha forse visto qualcosa… Qualcuno?
«…E anche questa giornata sarà finita.»
La giovane si volta e gli si avvicina, senza esitare. Lo afferra per il colletto della giacca e se lo tira vicino.
Scrooge è confuso. Fa per chiedere spiegazioni, ma non ne ha il tempo.
La bocca di Goldie è sulla sua.
Scrooge McDuck non si fa mai cogliere impreparato. Scrooge McDuck è un uomo che sa sempre cosa fare, cosa dire e come comportarsi. Eppure in quell’istante la sua mente è vuota.
Se solo potesse pensare, si accorgerebbe di come tante farfalle abbiano cominciato a svolazzargli nello stomaco; si renderebbe conto che la cassaforte, che con tanta fatica ha recuperato, gli sia scivolata a terra dalle mani sudate; avvertirebbe i battiti spropositati del proprio cuore; e forse scorgerebbe anche quel lieve cambiamento nelle labbra di Goldie, che da decise e dominanti si addolciscono improvvisamente nemmeno avessero paura di fargli male.
Ma naturalmente non può pensare.
La giovane si tira indietro prima che Scrooge possa riprendersi dallo shock, e magari rispondere al bacio. Resta immobile sulla soglia della porta, il cervello è scollegato da qualsiasi muscolo e perciò ogni movimento gli è impedito.
E quando alla fine ritrova l’uso della parola, e fa per aprire la bocca per usarla, qualcosa di doloroso – ma non doloroso quanto il bacio – si espande dalla nuca e tinge tutto di nero.

[500 parole]
 

5 Maggio, 1897
 
Sta piangendo.
Goldie si allontana lentamente lungo la strada bagnata di ghiaccio sciolto. Lacrime calde fondono gli ultimi residui di neve, precipitando dai solchi sulle guance.
Sta piangendo.
Proprio lei, che è la Regina di Ghiaccio; proprio lei, che è la Fiamma Fredda; proprio lei, che ha sempre considerato il pianto come la maggiore fra le debolezze, ora si scopre incapace di recuperare l’antico contegno, immersa in lacrime inarrestabili.
Sta piangendo.
Ed è tutta colpa di Scrooge McDuck.

«Vuoi che vada via?»
«Credo che sia meglio. Ho paura di quello che potrebbe succedere se tu rimanessi ancora.»
«E tutto quello che è successo in questo mese? Non significa nulla?»
«Oh, sei preoccupata per la tua paga? Cinquanta centesimi al giorno sono ciò che ti spetta.»
«Ecco cosa penso della tua ridicola etica di lavoro! E comunque ho scavato più oro io di te, avaro che non sei altro!»


L’ha pagata.
Dopo tutto quello che è accaduto – dopo che hanno fatto l’amore – lui l’ha cacciata via e l’ha pagata: pagata, come viene pagata una puttana dopo una notte di sesso!
E quello non è stato sesso. Goldie ricorda ogni singolo istante è può dirlo: è stato qualcosa di più, è stato amore, è amore, e non è possibile che Scrooge non se ne sia reso conto!
Piange, Goldie, piange senza potersi fermare, piange perché per la prima volta ha sentito quella sensazione di felicità, piange perché finalmente ha capito che ciò che volveva non è mai stata la pepita; piange perché è debole, perché ha perso, piange perché non sa cosa fare.
Piange perché si è innamorata.
Passa il dorso della mano sugli occhi nel tentativo di smettere, ma non ci riesce che per pochi secondi. Poi le lacrime riprendono a scorrere più copiose di prima.
Occhio di Vetro, la sua amica giù al Blackjack, le aveva parlato, una volta, del ragazzo giusto. Aveva parlato del bacio, di quanto facesse male ma facesse sentire così bene, e lei non aveva capito.
Adesso invece capisce, capisce davvero. Ogni dettaglio di quel mese è scolpito nella sua memoria, e sono ricordi dolci e piacevoli, ma a ripensarci adesso fanno star male come tanti aghi conficcati nel petto.
Si ferma improvvisamente in mezzo alla strada e solleva lo sguardo appannato di lacrime: il ghiacciaio si staglia davanti a lei.
Per un momento si chiede cosa succederebbe se si svoltasse di scatto e tornasse indietro; se invece di lasciarsi tutto alle spalle non affrontasse la situazione di petto; se apparisse davanti a Scrooge e lo pregasse – no, gli ordinasse. Glittering Goldie non prega – di non mandarla via, di farla restare; se per una volta prendesse in mano la sua vita invece di esserne manipolata.
Ma non può accadere. Non deve accadere. La scintillante Glittering Goldie ha una parola sola.
Prende un respiro – che altro non è che un singhiozzo – e si avvia verso il ghiacciaio. La brezza le scompiglia i capelli.
Sembra che la schernisca, con voce crudele:
“Buon compleanno, Goldie.”

