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Autore: xingchan    19/01/2014    2 recensioni
“Si dice che i piccoli hanno la naturale tendenza di emulare i propri genitori in tutti i loro gesti e comportamenti, e Barnabas non si sarebbe affatto stupito se David fosse caduto nella stessa melma paterna vivendo insieme a lui.”
Personaggi: Barnabas, David
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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A Better Father
 
 
La magione appartenente ai Collins per oltre due secoli non c’era più, ma Barnabas aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per tentare di farla rinascere. Ora non era una vera e propria tenuta, ma abbastanza adatta per un individuo signorile come lui e per una sposa bella e devota come Josette.
 
Avevano aperto nuovamente un’attività ittica che, grazie al fallimento della Angel Bay, andava a gonfie vele. Nessuno più in quella città ora mezza sperduta li considerava criminali come Angelique aveva ingiustamente proclamato, ma sebbene tutti venerassero Elisabeth come una donna seria e a modo, intorno al vampiro c’era sempre quell’alone di mistero e sospetto difficile da cancellare.
 
Ma a Barnabas non importava più di tanto.  Aveva imparato a fare a meno del sangue umano, così come Josette, ed aveva dato prova di quanto fosse onesto e privo da quella cupidigia che tanto caratterizzava i personaggi negativi che hanno fatto capolino nella sua vita dopo esser riemerso dalle tenebre di quella cassa di ferro.
 
Da buon osservante del tradizionale affetto familiare, aveva accolto sotto il suo tetto tutti i Collins meritevoli della sua fiducia, compresi i due domestici che lui amava definire “simpatici oltre ogni immaginazione”. 
 
Carolyn aveva deciso di partire per diventare una modella di successo, anche se per Barnabas non si poteva parlare di vero e proprio successo siccome l’aveva aiutata a sfondare con le sue abilità ipnotiche. Ma l’aveva accontentata, a patto che sarebbe stata una fanciulla il meno equivoca possibile, cordiale con sua madre e attenta al legame che l’univa a lei e a David.
 
David.
 
Quel bambino così particolare, dotato di un dono riservato solo a pochi eletti, infine aveva dato il suo grandioso contributo negli affari di famiglia, costituendo per Elisabeth un motivo di orgoglio incommensurabile.
 
Era riuscito a parlare con la sua cara mamma per lungo tempo, finché, il giorno del suo ventesimo dicembre, gli diede un dolce ed evanescente bacio sulla fronte e sparì d’improvviso, certa che David se la sarebbe cavata anche senza di lei.
 
Il ragazzo aveva pianto per tutta la notte, consapevole della solitudine che d’ora in avanti avrebbe provato addosso, ma quando lui si era azzardato a consolarlo, David lo aveva avvolto fra le sue braccia tremando come una foglia, supplicandolo di non lasciarlo mai.
 
Per un momento, un piccolo senso di colpa si fece strada nella sua mente.
 
Era stato lui ad aver portato scompiglio nelle loro vite spossate, portate avanti solo perché vivi ma mai per ritrovarvi uno scopo; era stato altrettanto lui a condurli sull’orlo del baratro quando Collinswood andò distrutta; e sempre lui aveva dato a quel farabutto di Roger l’ultimatum che Elisabeth non aveva mai osato lanciargli.
 
Ma non poteva fare a meno di provare ribrezzo verso quell’uomo privo di qualunque forma di scrupolo umano. Barnabas non poteva tollerare che un Collins profanasse il nobile sentimento familiare che i suoi genitori gli avevano così amorevolmente trasmesso sopprimendolo del tutto con il vile e deplorevole amore verso il denaro.
 
Suo padre non era di certo il tipo da rinunciare alle agiatezze che la vita gli aveva così generosamente offerto, ma mai e poi mai avrebbe scelto di abbandonare sua moglie e suo figlio preferendo beni materiali non in grado di donargli un amore vero e sincero.
 
Al solo pensarlo, ribolliva di rabbia e rancore. David non meritava di esser chiamato bastardo, né di essere la scelta di scarto da parte di colui che avrebbe dovuto crescerlo e proteggerlo.
 
Quell’istante in cui lo aveva messo alle strette, concedendogli soltanto due chance, non si era granché preoccupato di cosa rappresentasse per David non avere Roger sotto gli occhi tutti i santi giorni e di quello che poteva comportarne.
 
Ma con il trascorrere del tempo, si rese conto che non era poi così importante; semmai avrebbe giudicato nocivo non prendere un provvedimento così radicale.
 
Perché era fermamente convinto  che il ragazzo sarebbe stato meglio avere un padre completamente assente, piuttosto che vederlo indifferente nei suoi confronti , una figura vagante con le sue sembianze all’interno delle mura di Collinswood.
 
