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Autore: Lelusc    19/01/2014    2 recensioni
Gemma è la figlia di un famoso archeologo e i genitori sono divorziati, ma la cosa strana è che vede molto spesso degli occhi color Ambra, che le ricordano una persona conosciuta con il padre quando aveva sei anni. Perchè li vede? Scopritelo, ringrazio chiunque voglia farmi una mini recensione, Lelusc. ;D
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ciao Gemi, ci vediamo domani!”

“Sì, a domani Oscar”

“ciao tesoooro, baci, baci”mi canta Steve con voce in falsetto

“ma perché non ti affoghi col whisky?”Chiedo, poi apro la porta ed esco dal locale.

Mi chiudo subito il cappotto con la zip e alzo il bavero per coprirmi il collo dal freddo pungente della sera, infilo le mani in tasca e mi dirigo verso la mia auto parcheggiata.

Sono pronta a salire, ma proprio quando sto per aprire lo sportello sento un gemito e in lontananza. Nella zona verde che circonda il locale, nonostante l’oscurità, noto qualcosa ammucchiato ai piedi di un albero.

Mi avvicino alla persona guardandomi intorno e noto che sono completamente sola, cosa che mi rende insicura, però ad un secondo gemito dell’uomo, non posso ignorarlo e lo raggiungo.

“Sta bene?”Chiedo preoccupata e un po’ intimorita.

Allungo una mano, ma prima di poter toccare l’uomo, davanti a me appaiono due occhi color ambra che mi fissano.

Ritraggo immediatamente la mano con il cuore in gola per la paura e corro alla macchina.

 Entro, metto in moto e in un attimo sfreccio via lisciando di poco il muretto che circonda il parcheggio.

Guido lungo la strada male illuminata e circondata da piante scure e minacciose, o almeno sembrano così ai miei occhi con la sola luce dei fari ad illuminarmi il cammino.

Cerco di calmarmi dallo spavento.
Non mi piace sentirmi in questo modo, così faccio un grande respiro e inchiodo gli occhi sulla strada, peccato che tutto ciò non mi distrae dal ricordare quegli occhi.


Quella visione secondo me è cominciata da quel giorno.

Quando avevo sei anni, mio padre, un archeologo di fama mondiale, fu informato da alcuni suoi colleghi, che in Romania, in un terreno ai piedi dei Carpazi, avevano trovato dei reperti archeologici.
Figuriamoci la gioia, una scoperta simile avrebbe fatto parlare a lungo e diventare famosi gli archeologi che avrebbero portato alla luce i reperti, così mio padre partì con me alla volta della Romania per raggiungere quei tizi, anche se i motivi che lo muovevano erano più nobili di quelli degli altri.

Non appena arrivammo, sui Carpazi non potevi mettere neanche un piede e terra, era pieno di buche e archeologi che lavoravano, tanto che lui e alcuni suoi colleghi finirono per cercare nel folto dei Carpazi, stando attenti al terreno circostante, ed io naturalmente ero con lui.

Ed è lì che successe tutto. Durante gli scavi cominciò a piovere a dirotto, l’acqua era così fitta da non permetterci di vedere niente e molti colleghi di papà si persero.

Mi ricordo tutto come se fosse ieri. Io ero in braccio a papà perché ero stanca di camminare per cercare un qualsiasi riparo temporaneo, eravamo stanchi e infreddoliti ed era quasi giunto l’imbrunire, quando per caso
notammo una villa con un grande giardino circondato da un alto cancello di ferro battuto.


Il cancello era aperto e nonostante non fosse educato, vista la situazione mio padre entrò, salì i tre scalini che portavano all’ampio e imponente e bussò.

Non potevamo fare altrimenti. Ricordo anche che quando ci aprirono, mi strinsi a mio padre. Davanti al portone c'era un ragazzo di vent’anni con dei bellissimi e inquietanti occhi color ambra, gli stessi occhi che molto spesso mi fanno visita la notte nei miei sogni e come ora, all’improvviso, mentre sono sveglia.

Accosto la macchina sul ciglio della strada. Il posto dove mi trovo non mi piace, è troppo buio, ma devo fermarmi per forza, non riesco a calmarmi.

Mi appoggio con la fronte sul volante e continuo a ricordare.


Quello che mi fece paura erano gli occhi del ragazzo il giorno seguente, quando stavamo andando via.
Ci aveva aiutati, sfamato, riscaldato e fatto dormire in una delle sue numerose camere, quindi sarei dovuta essergli grata e lo ero, fino a che, mentre io e papà ci allontanavamo non mi voltai verso di lui.


Era lì immobile e mi piacerebbe tanto dire ci fissava, invece no, fissava solo me. Ricordo ancora la paura che mi assalì e forse, anzi sicuramente, è per questo che ogni tanto la mia mente mi fa questi brutti scherzi, mi fa credere di vedere i suoi occhi da tutte le parti.

“Ah, i brividi!”Esclamo e riparto, diretta a casa e per fortuna non è distante, altrimenti, va pensiero...

Giunta al mio palazzo parcheggio la macchina e scendo, poi cauta mi guardo intorno ansiosa.

“Non vi mostrate, non vi mostrate, vi prego, no”dico a voce bassa, udibile solo a me stessa, mentre con mani tremanti e non solo per il freddo, apro il portone e mi rinchiudo nell’ascensore.

Peccato siano solo cinque piani.

Una volta in casa corro di sopra e mi chiudo in camera, mi cambio alla svelta con una camicia bella pesante, m’infilo sotto la coperta e chiudi gli occhi.

Non voglio più vederli, mai più.
  
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