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Autore: JSTR4    20/01/2014    0 recensioni
I SOSIA è la mia seconda FanFiction, scritta all'incirca nel 1990. E' basata sul cartone animato Kimagure Orange Road, anche se in questo caso sarebbe più preciso chiamarlo col suo titolo italiano: E' quasi magia Johnny. Dal momento che ero un ragazzino quando scrissi questa FanFiction, è chiaramente molto stupida e piena di assurdità. La troverete confusa, illogica, demenziale; in due parole, completamente idiota! L'idea di base è copiata pari pari da un episodio di Creamy: Johnny usa i suoi poteri all'interno della casa degli specchi di un luna park; dagli specchi fuoriescono quindi delle copie speculari di chiunque era all'interno della casa, ovvero Johnny, Sabrina, Tinetta e Renato. Perciò Johnny si trova con un suo sosia, identico nell'aspetto, che è però innamorato di Tinetta, mentre la copia di Tinetta, fisicamente identica a lei, è innamorata di Renato, e così via. Johnny dovrà sudare per rimettere le cose a posto.
Genere: Azione, Commedia, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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JSTR 2     ----       JOHNNY SPECIAL STORY        -- 2 --

Quella che state per leggere è la mia seconda FanFiction, scritta all'incirca nel 1990. E' basata sul cartone animato Kimagure Orange Road, anche se in questo caso sarebbe più preciso chiamarlo col suo titolo italiano: E' quasi magia Johnny. Questo anime fu trasmesso per la prima volta in Italia nel 1989, e io ne fui così colpito che presi la macchina da scrivere di mio padre e iniziai a realizzare quelle che chiamai Johnny Special Story; anche se non lo sapevo, stavo scrivendo quelle che oggi vengono chiamate FanFiction. La sigla JSTR indica le storie dedicate all'universo di Johnny. Nel corso di alcuni anni, dal 1989 fino al 1994, realizzai 4 storie. Dal momento che ero un ragazzino quando scrissi questa mia seconda FanFiction, intitolata I SOSIA, è chiaramente molto stupida e piena di assurdità. La troverete confusa, illogica, demenziale; in due parole, completamente idiota! Però, riscrivendola al computer l'ho lasciata praticamente identica a come la ideai all'epoca, per lasciare integra la genuinità che avevo allora. Per lo stesso motivo non ho cambiato i nomi dei personaggi, lasciandoli in italiano, esattamente come feci allora (anche perché neppure sapevo quali erano i nomi originali). Per rendere meno caotica la lettura, ho aggiunto delle note esplicative. L'idea di base è copiata pari pari da un episodio di Creamy: Johnny usa i suoi poteri all'interno della casa degli specchi di un luna park; dagli specchi fuoriescono quindi delle copie speculari di chiunque era all'interno della casa, ovvero Johnny, Sabrina, Tinetta e Renato. Perciò Johnny si trova con un suo sosia, identico nell'aspetto, che è però innamorato di Tinetta, mentre la copia di Tinetta, fisicamente identica a lei, è innamorata di Renato, e così via. Johnny dovrà sudare per rimettere le cose a posto. La storia si svolge in un momento imprecisato durante la serie, prima quindi delle puntate finali. Buona lettura.

 

Sandro Lunghini

I SOSIA

La giornata era molto piacevole. C’era una leggera brezza che rendeva l’aria abbastanza fresca. I ragazzi avevano deciso di andare a fare un giro al Luna-Park. Erano in quattro, che in lontananza potevano sembrare tre, in quanto Tinetta stava perennemente in braccio a Johnny, avvinghiata come un boa. Il tutto sotto gli occhi di Renato, che stava fumando di rabbia, e di Sabrina, che ogni tanto lanciava delle occhiatacce indignate in direzione di Johnny; il quale non sapeva mai come fare in certe situazioni. Il comportamento di Tinetta lo inguaiava non poche volte, ma non poteva certo strozzarla; e così si andava avanti. All’ingresso del Luna-Park, Tinetta scese dalle braccia di Johnny, dandogli un po’ di sollievo. Le ragazze entrarono per prime, ma dietro di loro Renato fermò Johnny e gli sussurrò: “Bada a quello che fai.Ti ho detto mille volte di lasciarla in pace. Non farmi arrabbiare più di quanto già non sia o saranno guai, per te”. (quadratino) -Ma perché!- pensò Johnny: -In una giornata così piacevole…. speriamo che Tinetta oggi non sia troppo appiccicosa, altrimenti quel matto vorrà darmi una ripassata. Dovrò starle il più lontano possibile-. Intento in tali avveniristiche remunerazioni, il nostro seguì gli altri. La giornata scorreva via molto velocemente, e fino alla sera le cose filarono via lisce. Il tutto grazie all’intervento di Johnny, che per salvarsi le ossa era costretto ai più acrobatici trucchi. Per esempio, quando andarono nel tunnel dell’orrore, Tinetta non volle saperne di sedersi accanto a Renato, e infatti non ci si sedette. Cosicché ogni volta che si spaventava era libera di urlare abbarbicandosi a Johnny come la Super Attak; resosi conto che Renato era in via di ebollizione, Johnny fu costretto a saltare dal trenino in corsa e ad aggrapparsi al retro del medesimo, facendosela a piedi ma stando fuori dal raggio di azione di Tinetta, la quale, tenendo gli occhi perennemente chiusi, non si accorse di abbracciare ora Sabrina ora Renato, che si dimostrò vivamente soddisfatto. I piedi di Johnny erano un tantino meno soddisfatti. La stessa cosa, ma con conseguenze leggermente più disastrose, avvenne sulle montagne russe. La routine era sempre quella: Tinetta che avrebbe fatto carte false per sedersi accanto a Johnny, e così fu. Subito dopo la partenza si arrovellò a Johnny come un calamaro, non perché avesse paura (aveva molta più paura lui) ma perché così si divertiva di più. Lo sguardo felino di Renato non lo abbandonava mai. Approfittando di una ripida salita, Johnny indicò un punto nel cielo e disse: “Guardate là, un asino che vola”; non solo tutti i suoi amici, ma anche tutto il Luna-Park e la città intera, nonché buona parte del continente e un tizio che si chiamava Pardemazio Scatenone* residente a Gattara nell’ Emilia, si girarono nella direzione indicata da Johnny guardando il cielo. Approfittando di quel momento di distrazione generale, il nostro eroe scese dal vagone, e si attaccò alle rotaie; poi si issò sulle medesime, e vi si sedette. Pensò (quadratino): -Bene. Ora devo aspettare il prossimo treno e scenderò-. Prese a camminare sulle rotaie; quando arrivò il treno successivo, fece un salto, e ricadde all’esterno del vagone, ma vi si aggrappò con tutte le sue forze. Venendo trascinato in modo inumano, arrivò alla fine della pista con le ossa ridotte ad un Kitekat, dove tutti lo stavano aspettando. Si mostrarono preoccupati e gli chiesero cosa fosse successo. Lui, ancora terribilmente stordito, rispose con un laconico: “No comment”. Conoscendolo, decisero di lasciare perdere. Con lui era meglio non sforzarsi troppo di capirlo, perché tanto era inutile e faticoso per il cervello.

* «Pardemazio Scatenone». Citazione da Mai dire Banzai. Pardemazio Scatenone era il padre di Pardemazio Scatenino.

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Tralasciando altri episodi meno raccapriccianti (tipo quando Johnny fu costretto a nascondere in fretta e furia un pesce rosso regalatogli da Tinetta: bah, dicono che una dieta molto varia non fa male, anzi….), il pomeriggio giunse alla fine. Mentre stavano uscendo, notarono un edificio che non avevano ancora visitato. Era di forma circolare, e sul davanti stava una tenda, che copriva l’entrata. Sulla facciata, in lettere levigate e di colore blu metallizzato, in modo che sembrassero anch’esse di vetro, stava scritto: «Casa degli specchi». Sabrina propose: “Perché non andiamo a vedere?” e indicò il baraccone. Tinetta ne sembrò entusiasta: “Si, si. Dev’essere divertentissimo” “Noo..” replicò Johnny: “Andiamo, dai” era giustamente stanco. Tinetta gli mise le braccia al collo e gli disse: “Su, tesoro. Andremo dopo. Non è così tardi”; Johnny, per scollarsi di dosso Tinetta, si affrettò a farsi convincere dicendo: “Si, si.. d’accordo. Andiamo, eh?” “Oh, che tesoro, il mio tesoro” disse Tinetta; e così dicendo gli diede un bacio sulla guancia. Sabrina si era già avviata e non si accorse di niente, ma Renato era vigile come un vigile, e cominciò a ringhiare. Entrarono nel baraccone: una miriade di specchi si presentò a loro; un cartello indicava un passaggio che era difficilmente visibile. Sul cartello era scritto: «Labirinto degli specchi»; “Perché non andiamo a vedere?” propose Renato. “Si, si, andiamo” si affrettò ad accettare Johnny, in modo che Tinetta non si proferisse in uno slancio amoroso. Entrarono tutti e quattro. “Dividiamoci, adesso” disse Sabrina: “Vediamo poi se dopo riusciamo a ritrovarci” “Si, si, sono d’accordissimo” si affrettò Johnny, sperando che Tinetta fosse dello stesso parere. Lo era; così si avviarono. Johnny si perse quasi subito: in mezzo a tutte quelle immagini era impossibile trovare qualsiasi passaggio; continuava a procedere in avanti, tornando indietro quando trovava uno dei numerosi vicoli non vedenti. Era tra l’altro circondato da orride rappresentazioni della sua persona. In ogni specchio vedeva sempre la propria immagine: ora era assottigliato come un’anguilla, ora gonfio come un Super Tele sgonfio, ora era seghettato, ora egizianato, ora demente, ora Renato…. tornò indietro…. aveva visto bene? Si, aveva visto bene; in uno specchio si trovava l’immagine di Renato al posto della sua. La faccia del nemico aveva un’espressione diabolica. Poi Renato parlò: “Sei in mano mia. Cialtrone che non sei altro, quante volte ti avrò detto di lasciarla in pace; oltretutto tu sei un mascalzone perché la inganni. Di Sabrina non mi interessa, ma di Tinetta si. Quante volte ti avrò detto di starle lontano? Dieci? Venti? Cinquanta? Cinquecento?” “Tombola!” gridò Johnny: “Cosa ho vinto?”. Le parole di Renato divennero un ululato di rabbia. (quadratino) -Ahi ahi….- pensò Johnny: -mi sa che non ho vinto niente. Si vede che la tombola di oggi non era approvata dal CONI- e si defilò. Corse inseguito dalla furia renaticida, e si augurò solo di non incappare in qualche vicolo cie STRUTUTUMP CRASH SBANG co. Come volevasi dimostrare. Johnny pensò (quadratino): -Proprio ora, accidenti. Mi sono beccato una craniata contro questo vetro. Renato è vicino, e naturalmente Sabrina e Tinetta sono lontane anni luce. Mi rimane una cosa da fare, e alla svelta- pensando così si concentrò, e dopo pochi istanti il suo corpo scomparve da dove si trovava. Per qualche istante l’immagine di Johnny che scompariva rimbalzò da uno specchio all’altro, e tutti coloro che si trovavano all’interno del baraccone si sentirono storditi per qualche momento. Poi Renato, quando si riprese da quella strana sensazione, cercò Johnny e non lo trovò. -Che strano- pensò: -avrei giurato che era passato per di qua-. In quel momento giunse la voce di Tinetta: “Ehi, Renato, vieni fuori, noi siamo già tutti qui”; -Come tutti lì- pensò Renato: -come ha fatto Johnny a sfuggirmi?-. Così pensando, si avviò all’uscita.

All’uscita, Renato guardò Johnny infuriato, come per dire: ‘Come diavolo hai fatto a sfuggirmi?’. Johnny pensò (quadratino): -Ci sei rimasto di sasso, eh?-. Si avviarono per andarsene. Johnny era ricomparso fuori del baraccone alcuni minuti prima che gli altri uscissero. Mentre tornavano a casa, Johnny si trovò a riflettere (quadratino): -Però, Renato ce ne ha messo del tempo per uscire. Si vede che ha avuto qualche difficoltà nel ritrovare l’uscita-. In realtà, anche se nessuno dei ragazzi se ne ricordava, quando Johnny si era teletrasportato fuori dell’edificio, chi era dentro era rimasto stordito per almeno cinque minuti, senza rendersi conto di niente. All’interno del baraccone, nel momento fatidico, si trovavano cinque persone. Oltre a Sabrina, Tinetta e Renato, c’erano anche due ragazzi che rispondevano (pare da fonti ufficiose) ai nomi di Aldo e Lucilla. Johnny poi, anche se adesso non ne aveva sentore, aveva provato delle sensazioni molto strane mentre si stava concentrando. –Probabilmente- pensò (quadratino): -quella sensazione che non ricordo bene era provocata dal fatto che non ho mai usato il mio potere in un luogo così strano. Bah, non credo che abbia molta importanza, comunque-. Ne aveva di importanza, invece: in quello stesso momento, infatti, nella casa degli specchi esistevano sei immagini in più. Dietro gli specchi erano visibili le immagini dei nostri quattro eroi, insieme ad altre due immagini non meglio definite; probabilmente appartenenti ai due personaggi di nome Aldo e Lucilla. Era tardi e la casa degli specchi aveva chiuso. Alcune ore dopo, una dietro l’altra, le figure dietro gli specchi aprirono gli occhi.*

* «.... le figure dietro gli specchi aprirono gli occhi». Idea copiata pari pari dall’episodio 13 di Creamy, in cui Yu crea involontariamente una copia di sé stessa proprio trasformandosi in Creamy nella casa degli specchi del Luna Park.

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Il giorno dopo, ore 9.00. Johnny era a scuola e stava pensando a Sabrina. Il professore stava spiegando, ma lui era assorto. La guardava in continuazione, riflettendo (quadratino): -Chissà cosa ha pensato ieri. Accidenti, che era incavolata si vedeva lontano un miglio. Devo spiegarle; già, ma cosa? Come se non lo sapesse com’è la situazione. Non posso mica eliminarla, Tinetta, e non ho il cuore per dirle come stanno le cose. Al diavolo, per ora l’unica cosa che mi interessa veramente è sollevare le tensioni del rapporto tra me e Sabrina. Tanto, il problema di Tinetta lo risolveremo poi. Ma poi, molto poi-. La voce del professore interruppe i suoi pensieri: “Hai trovato la lezione interessante, Johnny?” “Eh? Co-come? Ehm, si.. molto” “E ti dispiacerebbe ripetermi l’ultimo passaggio?” (Berci della folla: ‘Il sorriso’ ‘Vogliamo il famoso sorriso. Dov’è?’ ‘O sorriso, o sorriso.. ogni sorriso ebbestia è bello a mamma soja..’ ‘Dov’è il bagno? Di là? Grazie’) Johnny elargì ai poveri il suo brevetto più riuscito: una ciofeka di sorriso! (Boato della folla: ‘Bene, bravo’ ‘Continua così’ ‘Maggica Roma! Facce sognà’ ‘Scusate, dov’è il bagno?’ ‘Di là, ma adesso è occupato’ ‘Va bene, grazie. Aspetterò’) Johnny si alzò in piedi e disse, rivolto alla sua platea: “Grazie, amici; vi prometto che mi impegnerò per fare sempre meglio” “Ah, si? E allora rispondi alla mia domanda: di cosa ho parlato?” “Eh eh.. ehm, ora glielo dico….” “Lascia perdere, ho capito. Fammi il favore di non staccarmi gli occhi di dosso” “Va bene”. Durante la ricreazione (o quello che è) Johnny si diresse verso Sabrina per parlarle. Si fermò davanti al suo banco e le disse: “Ciao, vorrei dirti due parole, posso?” e lei, che non sembrava nervosa, gli disse: “Certo, parla pure” “Ehm, a proposito di ieri, al Luna Park” “Guarda che so anch’io come vanno le cose con Tinetta, non c’è bisogno che cerchi di giustificarti” “Beh, ieri sembravi sul punto di ebollire” “E adesso sono calma. Non preoccuparti, ti dico” “Mi dà molto sollievo sentirti parlare cos….” SWWUUUUUSH “….ìììììììììì”. Sabrina guardò in giro alla ricerca del ragazzo, ma era scomparso. Cosa poteva essere successo a Johnny? Sabrina si strinse nelle spalle: quando si trattava di Johnny, aveva imparato a non spremersi troppo le meningi per capire cosa stesse succedendo. A Johnny non era successo niente di anormale, ma alquanto grave: era solo stato arraffato dalle mani artigliose di Michael e Carlo, i suoi due più stressanti amici. Lo avevano preso ai lati, afferrandolo per i bracci, e lo stavano trascinando verso l’atrio. Johnny cercava di replicare: “Ehi.. ma cosa.. dove accidenti..” “Stà zitto. Per ora devi assolutamente venire con noi a prendere qualche panino, poi ti spiegheremo con calma” “a.. oh.. A.. prendere qualche panino?” Johnny pensò (quadratino): -Oh, no!-. Tra parentesi, quello che compare ogni volta che Johnny pensa non è propriamente un quadratino, ma, come è recentemente emerso da approfondite indagini della zia Sigismunda, trattasi di fotografia. E ora, dopo questo chiarimento tecnico, passiamo pure alla storia. I ragazzi arrivarono in prossimità del luogo dove si appostavano i venditori di panini etc. etc. Dal mucchio selvaggio accatastato sul bancone di vendita giungevano grida pazzesche e terrificanti rimbombi di una battaglia colossale. Michael e Carlo si fermarono poco prima di penetrare nella bolgia sanguinolenta; presero Johnny e gli illustrarono il loro piano: “Allora, Johnny, adesso ti spieghiamo le fasi della nostra guerriglia. Tu penetrerai da qui davanti sgusciando sotto le file nemiche. Io e Carlo attaccheremo dai due lati. Sei pronto?” “Beh, io, direi….”. In quel preciso istante giunse un grido che si sollevò al di sopra degli altri e fece accapponare la pelle di Johnny. Subito dopo si udì la sirena di un’ambulanza, e dopo alcuni secondi dal mucchio selvaggio uscirono due uomini in camice bianco, che stavano trasportando un ragazzo su una barella. Johnny rimase di sasso e prese a tremare come una foglia. Michael e Carlo, dal canto loro, commentarono: “Un altro che non ce l’ha fatta” “Già, quest’anno la media è superiore alle altre volte” “Mi sembra giusto. I panini sono come gli altri anni, ma le pizzette sono molto più buone” “Giusto, una vera leccornia. Comunque, chi non è di tempra abbastanza dura (come noi, preciso) non dovrebbe gettarsi nella mischia” “Allora, Johnny, sei pronto?” si voltarono verso il ragazzo, ma dove prima si trovava il loro amico adesso era visibile solo una scia di fuoco sul pavimento, come se qualcuno avesse bruciato le suole correndo ad alta velocità. Carlo disse: “Si sarà ricordato di un impegno urgente” “Già” confermò Michael: “Johnny è sempre così strano. Comunque, dopo dovremo rintracciarlo. Non abbiamo fatto in tempo a dirgli della festa che vogliamo organizzare” “Dopo penseremo a lui, Michael, ma ora direi che è il caso di iniziare il nostro raid di guerra” “Si, e anche senza Johnny ci riusciremo” e si tuffarono nel mucchio selvaggio, seguendo gli schemi di una tattica in precedenza preparata.

