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Autore: JSTR4    19/01/2014    1 recensioni
AMNESIA è la mia prima FanFiction in assoluto, scritta all'incirca nel 1989. E' basata sul cartone animato Kimagure Orange Road, anche se in questo caso sarebbe più preciso chiamarlo col suo titolo italiano: E' quasi magia Johnny. Dal momento che ero un ragazzino quando scrissi questa FanFiction, è chiaramente molto stupida e piena di assurdità. La troverete confusa, illogica, demenziale; in due parole, completamente idiota! Però, riscrivendola al computer l'ho lasciata praticamente identica a come la ideai all'epoca, per lasciare integra la genuinità che avevo allora. Per lo stesso motivo non ho cambiato i nomi dei personaggi, lasciandoli in italiano, esattamente come feci allora (anche perché neppure sapevo quali erano i nomi originali). La trama è semplicissima: Sabrina/Madoka perde la memoria in seguito ad una brutta caduta; Johnny/Kyosuke la incontra e, resosi conto della situazione in cui si trova la ragazza, la porta in casa sua. Il padre e le sorelle di Johnny sono via per un paio di giorni, e fuori impazza un violento tifone. Johnny e Sabrina sono dunque bloccati in casa, da soli, e lei è del tutto priva di memoria: cosa combinerà il nostro eroe?
Genere: Azione, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikaru Hiyama, Kyosuke Kasuga, Madoka Ayukawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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JSTR 1   ----    JOHNNY SPECIAL STORY     -- 1 --

Quella che state per leggere è la mia prima FanFiction in assoluto, scritta all'incirca nel 1989. E' basata sul cartone animato Kimagure Orange Road, anche se in questo caso sarebbe più preciso chiamarlo col suo titolo italiano: E' quasi magia Johnny. Questo anime fu trasmesso per la prima volta in Italia, infatti, proprio nel 1989, e io ne fui così colpito che presi la macchina da scrivere di mio padre e iniziai a realizzare quelle che chiamai Johnny Special Story; anche se non lo sapevo, stavo scrivendo quelle che oggi vengono chiamate FanFiction. La sigla JSTR indica le storie dedicate all'universo di Johnny. Nel corso di alcuni anni, dal 1989 fino al 1994, realizzai 4 storie. Dal momento che ero un ragazzino quando scrissi questa mia prima FanFiction, intitolata AMNESIA, è chiaramente molto stupida e piena di assurdità. La troverete confusa, illogica, demenziale; in due parole, completamente idiota! Però, riscrivendola al computer l'ho lasciata praticamente identica a come la ideai all'epoca, per lasciare integra la genuinità che avevo allora. Per lo stesso motivo non ho cambiato i nomi dei personaggi, lasciandoli in italiano, esattamente come feci allora (anche perché neppure sapevo quali erano i nomi originali). Per rendere meno caotica la lettura, ho aggiunto delle note esplicative. La trama è semplicissima: Sabrina/Madoka perde la memoria in seguito ad una brutta caduta; Johnny/Kyosuke la incontra e, resosi conto della situazione in cui si trova la ragazza, la porta in casa sua. Il padre e le sorelle di Johnny sono via per un paio di giorni, e fuori impazza un violento tifone. Johnny e Sabrina sono dunque bloccati in casa, da soli, e lei è del tutto priva di memoria: cosa combinerà il nostro eroe? La storia si svolge in un momento imprecisato durante la serie, prima quindi delle puntate finali. Buona lettura.

 

Sandro Lunghini

AMNESIA

Le strade erano intasate di traffico. Era un caldo pomeriggio e Sabrina aveva deciso che era un giorno perfetto per uscire a fare un po’ di compere. Per l’ ABCB era turno di riposo e così lei aveva la giornata libera. Aveva telefonato a Tinetta per farsi accompagnare, ma si era ricordata che non c’era perché era andata con Johnny all’aeroporto. -Già- pensò Sabrina -oggi il padre di Johnny e le sue sorelle (con il gatto, naturalmente) partono per far visita ad una loro zia. Staranno via due giorni. Beh, se Johnny avrà bisogno di qualcosa ci penserò io-. Era immersa nei suoi pensieri e non si avvide di due ragazzi che le si erano avvicinati. Poi la affiancarono e le dissero: “Ehi, carina, dove vai sola soletta?” “Se vuoi possiamo accompagnarti, bellezza” Sabrina replicò: “Lasciatemi in pace”. Fulmineamente, uno la afferrò per un braccio e la trascinò in un vicolo. L’altro li seguì. La costrinsero con le spalle al muro e uno le disse: “Non ci piacciono le ragazze scortesi” l’altro continuò: “Già, per punizione ci darai i soldi che hai, poi vedremo cosa hai comprato di interessante oggi”. E così dicendo, uno dei due fece per guardare nella borsa che Sabrina teneva, ma lei lo colpì con una ginocchiata nello stomaco, poi gli diede una gomitata sulla nuca, spedendolo a mordere un po’ di polvere del vicolo. L’altro si fece sotto arrabbiato, ma lei lo colpì al volto con un violento pugno e lo spedì nel mondo dei sogni. Li guardò con un’aria molto dura e disse: “Avete avuto ciò che vi meritavate”. Si girò per andarsene, ma scivolò nel fondo scivoloso dell’asfalto e cadde. Prese un colpo molto forte alla testa contro un bidone e svenne. Dopo un po’ quei due si rialzarono, la videro a terra e dissero: “Beh, anche se non mi ricordo come abbiamo fatto, le abbiamo dato una bella lezione” e se ne andarono.

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Intanto Johnny e Tinetta ritornano a casa, e si fermano a parlare: “Grazie di avermi accompagnato, Tinetta” “Figurati, tesoro: piuttosto, telefonami se hai bisogno di qualcosa, e io correrò a darti una mano. Ciao” “Ciao” Johnny rientrò*. Sabrina si sveglia, si alza faticosamente in piedi e si guarda intorno; si sente stordita, e pensa: -Dove stavo andando? Cosa ci faccio qui? Io.. io.. credo che andrò.. non so, non so più niente, ma non posso rimanere qui-. Si incammina per la strada, e va, inconsciamente, verso casa di Johnny. Johnny è a casa sua, e pensa (quadratino)**: -Mi dispiace che non sia venuta anche Sabrina ad accompagnarmi all’aerop….- in quel momento Sabrina spunta da dietro un angolo e Johnny, che è alla finestra, scende ad aprirle. Ma quando apre, Sabrina non lo guarda nemmeno, e tira dritto. Johnny rimane ammutolito, e balbetta: “Ma.. ma.. ma..” poi le corre dietro e la chiama: “Sabrina; ehi, Sabrina!” lei non si gira. Johnny le mette una mano sulla spalla. Lei ha un sobbalzo e si volta, poi dice: “Beh, cosa c’è?”. Ha un’aria molto minacciosa. Johnny, confuso, dice: “Ma, veramente.. Sabrina, cos’hai?” lei lo guarda sempre più minacciosa, e dice: “Chi è Sabrina.. e tu cosa diavolo vuoi!” “Ma, Sabrina, mi stai facendo uno scherzo, per caso?” “Io, Sabrina? Guarda che non devi farmi arrabbiare, sai? So essere molto violenta” “Sabrina, ma..” “Basta con questa Sabrina! Vuoi sapere qual è il mio nome? Beh, io mi chiamo.. mi chiamo.. io sono..” Sabrina impallidì, e disse: “Non.. non mi ricordo più il mio nome” poi svenne. Johnny, disorientato, la portò in casa e l’adagiò sul divano. Cominciò a piovere. Johnny si affaccia alla finestra e pensa (quadratino): -Sembrava che non mi riconoscesse. Possibile? Che abbia perso la memoria?- poi scrolla la testa e pensa (quadratino): -No, cosa vado a pensare? Forse era solo stordita, quando si risveglierà mi riconoscerà. Semmai, più tardi la accompagnerò a casa-.

* «Johnny e Tinetta ritornano a casa.... Johnny rientrò». In tutta questa prima storia c’è l’errore della variazione del tempo (passato/presente indicativo). L’ho lasciato com’è perché già dovevo ricopiare tutti i racconti, se li avessi anche corretti sarei ancora alla prima pagina. E poi si trattava di ricopiare su computer ciò che tanti anni fa, da ragazzino, scrissi a macchina, e ogni cambiamento, anche se fatto per sistemare la storia, gli avrebbe tolto la genuinità stupidotta e ignorantella che avevo allora.

** «(quadratino)». Ricordate che nel cartone quando Johnny pensa appare l’effetto fotografia che lo rinchiude in un piccolo spazio quadrato? Io non sapevo che fosse una fotografia, perciò quando il protagonista pensava ci mettevo il quadratino. Non so perché da ragazzino mi piacesse l’idea, adesso mi dà ai nervi, anche perché c’è praticamente SEMPRE! Avrei voluto cancellarlo, ma non l’ho fatto, sempre per il motivo che ho scritto sopra, cioè conservare la genuinità ecc…