Ed inoltre, rappresentava un pessimo esempio da seguire. Si dice che i piccoli hanno la naturale tendenza di emulare i propri genitori in tutti i loro gesti e comportamenti, e Barnabas non si sarebbe affatto stupito se David fosse caduto nella stessa melma paterna vivendo insieme a lui. Anche se sapeva che David non era così stupido, ovvio.
 
Invece, mai le sue previsioni si erano rivelate così giuste. Il risultato si era dimostrato al di sopra delle sue aspettative nonostante l’inizio poco felice, e Barnabas, con l’aiuto di Elisabeth, lo aveva aiutato a diventare grande e ad affrontare tutte le avversità della sua vita mortale come un essere umano ragionevole dovrebbe fare.
 
Fino a quel momento, così cruciale nell’esistenza di ogni uomo, quando il bambino, oramai diventato adulto, stava per ricevere il dono più grande della vita, ovvero ciò a cui inconsciamente Barnabas tendeva da una vita ma che non avrebbe mai potuto avere la possibilità di concretizzare: un figlio con la sua sposa.
 
Ci aveva pensato così tanto quella fatidica notte, fissando le ardenti fiamme del camino della nuova tenuta, mentre al piano di sopra Lucy stava dando alla luce la sua creatura. Per distrarsi, aveva portato con sé alla poltrona uno strano romanzo con tante, troppe illustrazioni e pochissimi dialoghi o monologhi. Ricordò che Carolyn gli aveva detto che si chiamava “fumetto”, guadagnandosi un’occhiataccia perplessa.
 
“Zio Barnabas?”
 
La voce di David gli arrivò da dietro, interrompendo quel flusso di pensieri che si era impadronito di lui. Voltandosi, Barnabas lo vide in piedi, fermo ad un metro di distanza da lui e con un’aria tormentata e dubbiosa.
 
“Sì, signorino David?”
 
“Devo parlarti…”
 
Qualcosa lo stava consumando a poco a poco, quando invece avrebbe dovuto gioire per quel momento così celebrativo della vita.
 
“Dal tono della vostra voce deduco ci sia qualcosa che sta turbando il vostro animo.”
 
“A dir la verità sì, ma vorrei che non faceste parola con nessuno su quello che sto per dirti…”
 
“Sarò muto come una tomba, giovanotto.”
 
Qualche angolo remoto del suo cervello gli stava dando un segnale tutt’altro che confortante. Aveva sempre temuto quei fatidici istanti in cui il ragazzo gli avrebbe chiesto di Roger con apprensione.
 
“Io… mi stavo chiedendo cosa starà facendo mio padre in questo momento…”
 
Il vampiro rimase in religioso silenzio senza sapere cosa stesse realmente attendendo. Molto probabilmente uno scatto di rimprovero nei suoi confronti, o magari un bel rinfaccio con i fiocchi. David non sapeva effettivamente come erano andate le cose, non sapeva del bivio che aveva posto dinanzi a quell’uomo, ma se mai gli avesse domandato l’effettività degli eventi, Barnabas non si sarebbe mai tirato indietro.
 
Il giovane uomo, sentendosi autorizzato ad andare avanti, proseguì l’esposizione delle sue incertezze, sicuro che il caro, vecchio Barnabas lo avrebbe ascoltato.
 
“Finora non ho avuto problemi rilevanti. Sono stato benissimo con te e zia Elisabeth” asserì, convinto di quello che proferiva “ma ora non saprei proprio come comportarmi. Insomma, non so bene come sia fare il padre. Vorrei tanto chiedere consigli a mio padre, ma una parte di me lo rifiuta.”
 
“Perché?”
 
Quella semplice domanda non era stata rivolta con ansia o tremore alcuno; soltanto con una completa assenza di emozioni.
 
“Perché sento che un tipo come lui non riuscirebbe mai a darmene. Mi hai insegnato più tu che lui.”
 
Gratitudine. Al di là della sofferenza che provava, David sentiva un affetto verso di lui che rasentava di molto quello che avrebbe tanto voluto ricevere da Roger. D’impeto, abbracciò il parente con amore. Per poco l’altro non si ritrovò a piangere, non sapendone tuttavia la ragione, ma si trattenne.
 
Sentirsi come un genitore era una sensazione magnifica, ed ancora più meravigliosa dal momento che a dirglielo non era propriamente una creatura tutta sua. Sciolse a malincuore l’abbraccio, prendendo il giovane Collins per le spalle. Lo scintillio nei suoi occhi contorniati di nero gli stavano trasmettendo a chiare lettere tutta la fiducia che riponeva in lui.
 
“Che tu possa essere un padre migliore.” sussurrò il vampiro, sorridendogli come mai aveva fatto.
 
 
 
 
 
   
 
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