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Johnny stava passeggiando nei corridoi della scuola, riflettendo (quadratino) (o fotografia): -Per fortuna sono riuscito a sfuggire a quei due scalmanati. Diavolo, mi chiedo come si possa infilarsi in quell’inferno. Il mucchio selvaggio è un posto dal quale stare alla larga. Tra l’altro, Michael e Carlo mi hanno sequestrato proprio mentre stavo concludendo il mio discorso con Sabrina. Però, sono contento che tanto ormai tutto si è sistemato. Voglio andare a cercarla, in modo da spiegarle anche la mia fulminea scomparsa- e così pensando svoltò in un angolo. Un istante dopo, Sabrina spuntò fuori da dietro un altro angolo, immettendosi nel corridoio dove prima si trovava Johnny, e fece appena in tempo a vedere il ragazzo che svoltava in un altro corridoio. Lo rincorse chiamandolo: “Johnny, ehi Johnny”. Quest’ultimo, sentendosi chiamare, si voltò e vide Sabrina; le disse: “Oh, Sabrina, proprio te cercavo. Volevo dirti di poco fa” “Come? Di poco fa?” “Ma si, quando sono scomparso all’improvviso”. Sabrina parve leggermente disorientata, ma poi, con fare sbrigativo, disse: “Ehm, si, va bene, sei scusato. Ma ora dimmi, Johnny, hai per caso visto Renato?” “Renato? No, assolutamente. Perché?” “Oh, nulla. Beh, grazie; ciao” e se ne andò. Johnny pensò (Quad.. Fotog.. no, quadra.. anzi fotogra…. ma che scatole! Fate un po’ voi): -Renato? Chissà cosa doveva dirgli-. Si avviò verso la sua classe, dovendo rimanere a pulire oltre l’orario scolastico (causa una delega del preside che non lo poteva vedere, e gli affidava sempre i compiti più ingrati: oggi, pulire i pavimenti).

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Laa La Laaa- LaLaLaaa-LA! Sigla iniziale. Aho, sarò scemo. Ora riprendiamo.*

La scuola era vuota dopo l’esodo dell’uscita. Johnny era rimasto nel corridoio dove si trovava la sua classe per le ragioni suddette, e adesso si stava annoiando non poco. Mentre ci dava giù di ramazza e scopettone, si sentì afferrare da mani arcuate. Si voltò e vide i volti di Michael e Carlo. Con aria rassegnata, pensò (fotografia, o quadratino, o Mandrake, o Pino): -Oh, no, ma cosa accidenti ci fanno qui? Non se ne sono andati?-. Entusiasticamente, gli annunciarono: “Ehi, Johnny, indovina cosa abbiamo organizzato!” “Già, indovina! Ci siamo fatti assegnare alla pulizia dei corridoi inferiori solo per poterti annunciare la grande notizia” “E come facevate a sapere che oggi io sarei rimasto oltre l’orario perché dovevo pulire?” replicò Johnny. “Capirai lo sforzo” iniziò Carlo, e continuò Michael: “E’ vero; lo sanno tutti che il preside non perde occasione per farti lavorare dopo l’orario scolastico. E quando riesce ad assegnarti un incarico particolarmente sgradevole (come oggi, appunto) se ne va in giro per tutta la scuola sorridendo allegramente, e spesso si apposta subito fuori del mucchio selvaggio per pronunciare parole di conforto ai disgraziati che vengono travolti dalla massa affamata”. Johnny inorridì: “Fino a questo punto arriva il suo astio nei miei confronti?” Michael disse: “Pare proprio di si. Ma dovresti ricordarti il perché di tutto questo, no?” “Ehm, io lo ricordo benissimo” iniziò Carlo: “E’ per quella storia della ragazza che avevi molestato, che poi ti facesti inseguire da tutta la scuola”**. Johnny arrossì: “Io non avevo molestato proprio nessuno. Il preside credeva che fossi un delinquente, ma era quella matta che si era messa in testa chissà cosa” “Va bene, va bene, ci spiegasti tutto a suo tempo, ma ora ascoltaci: noi abbiamo fissato per dopodomani sera una festa grandiosa, in onore di Tinetta” “Tinetta? E perché?” “Ma come” disse Carlo: “Proprio tu non sai che dopodomani è il compleanno di Tinetta?” Johnny si portò la mano alla fronte, e sospirò: “E’ vero, accidenti. Come ho potuto dimenticarmene?***” Michael propose: “Io lo so come te ne sei dimenticato. Lo sappiamo tutti quanto sei distratto” “Già” proseguì Carlo: “ma per fortuna ci siamo noi due a rimediare. Allora, cosa ne dici? Sarà grandioso, vedrai; faremo venire tutta la scuola” Johnny obbiettò: “Come, tutta la scuola; ma dove la farete la festa?” “Ti ricordi” spiegò Michael: “quando organizzammo il party natalizio?” “Lo ricordo, eccome” assentì Johnny. Immagini di un recente passato gli attraversarono la mente; e, come logica impone, erano dei ricordi quantomeno travagliati. “Beh, lo faremo lì anche stavolta”; Johnny, sempre soprappensiero, annuì: “Capisco” “Noi dobbiamo continuare il nostro lavoro” “Ci vediamo, così ci metteremo d’accordo su tutto”; mentre si allontanavano, Johnny li richiamò: “Ehi, scusate” si fermarono. “Cosa c’è, Johnny”; il ragazzo spiegò: “Volevo sapere.. mica sarà obbligatorio portare una ragazza, come l’altra volta” “No, questa è una festa di compleanno: può venire chi vuole. Ciao” “A più tardi” Johnny ricambiò il saluto: “Si, a più tardi”. Poi rifletté (cosino): -Non sarà necessario portare una ragazza. Beh, è già qualcosa- e continuò il suo lavoro.

* «Laa La Laaa.... Ora riprendiamo». Questa storia è stata originariamente scritta a macchina. Ogni volta che inserivo un nuovo foglio, da questo punto in poi, decisi di creare il tormentone della sigla iniziale. Praticamente ogni accenno alla sigla iniziale corrisponde all’inizio di un foglio bianco nella macchina da scrivere. Qui avrei dovuto eliminare questa fesseria, perché oltre a non servire a niente crea pure confusione, ma ho deciso di lasciare tutto il più possibile come l’ho scritto in origine.

** «E’ per quella storia.... da tutta la scuola». Il riferimento è all’episodio 42, quello in cui una ragazza di nome Susanna finge di interessarsi a Sabrina ma in realtà il suo obbiettivo è Johnny, e appena rimangono soli cerca di sedurlo. Rifiutata, si vendica facendolo passare per molestatore.

*** «Proprio tu non sai.... Come ho potuto dimenticarmene?». Ovviamente, il compleanno di Tinetta e Johnny è lo stesso giorno, ma a quanto pare quando ho scritto questa storia non me lo ricordavo.

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Fuori. Renato passeggiava stancamente, pensando: -Accidenti, se non fosse per la mia timidezza, avrei già spiegato a Tinetta come stanno le cose. Ieri mi sono proprio inguaiato con Sabrina. Per fortuna stamattina si è dimostrata così comprensiva-. Da un vicolo comparve Tinetta. Renato indietreggiò, e la ragazza lo vide. –Oh, no!- pensò Renato: -devo prepararmi al balzo felino che farà per venirmi in collo- chiuse gli occhi e attese. Passò un po’ di tempo, ma lui stava sempre con i muscoli tesi. Altro tempo. Pensò: -Beh? Che mi sia sbagliato? Non è Tinetta?- aprì timidamente gli occhi. Tinetta lo stava guardando negli occhi, con un’espressione curiosa in volto. Renato si rilassò, e la guardò. Rimasero immobili a fissarsi per alcuni secondi, poi Tinetta chiese: “Ti senti bene, Renato?” “Eh? Si, credo di si” ma non ne era affatto sicuro. “Co-come stai?” chiese timidamente Renato. “Decisamente bene, grazie. Piuttosto, sai per caso dirmi dove posso trovare Johnny?” Renato fece due occhi come un gufo, e disse: “Johnny? E perché mai?” Tinetta apparve molto spazientita: “Senti, ti ho fatto una domanda, va bene? Per prima cosa, fatti gli affari tuoi. Per secondo e ultimo, se non vuoi rispondermi vai a farti friggere” e si allontanò, lasciando Renato con un palmo di naso. Renato pensò: -Ma.. ma.. cosa sarà mai successo? Non solo non mi è saltata addosso come al solito rischiando di frantumarmi le ossa e non mi ha stretto fino a strangolarmi, ma mi ha persino trattato male. Ora che ci penso, mi ha trattato come di solito tratta Johnny. Devo andare da Sabrina per chiederle spiegazioni-. Se ne andò. Cinque minuti dopo, in quello stesso vicolo dove si erano svolti i fatti appena narrati, transitava Johnny, pensieroso (quadratino; fotografia lo metto dopo): -Accidenti, se non fosse per la mia timidezza, avrei già spiegato a Tinetta come stanno le cose. Ieri mi sono proprio inguaiato con Sabrina. Per fortuna stamattina si è dimostrata così comprensiva-. Dallo stesso vicolo di prima comparve Tinetta. Johnny, vedendola, indietreggiò. La ragazza lo notò, e allora Johnny chiuse gli occhi, preparandosi al balzo felino che Tinetta avrebbe compiuto per saltargli in collo. Passò un po’ di tempo, ma Johnny restava con i muscoli tesi. Passò ancora tempo, e allora il ragazzo aprì timidamente gli occhi. Tinetta lo stava osservando fissamente, con una curiosa espressione in volto. Johnny si rilassò, e prese a guardarla; rimasero immobili a fissarsi per alcuni secondi, poi Tinetta chiese: “Ti senti bene, Johnny?” “Eh? Si, credo di si” ma non ne era affatto sicuro. “Co-come va?” chiese timidamente Johnny. “Decisamente bene, grazie. Piuttosto, sai per caso dirmi dove posso trovare Renato?” Johnny fece due occhi come due dischi musicali, e disse: “Renato? E perché mai?” Tinetta si mostrò contrariata: “Primo, fatti gli affari tuoi. Secondo, se non vuoi rispondermi puoi andare a farti friggere” e così dicendo si allontanò, lasciando Johnny con un palmo di naso. Il ragazzo pensò (fotografia; dopo rimetto quadratino): -Ma cosa può essere successo? Non solo non si è dimostrata affettuosa fino allo spasimo come al solito, ma mi ha anche trattato male. Ora che ci penso, ha usato con me dei modi che di solito riserva a Renato. Devo andare da Sabrina, per sapere che cosa è accaduto- e si allontanò. Tinetta passeggiava pensierosa. Aveva appena incontrato Renato, al quale aveva chiesto di Johnny, ma come era logico aspettarsi da quell’ imbranato era riuscito solamente a farla innervosire. Doveva trovare Johnny per sapere se ricordava che tra due giorni era il suo compleanno. -Ma si che se ne ricorda, il mio tesoruccio. Adesso starà preparando una sorpresa per me-. Mentre rifletteva su queste cose, passò davanti ad una vetrina di un negozio di articoli sportivi. Soprappensiero come era, non le venne neppure in mente di entrare per dare un’occhiata, anche se doveva comprare una racchetta da tennis nuova. All’interno di quel negozio, Tinetta stava acquistando una racchetta da tennis. Per fortuna non le venne in mente di dare un’occhiata fuori, altrimenti avrebbe visto Tinetta passare di lì davanti e si sarebbe creata una comprensibile confusione. Uscendo, Tinetta si avviò nella direzione opposta a quella che aveva preso Tinetta, e passeggiò pensierosa: -Ho appena incontrato Johnny. Figuriamoci se poteva sapere dov’è Renato. Devo trovarlo, il mio tesoruccio, per sapere se si ricorda del mio compleanno. Ma si, accidenti, come sono stupida; se ne ricorda di sicuro, e adesso sarà da qualche parte a prepararmi una sorpresa. Però ho molta voglia di vederlo, il mio Renato-. In quello stesso momento, Renato stava dirigendosi verso casa di Sabrina, pensieroso: -Voglio anche parlare a Sabrina della festa che Michael e Carlo hanno organizzato in onore di Tinetta. Sono sicuro che lei viene, a costo di prendere un giorno di permesso extra all’ABCB-; in quel momento stesso, dall’altra parte della strada passava Renato, anche lui immerso nei suoi pensieri. Per fortuna a nessuno dei due Renati venne in mente di guardare sul marciapiede di fronte altrimenti si sarebbero visti e sarebbe venuta a crearsi una più che comprensibile confusione.

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La fò la sigla iniziale? O mi picchiano? Non so che combinà. Chiedo al regista.

Johnny passeggiava verso casa di Sabrina, pensieroso (quadratino): -Ancora non riesco a capacitarmi di ciò che è successo poco fa; è la prima volta da non so nemmeno quando che Tinetta manifesta il desiderio di incontrare Renato. Che abbia capito finalmente che io non ho per lei abbastanza interesse? Mah, vaiassapé. Comunque sto andando da Sabrina apposta, per sapere qualcosa. Tra l’altro voglio anche chiederle se sa della festa che Michael e Carlo hanno organizzato in favore di Tinetta. Sabrina verrà di sicuro-. Poi, ad un angolo, si bloccò, pensando (fotografia): -Accidenti, ma sto andando verso casa di Sabrina, e lei a quest’ora sarà certamente all’ABCB. Devo andare dall’altra parte- e tornò indietro. Renato non si era sbagliato. Anche lui era pensieroso: -A quest’ora Sabrina sarà certamente a casa. Tra un po’ dovrebbe andare all’ABCB-. In quel momento da dietro un angolo vide Johnny. Renato ebbe un tremito, poi si riprese e con un balzo felino si nascose. Anche Johnny, vedendo Renato spuntare, si nascose con un salto canino. Entrambi tesi, riflettevano sulle stesse nefaste previsioni (stesso pensiero per entrambi): -Accidenti, se mi vede mi ripassa un po’. Non credo che gli sia sbollita la rabbia per il bacio che Tinetta mi ha dato ieri al Luna-Park, anche se era solo sulla guancia. Devo trovare il modo di evitarlo- e fecero un largo giro entrambi, aggirando lo stesso caseggiato. Solo che andavano in due direzioni opposte. Renato era a sud e andava a nord. Johnny era a nord e andava a sud. A cosa portò questa situazione? Allo scontro tra i due. Adesso erano faccia a faccia. Parlarono contemporaneamente: “Ehm, ciao Johnny/Renato” “Eh?” fece Renato: “Cosa dicevi?” Johnny inorridì: “Oh, nulla, parla pure tu” “No, no, non preoccuparti. Dimmi pure ciò che vuoi” “No, guarda, sono a corto di fiato. Non ho la forza di parlare”; pensiero comune: -Ma cos’ha? Sembra spaventato. Lui? Ha paura di me? Bah, comunque è meglio che ne approfitti per defilarmi. Gli dirò che ho da fare- e parlarono entrambi: “Ehm ,io ora avrei un impegno. Mi dispiace, ma….” si zittirono, nessuno dei due credendo alle proprie orecchie. Pensiero comune: -Ma come, ha un altro impegno che non è picchiare me? Questa è proprio nuova. Prima Tinetta che mi tratta a pesci in faccia, e ora Renato/Johnny che tra poco perde i denti da quanto trema davanti a me-; ancora entrambi a parlare: “Ehm, ci vediamo poi Johnny/Renato. Va bene, ciao” e si allontanarono, ognuno nella propria direzione, pensando: -Ma oggi sono tutti matti-. In quel momento, Renato, ancora pensieroso sull’incontro appena avuto con Johnny, si voltò e vide, alcuni metri dietro di lui, un ragazzo che, uscito da un vicolo, adesso era fermo davanti ad una vetrina. E se questo ragazzo non era Renato lui era Giuseppe di Arimatea. Renato rimase imbambolato, vedendo sé stesso ad una decina di metri da lui. Poi Renato della vetrina si allontanò attraversando la strada, senza però vedere Renato imbambolato che si trovava poco avanti a lui. -E’.. è pazzesco- pensò Renato: -sono, sono impazzito?- poi si riscosse, pensando: -Eh, no.. accidenti, ormai dovrei essere abituato alle stranezze. Con questi poteri che mi ritrovo non so nemmeno perché. Bah, devo evitare di pensarci. Adesso mi interessa Sabrina- e se ne andò. Per amor di brevità, dirò solo che Johnny effettuò lo stesso incontro, non con Renato della vetrina ma con un altro Johnny. Johnny non lo vide, ma Johnny si, e ci rimase di molto male. Era ancora scombussolato per lo strano incontro avuto con Renato poco prima, e adesso si ritrovava dall’altra parte della strada, in un bar. Solo che lui era da questa parte della strada, non da quella dove si era appena visto con i propri occhi. Poi si riscosse, pensando (quadratino): -Accidenti, con i poteri che ho ereditato dai miei parenti, ormai dovrei essere abituato alle stranezze. E comunque adesso mi interessa solo Sabrina; devo andare all’ABCB- e si avviò in quella direzione.