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Johnny accese la TV, e si chinò su Sabrina. La ammirò mentre era svenuta, incantato e cotto come una pera. Alla TV c’era il notiziario, e l’annunciatore disse: “Signori, i nostri meteorologi hanno previsto che nelle prossime ore ci sarà un uragano. Non sarà eccessivamente violento, ma durerà un po’ e renderà praticamente impossibile uscire in strada. Per il vostro bene, vi consigliamo di chiudervi in casa”. Johnny non sentì quelle parole, preso come era dall’ ammirare Sabrina; poi si riscosse e pensò (quadratino): -Che razza d’idiota, devo pensare a svegliarla e a sapere come sta, invece di guardarla. Però, com’è bella- si alzò in piedi e andò a preparare del tè. Poi lo portò su un tavolo davanti a Sabrina, e la scosse leggermente per svegliarla. Lei aprì gli occhi, si tirò su e borbottò: “Oh, che mal di testa” “Come stai adesso, Sabrina”. Sabrina si guardò intorno, si ricordò di quanto era successo poco prima e disse: “Ehi, dimmi dove sono. Cosa vuoi da me?” “Ma, Sabrina...” “Ancora con questa Sabrina? Io sono..” e pensò, poi disse: “Ma, come mai non riesco a ricordarmi il mio nome?” “Sabrina, ma allora è vero, tu hai un’amnesia” “Ma che stai dicendo! Per quanto ne so, io non posso certo fidarmi di te. Cosa vuoi dire con amnesia?” “Non sai cos’è un’amnesia?” “Certo che lo so. Una perdita di memoria. E io, secondo te, avrei perduto la memoria? Non potresti essere tu che mi hai dato una botta in testa e mi hai trascinato qui, magari per rapirmi?”. Johnny arrossì a questa idea, e si sentì offeso. Si alzò dal divano e disse: “Per dimostrarti la mia buona fede, andrò in cucina, e tu sarai libera di uscire” lui entrò in cucina e ci si chiuse. Sabrina si alzò, e uscì. Arrivò in strada. Aveva iniziato a piovigginare, e c’era un vento abbastanza forte. Tremò, e rientrò in casa. Con voce notevolmente addolcita, chiamò: “Ehi, guarda che puoi uscire. Mi dispiace di essere stata un po’ brusca”. Si sedette sul divano e prese una tazza di tè. Johnny uscì, imbarazzato, fece un sorriso idiota e andò titubante a sedersi sul divano. Si prese una tazza di tè, e poi disse: “Io, io non so cosa dire, Sabrina, è assurdo..” si girò, e lei stava piangendo. “Cos’hai?” le chiese. Lei si voltò asciugandosi le lacrime, e sorrise: “No, non è niente; ma non mi piace questa sensazione: non mi piace non sapere chi sono e tutto il resto. Mi sento la testa vuota, senza ricordi” “Beh, se ti fidi di me, io posso dirti un sacco di cose” “Che tipo di cose?” “Beh, che riguardano te e i tuoi amici” “Noi due siamo amici?”. Questa domanda scosse Johnny, che sfoderò il suo solito sorriso imbecille e balbettò imbarazzato: “Beh, noi, insomma..” poi pensò (quadratino): -E se le facessi credere che noi due siamo..- scosse la testa, indignato, pensando: -No, non posso approfittare così di lei-. “Allora?” Sabrina lo incitò a rispondere. Sorrise divertita al fatto che lui fosse arrossito, anche se non capiva perché. Come aveva potuto diffidare di un ragazzo così simpatico e visibilmente timido? Johnny si rasserenò un po’, e disse: “Beh, si, noi.. noi siamo amici.. molto amici, direi” “Mi fa piacere” disse Sabrina “sei molto simpatico” Jhonny rise, e disse: “Si, anche tu sei simpatica”. Risero, e Johnny pensò (quadratino): -Sono felice; in questo modo è molto più spontanea, e posso sapere cosa pensa di me; finora tutto bene, comunque-. Sabrina aveva finito il suo tè, e posò tazza sul vassoio. Si girò verso Johnny e pensò (niente quadratino): -Però è carino- poi disse: “Dimmi qualcos’altro. Sono molto curiosa” “Beh, ci sono tante cose” rimuginò su cosa dirle; lei balzò in piedi facendolo trasalire, ed esclamò: “Cavolo, ma la mia famiglia; saranno in pensiero per me!” lui si alzò e le mise una mano sulla spalla, rassicurandola: “Calma, siediti; ci sono un po’ di cose che devo dirti per non farti preoccupare”. La sua voce la calmò, e si sedette. “Allora? Sono curiosa” “Vedi” cominciò Johnny: “i tuoi genitori sono dei musicisti, e adesso sono negli Stati Uniti. Tu vivi da sola in questo periodo, perciò nessuno si preoccuperà per te”. La spiegazione non la convinceva molto, e le tornarono dei dubbi. Johnny, che la conosceva bene, lo capì, e le disse: “Se non mi credi sei libera di andartene, come poco fa”. Lei rifletté su quanto era accaduto poco prima e disse: “Giusto, scusa. Mi fido di te, e d’altronde sei l’unico su cui posso contare in questo momento. Ma, a proposito di famiglia, la tua dov’è?” “Oh, beh, i miei sono partiti proprio oggi per fare visita ad una mia zia. Staranno via un paio di giorni” “Come facevi a sapere che non mi fidavo di te?”. Questa domanda a bruciapelo lo prese di sorpresa, e lo imbarazzò costringendolo a sfoderare per l’ennesima volta il suo famoso sorriso alla ; poi disse: “Non capisco.. cosa.. cosa vuoi dire?” “Vedi” spiegò Sabrina: “prima tu mi hai detto che se non ti credevo ero libera di andarmene. Mi erano sorti dei dubbi perché la tua storia dei miei genitori che vanno in America mi sembrava un po’ stramba, però non ti ho detto niente. Eppure, tu hai capito che dubitavo delle tue parole. Come hai fatto?” “Oh, niente, semplice intuizione. Eh eh eh”. Sabrina, perplessa, sospirò e disse: “Lasciamo perdere”. Nessuno dei due parlò per un po’, poi Sabrina si alzò dal divano e disse, tutta contenta: “Ehi, è ora di cena. Se non mi sono dimenticata anche come si sta ai fornelli preparerò una succulenta cenetta. La cucina è lì, vero?” e indicò la porta della cucina, dove Johnny si era chiuso prima. Lui disse di si. Sabrina andò in cucina e disse: “Non venire finché non ti chiamo io. Voglio preparare delle pietanze coi fiocchi”. Johnny si sentiva al settimo cielo; non era mai stato così felice. Poi pensò (quadratino): -Quando la pioggia sarà diminuita, la accompagnerò a casa. Ma, a proposito, com’è che la pioggia non smette? E questo vento così forte? Non accenna a diminuire-. Riflettendo su queste cose si affacciò alla finestra, e rimase impressionato dalla potenza della tempesta che si era scatenata. Guardando fuori dalla finestra, pensò (quadratino): -Se continua così non so come faremo ad uscire. Sembra che questo vento debba portar via chi si avventura per strada-. A conferma di quanto pensava, vide due persone che camminavano sotto la pioggia: reggevano l’ombrello con forza, e l’uomo si reggeva ad un cancello, per impedire che il vento portasse via lui e la sua compagna. Improvvisamente, l’uomo stacca la mano dal cancello e, contemporaneamente, la sua compagna lascia che il vento porti via il loro prezioso ombrello. Incuranti del tempo, si prendono le mani e si guardano con intenso amore: lui dice: “Lucilla, ti amo”. Il vento li cattura e li fa volare come fossero fuscelli, e li manda a sbattere una mostruosa craniata contro un muro. Lentamente, mentre scivolano a terra e lasciano una fossa profondissima nel punto in cui sono battuti, Lucilla, guardando l’uomo con intenso amore, gli dice: “Anch’io ti amo, Aldo”, e prendono una schienata contro il selciato ai piedi del muro. Comunque, si guardano imperterriti negli occhi. Johnny rimase impressionato da questa vista. Pensò (quadratino): -Accidenti! Ma questo è un tifone. Non riusciremo a mettere il naso fuori di casa. Sentiamo cosa dice la televisione-. Accese la TV e trovò il notiziario; l’annunciatore stava dando le ultime notizie. Johnny attese con pazienza finché non giunse quella che aspettava lui. L’annunciatore disse: “Continua l’uragano che si è abbattuto sulla nostra città. Secondo gli esperti la sua potenza non supererà quella attuale, e quindi non ci sarà pericolo se tutti rimarranno nelle loro case. Gli esperti dicono che dovrebbe durare fino al pomeriggio di domani. Vi raccomandiamo prudenza e vi sconsigliamo di uscire di casa”. Johnny rimase esterrefatto a quella notizia; era così assorto nel pensare al modo migliore per informare Sabrina, che non sentì le altre notizie che dava il telegiornale. Il giornalista informò gli ascoltatori: “Gli unici che sembrano aver avuto danno dall’ uragano tuttora in corso sono due fidanzati, che, sembra, si chiamano Aldo e Lucilla, che sono stati trovati ai piedi di un muro gravemente lesionati. Tuttavia nessuno è riuscito a staccare le loro mani e a interrompere il loro sguardo appassionato. L’amore ha potuto sorreggerli fino all’ospedale, e anche oltre, visto che li hanno dovuti ricoverare nella stessa camera perché nessuno è riuscito a dividerli”. Johnny spense la TV, poiché ormai non la seguiva, e rimuginò su come informare Sabrina dei nuovi eventi. In quel momento la ragazza si affacciò sulla porta della cucina e disse: “Ehi, guarda che è pronto. Puoi venire” Johnny andò in cucina emozionatissimo. Questa situazione lo disorientava e, tanto per cambiare, lo innervosiva e lo imbarazzava.

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Entrò in cucina, e rimase impalato sulla soglia; la tavola era imbandita ed apparecchiata con un gusto ed una precisione uniche: d’altra parte, lavorando all’ ABCB, un po’ di esperienza in quel campo se la era fatta. Sabrina lo incitò: “Che aspetti? Accomodati” Johnny si riscosse: “Eh? Si, certo” e si sedette; poi pensò (quadratino): -Che figura! Accidenti a me e alla mia testa sempre nelle nuvole. Il fatto è che questa situazione mi confonde. Già, e intanto Sabrina penserà che sono un perfetto imbecille-. Sabrina lo servì, con uno stile impeccabile. Johnny ne ammirò le movenze leggere e rimase incantato dalla sua leggiadria. Rimase imbambolato come al solito, e mentre Sabrina si serviva la minestra, Johnny prese il sale e lo mise nel suo piatto. Rimase a guardarla finché non si sedette, e anche mentre mangiava non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. Lei disse: “Ti piace molto salata, eh?” “Eh? Ah, si.. scusa.. no.. cioè..” “Lascia perdere; e mangia, che si raffredda”. Lui posò il sale che aveva versato in quantità esorbitante e prese un boccone, sempre guardando Sabrina. Era assorto nei suoi pensieri, e ne aveva parecchi che gli frullavano in capo, quando il sapore lo riportò molto bruscamente alla realtà. Il suo viso assunse i colori e le espressioni più strampalate, poi tirò fuori la lingua e gridò: “Acquaaaaaah!!!!”. S’ingurgitò due litri d’acqua e crollò stravolto sul tavolo, maledicendosi per la sua incurabile imbecillità. Sabrina disse: “Scusa, non credevo che la mia cucina fosse così orripilante”; nella sua voce non c’era tono di scusa: anzi, Johnny avvertiva una certa irrequietudine in Sabrina. Cercò di scusarsi: “No, non è come pensi tu. Sono io che ci ho messo troppo sale”. Sabrina non rispose: ormai la frittata era fatta. Johnny si costrinse a mangiare quella zuppaglia infame. Quando finì era ridotto uno straccio, ma per fortuna i manicaretti che seguirono gli fecero rifare la bocca. Mentre mangiava, si ricordò dell’uragano e iniziò: “Senti, Sabrina….” ma lei lo interruppe: “Sabrina, eh? Bel nome. Tu come ti chiami, invece?” “Ma, non te l’ho detto?” “No” “Io mi chiamo Johnny” “Però, carino. Ti si addice” “Perché mi si addice?” “Beh, tu sei carino, devi avere un nome carino”; Johnny, che si stava mettendo un po’ di pepe nel piatto, rimase di sasso a quelle parole. Era, era incredibile, e Johnny si sentiva come un manichino. Sabrina lo guardò, poi gli disse: “Poi non venirmi a dire che ci hai messo troppo pepe”. Quella voce lo riscosse, così smise di versare il pepe, che aveva messo a quintalate, e assaggiò un boccone. Sabrina fece per fermarlo, ma era troppo tardi. Il suo volto si deformò in modo inumano, e Johnny si strinse le mani sul collo emettendo dei suoni gutturali degni del più scatenato cantante di rock duro; Sabrina gli appoggiò una mano sulla spalla, e lo colpì ripetutamente sul petto con l’altra. Dalla sua gola devastata uscivano abbondanti volute di pepe, che gli penetravano nelle narici; quando Sabrina smise di batterlo sul petto, il pepe che aveva respirato cominciò a dare i primi frutti. Iniziò a starnutire con violenza sempre maggiore, e gli starnuti si susseguivano con una frequenza impressionante. Johnny si dibatteva come un’anguilla, cercando invano di smettere. Si tappò il naso, ma lo starnuto gli uscì dalle orecchie. I suoi occhi erano rossi di lacrime. Dopo cinque minuti di starnuti ininterrotti, Johnny era ridotto l’ombra di sé stesso. Stramazzò sul tavolo, e quando ne trovò la forza, parlò: “Sono, sono ancora vivo?”. Sabrina, che non aveva potuto fare niente per fermare l’attacco di starnuti, rispose: “A prima vista sembri morto, però hai parlato, quindi c’è da dedurne che sei ancora vivo”. Si guardarono per un po’ negli occhi, ripensando a quanto era appena successo: poi Sabrina si mise una mano sulla bocca, cercando di frenare le risate, Johnny sorrise in modo (incredibile) normale. Dopo un po’, scoppiarono a ridere allegramente. Sabrina sparecchiò e, mentre lavava i piatti, Johnny ebbe modo di riflettere su quanto aveva detto Sabrina. (Quadratino) -Non credo che l’amnesia cambi i gusti delle persone, perciò se Sabrina mi ha detto che sono carino, evidentemente lo pensa sempre-. Gongolando di soddisfazione, accese la TV. Davano un film dell’orrore; non che il genere entusiasmasse il nostro amico, ma ormai potevano capitargliene di tutti i colori, perché gli sarebbe bastato pensare alle parole di Sabrina per rasserenarsi. Quindi, che trasmettessero pure un film del genere, a Johnny non faceva né caldo né freddo. Mentre era immerso nelle sue riflessioni e, soprattutto, fantasie, arrivò Sabrina che gli si sedette accanto, e gli mostrò una scodella di pop-corn: “Ne vuoi?” “Ehi” ribatté Johnny con entusiasmo: “Certo, grazie”. Li assaggiò: “Perfetti” commentò: “Sei un’ottima cuoca” “E tu un ottimo pasticcione”; ripensarono entrambi alle vicissitudini della cena e scoppiarono ancora a ridere.