[500 parole]
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino dell'autrice: GUESS WHO'S BAAAAAAAAAAACK!?
(In realtà sono tornata dieci minuti fa pubblicando un’altra storia in un altro fandom, ma comunque…)
Sì, sono nuovamente qua con una nuova ScroogeXGoldie. Che in realtà non è nuova. Cioè, mi spiego: in realtà fa parte di una grossa storia che ho scritto (tanto me lo chiederete nei commenti quindi ve lo dico, è la storia della vita di Goldie) che NO, non pubblicherò perché fa altamente schifo ed è sconclusionata. Però alcune parti mi piacevano, e così queste 30 flash (più qualcuna buttata in altre mie fanfiction come "After the Ball" e il flashback di "Time Travel") sono state staccate e portate qui, ma ho dovuto farci sopra un lavoraccio e limarle per toglierci quanti più headcanon possibili. Non ce l'ho fatta bene, quindi vi costringerò a leggere le spiegazioni alle flash (*minaccia con piccone*):
1) Ok... Niente da dichiarare, qui. Ho solo racchiuso in 500 parole ciò che Don Rosa ci ha mostrato.
2) Idem... (P.S. Adoro il punto di vista di Scrooge, è il mio preferito fra i due)
3) Scena con il piccone che tutti mettono in un modo o nell'altro nelle proprie fanfiction ed è sempre molto simile, quindi sì, non è plagio. Non citatemi, please.
4) Ok, questa della tinozza ricorda un pò una fanfiction di Virginbell, ma giuro che non sapevo come altro fare. Non te la prendi, vero, Virgi? ^^'''''
5) E qua cominciano gli headcanon. Inizialmente, qua Goldie passava mezz'ora a ricordare al lettore della sua terribile infanzia che io (sadica) le ho fatto passare, e perciò ho dovuto tagliare tutto. So che è un pò ambiguo questo mistero della vita di Goldie, ma la mia grossa fic fa davvero troppo schifo per essere usata.
6) Nata per la metafora metterci la metafora, don't judge me.
7) Qua, la prima canzone è presa dall'episodio "Ritorno al Klondike" della serie animata di DuckTales, e l'altra è "After the Ball". Due ce ne sono, accidenti!
8) Random moment.
9) Non c'è molto da dire, qui... (solo io ho sempre trovato Cappuccetto Rosso molto spaventosa come storia? O.O)
10) Allora... Io e Virginbell abbiamo discusso un pò sulla possibilità che Scrooge non fosse illibato. E io adesso sono d'accordo con lei. Ma siccome sono una pigrona terribile, riscrivere questa flash era per me una tortura immane, così ho semplicemente detto fuck it e ho lasciato così ^^'''' Sooooooorry!
11 & 12) Queste due sono divise in mattina e pomeriggio solo per sopperire a un errore madornale che avevo fatto all'inizio, cioè quello di fare Aprile di 31 giorni ^^'''' A parte questo, non mi sembra che ci sia molto da dire.
13) Random. 
14) Random collegata alla precedente. "Spezzati anche un braccio" mi fa morire dalle risate da sola, scusate.
15) Random collegata alle precedenti 2. EHI NON AVEVO IDEE VA BENE?
16) Loooooooooooool XD Assolutamente necessaria >XD
17) Questa è forse una delle mie preferite.
18) Un pò OOC, forse... Che ne dite voi?
19) Ok, QUESTA (con la seguente) FA SCHIFO. Ma era NECESSARIA. Un mese, un omicidio delle mutande un ciclo. E' la vita. Non criticate. O fatelo. Come volete.
20) ABORT ABORT ABORT. Si salva solo per il finale secondo me XD
21) "I suoi occhi erano scintillanti come stelle"... Ricordate Scrooge in "Back to the Klondike", no? UNA FLASH CHE FITTA BENE FINALMENTE MI SENTO DIO.
22) Doveva scriverla. Vi prego. Immaginatevi quei due che ballano sotto le stelle... La perfezione *___*
23) Random, again.
24) Qui si ritorna all'headcanon della famiglia di Goldie, e anche qui ho dovuto cambiare tutto. LO SO, il mistero resta, ma che volete...
25) Collegata alla precedente ma cambiata di poco, insomma, una necessaria chiusura della 24.
26) Qua, beh, non c'è molto da dire. Si racconta da sola.
27) Goldie è certamente più facile da far innamorare! XD Qui lo ha capito, ma come tutti sappiamo, non lo dimostrerà mai.
28) Dite quello che vi pare, ma una particina a Blackjack ce la dovevo dare. E' un piccolo cucciolotto, poi crescerà e diventerà un orso grande e grosso! So che non può essere quello dell'anziana Goldie in "Back to the Klondike", ma chi lo sa, magari è il figlioletto che lei ha chiamato con lo stesso nome... 
29) Non c'è molto da dire. Confesso che mi piace parecchio.
30) Anche qui, beh, siamo tornati a Don Rosa, quindi è tutto chiaro.
31) Ecco, qui c'è una cosa principale da spiegare: "Buon compleanno, Goldie". Il mio headcanon (sadico, come se fosse una novità) è che l'ultimo giorno sia il 5 maggio perchè ormai mi sono convinta che Goldie sia nata in un paesino a nord dello Yukon (ho scelto anche quale, Old Crow) il 5 maggio. Vedete, il 5 maggio lì comincia il Sole di Mezzanotte, dove il sole non tramonta mai. Quindi tutto è dorato e scintillante. Quindi Glittering Goldie. Può essere stupido quanto vi pare ma ormai questa convinzione è radicata in me. E SO, so benissimo che con i tempi non ci stiamo bene, perché poi il bambino dove lo mettiamo eccetera eccetera... TROVO DOPO UNA SOLUZIONE ORA ACCONTENTATEVI.
Ok.... Finito! XD Scusate se vi ho fatto perdere tempo. Comunque, spero che questa storia vi sia piaciuta abbastanza da lasciarmi un commentino. Anche per urlarmi di fare note più corte la prossima volta.
A risentirci!
Ser.
P.S. Psssssst. Qual è la vostra preferita? 
  
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