Renato arrivò sotto casa di Sabrina e suonò il campanello, poco speranzoso. Infatti non rispose nessuno. -Accidenti- pensò: -dovevo immaginarmelo. L’incontro con Johnny e con.. insomma quella specie di allucinazione, provocata da chissà che, mi hanno fatto perdere tempo e Sabrina è già andata all’ABCB. Dev’essere partita da poco, magari se vado verso il bar la raggiungo, se cammino abbastanza veloce- e si avviò verso l’ABCB. Johnny vi arrivò in quel momento. “Oh, ciao Johnny” lo salutò il signor Luigi, padrone del bar. “Ciao Luigi” e si guardò in giro. Poi Johnny chiese: “Non c’è Sabrina?” “No, se n’è appena andata a casa. Ma dovresti fare in tempo a raggiungerla, visto che è uscita da poco tempo”; Johnny pensò (fotografia): -Mah, la raggiungerò più tardi a casa sua- poi disse: “Perché prima non mi dai qualcosa da bere, per favore?” e si sedette al banco. “Volentieri” disse il signor Luigi, e gli mostrò un drink all’arancio, con un’espressione che chiedeva: ‘Va bene questo?’; Johnny aprì e sollevò la mano destra, poi piegò pollice e indice in modo che formassero un cerchio toccandosi per le punte dei polpastrelli: OK. Luigi annuì, e preparò il drink a Johnny, aggiungendo del ghiaccio al succo d’arancia. Johnny si guardò in giro, e commentò: “Poca gente, eh?” “Eh, si, di questi tempi è sempre così. Per questo Sabrina rimane solo un’oretta qui, massimo un’ora e mezza” Johnny chiese: “Hai saputo della festa per il compleanno di Tinetta? Tu verrai?” “Credo di si. Quei due vostri matti amici.. Michael e Carlo, mi hanno proposto di venire a fare il barman, servendo punch ai presenti” “Punch? Barman? Accidenti, quei due scalmanati hanno deciso di fare davvero le cose in grande” “Beh” disse Luigi: “Tinetta se lo merita” Johnny pensò all’incontro con Tinetta: “Già” disse. Poi chiese: “C’era anche Sabrina quando Michael e Carlo hanno avvisato te della festa?” “Si” “Ah, bene, e lei viene?” “Certo, Tinetta è una sua grande amica. Lo sai, no?” “Lo so”. Johnny ripose il bicchiere, dicendo: “Beh, tutto sommato, credo che andrò a casa di Sabrina. Ero venuto per parlarle della festa, ma tu mi assicuri che lo sa già. Comunque voglio andare a trovarla ugualmente” “Va bene, ciao Johnny” “Ciao Luigi, ci vediamo” e uscì. Sabrina si era avviata verso l’ABCB, non sapendo che dietro di lei, a circa cinque minuti di distanza, era partito Renato. Sabrina si era avviata verso casa, non sapendo che dietro di lei, a circa una decina di minuti, era partito Johnny. Era quasi arrivata a casa. Poco tempo prima Renato della vetrina, pensieroso, non aveva visto sé stesso a pochi metri di distanza, e adesso se ne andava per le strade meditando vendetta. Vide Johnny e fu come una folgorazione. Si avviò verso di lui, pensando: -Adesso gliela faccio pagare per quel bacio sulla guancia che ieri ha estorto a Tinetta-. Era la stessa cosa che stava pensando Johnny, che in quel momento si avvicinava verso Renato con aria minacciosa. Entrambi pensarono: -Come mai non scappa alla mia vista come fa sempre? Bah, meglio per me, non dovrò stare a rincorrerlo-; si fronteggiarono come due antichi cavalieri in un duello. Johnny disse: “Non so cosa ti è preso, Renato, ma la tua baldanza ti costerà cara. Te la farò pagare per ciò che hai fatto ieri”; Renato, fumante di rabbia, ribatté: “Mi stai prendendo in giro? Non fai altro che peggiorare la situazione. Sarò io a fartela pagare”. Si attaccarono. Renato partì con un pugno sotto il mento, ma Johnny lo evitò e gli diede un calcio in viso, spedendolo a terra. “Come vedi” lo schernì Johnny: “anche se hai trovato non so come un briciolo di coraggio, io sono troppo superiore a te”; Renato, dal canto suo, si alzò e disse: “Non ho colpito con molta velocità né potenza, perché non immaginavo che tu avessi preso lezioni di karate, ma adesso non avrò pietà” e partì all’attacco con un diretto al volto. Johnny sorrise, pensando: -Stupido, adesso me lo scrollo di dosso- e così pensando afferrò il braccio teso di Renato e roteò su sé stesso, deciso a farlo volare sfruttando la stessa velocità dell’avversario. Ma ci rimase male. Renato frenò il suo slancio, e disse: “Credevi di fregarmi ancora? Non ho certo intenzione di farmi sconfiggere da te” e sollevò la mano sinistra, che era libera, e poi la calò di taglio sulla nuca di Johnny. Stavolta toccò a lui mordere la polvere. “Maledizione” imprecò Johnny, rialzandosi. Intorno a loro si era formato un capannello di curiosi.

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Tenuto conto del fatto che in un laghetto nuotano a rilento tre trote, cinque triglie e tinche cento*, io non so ancora se partire con questa dannata sigla iniziale o no. C’è qualche bestiaccia che può consigliarmi?

Johnny si rialzò, e guardò Renato con furia. Poi disse: “E va bene, verme, ti ho sottovalutato. Ma non spererai davvero di vincere” “Ci puoi scommettere. Non avrei mai creduto che tu fossi tanto audace, ma così mi divertirò di più”. Johnny spiccò un balzo, e colpì Renato sul petto. Renato cadde, preso di sorpresa. Johnny fu subito sopra di lui, e lo colpì ripetutamente alla schiena con violenza. Renato rotolò su sé stesso, cercando di sfuggire al suo nemico, ma l’altro non lo voleva mollare. Allontanatosi un po’, Renato approfittò del fatto di essere ad una certa distanza da Johnny, e si issò sulle mani, spingendo con forza in modo che le sue gambe tese si trovassero per aria e colpissero il suo avversario sotto il mento (K.I.T.T. a proposito del ranch puoi farmene una pianta?**). Adesso le parti si erano invertite: toccava a Renato di essere in piedi e di attaccare. Stava per farsi addosso a Johnny, quando un durissimo colpo lo raggiunse proprio sulla testa. Il cazzotto lo aveva fatto abbassare di mezzo metro. Risuonò la voce di Tinetta: “Renato, la vuoi smettere di picchiare Johnny? Prima o poi mi farai arrabbiare sul serio” “Ma.. ma..” replicò Renato: “E’ lui che mena” “Non dire stupidaggini. Il mio tesoruccio non è un violento” si avvicinò a Johnny e gli disse: “Ehi, andiamocene lontano da questo bruto”; Johnny non ci capiva niente ma disse: “Si, si, hai ragione, Tinetta” si allontanarono. Da sopra la spalla Johnny si voltò e fece la linguaccia a Renato, che ebolliva di rabbia. -Mi prende pure in giro. Forte o no, coraggioso o no, la prossima volta non avrò pietà di quel verme-. I curiosi se ne erano andati. Renato rimase lì, imbambolato e rabbioso, senza nessuno che lo degnasse di attenzione. Ad un certo punto si sentì colpire con violenza. -Ancora Tinetta che ce l’ha con me?- pensò. Si, era ancora Tinetta; ma non l’aveva cazzottato, l’aveva semplicemente travolto con un balzo serpentino per saltargli in braccio. Tinetta strepitò: “Renato! Tesoro!” “Eh?” disse Renato: “Dici a me?” “Certo, tesoro; a chi se no?” “Ma.. ma..” balbettò Renato; “Oh” disse Tinetta: “ma non restiamo qui. Andiamo da qualche parte. Vuoi?” “Ehm, si, certo. Ma scusa, tu poco fa eri talmente furiosa con me” “Furiosa? Con te? Ma come puoi pensarlo? Tu non sei mica un ottuso scimmione come quell’incivile di Johnny” “Già, hai ragione” “Vogliamo andare?” “Certo” si allontanarono. Pochi minuti dopo, in quella stessa strada, transitava Sabrina, che stava tornando a casa. Sulla parte opposta della strada stava succedendo qualcosa, visto che c’erano molte persone che stavano osservando in un punto. Sabrina, incuriosita, attraversò. Giungevano delle grida. Sabrina si fece spazio tra i curiosi e vide anche lei quel che stava succedendo. Due persone, un ragazzo e una ragazza, si scambiavano affettuose paroline e caramellose carezzine. Lei disse: “Aldo, brutto verme viscido e strisciante, la vuoi piantare di seguirmi dovunque?” “Sei tu, Lucilla, maledetta fedifraga idiota, che mi stai incollata come un mandrillo” “Centrifuga a chi?” gridò Lucilla, e si gettò contro Aldo con le unghie e con i denti. Questi tentò di difendersi, e ne uscì una rissa con i fiocchi. Sabrina fece un segno di dissenso, come per dire: «Ma tu guarda che gente», e si allontanò. Pensò: -Voglio passare per il parco, così mi distraggo un po’ e riesco a pensare con più serenità. Devo trovare un regalo adatto per Tinetta. Non voglio presentarmi alla festa in suo onore a mani vuote. Voltando in una strada, Sabrina vide con stupore due ragazzi che si scambiavano moine dolci. Lei disse: “Aldo, tesoro, voglio stare sempre con te” “Anch’io, Lucilla”. -Ma- pensò Sabrina: -questi non sono quei due che poco fa….- e si voltò. Da quel punto vedeva ancora volare i corpi di Aldo e Lucilla che se le davano. Poi guardò davanti a sé, e vide ancora Aldo e Lucilla che si vezzeggiavano. -Beh- pensò Sabrina: -per fortuna che in questo periodo lavoro poco, perché se dovevo lavorare ancora di più, non oso pensare a ciò che avrei passato. Forse ho un po’ di febbre?- e così pensando andò verso il parco, dove tra l’altro erano andati Tinetta e Johnny prima. Johnny passò per quella mitica strada pochi minuti dopo Sabrina. Anche lui si incuriosì alla lotta tra Aldo e Lucilla, ma non vide gli altri due Aldo e Lucilla che si amavano. Per lui, tra l’altro, era bastata la visione di un altro sé stesso per scombussolarlo anche troppo. Era comunque riuscito a convincersi che si era trattato di un’allucinazione. Andò verso casa di Sabrina, dopo essere rimasto per un po’ di tempo ad osservare lo scontro tra quei due matti. Avrebbe voluto vederne la conclusione, e si era trattenuto anche quando gli avevano fatto pagare il biglietto, ma quando gli dissero che una bustina di pop-corn costava quindicimila lire***, aveva detto: “Ehi, siete dei ladri”. In quel momento Lupin, Gigen e Gemon si voltarono verso di lui e dissero: “Come hai fatto a scoprirci. Dobbiamo fuggire, o Zenigata ci sarà addosso” e infatti in quel momento il mitico Zazà apparve da una strada laterale, gridando: “Vi ho trovati, finalmente. Non vi lascerò sfuggire” Lupin gridò: “Viiiia!” e fuggirono. Johnny si staccò dal gruppo e se ne andò. Purtroppo, in quel momento Sabrina stava fuggendo sconvolta dal parco dove si era recata.

Perché? Perché si. Dunque, riprendiamo da quando Sabrina credeva di dare i numeri. Si avviò verso il parco, dove poco prima erano andati Johnny e Tinetta, e rifletté: -Come farò per trovare in così poco tempo un regalo adatto? Devo sforzarmi-. Pensando al regalo per Tinetta era arrivata nel parco, e si era seduta su una panchina. -Ah- aveva pensato: -come è rilassante questo posto. Qui potrò pensare con molta più tranquillità-. Poi aveva alzato lo sguardo e aveva visto Tinetta. -Toh- aveva pensato: -che coincidenza. Ora vado a fare quattro chiacchiere. Ma devo stare attenta a non fare parola con lei della festa-. Mentre le si avvicinava, notò un movimento inconfondibile nella sua amica, e si pietrificò. -Ehi- aveva pensato: -forse Tinetta si è trovata da sola il suo regalo. Sta baciando qualcuno! Ma chi può essere? Lo conoscerò? Accidenti come sono curiosa; non sono affari miei, ma voglio sapere chi è, sono troppo curiosa-. Si era avvicinata ancora di più, e quando arrivò a vedere chi era il ragazzo era rimasta paralizzata. In quel momento Johnny si allontanò da Tinetta, rendendo visibilissimo il proprio volto. Sabrina non poteva avere più dubbi. Aveva balbettato: “Johnny.. Johnny e Ti.. Tinet.. ta” e poi, riscossasi, era scappata. Nessuno dei due ragazzi l’aveva notata. Sabrina usciva correndo dal parco proprio mentre Johnny si allontanava dal gruppo che stava osservando Aldo e Lucilla. Dopo poco Sabrina arrivò a casa sua. Johnny vi era quasi arrivato. Johnny e Tinetta rimasero sulla panchina, decisi a godersi quel loro momento. Anche Renato e Tinetta stavano passeggiando allegramente per le strade della città, felici (soprattutto Renato) di quel loro momento. Sabrina arrivò all’ABCB. Entrò e salutò: “Ciao Luigi” “Oh, Sabrina” esclamò il signor Luigi: “Come va?” “Bene, grazie” disse Sabrina, e, passata dietro al bancone, si mise il grembiule e disse: “C’è poco da fare oggi, eh?” Luigi si mostrò sorpreso, e disse: “Ma, Sabrina, sei ritornata?” Sabrina, stupita, disse: “Beh, certo, voglio darti una mano” “Grazie, grazie davvero” “Bah, prego” “Hai visto Johnny?” chiese Luigi. “Johnny?” disse Sabrina: “No, perché?” “Poco fa ti cercava. Ha detto che sarebbe venuto a casa tua” “Boh, non l’ho visto. Mah, verrà qui”. In quel momento entrò Renato. “Ciao Renato” salutò il signor Luigi. Renato ricambiò il saluto e ne rivolse uno a Sabrina: “Ciao Sabrina, come va?” “Bene, grazie. Prendi qualcosa?” “Una coca, grazie”; gli fu servita. Poi chiese: “Ehi, Sabrina, tu lo sai della festa per Tinetta?” “Eh? Come come? Una festa?” Sabrina era molto incuriosita. Il signor Luigi la guardò disorientato, e disse: “Ma come, Sabrina, non ti ricordi che sono venuti Michael e Carlo a parlarcene?” “Io? No.” In quel momento un cliente chiamò, e Luigi disse: “Beh, ne riparliamo dopo” e andò verso il cliente. Sabrina si avvicinò a Renato, e chiese: “Di quale festa parli, Renato” “Quella che Michael e Carlo hanno organizzato per Tinetta” “Davvero? WOW! Io ci verrò di sicuro” “Non ne dubitavo” disse Renato: “Piuttosto, sai mica dirmi se Tinetta ti è sembrata strana in questi ultimi tempi?” “Tinetta? No, assolutamente” “Bah. Lasciamo perdere”; Sabrina si guardò in giro con aria circospetta e poi si fece vicinissima a Renato. Gli sussurrò quasi: “E.. per quella storia? Come va?” “Cosa intendi? I miei….?” “Si, i tuoi po.. posso chiamarli poteri?” “Certo” “Allora?” “Come vuoi che vada. Ci convivo. Anche se.. bah, niente” aveva ripensato alla vista di un altro Renato. Bevve.

* «In un laghetto…. tinche cento». Non ricordo da quale di preciso, sono però sicuro che questa sia una citazione da un libro di Stephen King.