Restarono a guardare il film, senza in verità seguirlo con eccessiva attenzione. Johnny era assorto e distratto come al solito, ma Sabrina no. Quando il ragazzo si voltò a guardarla, notò che era a disagio. Strinse i denti allargando la bocca come una galleria e fece due occhi come due fari di un treno; questa sua espressione barbarica era causata dal fatto che lui credeva di essere il motivo del disagio di Sabrina. Poi notò che la ragazza era, al contrario di lui, attenta al film: capì il motivo del nervosismo di Sabrina e cambiò canale. Sabrina replicò: “Perché hai cambiato? Non volevi guardare il film?” “Scusa” iniziò Johnny: “mi ero dimenticato che le storie di fantasmi e affini ti impressionano” Sabrina sembrò contrariata: “A parte il fatto che non sono una bambina paurosa, tu come lo sai che certe cose mi innervosiscono?”. Johnny si giustificò titubante, perché Sabrina era ritornata ad essere inquieta nei suoi confronti: “Ma.. veramente.. io..” “Allora?” il tono della ragazza non ammetteva repliche né ritardi, e Johnny trovò le parole giuste: “Veramente, me lo hai detto tu” Sabrina si corrucciò: “Quando?” “Eravamo in vacanza con gli altri; un vecchio ci raccontò una storia di fantasmi e tu mi dicesti di esserne rimasta impressionata” “Eravamo in vacanza? Con chi? Chi sono questi altri?” Johnny spiegò: “Ma si, erano i nostri amici” Sabrina era irritata: “Quali?”; Johnny si rassegnò: “Scusa, ma mi sembra tutto così assurdo” sospirò e continuò: “I nostri amici sono molti, ma noi eravamo in vacanza con Tinetta e Renato” Sabrina chiese: “Cosa sono? Fidanzati?” “Cosa?” Johnny era sinceramente sorpreso. Sfoderò il suo collaudato sorriso da scemo del villaggio e disse: “No, no, figurati. Anzi! Cioè, non che si odino, e infatti Renato è cotto di Tinetta, ma lei non lo guarda nemmeno, e anzi non perde occasione di menarlo”. Sabrina guardò la TV dicendo: “Ah, capisco”. Girarono i canali finché non trovarono un concerto. Sabrina disse: “Lascia qui”. Rimasero a guardare la televisione e ad ascoltare la musica per un po’, facendo silenzio; poi, quando una canzone fu terminata, nell’intervallo Sabrina disse: “Mi piace la musica, sai?” “Si, lo so. Infatti suoni il sassofono” Sabrina si illuminò. Era la prima volta che Johnny, quella sera, la vedeva così emozionata; esclamò: “Davvero?” “Certo” confermò Johnny: “e anche molto bene”; Sabrina volle sapere: “Tu mi hai mai sentito suonare?” “Si, certamente. Avendo i genitori musicisti, hai imparato anche tu a suonare uno strumento. Queste sono cose che mi hai detto tu. E lo suoni molto bene. Questo lo dicono tutti”. Sabrina sembrò molto soddisfatta: “Bene, mi fa piacere”. Si rimisero ad ascoltare la musica, poi Sabrina colse Johnny di sorpresa per l’ennesima volta con una delle sue domande a bruciapelo: “Io e te siamo molto amici, vero?”. Johnny aveva preso dalla cucina del sale per i pop-corn e dello zucchero per il tè*. I pop-corn erano finiti e Johnny si stava mettendo lo zucchero nel tè. Era rimasto sorpreso dalla domanda di Sabrina e aveva continuato a versare zucchero, ma lei se ne era accorta e gli disse: “Cerca di non sbagliare contenitore e di non mettere troppo zucchero, non voglio rifare la storia di prima” glielo aveva detto con dolcezza e una certa compassione, ma non troppa. Johnny, sempre distratto, disse: “Come? Ah, si”; sempre guardando Sabrina, posò lo zucchero convinto di aver preso il sale e prese il sale. Cominciò a versarlo nel tè, e Sabrina intanto era tornata ad ascoltare musica. Per un po’ Johnny continuò a mettere sale nel tè, poi ebbe un lampo di normalità e pensò (quadratino): -Ops.. non devo mettere troppo zucchero nel tè, altrimenti sarà imbevibile. Già ne ho messo una tonnellata, perciò è meglio smettere- e posò il sale. Poi si fece coraggio e disse: “Cosa intendevi dire prima, Sabrina?” “Prima quando?” si informò lei. Lui specificò: “Prima, quando mi hai chiesto se noi due siamo molto amici. Perché me lo hai chiesto?”. Lei si strinse nelle spalle, e disse: “Boh, così” “Come così” “Beh, tu sai un sacco di cose su di me, perciò devi essere un mio buon amico. Comunque, ora che hai sollevato la questione, rispondimi. Io e te siamo molto amici?”; lui, disorientato, avrebbe voluto rispondere: ‘Certo che siamo amici, anzi, molto più che amici’ e ripensò a tutti i momenti che avevano trascorso insieme. Chissà se lei gli avrebbe creduto se le avesse detto che erano, magari, fidanzati. Ma lui era troppo onesto per ingannarla così e, diciamocelo, anche un po’ deficiente. Comunque rispose: “Ehm, si, noi due siamo molto, molto amici”; abbassò lo sguardo imbarazzato. Sabrina non aveva capito alla perfezione le sue parole. Johnny aveva sottolineato il fatto che loro erano molto amici, e aveva insistito sul molto. Le sorgeva un dubbio. Stava pensando all’eventualità che loro due potessero essere più che amici. Forse era per questo che si sentiva così tranquilla e serena in sua compagnia. Poi scosse la testa scartando quell’ipotesi. Non che non le piacesse, ma era troppo, troppo assurda. Continuò a guardare la TV, sfiorata da quel dubbio in continuazione.… ormai le parole di Johnny le avevano insinuato la pulce nell’orecchio, e non se ne sarebbe andata molto facilmente. In quel momento Johnny prese la tazza di tè. Mentre Sabrina rifletteva sulle idee che le gironzolavano in testa, Johnny assaggiò il suo tè, ma di tè vero e proprio, in mezzo allo zucchero e al sale, ne era rimasto ben poco. Il primo sorso (fu anche l’unico) fece su Johnny l’effetto di un metabolito (conosciuto anche come anabolizzante): ne centuplicò le forze. Fece un salto sul divano degno di un atleta di prima classe. Poi si rivoltò su sé stesso un paio di volte e si precipitò in cucina a bere. Sabrina assistette alla scena sbalordita. Non poteva fare niente altro che guardare. Quando Johnny si chiuse in cucina mormorò, stando attenta a non farsi sentire: “Cavolo, ma è proprio imbranato”. Andò a vedere se avesse bisogno di qualcosa e lo trovò a scolarsi i soliti due litri d’acqua. Gli preparò pazientemente del bicarbonato, per aiutarlo a digerire quella massa infame di porcherie che aveva ingurgitato in una sola sera. Quando rovinò inerte sul tavolo per la terza volta gli mise davanti il suo preparato. Johnny lo guardò, poi guardò Sabrina, poi guardò di nuovo il bicchiere; lo prese e bevve. Lo mise sul tavolo. Sabrina lo ripose e si sedette accanto a lui. A quel punto, quando le sembrò abbastanza in forze, gli chiese: “Allora? Come stai?”. Lui, almeno per la millesima volta quella sera, usò il suo vergognoso sorriso a bischero sciolto, e disse: “Stai tranquilla, sto bene”; poi, sempre con quell’espressione da ebete sul volto da ebete, pensò (quadratino): -Diavolo, sto battendo il record mondiale di figure da stupido in poche ore. E con Sabrina, poi. Accidenti-. Si guardarono un po’. Poi Sabrina gli disse, scherzosamente: “Guarda che sei proprio inetto. Non voglio offenderti, naturalmente, ma sei talmente buffo….” e rise. Anche Johnny, dopo pochi istanti, si unì alla risata. Mentre rideva pensò (quadratino): -Per fortuna che Sabrina è così comprensiva e gentile. Non mi fa pesare il fatto di fare la figura dell’idiota-.

* «....del sale per i pop-corn e dello zucchero per il tè». Tè con pasticcini? Tè con fetta di torta? Noooo, tè con pop-corn! Com'ero scemo!!

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Si spostarono in salotto, dove si accomodarono sul divano a chiacchierare. Sabrina, compiaciuta, affermò: “Non credevo di cavarmela così disinvoltamente tra i fornelli. Evidentemente, vivendo da sola, cucino spesso” “Già” confermò Johnny, e aggiunse: “Oltretutto tu lavori in un bar, e quindi devi saper destreggiarti bene in queste cose”. Sabrina lo guardò, incredula ed eccitata allo stesso tempo, e disse: “Dici davvero? Non mi prendi in giro?” “Certo che non ti prendo in giro” Johnny sembrava leggermente offeso: “dovresti fidarti di me, ormai” “Giusto, ma dicevo così, perché mi sembra strano.. e divertente” “Ti sembra strano avere un lavoro?”; ora toccava a Sabrina essere imbarazzata, e non trovare le parole per esprimere alla perfezione quello che avrebbe voluto dire: “No, cioè si, cioè insomma.. insomma non mi sembra strano, però è un’idea che mi piace. Cioè, se lavoro significa che sono una ragazza seria ed indipendente” “Eccome” assentì Johnny. “Di chi è il bar?” volle sapere Sabrina: “Non è di qualche mio amico”; Johnny la rassicurò: “No, stai tranquilla, so che me lo avresti chiesto, perché per te è importante dimostrare di essere autosufficiente. Il bar è del signor Luigi, un tipo simpatico; anche se il locale è sempre invaso dai ragazzi, lui è sempre molto tollerante”. Sabrina rifletté sulle parole di Johnny, poi commentò: “Bene, sono contenta di sapere che sono stata in grado di trovare lavoro senza l’aiuto di nessuno”*; Johnny ne ammirò per l’ennesima volta la correttezza e l’orgoglio. Sabrina controllò l’ora. Mezzanotte e quarantacinque. Si alzò in piedi dicendo: “Com’è tardi. D’ accordo che nessuno mi aspetta, ma vorrei proprio andarmene a casa ora. Mi sono divertita molto stasera, nonostante ciò che mi è accaduto. Posso chiederti di accompagnarmi a casa? Sai com’è, non ricordo più la strada”. Johnny si irrigidì. Ciò che temeva si era avverato. Sapeva che Sabrina gli avrebbe fatto quella richiesta: era inevitabile, ma ugualmente non era pronto ad affrontare la questione. Adesso le avrebbe dovuto dire dell’uragano che impazzava fuori di lì. Sabrina, a suo giudizio, l’avrebbe presa molto male. La ragazza rinnovò la domanda: “Beh, cosa mi rispondi?”. Johnny si esibì in uno dei suoi soliti sorrisi innominabili, ma stavolta lo allargò da un’ orecchia all’altra. Si portò una mano dietro la testa (altro sintomo di imbarazzo) e rise in modo pietoso: “Eh, eh, ehm.. vedi, il fatto è che.. ehm, eh, eh, eh..”; Sabrina sorrise di quella manifestazione di imbarazzo che aveva imparato a riconoscere in Johnny. Dopo il sorriso le sarebbe scomparso: “Dai, allora, che ne dici?” lo incitò. Il ragazzo cercò di darsi un contegno (nei limiti del possibile) e, cercando di stare calmo, annunciò: “Sabrina, mi dispiace, ma..” la ragazza si scurì in volto: brutto segno. Johnny ingoiò timoroso, poi si allargò il collo della maglia, perché aveva notato che gli stringeva molto forte la gola e improvvisamente era diventato troppo caldo. Poi, molto meno baldanzoso di prima (la baldanza se ne era andata insieme al buonumore di Sabrina ), continuò: “Ecco, vedi, il fatto è che fuori.. ehm” Sabrina lo incitò: “Johnny, se devi dirmi qualcosa sbrigati. Non voglio che ci giri troppo intorno”. Il ragazzo si fece coraggio: “Guarda fuori”. Lei andò verso la finestra e si affacciò: “Però, c’è un vento molto forte. Ma non vedo il problema: basterà chiamare un taxi” “No, tu non hai capito, Sabrina. Quel vento è molto più forte di quanto sembri da qui dentro. Non si può uscire”. Sabrina lo squadrò ben bene. Poi gli disse: “Guarda che se non vuoi accompagnarmi basta che tu me lo dica”. Johnny la guardò stupito: “Ma no, cosa vai a pensare. Il fatto è che quello è un uragano. L’hanno detto anche al televisore”. Sabrina tagliò corto: “Lascia perdere; non credevo che fossi così meschino, comunque. Dare la colpa al tempo. Bah!” e si voltò per uscire. Lui si alzò e la prese per un braccio per fermarla, dicendole: “Ehi, guarda che è vero. Non devi….” non fece in tempo a finire la frase: lei lo spinse via in malo modo, facendolo andare a sbattere contro una parete. Dopo la botta, scivolò all’indietro e cadde sul tavolo che stava tra il divano e la TV. Il tavolo era ancora occupato dal vassoio del tè; cadde tutto, le tazzine precipitarono in testa a Johnny, una dietro l’altra; Sabrina rimase a guardare incredula la scena: era incredibile come Johnny attirasse certi guai. Le tazzine lo avevano stordito, ma il peggio doveva ancora venire: la teiera, volteggiando nell’aria, lasciò uscire il tè che ancora conteneva. Non bollente, ma sempre molto caldo, il tè inondò il viso dell’ancora stordito Johnny: il ragazzo lanciò un grido inumano e, da sdraiato a terra come era, si issò a sedere facendo smorfie amorfe ed irripetibili; purtroppo per lui non avrebbe dovuto preoccuparsi ancora per molto del dolore che gli provocava il tè; purtroppo perché si preparava qualcosa di ancora peggio. Infatti non fece in tempo ad alzarsi a sedere e a finire il grido, che il vassoio gli cadde in testa con la potenza di un maglio rotante di Goldrake, spedendolo a terra di nuovo. Sabrina lo guardò un po’ e poi gli voltò le spalle, avviandosi alla porta. Lui si tirò su dolorante e scottato, in tempo per vederla chiudersi la porta alle spalle. Sabrina era uscita.

* «.... l'aiuto di nessuno». In realtà, ovviamente, Sabrina lavora all’ABCB proprio perché è amica di Luigi, ma evidentemente quando ho scritto questo pezzo non me lo ricordavo.

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Johnny, ricordandosi della scena cui aveva assistito poco prima, e che aveva per protagonisti quei due matti, la seguì preoccupato: quando aprì la porta, vide che Sabrina era appena uscita dal cancello che dava sulla strada. Appena fuori, la tempesta la investì: si portò le mani ai capelli per proteggersi, ma il vento la catturò e la spostò di un paio d metri contro la sua volontà. Si resse ad un’ inferriata per non essere trascinata via, ma fu inutile: una folata più forte delle altre la sollevò da terra. Per un po’ Sabrina si ritrovò sospesa per aria in posizione orizzontale, parallela alla ringhiera cui era aggrappata: poi però lo sforzo delle braccia fu troppo e dovette lasciare l’inferriata. Quando il vento diminuì, cadde a terra. La pioggia l’aveva già inzuppata fino al midollo. Johnny si affacciò sulla strada. Anche se Sabrina era al massimo a cinque metri da dove si trovava Johnny adesso, lui fece molta fatica per scorgerla, in mezzo al buio e alla pioggia. Quando la vide si avviò verso di lei, tenendosi ben stretto alla cancellata per non essere trascinato via. Casualmente (proprio un bel caso) in quel momento l’uragano raggiunse il massimo della sua potenza. Johnny si resse con tutte le sue forze, ma Sabrina, ancora a terra, venne sollevata senza sforzo dalla furia degli elementi. Venne portata ad un’altezza di sei o sette metri. Non eccessiva*, ma se fosse caduta era sempre una bella botta. Johnny, impossibilitato ad intervenire, decise di ricorrere al suo potere. Si concentrò al massimo: non aveva utilizzato quasi mai il suo potere su altre persone, ma la situazione era critica. Dopo molta concentrazione, Johnny raggiunse il suo intento. Sabrina era semisvenuta e non si accorse di niente: il suo corpo si smaterializzò da dove si trovava in quel momento e ricomparve nel vialetto, che era molto più protetto. Johnny era riuscito a raggiungere il suo fine. Stremato per lo sforzo che aveva dovuto sostenere, si avviò verso il cancello, lo passò e poi prese Sabrina e la portò in casa. Una volta entrato, la adagiò sul divano e infine cadde a terra stremato. Aveva esaurito tutto il suo potere; inoltre, le fatiche sostenute per non farsi portare via dal vento avevano esaurito le sue forze.

* «Non eccessiva....». Non eccessiva l’altezza di sei/sette metri!? Mi sa che a quel tempo non avevo proprio il senso delle misure.

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Quando si risvegliò, era sdraiato sul divano. Si tirò su tutto dolorante. Si sedette e cercò di ordinare le idee. Pensò a tutto quello che era successo il giorno prima: la partenza della sua famiglia, il ritorno a casa con Tinetta, l’incontro con Sabrina…. Pensando a Sabrina gli sovvenne tutto. Si ricordò che aveva lasciato la ragazza sul divano, ma adesso c’era lui; che se ne fosse andata? Impossibile: l’uragano non l’avrebbe permesso. Controllò l’ora: la sera prima, quando Sabrina era uscita ignorando la potenza dell’uragano, erano quasi le una di notte; guardò il quadrante dell’orologio da tavolo che stava sul televisore: segnava le 10.38. Lanciò uno sguardo alla finestra: nonostante fosse mattino inoltrato, era ancora buio. Segno inequivocabile che il maltempo non era ancora finito. Si voltò di nuovo verso l’orologio, e vide una cosa che prima non aveva notato: un foglietto accanto allo strumento. Era ripiegato su sé stesso. Lo prese, lo aprì e vide che era un biglietto: la scrittura era di Sabrina. Lo lesse, diceva: ‘Mi sono svegliata verso le dieci. Ho sistemato la confusione che avevi fatto cadendo sul tavolo con sopra il tè. Sei proprio un inguaribile pasticcione. Scusami per non averti creduto quando mi hai detto del ciclone. Ti ringrazio per avermi salvata. Io ricordo ben poco, ma immagino che sia stato tu a tirarmi fuori dai guai. Sono ridotta proprio male. Dopo aver messo a posto vado a farmi una doccia. Spero non ti dispiaccia. Sabrina’. Posò il biglietto. No, non gli dispiaceva. Andò a controllare in cucina; era tutto a posto. Si sentiva ancora stanchissimo, nonostante il riposo, e si riaccomodò sul divano. Aguzzò l’udito: sentì scorrere l’acqua della doccia. Sabrina aveva già cominciato a farsi la doccia. Rimase a pensare (quadratino): -Chissà da quanto tempo ha iniziato a farsi la doccia. Se salissi? Chissà se si accorgerebbe della mia presenza. No, non credo. Potrei andare a vedere se ha bisogno di qualcosa. Magari ha chiuso male la porta del bagno; questa è casa mia e io so come muovermi senza fare rumore. Se si fosse dimenticata di tirare le tende della doccia? Potrei andare a chiudergliele.. ma no, accidenti a me. Cosa vado a pensare? Non sono mica così meschino.. al diavolo queste idee idiote-. Intanto era arrivato davanti alla porta del bagno. Mentre rifletteva sul da farsi, le sue gambe avevano deciso per lui e lo avevano portato fino a lì. Il rumore dell’acqua ora era vicinissimo. Si tirò indietro, resosi conto di dove si trovava. Era quasi spaventato di trovarsi lì. Lo intimoriva il fatto di avere compiuto senza rendersene conto un’azione che non voleva assolutamente effettuare. Come se non bastasse, se Sabrina fosse uscita in quel momento lo avrebbe probabilmente mandato a dormire con un paio di pugni e ginocchiate. Dato che ne aveva prese anche troppe, decise di non insistere e si allontanò dalla porta camminando all’indietro, per avere sempre sott’occhio l’ingresso del bagno, così da accorgersi per tempo se qualcuno usciva. Sempre camminando all’indietro, arrivò all’imbocco delle scale* e fece per girarsi, convinto di essere al sicuro, ma il solito caso molto casuale ci mise lo zampino. Gli si era slegata una scarpa**, e da quel distratto che era non si era accorto di nulla, naturalmente. Fece per alzare il piede destro ma il sinistro stava pestandogli la stringa, e così non riuscì a sollevare il piede. Cadde a faccia in giù. Fulmineo come un aquilotto, chiuse gli occhi per usare il suo potere. Voleva teletrasportarsi. Poi gli venne in mente una cosa brutta (quadratino): -Ho esaurito tutto il mio potere ieri sera-. Purtroppo per lui, era vero. Batté una musata vergognosa, poi continuò a rotolare in modo innominabile, procurandosi un dolore incommensurabile. Quando la scala finì, rimase a terra sofferente. Da sopra si sentì la voce di Sabrina molto allarmata: “Ehi, Johnny, cos’è tutta la confusione che ho sentito? Cos’altro hai combinato?” Johnny cercò di calmarla: “Nulla, nulla. Sono solo caduto” Sabrina replicò: “Caduto? Sembrava che fosse crollata mezza casa” “Si, ma non preoccuparti, ho solo rovesciato il tavolo del salotto!” “Ancora?” “Non preoccuparti, ti dico. Metto a posto io” “D’accordo”. Johnny si alzò in piedi, sempre più derelitto e distrutto, e pensò (quadratino): -Al diavolo, capitano tutte a me. Meglio che me ne vada in cucina a bere qualcosa-; si mosse. Cercò di alzare il piede destro, ma la stringa era ancora sotto la scarpa sinistra (caso vuole, infatti, che sotto la scarpa sinistra ci fosse una gomma da masticare che aveva attanagliato l’altra stringa e non voleva lasciarla andare) e cadde ancora una volta a viso in giù. Batté una musata titanica, e rimase a terra tremante senza più la forza di alzare un dito. Dopo alcuni minuti di sofferenza atroce trovò il coraggio di tirarsi su. Per prima cosa si legò quella maledetta scarpa, poi si recò in cucina e si preparò la colazione.