** «K.I.T.T. a…. una pianta?». Quando scrivevo tenevo sempre la radio o la TV accese. Perciò, senza nessun motivo a parte la mia idiozia, di quando in quando riportavo nella storia quello che sentivo in quel momento. Questa frase, per esempio, viene da SuperCar.

*** «.... una bustina di pop-corn costava quindicimila lire». Circa 7,5 euri al cambio attuale. Dio, le lire, come mi mancano!!!!

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5: (Da ‘Mai dire TV’)= Chi cambia canale fa bene. Perché? Perché io non ho la più pallida idea se partire con la sigla o meno. Tra l’altro picchia duro, vai tranquillo e alleluja fratello*.

Un augurio che non ha valore se indirizzato a Johnny, ma sorvoliamo il Madagascar. Dunque, il nostro eroe è arrivato davanti casa di Sabrina, e suona. Maremma che strage annunciata! Aspettò. Risuonò. Attese ancora. Pensò (quella roba lì): -Forse non è ancora arrivata a casa- fece per allontanarsi, e in quel momento Sabrina aprì la porta.

Renato, con il bicchiere vuoto davanti, pensava: -Aspetterò. Aspetterò finché Sabrina non uscirà, così l’accompagnerò a casa-; Sabrina, dal canto suo, pensò: -Mi dispiace, ma credo che dovrò chiedere a Luigi se posso andarmene. Devo assolutamente trovare un regalo per Tinetta. Mi rimangono solo due giorni per cercare qualcosa di adatto. Tra l’altro, oggi non c’è quasi nessuno. Uno di noi nel bar basta e avanza- aveva ancora qualche cosa da portare a termine nel retrobottega e poi avrebbe chiesto a Luigi se poteva staccare.

“Ehi, ciao nipotini!” il gioviale saluto del nonno fece accorrere Simona e Manuela, che inciamparono nel gatto e lo calpestarono con foga omicida. Si abbracciarono. La nonna domandò: “Come state, piccoline?” “Benissimo, nonna, grazie. Sono proprio felice che siate venuti a trovarci” “Anche noi, ragazze” “Venite in salotto. Adesso chiamo mio padre”; il nonno chiese: “E vostro fratello dov’è?”; Simona e Manuela si guardarono perplesse, poi risposero all’unisono: “Non ne abbiamo idea. Forse è a casa di Sabrina o di Tinetta” poi Manuela esclamò: “No! Aspetta! Scusa, Simona, ma non ti sembra più probabile che sia all’Abc?” “Giusto” convenne Simona: “è quasi sicuramente all’Abc” “Oh” disse la nonna: “quel bar dove lavora quella simpatica ragazza mora, vero?” “Già” confermò il nonno: “Sabrina, si chiama”. La nonna lo squadrò con una punta di disprezzo, e disse: “Eh, già, tu lo sai come si chiama. Mi sembra giusto, visto che tenti sempre di abbordarla; insieme a quell’altra ragazza amica di Johnny, quella bionda.. come si chiama? Fammi memoria, vecchio maniaco” (ovviamente Simona e Manuela non erano a portata d’orecchio in quel momento). Il nonno arrossì, e balbettò: “Io? Ma.. ma io come faccio a.. a sapere il nome di quella ragazza? Devi chiederlo alle tue nipoti”; la nonna si illuminò in volto e disse: “Non ce n’è bisogno: me lo sono ricordato. Minetta, si chiama” il vecchio la guardò e disse: “Ma che dici. Tinetta è il suo nome” poi si portò le mani alla bocca maledicendosi per la propria imbecillità. La moglie lo aggredì: “Allora vedi che lo sai! Ci credo, ci provi anche con lei” e si allontanò. -Accidenti- pensò il nonno: -mi sono fregato da solo- e andò verso il salotto.

All’Abc, Sabrina si era rivolta a Luigi: “Ehi, Luigi, ti spiace se stacco? Sai com’è, vorrei avere il tempo di cercare un regalo carino per Tinetta. Tanto ho già finito le pulizie anche nel retro” Luigi le sorrise: “Ma certo, ragazza mia. Direi che per oggi hai fatto anche troppo. Vai pure, tanto vedi anche tu che oggi non c’è quasi nessuno” “Grazie, Luigi. Oh, a proposito, tu verrai alla festa di Tinetta?” Luigi la guardò perplesso, poi rispose: “Si, si, ci sarò. Farò il barista anche lì” “Ti darò una mano anche lì, allora. D’accordo, ciao”. Renato si alzò a disse: “Ti accompagno, Sabrina” la ragazza sorrise: “Grazie, mi fa piacere”. Renato salutò Luigi: “Ci vediamo, Luigi” e quest’ultimo ricambiò: “Certo; ciao ragazzi”. Quando furono usciti, il signor Luigi pensò: -E’ la prima volta che vedo Sabrina e Renato così affiatati. Ed è anche la prima volta che vedo Sabrina così svampita: prima non si ricordava che oggi sono venuti Michael e Carlo, e adesso non rammentava che alla festa ci andrò anch’io. Mah, sarà solo un po’ esaurita. Lo credo, anche in questo periodo che c’è poco lavoro lei rimane qui tutto il giorno. Bah- e così pensando tornò ad occuparsi del poco lavoro che lo impegnava quel giorno.

Salotto di Johnny. I nonni, seduti sul divano, stavano bevendo le bibite che aveva offerto loro il padrone di casa. “Allora, Sergej” chiese la nonna: “Come va il tuo lavoro?”. Il padre di Johnny rispose: “Benissimo, grazie. Va tutto a gonfie vele in questi giorni” “Davvero?” disse il nonno, compiaciuto: “Mi fa piacere, figliolo; d’altronde, per il lavoro di fotografo non credo che ci siano stagioni morte, no?” Sergej sorrise, dicendo: “Già. Più o meno è così. Però, per essere precisi, potremmo dire che qualche periodo di fiacca c’è anche in questo lavoro” “Come in tutti, del resto” convenne il nonno. La moglie invece chiese spiegazioni: “Scusa, ragazzo, ma come possono esserci dei periodi di stanca quando uno fa il fotografo. Personalmente, dubito che ci sia una stagione specifica per commissionare un servizio fotografico ad un professionista come te” “Non ho parlato di stagioni, ma di periodi. La gente ha bisogno di rivolgersi ad un professionista quando deve effettuare un servizio per lavoro, o magari per un’occasione speciale, come un matrimonio. D’estate, per esempio, ci sono i periodi morti più lunghi. Perché tutti vanno in vacanza**, e le foto delle vacanze (sia estive che invernali) la gente preferisce farsele da sé. D’altronde capirà che per un fotografo sarebbe quantomeno scocciante seguire un gruppo di amici finché non capita l’occasione per una simpatica foto” “Anche questo è vero, ma….”. Simona pensò: -Qui va per le lunghe. Quasi quasi chiedo a Manuela se vuole uscire , così andremo a vedere un po’ in giro se troviamo qualcosa per Tinetta-. Si rivolse a suo padre: “Papà, che dici, posso andare a fare una passeggiata?”. Suo padre le rivolse un’occhiata sfuggente e rispose: “Certo, non fare tardi” e tornò a parlare con sua suocera. Simona chiese a Manuela: “Ti va di uscire?” “Con piacere” rispose sua sorella. Il nonno disse: “Credo che verrò anch’io. Ho proprio voglia di una boccata d’aria. Sempre che a voi non dispiaccia portarvi dietro un uomo bello come me per paura di sfigurare”; le due ragazze risero: “Oh, no, nonno, non ci dispiace affatto, anzi….” “Bene” si compiacque il nonno: “allora io accompagno le ragazze” disse, rivolto a sua moglie. Lei assentì: “Certo, caro. D’accordo”. Si avviarono all’uscita, e stavano aprendo la porta d’ingresso quando il padre delle ragazze disse: “Simona, Manuela, uscendo, andate a cercare vostro fratello” “D’accordo” rispose Manuela: “Ciao, papà”. Il nonno disse: “Ragazze, voi andate pure a fare una passeggiata. Già che ci sono, a cercare Johnny ci penso io” “Per me va bene” disse Manuela. “Si, anche per me” concluse Simona. “Bene; allora a dopo, nipotine” “Ciao, nonno”. Il vecchio si avviò per la sua strada, pensando: -Ragazzaccio d’un Johnny. So ben io dove venirti a cercare. Sei di sicuro a casa di Sabrina, oppure al bar Abc. Non credo che tu sia con Tinetta. Perché io ti ho capito, sai? Non è certo Tinetta quella che ti interessa. Che ragazzo, mio nipote: un farfallone tutto suo nonno-.

Ed era vero, da un certo punto di vista. Il nonno aveva fiutato giusto. Johnny era proprio a casa di Sabrina, ma non dentro: fuori e scombussolato. Quando Sabrina aveva aperto, Johnny si era rivolto a lei con i consueti modi, dicendo: “Ciao, Sabrina, credevo non ci fossi e me ne sta….” Dopo l’interruzione, disse: “Ehi, ma che cos’hai. Ti vedo strana” “Cosa accidenti vuoi” chiese la ragazza con la cortesia di un catamarano con le emorroidi. Lui rimase di sasso, poi abbozzò il suo famigerato sorriso antisettico e disse: “Ma.. ma.. Sabrina, cosa c’è? E’ uno scherzo, vero?” lei sorrideva con l’allegria di un catamarano con l’appendice infiammata, e disse: “Non so come puoi avere la faccia tosta di presentarti qui, ma questo te lo meriti” e così dicendo gli allentò un tufone della Maremma, che avrebbe fracassato anche le costole di un catamarano con la laringite (ma ‘nsomma brutto CENSURA CENSURA la voi piantà di ‘nfilà sempre me ‘nmezzo. Maremma oh, e ‘l catamarano coll’emorroidi, e ‘l catamarano con l’ appendicite, e ‘l catamarano qui, e ‘l catamarano là. Ma che mi voi CENSURA CENSURA, razza di CENSURA rifinito? Ma se vengo fòri di ‘sta macchina pe scrive ti fo un CENSURA che nemmeno ‘l tu cane ti riconosce. Stiamo attentini, eh? Va bene pischello?***) +Va bene. Ndr+ . +Riprendo sull’altra pagina. Ndr+.

* «Tra l’altro.... e alleluja fratello». Cit. dal telefilm Arnold.

** «D’estate, per esempio.... tutti vanno in vacanza». Da noi di sicuro.

*** «(ma 'nsomma brutto.... va bene pischello?». Non cercate il senso di tutto ciò perché non credo ci sia.

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Un carabiniere sul tetto che scotta. E’ questa la sigla iniziale? Unno so mica.

Eravamo rimasti che Koinka Joe e Giuseppe di Arimatea, insieme ai mitici Pino e PPPPina, avrebbessessero voluto un gatto nero…. E BASTA! Scusate l’interferenza, signore e signori, ma, per motivi indipendenti dalla nostra volontà, potrebbero verificarsi ancora, in seguito, sgradevoli inconvenienti. Ora riprendiamo sul serio. Dicevamo:eravamo rimasti che Johnny si prendeva un bel cartone sul muso, senza nemmeno sapere perché. Sabrina invece lo sapeva, a gli disse: “Bada di non farti più vedere da me, verme. Non so da quanto tempo mi prendi in giro e non voglio saperlo, ma se ti ripresenterai davanti a me ti servirò a dovere. Addio”. Al che Johnny tentò una debole replica: “Ma.. ma.. io.. non capis….” Sabrina si voltò di scatto, fulminando il ragazzo con un’occhiataccia, e sibilò: “Non capisci, eh? Ti dirò solo due parole: «parco» e «Tinetta». Ah, spero che con lei tu faccia sul serio, perché se la farai soffrire dovrai fare i conti con me” e detto questo rientrò, chiudendosi la porta alle spalle. Johnny rimase di stucco, poi pensò (quadratino): -Decisamente, oggi sono tutti rimbecilliti. Tinetta, Renato, e adesso Sabrina. Ma cosa sta succedendo?-. Si avvicinò alla porta, bussò. Non ottenne risposta. Riprovò a bussare. Niente. Allora disse: “Ehi, Sabrina, senti.. io.. io non so cosa sia successo. Per favore, se c’è qualcosa che ho fatto ti giuro che.. che.. accidenti, non puoi fare così. Se ho fatto qualcosa di offensivo nei tuoi confronti non me ne sono reso conto e….”; rumore di passi. Johnny si zittì. Sabrina comparve sulla soglia come per magilla. La sua espressione non prometteva nulla di buono. Johnny iniziò: “Senti, se ho sbagliato qualcosa….” “HAI SBAGLIATO QUALCOSA, EH?” ruggì la ragazza. Lui venne scaraventato ad una ventina di metri di distanza dallo spostamento d’aria. In tono più mite, lei disse: “Ti avverto che non ti conviene prendermi in giro. Io ci vedo bene, ed ero nel parco poco fa. Non farti mai più vedere qui, non rivolgermi mai più la parola perché non sarò disposta a sopportarti oltre”. Ritornò in casa. Johnny si rialzò, si scrollò di dosso una foca che lo stava schiaffeggiando ed un soldato irakeno. Si avviò verso casa sua. Era meglio non bussare ancora a quella porta. Aveva capito che Sabrina era troppo infuriata, almeno in quel momento. Era più conveniente aspettare un altro momento. Dopotutto, Sabrina era una ragazza ragionevole. Si fermò di nuovo, pensieroso (fotongrafia): -Ma cos’è questo peso che sento sulle spalle? Cosa accidenti….- si voltò. Sulle spalle aveva un texano che stava dicendo: “Cosa essere stato quella cosa di prima, yeah? Avere fatto me volare fiiino a qui, oh oh! Oh yes. Cosa era io non so, ma voglio comprare. Io tanti dineri do, tanti dolari; oh yeah, oh yeah yeahò! Mmm-m, sono un vero fregnacciaro. Per me, numero uno!*”; Johnny lo guardò spazientito: “Le dispiace scendere?” disse. “Oh, yes! E’ giusto che io scenda di your spalle! Very very giusto! Ma dimmi, tu sai cosa ha provocato spostamento di aria di prima?” “Si” rispose Johnny: “E’ stata Sabrina” “Oh oh, cosa essere? Una fregata? Una lancia? Una vitella di ranch cooncorenti?” “No. Lasci perdere e se ne vada, per favore” “Oh, yes! E’ giusto. Very. OOOkay. Io andare via, oh oh. Io chiedere ad altri.. oh, per esempio lei, signore, sa mica dirmi cosa è Sabrina lei? No? Io chiedere ad altri. Oh yes yes. Oh yeah. Oh yeah yes. Oh yeah….”. Johnny pensò (quadratino e fotografia insieme): -Che giornata; ma non c’è in giro qualche persona normale?-. “Ehi ciao Johnny” lo salutò suo nonno. Johnny lo vide, si mise le mani nei capelli e pensò (forotongafia): -No- la risposta alla sua domanda di prima. Subito dopo cominciò a gridare. Suo nonno lo squadrò ben bene, e poi pensò: -Forse ha mangiato qualcosa di pesante-.

Stava scendendo la sera. In quel momento Renato e Sabrina spuntarono da dietro un angolo. Sia Johnny, al quale era passata la crisi isterica, che il nonno, al quale stava venendo una crisi d’astinenza, li videro. In quel momento il sole tramontò, scomparendo. Renato e Sabrina scomparvero. Johnny svenne. Il nonno, a corto di argomenti, sentenziò: “C’est la vie”. +Traduzione dal cirillico: ‘è la vita’. N.d.r.+.

Stava calando la sera. Renato, che aveva passato una giornata fantastica insieme a Tinetta, la stava riaccompagnando a casa. Sulla porta di casa, Tinetta esitò. Disse: “Sai, Renato, oggi mi sono divertita un mondo. Era da tempo che speravo in una giornata così. Tu sei sempre stato così sfuggente nei miei confronti; a volte ho anche pensato delle cose assurde. Però, e te lo posso giurare, non ho mai veramente dubitato di te, e tu oggi mi hai confermato questa mia convinzione. Grazie” sorrise. “Sono io che ringrazio te” disse Renato (4°) Saaaalve! Alla domanda di Tinetta: ‘Perché hai cercato di farmi tua sugli scalini del portico’ Renato ha risposto: ‘Perché fuori casa vale doppio’ (5°). Scusate l’interruzione. Dicevamo: Tinetta e Renato si salutarono, ripromettendosi di vedersi il giorno dopo. Tinetta entrò in casa: “Mamma, sono tornata” “Oh, bene. E’ quasi buio”. Stava ancora calando la sera. Johnny, che aveva passato una giornata indimenticabile assieme a Tinetta, stava riportandola a casa. Fermatisi sul pianerottolo d’ingresso, Tinetta disse: “Sai, Johnny, oggi mi sono divertita moltissimo. E non solo per essere andata in giro, al mercato o per negozi, ma soprattutto perché sono stata insieme a te”; arrossì, ripensando al parco. Johnny disse: “No, sono io che ringrazio te” (4°) Saaaalve! Alla domanda di Tinetta: ‘Perché hai cercato di farmi tua sul pianerottolo d’ingresso’, Johnny ha risposto: ‘Perché fuori casa vale doppio’ (5°). Scusate quest’altra interruzione. Abbiamo provveduto ad eliminare quella fastidiosissima vespa**. Dicevamo: Johnny e Tinetta si salutarono, ansiosi di rivedersi il giorno dopo. Tinetta rientrò in casa sua. Nel preciso istante in cui chiudeva la porta, il sole scomparve definitivamente. In quello stesso momento scomparvero anche alcune persone. Tinetta che era già entrata in casa, accompagnata da Renato, sparì nel nulla. Johnny, che stava uscendo in strada dopo aver appena lasciato Tinetta a casa, svanì. La stessa sorte toccò a Renato e Sabrina, che si dissolsero dopo aver svoltato un angolo dove vennero visti da Johnny e suo nonno.