* «.... all'imbocco delle scale....». In casa di Johnny non ci sono scale, ma non ci feci molto caso, credo…. a me servivano e ce le misi.

** «.... slegata una scarpa....». E io naturalmente non sapevo che i giapponesi non indossano le scarpe in casa.

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Mentre mangiava sentì che l’acqua aveva smesso di scorrere. Poi sentì la voce di Sabrina che si rivolgeva a lui: “Ehi, Johnny, i miei vestiti sono inutilizzabili. Ti dispiace se cerco qualcosa da mettermi fra gli abiti delle tue sorelle?”. A quelle parole Jhonny impallidì. Quella situazione lo faceva andare fuori di testa. Dopo un po’, con una voce balbettante, disse: “F.. fai pu.. pure” “Come hai detto?” Johnny prese un grande respiro, poi gridò tutto d’un fiato: “Fai pure!” “Grazie”; il ragazzo sospirò, e pensò: -Cavolo, mi sento tutto in subbuglio. Non capisco più niente. (C’è anche il quadratino, state tranquilli). Non so cosa devo fare. E se salissi? Non me la sento. Vero è che l’ho già vista anche sotto quell’angolazione, e non sarebbe una novità, ma mi sentirei troppo in colpa se facessi una cosa del genere. Mah, io provo a salire un po’ sulle scale- si avviò verso le scale. Prima di iniziare a salire, controllò le stringhe. Legate, anzi, sigillate. Prese a salire. In preda a mille pensieri, mille turbamenti e mille angosce avanzava sulle scale, sempre stando bene attento ad ascoltare i rumori che venivano dal piano di sopra. Ma tanto anche se Sabrina lo avesse visto ora poteva raccontarle che stava andando in bagno. Era quasi arrivato in cima alle scale, quando suonò il telefono. Era talmente teso e nervoso mentre saliva le scale, che lo squillo del telefono gli fece fare un salto per lo spavento. Elettrizzato com’era, il balzo che effettuò fu così alto e scomposto che, senza volerlo, scavalcò il corrimano delle scale. Stava cadendo irrimediabilmente; poi, all’ultimo istante utile, si aggrappò alla ringhiera. Rimase così, sospeso nel vuoto. Il telefono squillò ancora. Lentamente, Jhonny iniziò a calarsi; faceva scorrere le mani sulla ringhiera, una per volta, in modo da avvicinarsi sempre di più al pavimento. Poiché al momento della telefonata era quasi arrivato alla fine della scala, adesso la strada per scendere era dannatamente lunga. Il telefono chiamò ancora, impietoso. Sabrina disse: “Ehi, Johnny, non vai a rispondere?” il ragazzo prese un po’ di fiato e rispose: “Ehm, si, Sabrina” e continuò a scendere. Ma intanto il telefono suonava. Sabrina chiamò di nuovo: “Vuoi che vada io?”; Johnny si bloccò, pensando a cosa sarebbe successo se Sabrina avesse risposto al posto suo: la ragazza non avrebbe certamente riconosciuto la persona con cui stava parlando, e avrebbe raccontato all’interpellante tutto quello che era accaduto. No, non poteva permetterlo. Se al telefono era Tinetta e avesse risposto Sabrina, per esempio, era finita. Sabrina chiamò ancora: “Ti ho chiesto se vuoi che vada io a rispondere” “No! Non preoccuparti” guardò giù: quattro metri e mezzo, forse. Al diavolo. Si lasciò andare, gridando mentalmente (niente quadratino perché rovinerebbe l’azione e la suspense): -Geronimoooo-. Cadde a gambe quasi pari. Per fortuna non buttò giù niente, ma si prese una storta alla caviglia. Il telefono squillò per l’ennesima volta. Cercando di ignorare il dolore, spiccò un balzo felino e si gettò sull’ apparecchio. Alzò la cornetta del maledetto telefono, e finalmente disse la fatidica parola magica: “Pronto?”. Come aveva temuto, al telefono era Tinetta. “Pronto, tesoro? Sei proprio tu?” quella domanda bislacca era provocata dal fatto che Johnny aveva pronunciato un pronto smorto e mai risorto, con una voce rotta dall’angoscia e da un quasi pianto. Si sforzò di ritrovare la sua solita voce, e dopo alcuni istanti, rispose: “Certo che sono io. Sono solo in casa; chi credevi che avrebbe risposto?” dopo quella frase, era stato ad un pelino dal dire: «Credevi che rispondesse Sabrina? No, è troppo impegnata a vestirsi». Si morse la lingua, mettendosi quasi a piangere per essere stato dotato di una tale sovrumana dose di pazzesca imbecillità. In volto aveva stampata un’espressione talmente derelitta e miserabile (provocata naturalmente, come la voce smorta, dalle calamità che si erano abbattute su di lui) che avrebbe fatto pena anche al più povero dei mendicanti. Tinetta, con voce visibilmente risollevata, disse: “Stai bene, vero?” “Certo,” “Oh, sono stata in pensiero per te. Tutto solo, con questo uragano che combina di tutto. Ti avrei telefonato prima, ma erano cadute le linee telefoniche” “Grazie per l’interessamento” “Figurati. Piuttosto, hai bisogno di qualcosa?”; in quel momento di silenzio risuonò la voce di Sabrina, che giungeva proprio a proposito per creare ancora più scompiglio: “Ti sei deciso a rispondere alla fine, eh?”.

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Johnny rimase congelato. Tinetta, con voce interrogativa, domandò: “Ma, cos’era quella voce che ho sentito?”; Johnny ebbe una folgorazione: si lanciò come un’anguilla sul televisore e lo accese, poi chiese: “Voce? Quale voce?” “Ma si, mi era sembrato persino di conoscerla. Forse i tuoi sono tornati a casa perché il maltempo ha impedito loro di partire?” “Ma no, cosa vai a pensare? Io sono qui solo soletto e, se proprio vuoi saperlo, mi sto annoiando a morte” Tinetta commentò: “Io veramente sento ancora parlare” Johnny restò un attimo in silenzio, poi disse: “Ah, si, è vero. Scusa, ma c’è la TV accesa. Non l’avevo notato” “Puoi spegnerla?” “Ehm , adesso sono un po’ lontano, e….”* “Lascia perdere” tagliò corto Tinetta: “Piuttosto, cosa hai fatto fino adesso? Eri ancora a dormire, vero? Ci hai messo un sacco di tempo per rispondere al telefono” “Eh, si, è proprio vero.. eh, eh, eh.. il fatto è che non ho nulla da fare; le mie sorelle sono partite portandosi via anche il gatto e io, per ingannare il tempo, non posso fare nient’altro che dormire” “Hai ragione, anch’io, bloccata in casa, mi annoio. Ma almeno qui ci sono i miei. Tu, povero tesoruccio, sei tutto solo. Per fortuna, sembra che oggi pomeriggio il ciclone terminerà. La televisione ha detto che ha raggiunto il massimo della sua potenza ieri verso l’una di notte. Cioè oggi. Cioè stanotte”. Johnny ripensò alla sera prima (quadratino): -Proprio l’ora in cui io e Sabrina siamo usciti. Ma perché capitano tutte a me? Anche il tempo mi si rivolge contro-. Johnny, una volta uscito da tali riflessioni, disse: “Davvero? Mi fa piacere, così finalmente metterò li naso fuori di casa” “Sai cosa voglio fare?” iniziò Tinetta: “Voglio telefonare a Sabrina. Anche lei, tutta sola, chissà come si annoia” Johnny si impietrì. Già pregustava le conseguenze devastanti. Tinetta, non trovando Sabrina in casa, sarebbe subito saltata a delle conclusioni catastrofiche. Avrebbe senza dubbio avvertito la polizia. Johnny doveva pensare alla svelta. Poi, come nel caso della televisione per coprire la voce di Sabrina, gli venne una folgorazione. Proferì, con una voce austera: “No, tu non devi telefonare a Sabrina”; con Tinetta, fare la voce un po’ dura funzionava sempre, perché aveva la capacità di disorientarla. Questo almeno quando la voce dura la faceva lui. Tinetta, con una voce leggermente timorosa, chiese: “E perché?”. Johnny era soddisfatto: adesso sarebbe stato molto più facile convincerla. Poi, in tono più mite, proseguì: “Vedi, ieri, poco prima che cominciasse l’uragano, Sabrina è passata di qui. Era andata a fare un po’ di compere perché era il suo giorno libero” “E’ vero. Ieri non lavorava, Sarei andata con lei se non avessi accompagnato te. E cosa ha detto?” “Beh, aveva fretta di andare a casa, e così mi ha detto poche cose. La più importante era che, approfittando del fatto che tanto non poteva uscire di casa, avrebbe fatto un po’ d’ordine tra le sue cose. Mi ha detto che non avrebbe neppure risposto al telefono per non farsi distrarre” “Dici davvero? Sabrina è proprio volenterosa; beh, adesso devo lasciarti. Devo dare una mano a mia madre. Anch’io sono volenterosa, sai?” “Lo so, stai tranquilla” risero. Poi Tinetta disse: “Beh, adesso ti lascio. Voglio provare ugualmente a telefonare a Sabrina. So che è una causa persa in partenza, perché quando Sabrina si mette in testa una cosa, è quella. Io ti saluto. Ciao” e riappese.

* «.... sono un po' lontano, e....». In quegli anni non tutti avevano il televisore col telecomando. Io non ce l’avevo, per esempio.

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Johnny abbassò la cornetta. Tirò un sospiro di sollievo. Anche questa era andata. Fece un sorriso maligno, e pensò (quadratino): -Sono un vero drago. Sono riuscito a sistemare le cose nel migliore dei modi-. Rimase steso sul divano a riposarsi. Guardò l’ora: le 11.54. Inorridì; in un’ora e mezzo era riuscito a provocarsi tanti danni fisici quanto una persona normale si sarebbe provocata in dieci giorni. Fece il punto della situazione: a parte la faccia, che sembrava un territorio di guerra, la cosa che gli faceva più male era la caviglia dove aveva preso la storta. Rimase sdraiato per far riposare le sue membra distrutte. Dopo un po’ scese Sabrina, e lo trovò steso sul divano. Gli disse: “Ehi, sei ancora a poltrire? Guarda che è mezzogiorno” Johnny si era appisolato. Alzò lo sguardo e la guardò: gli abiti che aveva trovato sembravano starle un po’ stretti, ma nel complesso era perfettamente sistemata. Sabrina chiese: “Chi era al telefono?” “Bah, avevano sbagliato numero” “Eppure ho sentito parlare” “La televisione, probabilmente” “Ah. Va bene, dato che è mezzogiorno, credo che andrò a preparare qualcosa di buono per farti ritornare in forze. Non so come hai fatto ieri notte ad aiutarmi, ma mi sembri ancora stravolto. Comunque, non ti ho ancora chiesto scusa per non averti creduto, ieri, e non ti ho ancora ringraziato per avermi aiutata” “Lo hai fatto nel biglietto” “Beh, te lo dico anche a voce”. Andò in cucina. Johnny si alzò e, zoppicando leggermente, andò verso la finestra. Guardò fuori. Ancora il tempaccio non accennava ad andarsene. Si chiese se davvero il ciclone sarebbe cessato quel pomeriggio. Poi tornò a stendersi. Si assopì di nuovo. Non era profondamente addormentato, e fece dei sogni frammentati e sconnessi. Sognò che il ciclone si portava via tutto. Tutta la sua casa e tutta la città. Sognò che, trasportato dal vento, incontrava tutti i suoi amici, le sue sorelle e suo padre. Tutti sapevano ciò che era successo dalle sei pomeridiane del giorno prima, e lo guardavano come se fosse un verme. Incontrò anche il suo gatto, che, con un’aria poco rassicurante, lo graffiò senza pietà in viso. Il suo cuginetto gli ridacchiava in faccia e gli diceva: “L’hai fatta proprio bella, cugino” Johnny cercava di prenderlo per dargli una lezione, ma subito dopo compariva Tinetta che, piangente, lo accusava di essere un traditore; immediatamente dopo compariva Renato, che, incavolatissimo perché aveva fatto piangere Tinetta, lo picchiava di santa ragione. A questo punto si svegliò, ma solo per poco: infatti si riaddormentò subito e sognò altre cose, stavolta più piacevoli; rivisse alcuni momenti che aveva passato con Sabrina, altri con i suoi familiari. Nel dormiveglia cambiò ancora sogno: stavolta c’era sempre il ciclone, ed era la sera prima; solo che lui non riusciva a riportare dentro Sabrina, come era successo in realtà, e lei veniva portata via dal vento. In quel momento la voce di Sabrina lo risvegliò: “Ehi, poltrone, è pronto”. Mezzo addormentato, si issò a sedere. Aveva dormito e sognato, ma non si ricordava più niente di ciò che aveva sognato. Si alzò dal divano e, sempre zoppicando, si diresse in cucina. Ai suoi occhi si presentò uno spettacolo ancora più invitante di quello della sera prima: la tavola era apparecchiata con ogni genere di leccornia e tutto era ordinato; quanto tempo poteva avere impiegato Sabrina a preparare tutto così bene? Guardò l’orologio: quando la ragazza era entrata in cucina era mezzogiorno, adesso erano le 13.30. Le disse: “Ma non dovevi disturbarti così. Hai lavorato un sacco: mi dispiace” Sabrina rise: “Ma non dispiace a me. Stamattina, mentre tu poltrivi, ho ascoltato il telegiornale: dicevano che l’uragano dovrebbe cessare oggi pomeriggio, e allora ho voluto preparare un pranzo speciale per ringraziarti di quanto hai fatto per me. Ma cos’hai? Perché zoppichi?” Johnny si guardò la caviglia, poi, ricordando le circostanze in cui si era fatto male, arrossì. Si esibì in un perfetto ‘sorriso da idiota con effetto carpiato’ e, ridendo in modo tanto anomalo quanto stupido, disse: “Oh, niente, eh,eh,eh,eh.. ehm.. cioè, il fatto è che….” solita folgorazione geniale: “Ecco, si.. ti ricordi poco fa, quando eri di sopra e mi hai chiesto cos’era la confusione che avevi sentito?” “Si, ricordo” “Beh, ho fatto un bel capitombolo, e mi sono preso una leggera storta. Niente di preoccupante, stai tranquilla” “Va bene, comunque dopo ci daremo un’occhiata più attentamente” “Non ce n’è bisogno” “Tu non preoccuparti” “D’accordo mammina. Sarò buono” “Non ne dubito” e risero insieme. Seduti a tavola, cominciarono a mangiare, stando entrambi bene attenti, oltre che a gustarsi il cibo, ad evitare che Johnny combinasse qualche disastro. Mentre mangiavano Johnny, distrattamente, appoggiò male la caviglia a terra e fece una smorfia di dolore. Sabrina se ne accorse, e gli disse: “Mi sembra una cosa seria” “Ma no, figurati” “Scommetto che tu non hai neanche guardato cosa ti sei fatto” “Beh, io….” “Avanti, rispondi” “No, non ci ho guardato” “Bene. Potresti esserti tagliato, spellato, incancrenito, amputato e non lo sai. Perfetto, dopo ci daremo un’occhiata. Hai del disinfettante? Potrebbe servire” “Si, ce n’è di sop….” “Lascia perdere” disse Sabrina alzandosi in piedi. Aveva notato il mobile-bar del padre di Johnny. Lo esplorò alla ricerca di qualcosa. Poi estrasse due bottiglie: una di vodka e una di grappa. Disse: “Sono le più alcoliche che ho trovato. Dopo andremo a cercare di sopra il disinfettante, ma queste le avremo a portata di mano in mancanza di meglio” e così dicendo le appoggiò sul tavolo, alla sinistra di Johnny. Poi lo informò: “Se dovremo usarle bruceranno alquanto, ma ti farà solo bene”. Johnny deglutì timoroso, e pensò (quadratino): -Meno male che mi faranno bene. E se mi facevano male che succedeva? Mi ustionavano come carboni ardenti. Speriamo bene-. In preda a tali foschi pensieri, Johnny si apprestò a gustarsi altri manicaretti, che gli avrebbero tirato sicuramente su il morale. Quando arrivò il turno di spinaci ed insalata, Johnny chiese il perché di tale menù vegetale. “Ho preparato un pranzo che fosse molto vario, in modo che tu possa nutrirti nel miglior modo per riprendere le forze. Dopo tutti i guai che hai avuto ieri…. hai mangiato le porcherie più disparate, e poi hai anche preso delle belle botte cadendo in salotto. Per colpa mia, ti chiedo scusa” “Niente, figurati”. Johnny pensò (quadratino): -Ieri delle belle botte? Per fortuna non mi ha visto stamattina-.

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Rimuginando, Johnny guardò le verdure che aveva nel piatto. Doveva condirle. Per lui districarsi tra sale e pepe era diventato più pericoloso che maneggiare una bomba a mano. Si chinò sul tavolo, e scrutò con attenzione paranoica le etichette; mentre faceva questo pensò che doveva servirsi dell’acqua per più tardi, e allora prese la bottiglia della vodka e se ne pienò il bicchiere. Era così impegnato ad esaminare i contenitori di sale e pepe per non sbagliare nel condirsi il cibo, che non si accorse di aver scambiato la bottiglia dell’acqua con quella della vodka. Quando fu ben sicuro di non sbagliare, prese il sale e se lo versò nel piatto, pensando (quadratino): -Finalmente posso mangiare senza intoppi-. Sabrina se ne venne fuori con una delle sue domande disorientanti: “Sono molto amica di questa Tinetta?” Johnny rimase di sasso, poi disse: “Ti ricordi di Tinetta?!” “Certo, me ne hai parlato tu ieri sera” Johnny si rilassò: “Ne sei sicura?” “Certamente” “Ah, va bene.. cosa mi avevi chiesto, scusa?” “Volevo sapere se io e questa Tinetta siamo amiche” “Eccome” proruppe Johnny: “siete grandi amiche fin da piccole” “Bene. E l’altro? Come si chiama? Quello che ha una cotta per Tinetta” Johnny rispose: “Renato, dici?” “Oh, si, Renato. Anche tu e lui siete amici per la pelle?” Johnny inorridì, pensando a quante volte Renato aveva cercato di picchiarlo, ma poi rispose: “Ehm, no, non proprio. Però siamo amici.. cioè, non propriamente per la pelle ma insomma….”. Poi Johnny pensò (quadratino): -Veramente, si può dire che siamo amici per la pelle. Considerando che Renato cerca sempre di togliermela a pugni, la pelle….- sorvolò su tali nefasti ragionamenti. Ad un certo punto, distrattamente, Johnny versò il suo bicchiere. “Diavolo! Accidenti alla mia sbadataggine!” esclamò. Sabrina si alzò per pulire la tavola, e disse: “Calma, calma; in confronto a ciò che hai combinato ieri, questo è uno zuccherino. E comunque hai versato solo dell’acqua, che ce n’è in abbondanza”. Mentre puliva la tavola, cominciò ad annusare l’aria dicendo: “Ma cos’è questo odore?” “Quale?” chiese Johnny. “Quello che si sente benissimo. E’ molto forte” “Oh, questo? Ma è solo vodka. Quando mio padre la beve quest’odore impregna tutta la cucina, e io ormai non ci faccio più caso” “Già, ma chi ha bevuto la vodka?” “Io no, non sopporto nemmeno il vino” Sabrina toccò la tavola dove si era rovesciato il bicchiere di Johnny e poi si annusò le dita. Poi affermò: “Da qui viene, l’odore. Era nel tuo bicchiere, la vodka” “Impossibile. Non la berrei mai” “Infatti, ma c’era lo stesso, e sai perché?” “Perché?” “Perché sei un aspirante suicida. Vuoi stare attento quando fai le cose? Io ero distratta e non mi sono accorta di niente. Sicuramente hai scambiato l’acqua con la vodka” “Ehm.. può darsi”, cercò di giustificarsi Johnny. Sabrina rettificò: “Non può darsi. Conoscendoti, è sicuro che le cose sono andate così”. E infatti la ragazza aveva proprio ragione. Per fortuna Johnny non aveva fatto in tempo a bere il contenuto del proprio bicchiere. Johnny si era versato della vodka anche sui vestiti; disse: “Vado in salotto a cercare dei fazzoletti” “D’accordo. Ma non distruggere troppi mobili, eh?” si guardarono e risero. Johnny uscì; era contento dell’atmosfera di serenità che regnava. Nonostante Sabrina avesse un bel problema, quella sera e anche la mattina lo aveva di certo dimenticato. Sabrina finì di pulire, poi pensò a ciò che sarebbe successo se Johnny non avesse versato il bicchiere. Si avvicinò alle bottiglie pensando: -Sarà meglio che sposti le bottiglie di grappa e vodka, cosicché Johnny non le abbia sotto mano- e le mise nel mobile-bar. Poi rifletté: -No, non voglio lasciarlo lì il liquore. Non devo rischiare di dimenticarmi che devo controllare Johnny più tardi, per sapere cosa si è fatto alla caviglia. Ne metterò un po’ in un’altra bottiglia-. Così prese una bottiglia vuota di acqua, con l’etichetta che ne indicava la marca, e vi mise dentro della grappa. Poi ci attaccò un’altra etichetta, sotto forma di biglietto, dove aveva scritto: «Questa è grappa. Non prenderla, Johnny». E sistemò la bottiglia in modo che il biglietto risultasse ben visibile. Poi andò a prendere un imbuto per travasare anche la vodka, che doveva essere messa in una bottiglia con il collo più stretto di quella precedente. Purtroppo, in quel momento il foglietto, attaccato troppo frettolosamente, si staccò e finì a terra. Subito dopo entrò Johnny. Si guardò in giro. Era tutto a posto. Poi cercò le bottiglie. Erano nel mobile-bar. Per prima cosa prese la bottiglia d’acqua che stava sul tavolo, e ne esaminò il contenuto guardando attentamente l’etichetta. Era acqua, ma ce n’era rimasta pochissima. Se ne versò il contenuto nel bicchiere, poi pensò (quadratino): -Beh, adesso che questa bottiglia è vuota potrei metterci un po’ di liquore, e metterci un’etichetta per non confonderla- e così fece. Sull’etichetta scrisse: «Vodka. Non devo confonderla», e sistemò la bottiglia in modo che si vedesse la sua etichetta. Poi uscì. Naturalmente la bottiglia che aveva vuotato e poi di nuovo riutilizzato era quella a cui era caduta l’etichetta messa da Sabrina. Nel suo bicchiere aveva versato della grappa. Rientrò Sabrina; non aveva trovato l’imbuto. Stava cercando Johnny per sapere dove stesse. Mentre usciva di nuovo mandò un’occhiata alla bottiglia dell’acqua. Era ancora dove l’aveva lasciata, col biglietto bene in vista. Poco dopo tornò Johnny con l’imbuto. Prese un’altra bottiglia vuota e cominciò a metterci un po’ di vodka. Poi andò a posare l’imbuto. Dopo poco rientrò Sabrina; non aveva ancora trovato l’imbuto. Mentre era lì, prese la bottiglia che aveva tirato fuori prima e la guardò bene. C’era ancora dell’acqua. Allora versò quella poca acqua nel bicchiere di Johnny, nel quale c’era già dell’acqua (che poi era grappa) e rimise la bottiglia sul tavolo, pensando che ora che era vuota poteva metterci dentro altro liquore, che le sarebbe servito più tardi. Per fare questo aveva bisogno di quel maledetto imbuto. Lo andò a cercare. Naturalmente, poiché è così che deve essere, Sabrina aveva vuotato nel bicchiere di Johnny la bottiglia in cui lui stesso aveva messo vodka, senza però prendere la precauzione di metterci un biglietto di avvertimento. Cosicché ora, nel bicchiere di Johnny, c’era una mistura di grappa e vodka. Johnny era andato a lavarsi le mani di sopra. Sabrina trovò finalmente il sospirato imbuto in uno stanzino. Rientrò in cucina, pronta a finire quel benedetto lavoro che aveva iniziato, e che Johnny aveva continuato a sua insaputa, senza ovviamente sapere che Sabrina aveva avuto la stessa idea che era venuta a lui. Finì il proposito che si era preposta travasando vodka nella bottiglia dalla quale poco prima aveva tolto il liquore messo da Johnny pensando che fosse acqua. Poi ci mise un biglietto scrivendoci: «Questa è vodka. Non prenderla, Johnny». Mise questa bottiglia accanto all’altra, e guardò i biglietti. Ma sull’altra bottiglia stava scritto: «Vodka. Non devo confonderla». -Ma come- pensò Sabrina: -lì ci ho messo della grappa- poi notò che la scrittura era quella di Johnny, e capì cos’era successo. In terra vide un foglietto, lo guardò e vide che era il suo, quello che aveva messo sulla prima bottiglia. Comprese: Johnny aveva visto il biglietto a terra e ne aveva messo un altro sulla bottiglia, sbagliando però a scrivere il nome del liquore. Naturalmente l’interpretazione di Sabrina di quello che era accaduto era del tutto sbagliata. In realtà i vari pezzi del puzzle costruito dal caso erano andati a sistemarsi in modo talmente preciso che era impensabile che qualcuno sospettasse cosa era successo*. Sembrava che il destino avesse fatto di tutto per procurare un ennesimo guaio a Johnny, e ci era riuscito.