Venivano dall’Abc: Sabrina, curiosissima, appena usciti in strada aveva chiesto notizie a Renato dei suoi poteri: “Senti, so che per te è un argomento delicato, ma sarei curiosa di sapere se è accaduto qualcosa di nuovo riguardo al tuo problema” “Mah, non lo chiamerei proprio un problema: dopotutto, sono in grado di controllarli, e quindi di usarli a mio favore” “Non mi sembra però che tu sia proprio in pieno possesso del controllo del tuo potere. Dopotutto, più di una volta ti hanno messo nei guai tuo malgrado” “Già. A proposito, sai cosa mi è capitato oggi?” “Dimmi” “Beh, non credo che si sia trattato di qualcosa di rilevante, ma giurerei di aver visto.. non ridere, eh? Va bene?” “No!” disse Sabrina, sull’orlo della risata più fragorosa: “Non rido, stai tranquillo” “Ah, no? Ma se ti stai già piegando in due” “Ma scusa, sei tu che mi fai ridere. No, no va bene, adesso basta. Voglio sapere cosa ti è accaduto oggi, e devi dirmi perché non lo consideri un fatto importante” “Beh, per il semplice fatto che si è trattato di una allucinazione, non so se provocata dai poteri o meno” “Bene, questo lo stabiliremo subito. Allora, vuoi dirmi una buona volta cosa hai visto?” “Io.. io.. ho visto.. o almeno, ho creduto di vedere.. un altro Renato” “Eh?” “Eh? Eh? Un altro Renato, un altro me, ecco che eh! Eh!” “Oh, capisco” “Eh, no, invece; non capisco nemmeno io, maledizione! Non so se sono pazzo o se sono matto” “Senti” disse Sabrina, per ammansirlo: “Non sei nessuno di questi due casi da neuro; sei solo un po’ stanco, tutto qui” “Dici?” “Dico” “Mah, vorrei crederti, sai?” “Andiamo, Renato, se dovevi impazzire era già successo da un pezzo. Non stare a pensarci troppo, ora. Ormai dovresti esserti abituato alle stranezze. Con tutte quelle che mi hai raccontato da quando hai scoperto di possedere questi poteri” “Già. Fo bene a parlare con te, sai? Mi fai stare subito meglio. Hai sicuramente ragione tu, sai?” “Grazie, troppo buono” presero a ridere. Un istante dopo svoltarono nel fatidico angolo. Dall’altra parte, ad una certa distanza, videro Johnny e suo nonno. Questi ultimi videro loro. In quel momento il sole tramontò definitivamente. Johnny e il nonno scomparvero dalla vista di Renato e Sabrina. Renato e Sabrina scomparvero dalla vista di Johnny e suo nonno. Sparirono nel nulla gli uni per gli altri.

* Due citazioni: «Mm…. fregnacciaro» viene da Striscia la Notizia, ma non ricordo da quale personaggio era pronunciata; «Per me, numero uno!», questa è la leggendaria battuta di Dan Peterson nella pubblicità del Lipton Ice Tea.

** «Saaaalve!…. vale doppio». Il Saaaalve è quello del Bruno Vespa di Striscia la Notizia, ma la battuta viene dal programma del 1990 Calciomania, nel quale Giampaolo Fabrizio iniziò la sua imitazione del conduttore di Porta a Porta.

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Il buio si stava diradando. Lentamente, mugugnando, stava riaprendo gli occhi. Vide la luce davanti a sé, così richiuse gli occhi. Li riaprì più lentamente, in modo da ricevere la luce gradualmente. Appena le immagini assunsero dei contorni definiti, Johnny credé di ravvisare davanti a sé le fattezze di Ercole, il suo gatto. Ancora mezzo addormentato, disse: “Chi vuol giocare a mosca cieca col Danny?*”. Ercole gli rispose: “Cos’è questa, la sigla iniziale?” “Non so” disse il ragazzo, poi aggiunse: “Secondo me gli unici che conoscono la sigla iniziale sono Giuseppe di Arimatea oppure Joseph of Eirimatea” “Ma cosa accidenti stai dicendo?” chiese incredulo suo nonno. Johnny mugugnò ancora, poi, stralunato, domandò: “Ma cosa è successo?” “Questo non lo so. Me lo devi dire tu” fu la risposta del nonno. Il ragazzo lo guardò, poi chiese: “Cosa ci faccio qui? Non.. non mi pare di ricordare.. non mi.. pare” facendo scorrere rapidamente i suoi pensieri, ad un certo punto gli sovvenne ciò che aveva visto, e sobbalzò. Guardò suo nonno con due occhi che sembravano scatolette Simmental, e disse: “Nonno, sono pazzo.. o cosa? C’eri anche tu, se non ricordo male” “Ricordi bene” “E.. allora?” si issò a sedere sul divano dove lo aveva adagiato suo nonno, e chiese ancora: “Dove sono i miei?” “Tuo padre è nel suo studio. Le tue sorelle sono in cucina a preparare la cena; e tua nonna è andata a fare una passeggiata, portando fuori il gatto” “Il gatto” ripeté Johnny, soprappensiero, poi esclamò: “Un momento! Ercole era qui davanti a me, prima, gli ho anche parlato” “Ehm” disse suo nonno: “forse è meglio che tu non ti faccia sentire mentre dici che hai parlato col gatto, no?”; Johnny arrossì, e mormorò: “Ehm, mi sa che hai ragione”. Poi, impietoso, il nonno disse: “Bene, e ora vuoi spiegarmi perché appena mi hai visto ti sei messo a gridare, e quando i tuoi amici sono scomparsi nel nulla sei addirittura svenuto?” Johnny lo squadrò stupito; poi, abbassando la voce, con aria da cospiratore, disse: “Li hai visti anche tu, allora?” “Certo!” esclamò suo nonno: “Sono vecchio, è vero, ma mica cieco. E adesso, se non ti dispiace, vuoi spiegarmi il perché delle tue reazioni? Mi sono sembrate eccessive” “In effetti” gli concesse Johnny con un sorrisetto di scusa, ricordando di essersi messo ad urlare alla vista di suo nonno. Poi disse: “Non era per te, nonno. Spero che non ti sarai offeso. Vedi, il fatto è che tra ieri e oggi ne ho passate parecchie, compreso vedere me stesso”. Il volto di suo nonno si corrucciò, poi disse: “Sai, Johnny, mi sembra che sarà un racconto interessante il tuo” e così il ragazzo cominciò la sua narrazione. Disse a suo nonno proprio tutto, dagli incontri con Tinetta e Renato allo scontro con Sabrina. Alla fine, Johnny si adagiò sul divano, con gli occhi chiusi. Quando li riaprì, squadrò suo nonno, che era pensieroso. Poi gli chiese: “Allora, nonno, non ti getti sul telefono per chiamare il manicomio?”; suo nonno sospirò, e guardò il nipote con aria paziente. Poi gli disse: “Guarda, Johnny, che tu non hai l’esclusiva di queste follie. Se vuoi proprio saperlo, la tua storia non mi giunge nuova. E, anzi, mi è capitato qualcosa di simile molti anni fa” Johnny sobbalzò violentemente. Guardò suo nonno con attenzione, cercando di cogliere il minimo indizio nel suo volto che gli facesse capire se il vecchio parlava sul serio o lo prendeva in giro. Ma quest’ultimo non scherzava. Johnny disse: “Nonno, devi assolutamente dirmi cosa è successo e come posso rimediare” “Mah, veramente, non so dirti cosa è successo con eccessiva precisione. Molti anni fa qualcosa di simile capitò a tua madre, ma anche allora io non capii come poteva essere accaduto”. Sentendo parlare di sua madre, Johnny si issò a sedere, incuriosito, e chiese: “Ehi, cosa successe?” “Beh, tua madre all’epoca aveva circa sette anni. Io e tua nonna riuscimmo a controllare bene la situazione, ma quella volta si trattava di un solo doppio” “Ma che roba stai dicendo?” “Non capisci, vero? Ancora non hai nessuna idea di come tu possa aver creato….” “Nonno, se capisci qualcosa più di me, ti sarei grato se mi spiegassi anche a me. E, a titolo di curiosità, mi piacerebbe che mi raccontassi cosa successe anni fa” “Lo farò, stai tranquillo, ma non credo che adesso ci sia tempo. Ci stanno chiamando a cena”; si allontanarono. Il racconto era rimandato.

Dopo cena, stanchissimo, Johnny se ne andò subito a dormire. Suo nonno gli promise che gli avrebbe raccontato tutto il giorno dopo. Così fu, in effetti. UUUUUAAAAA4444! Attenzione; il comitato principale si riunisce a condominio e consiglio, integrato, come al solito, dai consiglieri Bubbola, Pappola, Grulli e Citrulli**. E adesso…. Scusate l’interruzione, signore e signori. Direi che adesso è meglio riprendere. Dunque, eravamo rimasti: il giorno dopo, appena finita la colazione, Johnny e suo nonno si spostarono in salotto, e il ragazzo disse: “Mi sa che dobbiamo fare alla svelta; tra un po’ io parto per andare a scuola” “Sarò veloce” assicurò il nonno. Poi cominciò: “Dunque, per quanto mi è dato di sapere, tutto cominciò il giorno che facemmo una escursione in un antico tempio abbandonato: non era un reperto storico o che so io, si trattava solo di un edificio diroccato situato sulla cima di una collinetta. Io, tua madre e tua nonna eravamo andati a fare una scampagnata, e avevamo in programma proprio di fermarci lì, vicino al vecchio tempio, per pranzare. La giornata era serena e piacevole. Dopo aver mangiato, io e tua nonna ci stendemmo in mezzo all’erba, godendoci il sole, e tua madre ci chiese il permesso di entrare a visitare il tempio. Poiché ci eravamo già stati molte volte in precedenza, non pensammo che fosse necessario accompagnarla, e le dicemmo che poteva entrare. Per farla breve, dopo un quarto d’ora che non sentivamo giungere più nessun rumore dall’interno del tempio, ma non era strano perché era abbastanza grande e lei poteva essere in un’ala distante, entrammo anche noi e la cercammo. Con preoccupazione sempre crescente, ci rendemmo conto che tua madre non sembrava essere in nessuna parte del tempio. Eppure lo conoscevamo anche noi, sapevamo che non c’erano trabocchetti o passaggi segreti di sorta. E allora?” Johnny era avido di curiosità: “E allora? E allora? Eh?” “Beh, quando ci eravamo ormai convinti che nostra figlia doveva essere uscita, chissà per quale ragione, passammo davanti ad una stanza nella quale avevamo già cercato in precedenza, e ci accorgemmo che c’era qualcuno. Senza chiederci come mai non l’avevamo vista prima, ci gettammo su tua madre felici. Puoi immaginarti la sorpresa quando, a pochi metri da lei, vedemmo un’altra lei”; Johnny disse: “Uhm, non credo di aver capito” “Guarda che sei proprio un testone, Johnny. Insomma, per dirlo chiaro e tondo, vedemmo un doppio di tua madre” “Un che?” chiese Johnny, smarrito. Suo nonno sbottò: “Un doppio, un sosia, un replicante, un come cavolo lo chiami. Insomma, non chiedermi come successe, ma c’era. Una persona identica a tua madre, in tutto. Ed è bene che tu cominci ad accarezzare l’ipotesi che possa essere accaduto qualcosa di simile anche ai tuoi amici” “Ma.. ma” balbettò Johnny: “E’ assurdo” “Si” confermò suo nonno: “è pazzesco, ma credo che ti convenga prendere in considerazione seriamente questo fatto. Ovviamente non possiamo essere sicuri al cento per cento, ma è meglio prepararsi al peggio” “Uhmm.. continua con la tua storia” “Giusto. Beh, portammo a casa sia tua madre che l’altra, e, poiché erano svenute, puoi immaginarti cosa accadde quando si videro” “Una gran confusione?” chiese Johnny. “Esatto” confermò il nonno. “Beh, comunque, poiché mi hai chiesto di essere breve, ti dirò come si svolsero i fatti senza entrare in particolari. La seconda bambina, quella che per noi era una finta figlia, ci spiegò che da dove veniva lei quel tempio era un luogo stregato, e io elaborai alcune congetture; la più convincente delle quali era che tua madre, essendo dotata dei poteri che conosciamo, aveva suo malgrado creato una specie di porta temporale, che aveva risucchiato nel nostro mondo la sua sosia di un’altra dimensione, che aveva avuto la sfortuna di trovarsi in quel momento in un luogo che, almeno nel suo mondo, aveva una notevole carica paranormale. Non chiedermi di essere più preciso perché non ne sarei capace. Non sono uno scienziato. Quella bambina rimase con noi per un paio di giorni; ovviamente non le facevamo uscire di casa tutte e due insieme. All’epoca, per ristabilire la normalità, bastò portare le due bambine nel tempio. Tua madre si concentrò e, grazie al suo potere, riuscì facilmente a riaprire la porta dimensionale e rimandare l’altra bambina nel suo mondo. Credo che nel tuo caso la situazione sia più complessa” “Già, lo credo anch’io”; Johnny si alzò dicendo: “Grazie, nonno” “Prego”. Il ragazzo uscì per andare a scuola.

* «Chi vuol giocare a mosca cieca col Danny?». Cit. da Shining, libro di Stephen King

** «UUUUUAAAAA4444!.... dai consiglieri Bubbola, Pappola, Grulli e Citrulli». Sulla macchina da scrivere non era semplice come sul computer correggere gli errori. Quando sbagliavi, per cancellare le battute errate impiastricciavi tutto il foglio. E allora a volte, se era possibile, se scrivevi per sbaglio una lettera (in questo caso la U maiuscola) che non volevi, cercavi di sfruttarla comunque, così da non dover cancellare. Io in questo frangente avrei potuto benissimo sfruttare la U maiuscola che avevo battuto per sbaglio in modo sensato, e invece ho scritto la prima assurda idiozia che mi è venuta in mente.

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La sigla la sto ascoltando in questo momento. Ma ora basta! Vediamo di fare le cose per bene. Chi s’è preso il Danny?* Risposta: Boh.