Sabrina andò a mettere a posto l’imbuto. Poi rientrarono entrambi. Si rividero e si spiegarono a vicenda. Sabrina disse: “Oh, Johnny. Hai visto le bottiglie, vero?” “Certo” disse Johnny. Sabrina aggiunse: “Bene”; Johnny pensò (quadratino): -Che domanda. Certo che le ho viste. Ho travasato io il liquore. Mah- e si rimisero a tavola. L’incidente provocato da Johnny aveva interrotto il loro pranzo, e adesso potevano riprenderlo. Stavano mangiando di buon grado, con le due bottiglie sul tavolo, inconsapevoli che nel bicchiere di Johnny era concentrata una miscela devastante di grappa e vodka. Poi Sabrina disse: “Senti, Johnny, devo chiederti una cosa importante” “Dimmi”. Sabrina guardava il suo piatto invece di Johnny. Doveva essere molto imbarazzata. Ma non era di sicuro nervosa. Lei aveva un carattere troppo forte per essere veramente nervosa. Ma imbarazzata lo era eccome: “Non devi metterti a ridere o fare qualsiasi altra cosa che non sarebbe carina nei miei confronti, d’accordo?” e alzò uno sguardo minaccioso. Johnny deglutì e fece una smorfia delle sue, e disse: “Non.. non ci penso nemmeno” “Bene. Allora….” iniziò Sabrina: “allora.. io.. io prima ti ho chiesto se Tinetta e quell’altro erano fidanzati, giusto? Bene, voglio che tu mi dica anche un’altra cosa. Io ho un ragazzo? E, in caso di risposta affermativa: dimmi, sei tu?” Johnny smise di respirare e il sangue gli si gelò nelle vene. Fece due occhi come due uova. Se c’era una cosa che non si aspettava era questa.

* «.... cosa era successo». Non ci ho capito niente.

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Johnny rimase allibito, sconcertato, disorientato, ammutolito, invertebrato, rimbecillito, eolo, pisolo, e altri aggettivi non meno disarmanti. In questo stato di grazia, cioè in trance, Johnny afferrò sale e pepe: era stato attento per tutta la durata del pranzo a quello che faceva, memore degli avvenimenti precedenti, ma in quel momento le sue facoltà mentali (ammesso che ne abbia mai avute) erano in vacanza a Calcutta. Ridotto in questo stato, fece un movimento meccanico, quello che gli venne più naturale, cioè munirsi di normali e comuni oggetti che si trovano su una tavola, come appunto sale e pepe. Oggetti, badate bene, inermi per chiunque, ma che in mano sua diventavano peggio delle armi chimiche. Purtroppo per lui Sabrina teneva lo sguardo basso, imbarazzata da ciò che gli aveva chiesto; ma non aveva potuto fare a meno di domandare spiegazioni su quell’interrogativo che la ossessionava da tutta la sera. In definitiva, nemmeno Sabrina si accorse di niente quando Johnny decretò il suo suicidio. Johnny prese a versare i due condimenti a chili su chili, e ne sparse dovunque, sia nel piatto che nel suo già esplosivo bicchiere. Poi prese dell’aceto e fece lo stesso lavoro, poi olio e, infine, ketchup per rafforzare il tutto. (Consigliamo tale dieta a coloro che sono affetti da psoriasi, diabete, epatite del fegato, epilessìa, cancro al pancreas, johnnyte, epispadìa, linfocitosi, lebbra, AIDS, meningite e peste bubbonica, nonché ai genitori di Jovanotti e agli aspiranti suicidi). Sabrina pensò: -Perché non risponde ancora?- e come per magilla (magia) (anzi, no, magia Johnny!!!!) in quel momento Johnny aprì bocca: “Ehm, io.. si, cioè no.. cioè forse.. io il tuo ragazzo? Cioè no, o forse quasi si.. cioè, magari! Ma insomma forse si e forse no”. Sabrina si innervosì: lui la stava prendendo in giro. Alzò finalmente lo sguardo per fronteggiarlo a brutto muso come sapeva fare lei. Stava pensando: -Se lo vedo ridere mi alzo e me ne vado. Al diavolo che non mi ricordo nulla e al diavolo il ciclone-. Prima di guardare Johnny, però, mandò uno sguardo alla finestra. Era meno buio di prima, e l’uragano stava davvero finendo. Infine si decise a guardare il ragazzo. Johnny stava portando alle fauci un boccone di quell’insulso intruglio che aveva creato come per magilla, e l’urlo di avvertimento di Sabrina giunse troppo tardi: “Noo! Attento!” Johnny ingurgitò. Nel suo piatto erano finite quantità imprecisate di: sale marino scelto, pepe di cajenna, aceto ponti aroma piccante, olio di olive extravergini (molto brutte, evidentemente), e un po’ di Tomato Ketchup ai pomodorini piccanti di Aldebàràn. Guardò Sabrina per un istante, pensando (quadratino): -Attento a cosa? Non sono mica sce….- poi avvertì il sapore devastante in bocca e si corresse, pensando: -Si, sono proprio scemo-. Saltò sulla sedia e sbatté contro il soffitto, poi tornò giù a salutare gli amici. Dalla bocca prese a uscirgli un suono quantomeno inquietante: “Dlin dlin dlin dlin” poi, con voce alterata, disse: “Passa il treno, passa il treno, chiudere le sbarre, chiudere le sbarre”, e la povera Sabrina capì che Johnny aveva bisogno di una legione di psichiatri o di un battaglione di baby-sitter. Sabrina scattò velocemente per soccorrere Johnny. Il ragazzo aveva preso a nuotare salutando il bagnino. Sabrina, rendendosi conto che Johnny aveva ingurgitato un intruglio che avrebbe disintegrato le reni di uno scaricatore di Veracruz o Manzanillo, pensò bene, la furbetta, di far bere acqua a Johnny, e afferrò automaticamente il bicchiere del ragazzo, che le stava davanti a portata di mano. Non si dilungò a controllare il contenuto del bicchiere, che sapeva essere acquoso in quanto lei stessa vi aveva versato un po’ d’acqua poco prima. In questo orrendo modo Sabrina decretò la fine di Johnny (il quale nel frattempo aveva salvato una ragazza dalle grinfie dell’Uomo Grinfia). Gli fece scolare il bicchiere; esso conteneva (lo diciamo a favore di assenti, distratti o temporaneamente morti): una quantità inumana di grappa, variabile dal litro al litro e mezzo; una quantità esorbitante di vodka della steppa, variabile dall’ettolitro al millilitro; una quantità indescrivibile di pepe e sale, ottocento chili (netti); aceto ponti aroma piccante, mezzo litro; olio extravergine di olive, sedici litri; e infine Tomato Ketchup ai pomodorini piccanti di Aldebàràn (di questo poco perché non gli piaceva molto, cento chili al massimo). Johnny si calmò subito. Improvvisamente assunse un aspetto normale: poi guardò Sabrina e le disse: “Senti.. io non vorrei spaventarti.. ma credo che, per il tuo bene, dovresti andare di là…. non sarò più responsabile delle mie azioni, a partire da adesso….. H … AU … A carne…. Luisa…. Luissa…. a carne…. domani? e sette sette e mezzo…. e polpette…. URAU!*”. Sabrina guardò il bicchiere che aveva in mano; erano rimasti dei rimasugli sul fondo. Poi pensò: -E’ finita. Johnny non è controllabile- e cominciò a pregare in silenzio, mentre usciva dalla cucina e si chiudeva la porta alle spalle. Si sedette sul divano, poi si stese. Pensò: -Che razza di domanda gli ho fatto? Mi sento molto stupida e anche molto imbarazzata. Perché gli ho chiesto una cosa del genere? Anche se ho perso la memoria so benissimo come sono fatta. Sono discreta e non farei domande così sfacciate nemmeno se mi pregassero. Ma perché con lui non ho avuto problemi? Poteva essere un delinquente o qualsiasi altra cosa, eppure io mi ci sono trovata bene subito. Sono sicura che avrei diffidato di chiunque altro, e sarei scappata verso qualche posto di polizia. Invece non ho fatto niente di tutto questo. Mah, speriamo bene. Spero di non essere matta. Per ora devo comunque aspettare che Johnny si riprenda-. Dalla cucina giungevano dei rumori indefinibili, mischiati a orridi farfugliamenti da parte di Johnny. Prima Sabrina credé di sentire rumori di una battaglia, poi avvertì chiaramente l’ululato di un lupo, e, dulcis in fundo, sentì parole senza senso. La cosa che la inorridì maggiormente fu che queste parole non venivano pronunciate da Johnny, in quanto il ragazzo stava ancora ululando. Le parole dicevano: ‘si trasforma in un astromissile con circuiti di mille valvole tra le stelle sprinta e va’. Non comprendeva il significato di tali parole, e nemmeno le interessava**.

* «H…. URAU». Questa è una citazione televisiva giurassica: tratta dal programma Sportacus, in onda su Odeon alla fine degli anni 80, è un tormentone di Francesco Paolantoni, il comico che sarebbe diventato famoso anni dopo grazie a Mai dire Gol. Il personaggio che dice questa battuta è un calciatore rimbecillito, prototipo di Robertino, quello con le cuffie in testa che chiedeva sempre: “Ho vinto quacche cosa?”.