La mattinata, a scuola, trascorse tranquilla. Grazie a Johnny, soprattutto, che evitò accuratamente Sabrina, Michael e Carlo. Tornando a casa, si ripromise di chiedere a suo nonno, appena fossero rimasti soli, spiegazioni più accurate sull’accaduto. E così fu. Dopo pranzo i due si ritirarono nella stanza di Johnny. “Allora” chiese il nonno: “cosa vuoi sapere?” “Beh, per prima cosa: come mai questa mattina i doppi non si sono visti? A quanto ho capito, frequentano gli stessi posti degli originali. Perché allora stamani non erano a scuola?” “C’erano” disse il nonno: “solo che tu non li hai visti”. Questo contribuì ad ingarbugliare ancora di più le idee di Johnny, che, colto da crisi mistica, udì una voce che diceva: “Ricordati, Johnny, le vacche morte non muggiscono**”. Poi si riscosse, e disse: “Sii più chiaro” “Ebbene, stamattina, causa fretta, non ti ho raccontato tutto alla perfezione. Quando portammo le due bambine a casa, erano svenute. Beh, al momento del risveglio, accadde qualcosa che lasciò di stucco me e tua nonna. Le due figure che avevamo davanti si sovrapposero, diventando una cosa sola. Cioè, noi, a quel punto, vedevamo una sola bambina, che era nostra figlia. Poi tua nonna disse: «Ma.. prima erano due». In quel preciso istante ci ritrovammo di nuovo con due figlie” “Cosa stai cercando di dirmi?” “E’ molto semplice. Quando due sosia, per esempio tu e il tuo doppione, se c’è, vi venite a trovare a breve distanza l’uno dall’altro, diventate una cosa sola. Così risultate invisibili agli occhi degli altri. Tu puoi trovarti di fronte al sosia di qualche tuo amico, ma al momento in cui sarai troppo vicino al tuo, diventerete una cosa sola. Tu oggi non li hai visti perché erano amalgamati gli uni agli altri. Ma domani li vedr-ai” +Notare la perfetta divisione in sillabe della parola. N.d.r.***+ “E perché?” volle sapere Johnny. “Perché adesso sai che ci sono. Stamattina ti sembrava troppo assurdo. Non ti aspettavi di trovarli, e infatti non c’erano. Domani, dato che ne conosci l’esistenza, sarai in grado di vederli” “Solo io?” “Immagino di si. Ed è un bene. Pensa alla confusione che scaturirebbe se tutti potessero vedere due copie di ognuno di voi. Che tra l’altro non sappiamo neppure quanti sono coloro che sono stati raddoppiati. Bah, domani farai bene a girare per la tua scuola, e contare quanti sosia ci sono in giro” “Come farò a riconoscere quali sono i replicanti e quali gli originali? Io ieri ho incontrato Tinetta, e ho notato che era strana dal suo comportamento. Tu mi hai lasciato intendere che non sempre originali e copie sono uniti” “Giusto. Non sempre, ma in un caso del genere, cioè con entrambi i soggetti a scuola, le immagini rimangono sovrapposte. Ti porterò ad esempio un episodio che accadde allora: essendo le bambine ancora molto piccole, non comprendevano la gravità del farsi vedere assieme, e fu così che decisero di uscire. Ovviamente a nostra insaputa. Non puoi immaginarti la mia sorpresa quando, sentendo il rumore di un automezzo, uscii per vedere chi fosse il visitatore, e lo trovai a chiacchierare tranquillamente con le piccole. Anche tua nonna rimase di sasso. Quel tizio era venuto per parlare con noi, ma né io né mia moglie eravamo molto attenti a quel che diceva: continuavamo a fissare le tue madri. Vedi, il fatto è che le immagini si erano di nuovo sovrapposte, solo che noi due potevamo notare delle grandissime differenze. Infatti non sempre i loro movimenti erano sincronizzati, e così ci trovavamo a rimirare una bambina con tre o quattro braccia. Per esempio, quando una teneva le mani dietro la schiena e l’altra si grattava un orecchio, o incrociava le braccia. Oppure quando una sbatteva gli occhi e l’altra li teneva aperti. Allora noi riuscivamo a vedere che, effettivamente, le bambine erano due. Quando il tizio se ne andò, le immagini si divisero nuovamente. Capisci ora? Nessuno potrà vedere i sosia finché questi rimarranno in un luogo tanto popolato come una scuola” Johnny assentì. “Capisco” disse. “Bene” disse il nonno: “adesso sai di poterli vedere solo tu. Devi fare molta attenzione a non parlare ad altri di tutto questo. Probabilmente ti prenderebbero per pazzo, però se qualcuno, nonostante tutto, matura qualche sospetto e pensa di poterti credere, ci ritroveremo con troppe persone al corrente di questo fatto, che potrebbero scatenare un pandemonio” “Ci starò attento. E, dimmi, perché sono scomparsi, ieri sera, davanti ai nostri occhi?” “Oh, già” disse il vecchio: “mi ero dimenticato. Vedi, anche se non conosco assolutamente il perché, di notte, o più precisamente appena il sole tramonta, le copie scompaiono nel nulla. Credo che ritornino alla loro dimensione originale. Oh, a proposito, che impressione ti ha fatto ritrovarti a guardare un altro te stesso? E’ stato come guardarsi allo specchio? All’epoca lo chiesi a tua madre, ma lei aveva appena sette anni e non mi seppe certo rispondere che cosa aveva provato”; ma Johnny non lo stava più ad ascoltare. In quel momento non avrebbe ascoltato neppure Sabrina che gli chiedeva se gradiva uno spogliarello solo per lui. Sentendo la parola specchio, tramite una rapida associazione di pensieri, aveva trovato una probabile soluzione. Saltò su ed esclamò: “Specchio! Specchi! Ecco!”. Suo nonno lo guardò interdetto, poi gli disse: “Calma, ragazzo, non lo dico più. La prossima volta parlo di mensole, di armadi o di letti. Non li pronuncio più gli specchi, se ti fanno questo effetto” Johnny rise di gusto, e disse: “Ma no, cosa hai capito” e qui un altro accesso di risa. Poi si calmò, e continuò: “Non hai capito nulla. Non c’entrano niente gli specchi, o meglio, si…. insomma, parlando di specchi mi hai fatto venire in mente qualcosa che è accaduto pochi giorni fa.. proprio l’altro ieri, per la precisione.. e sono quasi sicuro che questo evento sia la causa degli strani fatti di questi giorni”; il nonno chiese: “Bene, allora è meglio che spieghi anche a me, non trovi? Se conosceremo la causa guariremo il male. Racconta” “C’è poco da dire, in verità. Dunque, l’altro ieri sono andato al Luna Park con Sabrina, Renato e Tinetta. Non mi sono divertito molto, ma lasciamo perdere questi fattacci. Poco prima di andarcene, siamo entrati nella casa degli specchi, e qui io ho usato i miei poteri, teletrasportandomi fuori. Solo ora mi torna in mente la stranissima sensazione che ho provato in quel momento, e soprattutto ciò che ho pensato dopo, e cioè che i miei amici ce ne avevano messo del tempo, per trovare l’uscita. Beh, credo che tutto questo sia associabile ai fatti di ieri. Tu che ne pensi?” “Te lo saprò dire domani, Johnny. Per prima cosa dovrai accertarti di quante copie ci sono in giro. Se ci sono le quattro che sospetti tu potremo pensare a qualche rimedio” “D’accordo, allora dovremo aspettare domani” “Credo proprio di si” concluse il nonno, alzandosi. Si avviò per uscire, poi, sulla soglia, si voltò indietro ed aggiunse: “Credo che sia più saggio se oggi rimani in casa. E’ meglio non fomentare altri dissidi tra te e i tuoi amici”. Johnny rimase pensieroso nella sua stanza. Adesso aveva capito a chi imputare gli strani comportamenti dei suoi amici. Passò quasi tutta la giornata in casa, aiutando Manuela e Simona nei lavori di casa. Aveva ancora molti dubbi sulla situazione, e quella stessa sera li espose a suo nonno, mentre si guardavano ‘E’ quasi magia Johnny’ comodamente seduti sul divano del salotto. Il ragazzo disse: “Nonno, come mai i sosia si comportano in modo diverso dagli originali?”; il nonno sospirò, e spiegò: “Ci ho pensato anch’io, e ho tratto le mie conclusioni. Anche le due bambine che avevamo noi si comportavano diversamente. C’erano delle differenze, ma questo è ovvio. Devi metterti in testa che non si tratta di copie create a immagine e somiglianza da qualcuno. Quelle sono persone, che nella loro dimensione vivono di vita propria. Poteva accadere che tu venissi risucchiato in un’altra dimensione, e allora saresti stato trattato alla stregua di un doppione, di una copia, mentre invece, qui sei l’originale. Oltretutto, a quanto mi hai detto, la causa potrebbe essere stata l’utilizzo dei tuoi poteri fra gli specchi. Questo non ti suggerisce niente?” “No” “Non importa, tanto ci sono io che capisco e ti spiego. Come tutti sanno, tranne te, l’immagine allo specchio, essendo rivoltata, presenta caratteristiche del tutto differenti da quelle del tizio che si specchia. Ed ecco perché i sosia che hai richiamato sono diversi da voi. Gli specchi hanno avuto un ruolo fondamentale” “Ora capisco un sacco di cose” disse Johnny; “Era ora” affermò il vecchio.

* «Chi s’è preso il Danny?». Sempre da Shining.

** «Le vacche morte non muggiscono». Non sono sicuro al 100%, ma credo altra frase da un libro di Stephen King.

*** «Vedr-ai». Un errore che feci in origine. Qui avrei potuto correggerlo, ma non mi andava.

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Un lancillo squallido verso l’area di rigore avversaria. La prima frazione di gioco può essere riassunta così: «a tutte l’ore, alligatore»*. E scusatemi se è poco, ma per ora la partita e la sigla iniziale sono ad un punto morto.

Proprio nel momento in cui Johnny si buscava un mastodontico ceffone da Sabrina, Johnny spense la TV, pensando (fotografia): -Cavolo, quel tizio alla tele è proprio idiota**. Ad ogni puntata le prende-. Dopo questa arguta riflessione, possiamo tornare al nostro racconto. Mentre il nostro Johnny se ne stava calmo calmo in casa sua, a scanso di pericoli, ci pensava il suo sosia ad inguaiarlo notevolmente. Infatti, essendo felicemente uscito con Tinetta, non aveva trovato di meglio da fare che andare a trovare Sabrina. L’idea era stata di Tinetta. Quando quest’ultima bussò, Sabrina chiese: “Chi è?” “Sono io” rispose Tinetta. Sabrina aprì la porta, e si trovò davanti a Tinetta e a Johnny. Guardò il ragazzo sbalordita, poi Tinetta chiese: “Ehm.. Sabrina, ti senti bene?” lei guardò la sua amica e disse: “Eh? Oh, si, Tinetta stai tranquilla. Ma.. ehm.. entrate, prego” Johnny non aveva compreso la reazione di Sabrina vedendolo, ma non le prestò comunque troppa attenzione. Si sedettero tutti insieme, e Tinetta disse: “Sono venuta a trovarti per chiederti se vuoi uscire con noi a comprare….” “Ehm, Tinetta” la interruppe il ragazzo: “forse è meglio che tu non venga. Mi piacerebbe che fosse una sorpresa quello che devo prendere” “Come sei caro” disse Tinetta: “ma ti prego, voglio vedere solo gli addobbi che ti ha chiesto mia madre, poi ti lascerò solo”; Johnny si arrese, dicendo: “E va bene”. Tinetta, felice, gli schioccò un bacio sulla guancia. Johnny parve molto soddisfatto, e Sabrina parve molto fumante. Cercò di controllare le sue reazioni, per rispetto verso Tinetta. Ad un certo punto, Johnny si rivolse a Sabrina, chiedendole: “Posso andare al bagno, Sabrina?”. La ragazza lo guardò sorridendo esageratamente, poi disse: “Oh, ma certo, vai, vai pure” poi pensò: -Se vuoi ti ci accompagno io al bagno, a calci nel..- Tinetta le impedì di formulare per intero la volgarità, dicendole: “Sai, Sabrina, non immagini neppure quanto io sia felice. E’ la prima volta che Johnny mi dedica le sue attenzioni in modo così assiduo. Pensa che a volte ho anche avuto l’impressione che mi evitasse. E adesso, invece, sembra non avere occhi che per me. Pensa, stiamo andando a comprare dei festoni per la festa che mia madre ha organizzato per domani sera”. Il pensiero che attraversò la mente di Sabrina fu velocissimo: -Evidentemente la madre di Tinetta vuole farle credere che la festa sarà a casa sua. Così la sorpresa sarà grandiosa-. Pensando a quanto sarebbe stata felice la sua amica di sempre, giunse persino a giustificare il gesto di Johnny. Dopotutto, aveva regalato dei momenti bellissimi a Tinetta, che, pur essendo una gran rompiscatole, era molto buona. Ma poi le venne in mente che, mettendo da parte la felicità meritata di Tinetta, era stata lei a prenderlo in saccoccia, e le ritornò in mente l’affettuoso epiteto che aveva utilizzato in quei due giorni per definire Johnny. Proprio in quel momento il ragazzo tornò nella stanza, e Sabrina fu ad un pelo dal dirgli: «Salve, lurido verme»; dovette morsicarsi la lingua. Tinetta le rinnovò l’offerta di poco prima: “Vuoi venire con noi, Sabrina?”; quest’ultima scosse la testa, e disse: “Mi dispiace, ma credo di avere da fare” “Sei sicura?” “Ma si” confermò Sabrina, riuscendo a sorridere (evitando di guardare il lurido verme, ovviamente); poi, per mascherare il suo stato d’animo non proprio giulivo, aggiunse: “Vai pure tu, Tinetta, e divertiti” così dicendo le strizzò l’occhio in maniera molto accattivante. Ovviamente voltando le spalle a Johnny. Tinetta si mise a ridere, e disse: “D’accordo; grazie Sabrina” “Figurati. Ciao”. Gli ospiti salutarono ed uscirono. Johnny si voltò indietro per dare un ultimo saluto a Sabrina, ma per sua sfortuna Tinetta non stava guardando, e dalle labbra di Sabrina uscirono parole che non erano propriamente un saluto: “Cerca di andare al diavolo, verme lurido e strisciante”. Tinetta era già uscita, e non sentiva più, così Sabrina si sentì libera di aggiungere: “Hai una faccia di bronzo da medaglia d’oro. Presentarti qui dopo.. dopo.. dopo ieri” e gli chiuse la porta in faccia.

Il giorno dopo, finalmente, giunse per Johnny il momento della verità. A detta di suo nonno, ma anche lui era dello stesso parere, il modo migliore per sistemare la faccenda era attendere la festa in onore di Tinetta. Sicuramente le copie sarebbero andate alla festa, in quanto era quasi sicuro che il fattaccio fosse avvenuto nella casa degli specchi, perciò i sosia erano probabilmente solo quattro, quelli cioè di Sabrina, Tinetta (fotografia: -Ma non ne bastava una?- pensiero del nostro eroe), Renato, e anche il suo, evidentemente. Anzi, Johnny era ormai del parere che lo strano comportamento di Sabrina nei suoi confronti fosse da imputare a qualche sconsiderato gesto del caro doppione. Comunque, quel giorno a scuola, avrebbe forse trovato qualche soluzione. Si fermò davanti alla porta che dava nella sua classe. Trasse un profondo respiro, preparandosi a ciò che avrebbe potuto vedere. In quel momento una mano lo toccò sulla spalla, e una voce lo salutò: “Ehilà, Johnny”; Johnny si irrigidì, pensando (quadratino): -La voce di Carlo. Adesso saprò se devo preoccuparmi anche del suo sosia- e così si voltò. Molto lentamente. Quando vide in faccia il suo amico, riuscì a trarre un sospiro di sollievo. Non notò niente di strano, né in Carlo né in Michael, che era assieme a lui. Michael disse: “Slick stava andando all’ospedale con una pallottola nella schiena. Ed era il terzo sospetto eliminato***”. Johnny e Carlo lo guardarono, poi quest’ultimo chiese: “Michael, c’è qualcosa che non va?” “Oh, no. Scusate, è che ho visto Magnum P.I. in TV ieri sera, e adesso dico le cretinate che mi saltano in testa” “Come sempre” dissero in coro Carlo e Johnny. Poi Carlo disse: “Allora, Johnny, sei pronto per la grande festa di stasera?” “Potete scommetterci. Dovreste solo dirmi l’ora in cui inizierà”. Questo era molto importante per Johnny; la festa avrebbe dovuto svolgersi prima del tramonto, altrimenti le copie sarebbero scomparse nel nulla e addio. Chissà quando sarebbe capitata di nuovo l’occasione di avere originali e sosia insieme. Carlo rispose: “Verso le sette”; -Bene- pensò Johnny (fotografia): -un punto a mio favore-. Poi chiese: “Chi verrà?”; Michael e Carlo spalancarono gli occhi a dismisura, poi presero a ridere come pazzi. Quando si calmò, Michael riuscì a dire: “Chi verrà? Amico, hai chiesto chi verrà? Faremmo prima a dirti chi non ci sarà. Abbiamo invitato tutta la scuola”. Mentre ridevano ancora come arbitri del derby Milan-Inter, Johnny sorrise, e pensò (quadratino): -Perfetto. Se verranno tutti, non mancheranno certo Renato, Sabrina, né tantomeno il mio sosia o quello di Tinetta. Sempre sperando, ovviamente, che ci siano solo questi. E’ già una gran fortuna che Michael e Carlo siano solo in due come al solito; non sarei sopravvissuto ai loro modelli stereo-. In quello stesso istante Sabrina svoltò nel corridoio. Johnny rimase di sasso. Era davvero come aveva detto suo nonno. Riusciva a vedere due Sabrine, ma non divise, bensì sovrapposte. Era una sensazione molto curiosa. Una camminava a testa alta, guardandolo. L’altra aveva gli occhi abbassati. Johnny rimase imbambolato, guardando quell’immagine assurda, che lo stava tirando scemo. Quando gli passò davanti, Sabrina lo salutò con la solita giovialità: “Ciao, Johnny”; l’altra Sabrina, invece, passò davanti a lui senza alzare gli occhi. Fece appena in tempo a pensare: -Una di loro è la Sabrina con la quale ho avuto ieri un diverbio. L’altra dev’essere la copia-, e subito dopo la sua voce rispose: “Ciao Sabrina”; solo che lui non aveva aperto bocca. Rimase ancora più meravigliato subito dopo, quando il suo braccio si alzò in cenno di saluto. In quel momento si ritrovò con due braccia destre. Una che salutava Sabrina e l’altra che rimaneva distesa lungo il fianco. Per un attimo si sentì girare la testa. Non aveva mai provato una sensazione così strana. Mai si era sentito così vicino a svenire. Si provocò un dolore bestiale mordendosi la lingua, ma in questo modo si impedì di cadere a terra svenuto. Il dolore servì anche a restituirgli una parvenza di razionalità. Calmandosi, decise di entrare in classe. Michael e Carlo stavano ancora ridendo come odontotecnici. Johnny ringraziò ancora una volta il cielo di non aver creato anche i loro sosia.

* «a tutte l’ore, alligatore». Suppongo sia inutile dire che anche questa frase è tratta da un libro di King; credo IT, ma non ci metterei la mano sul fuoco.

** «....quel tizio alla tele è proprio idiota». Se lo dici tu….

*** «Slick.... il terzo sospetto eliminato». In quel momento davano Magnum P.I….

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La partita è finita/ e noi abbiamo vinto. La seconda frazione di gioco è stata molto noiosa e può essere riassunta così: al primo squillo, coccodrillo*. E, mentre i nostri tecnici specializzati cercano la sigla iniziale, io vi ricordo che le vacche morte non muggiscono.

Johnny dovette ben presto abituarsi alla strana situazione in cui si trovava. Si lanciava spesso occhiate nervose attorno per accertarsi che nessuno si accorgesse di nulla. E intanto cercava di valutare il suo stato d’animo. A suo parere avere una copia di sé stesso sovrapposta al suo vero corpo non provocava nessun tipo di scompenso o qualche altro sintomo, almeno a livello fisico. L’impatto mentale era di tutt’altro tipo. Trovarsi con quattro braccia o quattro gambe, oppure riuscire a vedere anche tenendo gli occhi chiusi non era il massimo del benessere per la salute mentale. Però aveva imparato a convivere con tutte queste assurdità e non aveva difficoltà neppure adesso. Quando fu il momento di fare ricreazione (se c’è), Johnny decise di effettuare una prova; pensò (fotografia): -Voglio rimanere seduto. Se è vero che a scuola i sosia rimangono uniti, significa che entrambi abbiamo le stesse idee, altrimenti uno andrebbe da una parte e uno dall’altra, a fare cose diverse. Voglio vedere cosa succederà rimanendo seduto-. E così fece. Dapprima, con suo sincero stupore, avvertì un certo impulso ad alzarsi in piedi; ma il desiderio, che non era espresso dal suo corpo, scemò rapidamente. Pensò (quadratino): -Questo era un impulso esterno. Non era stato il mio cervello ad ordinare alle gambe di alzarsi. Se non avessi voluto rimanere seduto non avrei resistito e mi sarei rizzato in piedi. Probabilmente l’altro Johnny, dopo aver desiderato di andarsene, ha pensato che dopotutto stava meglio qui, e che non doveva fare niente di urgente. Bene, questo è già un punto a mio vantaggio. Conoscendo la situazione ho il potere di influire sulla volontà del mio sosia. Devo trovare il modo di ris….- non fece in tempo a terminare il pensiero, che Sabrina si era venuta a mettere davanti a lui. Johnny rimase a bocca aperta. Il suo pensiero fu tanto breve e rapido quanto eloquente (fotografia): -Oh oh-. Sabrina fece per dire qualcosa, ma Johnny, messo in soggezione dal volto implacabile di Sabrina, si fece sfuggire un sussurro che la incuriosì: “Come hai detto, Johnny?” chiese la ragazza. “Oh, niente” rispose lui. In realtà, troppo debole per farsi udire, aveva mormorato: “Oh, no. Sono fritto” e aveva proprio ragione. Solo in quel momento il ragazzo si accorse che l’altra Sabrina stava parlando. Cosa gli stava dicendo? Dovette concentrarsi per afferrare il filo del discorso. Lei gli stava chiedendo della festa di Tinetta. Meccanicamente, senza rendersi conto del fatto che il suo sosia avrebbe risposto alla domanda, Johnny rispose: “La festa di Tinetta? Certo che ci verrò”. La ‘sua’ Sabrina lo guardò stralunata. A Johnny venne in mente che forse aveva fatto una bella gaffe. Lui doveva stare attento a quello che dicevano nel suo mondo. Ma vai a capire quale delle due Sabrine si rivolgeva a lui. Per sua enorme sfortuna, le ragazze parlarono contemporaneamente. Una delle due disse: “Allora stasera ci sarai, vero?” e l’altra: “Ma che cosa dici, Johnny?” solo che lui, sentendole parlare nello stesso momento, non aveva capito niente, e si trovò in un bell’imbarazzo. Così, non trovò niente di meglio da fare che rifugiarsi nel suo solito sorriso allegro da Dietorelle alla fragola. In quel modo, però, riuscì a capire senza ombra di dubbio quale fosse la sua Sabrina, visto che una continuò a parlargli e l’altra lo guardò con un’espressione spazientita. Lui si concentrò su quella spazientita. Tanto all’altra ci pensava il suo sosia. Cercando di non ascoltare i discorsi degli altri due, Johnny assunse un atteggiamento calmo, il più normale che gli riusciva. Con una voce molto serena chiese: “Scusami, hai detto qualcosa?” lei lo guardò sconcertata, e disse: “Certo, che ho detto qualcosa. Ti ho chiesto che cosa dici. Io non ho mai parlato della festa di Tinetta”; lui sorrise come Aristotele, e disse: “Perché, io si?” lei sospirò arrendendosi, e tagliò corto: “Lasciamo perdere”. Johnny raccolse tutto il coraggio di cui era capace, e disse: “Sabrina, vorrei chiederti una cosa sinceramente”; lei lo guardò con attenzione. Il ragazzo proferì: “Io.. quella sera.. l’altro ieri, insomma, ero venuto da te perché volevo chiederti della festa di Tinetta. Volevo chiederti se.. si, insomma, volevo chiederti se ti farebbe piacere che io ti ci accompagnassi”. L’espressione di Sabrina mutò leggermente. Se fino ad ora era stata fredda e attenta, adesso sembrava disorientata. Johnny percepì distintamente le sensazioni della ragazza. In quel momento, lui lo sentiva, Sabrina stava valutando le sue parole; evidentemente le sembravano sincere, però c’era qualcosa che la turbava non poco. Qualcosa che il ragazzo non poteva sapere, e che tormentava la mente ed il cuore di Sabrina. Lei non sapeva su quale delle sue conoscenze impostare le sue azioni, però desiderava credere a quello che Johnny le aveva appena detto. Lui glielo leggeva negli occhi. Voleva credere a Johnny. Fu a questo punto che il ragazzo aprì bocca rovinando tutto, convinto invece di dissipare ogni dubbio dal cuore della ragazza. Purtroppo non conosceva la gravità delle gesta del suo sosia. Così, convinto di fare la cosa migliore, disse: “Io.. io non conosco il motivo del tuo astio di questi giorni, e nemmeno mi interessa. Ma voglio dirti che se ho fatto qualcosa di irriguardoso nei tuoi confronti, non è stato deliberatamente….”; in quell’istante, a Sabrina venne in mente la fuggevole immagine vista al parco, e la visita di Johnny e Tinetta il giorno dopo. La sua espressione ritornò ad essere dura. Con voce sprezzante, disse: “Oh, è vero. Immagino che tu sia stato costretto da qualcun altro che controlla le tue azioni. Non lo hai fatto deliberatamente, e magari non ti è neanche piaciuto, dico giusto? Beh, sorvolando sulla tua sfacciata visita di ieri sera, sappi che al parco vi ho visti, due giorni fa”. A questo punto Sabrina si sarebbe aspettata di vedere il volto di Johnny fulminato da un lampo di comprensione. Avrebbe dovuto spalancare la bocca e gli occhi, e avrebbe dovuto pensare: «Oh cavolo ci ha visti al parco me e Tinetta ecco perché non si è bevuta la storiella della visita innocente per chiederle di accompagnarla ecco perché non riesco più a fregarla e adesso come farò con una sola ragazza da ingannare?». Solo che niente di tutto questo passò per la testa del ragazzo, e il suo volto non mutò minimamente, nemmeno per un secondo. Rimase stralunato, con un’espressione di totale disorientamento. Insomma, in poche parole, era la faccia di uno che non capisce un Findus di quello che gli stai dicendo. –Accidenti- pensò Sabrina: -se finge sconcerto, è davvero un ottimo attore-. In quel momento l’altra Sabrina si allontanò dal banco di Johnny. La ‘vera’ Sabrina la seguì. Johnny, che era assolutamente sbalordito, fece solo in tempo a dire: “Visita? Quale visita, se ieri non sono uscito di casa?”, prima che il suo corpo si alzasse e uscisse dall’aula. Lo sconcerto aveva privato il nostro eroe della forza di volontà, perciò adesso era lui a seguire le azioni del suo sosia; esattamente come Sabrina, che era stata resa debole dalle delusioni di quei giorni, e non riusciva quasi mai, quando era congiunta alla sua sosia, a prendere qualsiasi tipo di iniziativa. Johnny seguì per un po’ la stessa strada di Sabrina, poi cambiò rotta. Solo che, nel frattempo, il nostro Johnny aveva ripreso le forze. Riflettendo su quanto le aveva detto la ragazza, era giunto alla conclusione che le bravate di quei giorni, che avevano reso Sabrina così ostile, erano tutte opera del suo sosia. Fu così che decise di seguire la ragazza, facendo prepotentemente cambiare rotta anche all’altro, che sarebbe voluto andare da Tinetta. In ogni caso l’altro Johnny non avrebbe certo risentito della volontà del nostro eroe. Per lui erano semplici impulsi, che era libero di seguire come di non seguire. Solo che si trovava sempre a seguirli, in quanto la sua volontà era resa vana dal fatto di non conoscere la situazione in cui si trovava. Fu così che anche quest’altro Johnny si ritrovò a seguire Sabrina, infischiandosene del perché. Sabrina svoltò in un angolo. Johnny si guardò bene dal girare anche lui, e si fermò. Avvertì una leggera contrazione dei muscoli della gamba destra, che avrebbe voluto fargli compiere un altro passo, ma subito la dominò. Si avvicinò invece all’angolo dietro cui era scomparsa Sabrina, e si affacciò.

* «al primo squillo, coccodrillo». Sempre Stephen King, lo stesso libro di prima che probabilmente era IT.

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Per pietà, che qualcuno mi aiuti. Ho dei gravi problemi. E la sigla non la fo.

Sabrina era ferma davanti ad una finestra, e guardava all’esterno. Da lì Johnny poteva vederle il volto di tre quarti. Abbastanza da notare la sua espressione. Il volto della ragazza appariva gioioso e malinconico allo stesso tempo. Beh, in questo modo per Johnny era facile capire quale delle due fosse la sua. E infatti in quel momento una delle due figure chiuse gli occhi. Johnny valutò che doveva averli chiusi l’ ‘altra’ Sabrina. Il ragazzo sentì una sensazione di vergogna. Evidentemente l’altro Johnny non si sentiva proprio un campione di correttezza nello spiare Sabrina in quel modo. Ma il ‘nostro’ Johnny aveva troppi pensieri per la testa senza doversi anche vergognare delle sue azioni. Dall’altra parte del corridoio arrivò Renato. Johnny constatò che anche Renato aveva un sosia. Bene, a questo punto restava da stabilire se ci fossero anche due Tinette, così avrebbe saputo senza ombra di dubbio se il fenomeno che aveva causato quel problema era stato l’uso dei suoi poteri nella casa degli specchi. Renato si fermò accanto a Sabrina. I due si guardarono. D’improvviso una coppia di sosia si avvicinò. Gli altri due restarono ad una certa distanza. In questo modo Johnny poté vedere in modo chiarissimo i volti di tutti e quattro i personaggi. I due sosia di Renato e Sabrina che erano rimasti ad una certa distanza l’uno dall’altro cominciarono a parlare. Johnny registrò distrattamente che stavano conversando della festa di Tinetta. La sua attenzione era attirata completamente dagli altri due. Che gli cadesse un fulmine in testa, rifletteva Johnny, se quei due non si guardavano come pesci lessi. -Hai capito- pensò il ragazzo (quadratino): -questi due si attizzano a vicenda. Adesso è davvero tutto chiaro. Esattamente come me e Sabrina, con me al posto di Renato. E magari devono sorbirsi anche le uscite da rompiscatole di Tinetta. Ma no, un momento, se davvero tutto è invertito, Sabrina dovrebbe essere la rompiscatole. Vediamo un po’-. In quel momento Renato parlò. Johnny si concentrò solo sui sosia che gli interessavano; gli altri, quelli del suo mondo, non gli interessavano. Renato disse: “Grazie per essere venuta” “Figurati,” disse lei: “sono molto curiosa di sapere i tuoi programmi per la festa di stasera” in quell’istante Johnny avvertì un moto di rabbia misto ad altra vergogna. Il nostro eroe si ricordò di non essere il solo a vedere quella scena. Il doppione che si trascinava dietro, in quel momento vedeva i due Renato e Sabrina ‘attizzati’. Johnny non conosceva bene come andavano le cose fra quelli ma, a scanso di equivoci, decise di non far sentire troppo al suo sosia. Così, con la forza del pensiero, di cui il suo doppio, evidentemente, era sprovvisto, fece volare un secchio pieno d’acqua fuori da uno sgabuzzino che si trovava lì dietro. Ovviamente i corridoi in cui si trovavano erano deserti*. Il secchio d’acqua si stava avvicinando. Il nostro Johnny lo fermò a mezz’aria, pensando a come fare per evitare il grido del suo sosia. Gli venne un’idea. Si distanziò leggermente dal suo doppione, facilitato dal fatto che lì non li poteva vedere nessuno, e quando fu in grado di vedere il piede dell’altro Johnny per intero, partì con un pestone micidiale. Con la forza del pensiero fece in modo che anche l’altro Johnny muovesse il piede per pestare. E così fu. Quando l’altro Johnny si accorse che il suo piede sinistro stava calando con forza con violenza sul destro, si tappò la bocca con la mano per impedirsi di gridare. Si diede un pestone apocalittico, mugugnò attraverso la mano, e in quel momento gli arrivò dietro la nuca una secchiata di circa cinque tonnellate. Johnny, invece, parò il colpo e colse il secchio prima che cadesse, facendo uscire la minima quantità d’acqua. In quel momento si accorse che il suo sosia stava cadendo a terra. Per evitare il tonfo, Johnny alzò un ginocchio e lo piantò nello stomaco dell’altro, facendo in modo che restasse sollevato. E così si ritrovò a sorreggere su una gamba sola sia il suo doppio che il secchio. Facendo ricorso alle sue risorse, posò il secchio a terra con il pensiero e poi adagiò il corpo di Johnny sul pavimento. Scampato il pericolo, il nostro eroe, che aveva perso un po’ della conversazione fra Renato e Sabrina, poté tornare a concentrarsi sulle loro parole. La prima cosa che vide gli fece venire in mente che forse questo Renato, che somigliava fisicamente al Renato che conosceva lui, ma aveva la personalità del Johnny che conosceva lui, cioè sé stesso, era molto più furbo di entrambi i personaggi che conosceva lui. Fece in tempo a pensare (fotografia): -Accidenti, questo è dimolto più furbo di me- prima di rendersi conto che forse era meglio nascondersi perfettamente. E così si ritirò dietro l’angolo. Vergognarsi no, d’accordo, ma mica poteva fare il guardone. Provò persino una fitta di gelosia per quello che aveva visto, pur sapendo che quella non era la ‘sua’ Sabrina. -Però- pensò (quadratino): -questa mi sembra molto più disponibile, di Sabrine-. Adesso ascoltava le parole dei ‘suoi’ amici, che stavano parlando ancora di Tinetta. Era logico, tra l’altro; di chi altri avrebbero dovuto parlare? Di lui no di certo, visto che lo odiavano entrambi. Sentì che gli altri avevano ripreso a parlare. Si affacciò timidamente e vide che si erano scollati. Cercò di nuovo, come prima, di concentrarsi solo sulle loro parole, e così fece. Stavano parlando di qualcosa che non aveva afferrato bene. Lei disse: “Beh, hai avuto qualche altra visione?” “No, per fortuna. Ma questo non mi rende molto tranquillo. Sai bene che non posso essere sicuro di niente nelle condizioni in cui sono” “Secondo me tu esageri, sai? Ne parli come se fossero una maledizione, e invece i tuoi poteri ti hanno aiutato molte volte”. Alla parola «poteri» il cuore di Johnny sfiorò il collasso. Dunque questa era la verità. Aveva avuto ragione lui, ritenendo che l’altro Renato fosse una copia del suo Renato solo fisicamente. In realtà quel Renato lì era una copia spiccicata di questo Johnny qui. Aveva anche i suoi poteri. In quel momento i due sosia di Renato e Sabrina si avvicinarono di nuovo. Johnny fece per nascondersi, ma sentì che si erano avvicinati solo per parlare a voce più bassa. Il ragazzo aguzzò l’udito, e riuscì a sentire. Renato disse: “Non lo hai detto a nessuno, vero, Sabrina?” “Certo che no, fidati”. -Beh- rifletté Johnny: -questo è buono a sapersi. Mi frulla una certa idea per risolvere la situazione nel cervello-. In quel momento, ricordandosi di avere un cervello, Johnny si accorse che il suo sosia era ancora svenuto. Se si fossero separati in quel momento, di sicuro Sabrina sarebbe girata di nuovo in quell’angolo e lo avrebbe visto privo di sensi, mentre la ‘sua’ Sabrina avrebbe visto lui ben sveglio, e si sarebbe posta alcune domande. Così, aiutandosi coi suoi poteri, cercò di svegliare il suo doppione. Quando cominciò a dare i primi segni di ripresa, il ‘nostro’ Johnny lo tirò in piedi di peso e cominciò a trascinarlo via. Quando si avvide che si stava svegliando del tutto, lo appoggiò alla parete. Appena fu in grado di reggersi in piedi da solo, il nostro Johnny, senza tanti complimenti, si sovrappose al suo sosia e cominciò a controllare la sua mente. Tornò in aula, mentre l’altro disgraziato di un Johnny si chiedeva: “Uuh, ma cosa è successo? Che atroce legnata che ho preso”. Per il resto della giornata, non prestando molta attenzione a ciò che diceva il professore né agli impulsi del suo doppione, al quale non lasciava fare niente, Johnny decise cosa avrebbe fatto. Di minuto in minuto, però, la forza degli impulsi aumentava, e anche la frequenza. Il ‘nostro’ Johnny, felice, capì il perché dell’agitazione dell’altro. Doveva andare al bagno, ecco che cosa aveva! -Beh- pensò sadicamente Johnny (quadratino): -io non ci voglio andare al bagno. La mia forza mentale è maggiore della tua, perciò vedremo quanto resisterai. Non è un fatto personale, sai? Anzi, si. Comunque così impari a mettermi nei guai con Sabrina. Soffri, che ti fa solo bene-. Alla fine delle lezioni Johnny, con tutta la calma immaginabile, si avviò verso l’uscita. Dovette lottare con la mente, in quanto l’altro Johnny scalpitava. Adesso era una vera guerra fra impulsi, che il ‘nostro’ Johnny cercava di dominare con la mente. Però era diventato difficile, accidenti. Una volta fuori, Johnny decise di essere clemente, e s’infilò in un viottolo buio. E così si divisero. Johnny non provò nessuna particolare sensazione, ma si sentì soddisfatto di essere di nuovo uno solo. Mentre guardava l’altro Johnny che si allontanava correndo, decise di cercare Renato. Quello con i suoi poteri.