** «si trasforma in un.... sprinta e va». Lei non comprende il significato di tali parole, ma noi si, ovviamente: è la LEGGENDARIA sigla UFO ROBOT, canzone di apertura di GOLDRAKE!!!!

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Johnny resistette alla sofferenza il tempo necessario per permettere a Sabrina di defilarsi, poi cedette alla potenza della pozione che aveva trangugiato. Dapprima disse cose senza senso, poi cominciò a volare per la stanza come un salmon-mago. Credendosi Johnnapoleo, combatté a Waterloo e perse, simulando (a sua insaputa) i rumori di una battaglia gigantesca. Poi pensò di essere sul set del film ‘Balla coi lupi’, e cominciò a ululare ballando la samba. Mentre ballava arrivò Goldrake che cantò il suo inno: ‘mangia libri di cibernetica e insalate di matematica e a giocar su Marte va’. Poi vennero i sette nani insieme a Gigen, che cercava Lupin che era scappato con Peppa di Roccozebedeo. Il tutto mentre gli occhi di quel disgraziato di Johnny assumevano colori brillanti e antisemiti nonché supertuinnosi. Il delirio di Johnny (però, potrebbe essere un buon titolo per un albo di Dylan Dog: ‘Il delirio di Johnny’, mica male, eh? E’ cari…. ehi, ma che state facendo? Aiuto, ehi, che mi state mettendo? Voi non sapete chi sono io, lasciatemi…. manigoldi, vi farò arrestare, io sono Napoleone, io sono Luigi XIX, io sono….). Scusate l’interruzione; dicevamo: il delirio di Johnny durò ancora una decina di minuti, poi il ragazzo stramazzò sul tavolo, moribondo. Quando Sabrina entrò, molto timorosa, Johnny la scambiò per l’arcangela Gabriela Sabatini e le disse: “Vieni a darmi l’annuncio?” “Si, di sfratto. Lasciamo perdere, và”. Sabrina si sedette e guardò verso la finestra; il maltempo era finito. L’uragano era diminuito fino a diventare un vento; forte, certo, ma niente di paragonabile a prima. Rimase a guardare fuori dalla finestra, pensando a quello che le era successo, ma specialmente pensava alla domanda che aveva rivolto a Johnny. Perché era stata talmente sfacciata da chiedere una cosa del genere? Ci aveva pensato molto a lungo, e aveva tratto una conclusione: aveva chiesto a Johnny se lui era il suo ragazzo perché, in quelle poche ore in cui lo aveva conosciuto, era andata fuori di testa. Non, come si può intendere, nel senso che era rimbambita, ma, più semplicemente, era solamente partita per lui, nel senso che lo pensava sempre e gli piaceva molto. Per questo gli aveva fatto quella domanda: perché era sicura che lui avrebbe risposto: «Si, sono io il tuo ragazzo Non te lo avevo detto prima perché non volevo turbarti ancora di più, ma adesso tu lo hai capito da sola e posso dirtelo». E invece lui, per tutta risposta, aveva sfoggiato la sua imbecillità ai quattro venti, come stava facendo del resto da una ventina di ore, e forse da tutta la vita, ma questo lei non poteva saperlo. La voce di Johnny la fece trasalire: “Ti ho spaventata?” “Eh, come….” Poi capì il senso della domanda, e rispose: “Oh, non preoccuparti. Sei solo molto buffo, non faresti male a una mosca” “E tu come lo sai?”; lei si strinse nelle spalle: “Boh, ti conosco” e risero insieme. Johnny disse: “Ehi, oggi tu mi hai detto se potevi metterti qualcosa delle mie sorelle, ricordi?” “Si” “Beh, io non ti avevo detto di avere delle sorelle” “Sei sicuro?” “Certo” “Allora mi hai detto di avere un gatto” “No che no te l’ho detto” “Ma tu hai un gatto, vero? Mi sembra di ricordarlo” “Beh, Sabrina, devo darti una buona notizia. Io ce l’ho davvero un gatto” “Sul serio?” “Puoi scommetterci”. Sabrina si sentì euforica.

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Si prepararono ad uscire. Poiché non era più pericoloso mettere il naso fuori di casa, Sabrina volle essere accompagnata a casa. Adesso che la serata di sogno (più metà del giorno dopo) era finita, avrebbe dovuto apprestarsi ad affrontare il mondo, ad incontrare le solite persone, senza però sapere niente di loro. Forse sarebbe dovuta andare all’ospedale, se non fosse guarita. Ma aveva buone speranze. Infatti si sentiva molto bene e aveva degli sprazzi di ricordo sempre più frequenti: per esempio, adesso non faceva nessuna fatica a ricordarsi il nome di Renato. Uscirono di casa: c’era finalmente il sole, anche se il vento continuava a soffiare. Si avviarono verso casa di Sabrina. Mentre camminavano, osservavano i danni provocati dal ciclone. Non erano eccessivi, ma a loro aveva procurato lo stesso un sacco di guai, oltre, è bene ricordarlo, ad una serata e giornata indimenticabili. Johnny, mentre camminavano, prese coraggio e chiese: “Sflè sfluollleachieme diuelo?” “Come hai detto?” “Ehm…. erchémi hiesto ueloima?” “Parla chiaro, per favore”; Johnny prese molto fiato e quasi gridò: “Perché mi hai fatto quella domanda prima?”. Sabrina non chiese troppe spiegazioni. Sapeva a quale domanda si riferiva il ragazzo. Rispose: “Non lo so. Ma non è meglio lasciar perdere?” “Ehm.. io, io vorrei approfondire quella domanda, in.. in.. invece” diventò rosso come lo scudetto rosso Vallespluga. “Approfondire? Come? E perché?” anche Sabrina era molto nervosa, ma non era tipo da diventare rossa molto facilmente; almeno quando non era lei a fare certe domande. Johnny, che nel frattempo era diventato verde come il cuore verde Findus, dimostrò alla razza umana che esiste sempre chi sta peggio: quando hai un problema, pensa al sorriso denigrante di Johnny e saprai che, almeno, tu non sei ridotto come quell’essere amorfo. Comunque, Johnny sorrise in quel modo, dicendo: “Ehm, vedi, il fatto è che per me è abbastanza interessante e.. eh eh, ehm.. anche importante sapere qualcosa di più.. cioè, insomma, quello che ho detto non lo so.. ah ah.. aiuto.. ehm….” Sabrina abbassò gli occhi, e disse: “Ecco, io.. non so come dirtelo, ma..” Sabrina era discreta e aveva molto autocontrollo, ed era anche decisa, perciò non volle che le sue parole non risultassero chiare. Allora prese fiato e disse: “Va bene. Vuoi saperlo? Io.. io ero sicura che tu mi avresti risposto che eri il mio fidanzato” “E.. e perché mai?” “Beh, perché in queste ore che siamo stati insieme mi sono trovata molto bene con te. Troppo bene, per essere una tua semplice amica”. Erano arrivati davanti casa di Sabrina. Johnny si fermò, aprì il cancelletto ed entrò, seguito dalla titubante Sabrina, che si trovava, era facile intuirlo, davanti alla sua casa. Le piaceva. Si fermarono davanti alla porta, e Johnny disse: “Se devo dirtelo, te lo dico. Non so bene cosa provo per te o viceversa, ma.. ma credo che mi piacerebbe molto averti potuto rispondere: ‘si, sono io il tuo ragazzo’”. Si guardarono; il momento era magico. In quel momento esistevano solo loro due. Stavano per baciarsi. Erano a pochi millimetri l’ uno dall’altra, quando arrivò Tinetta (buuuh, viaaa! mandatela a casa! nun si vole!) (calma, signori, calma. Purtroppo c’è anche lei e bisogna tenessela*). La voce di Tinetta ruppe l’incantesimo: “Eeeehiiii, Sabrinaaaa!”. I due ragazzi si staccarono velocissimi. In quel momento successe l’incredibile: Sabrina, avendo vissuto quella scena centinaia di volte, riprese i suoi ricordi, e si ricordò per prima cosa di tutte le volte che Tinetta aveva interrotto lei e Johnny in quel momento fatale. Si ricordò tutto. Johnny, dal canto suo, era preoccupato perché adesso Sabrina avrebbe detto, rivolta a Tinetta: «E tu chi diavolo sei?» e invece non successe niente di tutto ciò. Sabrina, rivolta a Tinetta, disse: “Oh, ciao, Tinetta….” adesso doveva pensare in fretta per spiegare la situazione, ma per sua fortuna era sempre molto veloce di riflessi, e così disse: “Johnny, qui, è venuto a trovarmi dopo la fine del ciclone, perché voleva che venissimo da te” “Oh, che tesoro” saltò su Tinetta, lanciandosi in braccio a Johnny: “Eri preoccupato per me!!”. Il quale Johnny, in quel momento, disse: “Ehm.. si.. ero.. preoccupato” ma non poteva staccare gli occhi da Sabrina, che lo aveva lasciato di stucco. Sabrina gli fece l’occhiolino, e poi gli fece il segno universale che significa: «Fai silenzio»**. E Johnny capì che, in effetti, era meglio che Tinetta non conoscesse i fatti di quelle ultime venti ore. Sabrina disse: “Comunque io non volevo ancora uscire, perché devo fare alcune cose….” Tinetta scese dalle braccia di Johnny e afferrò Sabrina, dicendole: “Ma come, non vieni con noi? Io stavo venendo da te proprio per andare a trovare Johnny” “Ma no, io proprio ora non posso, ma tu non preoccuparti….” “No, per favore per un’oretta al massimo. Dai Sabrina” Sabrina cedette alle insistenze di Tinetta e andò con loro. Mentre passeggiavano per le vie della città, con Tinetta in mezzo a loro, Sabrina e Johnny si guardarono spesso, per poi riabbassare lo sguardo imbarazzati. Erano tutti e due molto contenti anche se imbarazzati. Non si erano detti: «Tu mi piaci» chiaro e tondo, ma avevano fatto molte allusioni al caso durante i loro discorsi. Questo sicuramente grazie alla temporanea amnesia di Sabrina. Mentre passeggiavano, comparvero i due rompiscatole del giorno prima, che Sabrina si ricordò essere le cause involontarie della sua caduta. I due dissero: “Guarda guarda, sei ripassata da queste parti, eh?” e l’altro aggiunse: “Non ti è bastata la lezione che ti abbiamo dato ieri?”. Tinetta minacciò: “Cosa accidenti volete dalla mia amica” “Già” iniziò Johnny: “perché non andate a gironzolare da un’altra parte?***”. I due risero: “Ah ah. Ti sei portata gli amici per difenderti?”. Sabrina disse: “Scusate un attimo, ragazzi” poi si rivolse ai due ceffi e disse loro: “Venite con me”. Scomparvero in un vicolo. “Ehi!” gridò Johnny: “Cosa hai intenzione di fare?”. Dal vicolo giunsero i rumori di una breve lotta, poi Sabrina uscì sbattendosi le mani come fa chi ha appena finito un lavoro ed è soddisfatto di averlo fatto, e disse: “Beh, stavolta sono stata attenta a non scivolare. Avrei potuto battere una testata e perdere la memoria” Johnny capì l’allusione: ecco come le era venuta l’amnesia. Presero a ridere, lasciando Tinetta allibita, mentre tutti e tre continuavano la passeggiata.

* «buuuh, viaaa!.... bisogna tenessela». Ma no!! Povera Tinettuccia dolce! Che infame che sono stato!

** «.... segno universale che significa: «Fai silenzio». Cioè l’indice alzato davanti alla bocca…. segno che probabilmente in Giappone significa tutt’altro.

*** «.... a gironzolare da un'altra parte?». E quando mai Johnny è così minaccioso!?


FINE

Sandro Lunghini

  
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