* «Ovviamente i corridoi in cui si trovavano erano deserti». Come possono essere deserti i corridoi della scuola durante la ricreazione!?!?

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Non può essere questa la sigla iniziale perciò, signore e signori, vado a incominciare con la nostra storia.

Il ‘nostro’ Johnny, dopo essersi liberato del suo scomodo sosia, andò a cercare il falso Renato. Si mise nascosto dietro un angolo, da dove poteva vedere l’uscita della scuola. Lui era stato uno dei primi ad uscire, spinto dalla comprensibile fretta del suo doppio; in quel momento vide uscire Tinetta. Si accorse, con notevole sollievo, che anche di lei esisteva il sosia. In questo modo sapeva almeno la causa del problema. Se fosse andato in porto il suo progetto, elaborato quella stessa mattina, la soluzione al problema sarebbe stata vicinissima. Tinetta si avviò nella sua direzione. Johnny, per evitare di farsi vedere, si teletrasportò al di là del muro dove era appoggiato. Non si diede il tempo di chiedersi cosa avrebbe trovato al di là del muro. C’era un’abitazione, questo era sicuro, ma adesso non poteva andare tanto per il sottile. Quando sentì i passi di Tinetta, aspettò pochi secondi prima di decidersi ad uscire di lì. Quando ritenne che non c’erano rischi, pensò (fermo immagine; ogni tanto bisogna variare, via): -Bene, ora posso anda…. aaaaaaH!-. Poté permettersi di gridare solo col pensiero, quando un cagnolino che sembrava un chiuaua nano, ma che aveva denti di dieci metri di lunghezza, lo azzannò dove ci si può facilmente immaginare. Johnny si teletrasportò fuori, pregando che Tinetta si fosse davvero allontanata, e che non ci fosse nessun’altro nei paraggi. Così era. Quando si fermò dall’altra parte del muro, mandò un sospiro di sollievo. Poi udì un sommesso ringhiare e si guardò dietro: aveva ancora il cagnaccio appeso al fondoschiena. Lo afferrò con la mano destra e tirò con violenza. Sentì un inquietante rumore di stoffa lacerata. Così decise di tirare più piano. Il bestio non ne volle sapere. Johnny si concesse un attimo di riflessione; poi, fulmineo, cominciò a fare il solletico a quella pulce che aveva per denti una fila di baobab giganti. Quando, per ridere, dovette spalancare la bocca, Johnny l’afferrò e lo scaraventò con violenza dall’altra parte. Si tastò il retrobottega per essere sicuro di non aver subito strappi. Quando fu sicuro, si riportò vicino all’angolo. Fece in tempo a vedere Sabrina che si allontanava. Quale era? Accidenti, se non avesse avuto quel contrattempo. Proprio in quel momento, comunque, scorse Sabrina e Renato che si allontanavano insieme. A giudicare da come si guardavano, erano quelli falsi. Bene, proprio coloro che lo interessavano. Si avviò per seguirli, quando una mano gli calò sulla spalla, facendolo ruotare su sé stesso. Vide Renato davanti a sé, e purtroppo anche questo aveva l’espressione da pesce: si, da pescecane. E in più, se quell’altro Renato aveva una faccia da pesce lesso (almeno mentre guardava Sabrina) questo pesce-Renato qui non aveva l’aria di volersi far mettere in padella. +Tra l’altro, mi domando, chi di voi metterebbe in padella un pesce cane? Le lische poi chi gliele toglie, a una bestia di dieci quintali? N.d.r.+. Il pesce-Renato parlò, ma non gorgogliò, né fece le bollicine. Johnny pensò (busta di spinaci: lo so che non c’entra niente, ma dovete farmi variare, via): -E poi dicono che i pesci non parlano. Questo mena pure-. Ma, con grande sorpresa del nostro eroe, Renato non sembrava ansioso di dargliele. Anzi, era sorridente. Gli disse: “Allora, Johnny, come va?”; Johnny rimase a bocca spalancata. La richiuse con uno scatto e disse: “Eh? Co-come hai detto?” “Ho chiesto come va” “Oh, già. Beh, come va?” “Appunto, dico. Va bene?” “Non lo so, Renato. Deve andar bene?”. L’altro, a questo punto, sbottò: “Oh, accidenti, Johnny. Possibile che tu sia così imbranato? Ti ho solo fatto una domanda, sai?”. Il nostro eroe sorrise con felicità tipo ‘minacciando di distruggere l’umanità’ e farfugliò sconsideratamente: “Oh? Ehm, si.. già.. come no.. va benissimo, non preoccuparti.. cioè, grazie, va benissimo” “Non si direbbe, sai?” “No?” “Non proprio. Secondo me, tu hai molto bisogno di uno psichiatra. Va beh, ciao” “Ciao”. A questo punto il nostro eroe sentiva di dover dar ragione a Renato. Dov’era uno psichiatra a basso costo? Johnny, ripresosi dallo smarrimento successivo alla domanda di Renato, si ricordò del suo scopo. Ormai Sabrina e Renato erano sicuramente troppo lontani per poterli vedere. Così era, infatti. Non li vedeva più, nemmeno in lontananza. –Accidenti- pensò (quadratino: sono ritornato ai vecchi sistemi): -e adesso? L’unica speranza è andare a intuito. Da quella parte c’è la casa di Sabrina. Evidentemente le due Sabrine hanno orari di lavoro diversi. La ‘mia’, infatti, lavora subito dopo la scuola. Quest’altra, evidentemente, si reca al bar più tardi. Beh, a questo punto direi che è necessario il teletrasporto. C’è un vicolo abbastanza isolato ad una certa distanza da qui, proprio nella direzione che hanno preso i due pesci. Se mi teletrasporto, c’è la possibilità che arrivi prima di loro-. Così, pensando come quel famoso tale, che diceva: «O la va o la spacca», Johnny partì. Non fu un viaggio molto lungo, ma la ricomparsa lasciò molto a desiderare, come altre volte. Si rimaterializzò a due metri circa d’altezza. Fece appena in tempo a vedere Sabrina e Renato che si esibivano in un replay dell’azione effettuata quella mattina a scuola (nel senso che stavano di nuovo ‘unendo le facce’, per i più balordi), prima di precipitare su di loro, esibendosi a sua volta in una imitazione di Tinetta; nel senso che di solito, in quei momenti, era sempre Tinetta che capitava a sproposito rompendo le scatole. Beh, stavolta era toccata a lui. In più, lui aveva impersonato una Tinetta-stuntman, che cadeva eccezionalmente dal cielo. Avrebbe voluto cantare «basta un po’ di zucchero e la pillola va giù, e la pillola va giù» per annunciare il suo arrivo dal cielo, ma non fece in tempo. Si ritrovarono tutti e tre a terra. Renato e Sabrina guardarono Johnny con occhi come due triglie. Johnny sorrise (indovinate come: ohibò), e disse: “Non badate a me, continuate pure”. Poi si accorse di aver sparato una gran cavolata, e cercò di rimediare, dicendo: “Cioè, scusate, volevo dire: fate un po’ come volete; vi ho interrotto una volta ma non lo faccio più, state tranquilli”. Renato, sempre con una faccia da tegame, chiese: “E tu.. e tu da dove sei sbucato?”; Johnny disse: “Beh, adesso te lo dico. Ma prima è meglio togliersi di qui, no? C’è un po’ di gente che è molto curiosa”. Così dicendo, indicò le due entrate del vicolo. Solo ora i due pesci si accorsero che c’era un sacco di gente che li stava guardando stupita, tre ragazzi che stavano per terra guardandosi come se non avessero mai visto in vita loro altri esseri umani prima d’ora. Almeno, secondo la maggioranza degli spettatori, quella era l’impressione che davano due di loro. Il ragazzo castano e la ragazza mora (proprio un bel bocconcino, valutò un impiegato di banca che passava di lì davanti recandosi in un bar, prima di tornare al lavoro) osservavano l’altro ragazzo come se fosse un marziano. L’altro ragazzo, che era moro, aveva sul viso un tale sorriso da idiota che molti degli spettatori dovettero andarsene per non dare di stomaco. Restarono solo alcuni esponenti di sesso maschile che volevano godersi ancora un po’ la vista di Sabrina (compreso il banchiere). Quando si alzarono, gli spettatori scemarono rapidamente. I nostri tre protagonisti si avviarono insieme sulla strada per la casa di Sabrina. Dopo alcuni minuti di silenzio, Renato chiese: “E allora, Johnny, vuoi spiegarmi una buona volta? Cos’è successo?”; Johnny sospirò, e disse (restando serio, per una volta nella sua vita): “D’accordo, Renato. Giochiamo a carte scoperte?” “Prima di tutto, voglio sapere cosa è successo. Altro che carte scoperte”. Johnny si mostrò irremovibile, e disse: “Senti, io sono in grado di spiegarti cosa è accaduto poco fa, ma tu devi promettermi che sarai sincero con me” “Cosa vuoi dire?” “Lo capirai subito. Allora, so che sembro impazzito tutto ad un tratto, ma che ne dici? Ti avverto che quello che ti dirò risulterà molto interessante anche per te”. Renato rifletté a lungo, poi chiese a Sabrina: “Tu che ne dici?” “Non so. Ascolta cos’ha da dirti, per adesso, no?” “Va bene” poi, rivolgendosi a Johnny: “Allora, Johnny. Dimmi tutto; sei comparso sopra le nostre teste come l’arcangelo Peppiniello* o sono ubriaco?” “Niente di tutto questo, caro collega di poteri speciali”. Renato e Sabrina ne rimasero sbalorditi. “Cosa ne sai?” chiese Renato. “Più di quanto pensi” e subito dopo Johnny raccontò ai suoi interlocutori la storia di quegli ultimi due giorni. E per fortuna che non lo presero per matto. Aveva preso la decisione giusta, evidentemente.

* «....arcangelo Peppiniello». Questa è una citazione da Giobbe Covatta.

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C’è il quello lì alla TiVù verità. W l’errore brutto e grossolano che ha fatto quello lì. E meno male che era ben preparato. Nemmeno al rallenty sono riuscito a trovare la sigla iniziale. Vediamo di scrivere una pagina nuova di Storia.

Arrivarono a casa di Sabrina tutti e tre immersi nei loro pensieri. Una volta entrati, Sabrina li fece accomodare e andò a preparare del caffè. Si accomodarono uno di fronte all’altro, Renato sul divano e Johnny in una poltroncina lì davanti. Renato aveva ascoltato attentamente la storia di Johnny. Sabrina si era mostrata alquanto incredula, ma il ragazzo era invece pronto a credere a tutto ciò che gli aveva raccontato il suo collega di poteri. Aveva avuto a che fare con troppe stranezze per permettersi lo scetticismo. Inoltre Johnny gli aveva dimostrato di possedere davvero i poteri di cui andava cianciando. Comunque, tanto per essere sicuro, gli chiese: “Ehi, Johnny, scusa lo scetticismo, ma saresti in grado di darmi qualche prova dei tuoi poteri?”; Johnny sorrise, e disse: “Che razza di domande” e così dicendo cominciò a far volare gli oggetti della stanza. In quel momento entrò Sabrina, con un vassoio in mano. Per poco non le cadde a terra, quando entrò nel salotto e vide quella baraonda. Disse: “Renato, ma che combini?” “Non sono io” ribatté Renato. Subito dopo Johnny rimise tutto a posto. Sabrina, sbalordita, rivolgendosi a Johnny: “Ma allora hai raccontato la verità” “Certo” assicurò Johnny. “Bene,” iniziò Renato: “dicci allora cosa possiamo fare per aiutari. O meglio, per aiutarci, visto che anche noi dovremmo ritornare nel nostro mondo”. Sabrina andò a sedersi accanto a Renato, e chiese: “Chi lo prende un caffè?” “Io no, grazie” rispose Renato. “Nemmeno per me” ribadì Johnny*. “Allora,” insisté Renato: “cosa possiamo fare per aiutarti?” “Allora,” disse Johnny: “vi ho già spiegato come si può risolvere la situazione secondo mio nonno. Voi dovrete aiutarmi ad unire tutti gli originali e tutti i replicanti ed a portarli al Luna Park”. Sabrina disse: “Niente di più facile, ragazzi. Ascoltate la mia idea, e ditemi cosa ne pensate”. Gli altri le fecero segno di andare avanti. Fino a quel momento Sabrina era l’unica che diceva di aver avuto un’idea. Nessuno di loro due era riuscito a trovare nemmeno una parvenza di soluzione. Sabrina proseguì: “Dunque, come sappiamo, i sosia si uniscono tra di loro in presenza di qualcuno che non ne conosce l’esistenza” “Giusto” confermò Johnny: “in questo modo le cose sono molto facilitate, per noi”. Sabrina scosse la testa, in segno di dissenso, e disse: “Io non credo, Johnny. In questo modo dovremo attirarne ognuno con un metodo diverso, solo che se saranno due in uno, non verranno attratti entrambi dalla stessa esca. Magari uno vorrebbe seguire l’esca e l’altro lo trattiene. Mi hai detto tu stesso che la volontà della copia più forte influisce sulla volontà dell’altra”. Johnny rimase pensieroso, poi spiegò: “Uhm, vedi, mi sa che non hai capito alla perfezione la situazione. Anche se cono unite, ognuno vede ciò che riguarda il suo mondo. Se in questo momento io fossi amalgamato con l’altro Johnny, voi vedreste lui, come lo avete sempre conosciuto” “No” lo corresse Renato: “Ora che lo sappiamo, vi vedremmo tutti e due”; Sabrina tagliò la discussione: “Sentite, la mia idea potrebbe funzionare benissimo; vi assicuro che ho tenuto conto di tutti i fattori della situazione” “D’accordo,” disse Renato: “tanto non concluderemmo niente, altrimenti. Dicci cosa hai in mente”. Sabrina riprese ad esporre il suo piano: “Dunque: questa sera tu, Renato, ti unirai al tuo sosia, e, se quello che ci ha detto Johnny è vero, sarai in grado di controllarne i movimenti. Lo trascinerai da Tinetta, cosa che non dovrebbe essere difficile, e lei lo seguirà docilmente. Tu, Johnny, ti unirai al tuo, di sosia, e trascinerai Tinetta con te. Io so che il mio Renato lo fa per una buona causa, e il vederlo fare il cascamorto con Tinetta non mi farà né caldo né freddo”. A questo punto Johnny si rabbuiò. C’era qualcosa che non aveva ancora raccontato ai suoi amici. Gli altri lo notarono subito, e gli chiesero il motivo del suo nervosismo. Johnny rivelò il motivo dei suoi crucci: “Vedete, io non vi ho proprio detto tutto. Il fatto è che.. si, insomma, io mi vergogno a parlarne, ma….” “Per favore, fidati” lo incitò Sabrina. Johnny si lasciò convincere ad andare avanti: “Bene, se deve essere, sia. Il fatto è che io.. accidenti, si, a me piace molto.. cavolo, e va bene, volete saperlo? D’accordo.. MALEDIZIONE!”. Gli altri due ne rimasero molto colpiti. Aveva avuto uno sbotto repentino. Johnny chiese scusa, e disse: “Mi arrendo, ragazzi. La verità è che a me piace.. anzi, diciamo le cose come stanno. Il fatto è che io amo Sabrina”. Sabrina ne fu alquanto sbalordita. Renato invece si limitò ad annuire. Poi disse: “Immaginavo qualcosa del genere, sai, Johnny? Dopotutto quello era l’unico elemento che mancava. Quando mi hai detto che qui le cose sono contrarie a come le conosco io, non mi sono stupito del fatto che al mio sosia piacesse Tinetta, o alla falsa Tinetta piacessi tu. L’unico elemento che mancava al puzzle era la posizione tua e di Sabrina. Adesso ho capito tutto. Però mi sembra, senza offesa, che tra te e Sabrina le cose non vadano alla perfezione. Altrimenti lei sarebbe qui con noi, adesso, giusto?” “Si e no. Vedi, tu hai rivelato a Sabrina il tuo segreto perché è solo tuo. Se io non avessi conosciuto l’origine dei miei poteri, probabilmente anch’io ne avrei raccontato a qualcuno. Solo che il mio è un segreto di famiglia. Perciò, il fatto che io non abbia raccontato a Sabrina il mio segreto non è indicativo della situazione tra noi due” “Capisco” disse Renato. +Io invece non ci ho capito niente. N.d.r.+ “E allora qual’è il problema?” chiese Sabrina. Renato la guardò con aria spazientita, e le disse: “Il problema, cara la mia Sabrina, è che quando si dice «qual è» non ci si mette l’apostrofo” “Ma io che c’entro, scusa? E’ lo scrittore che mi fa dire certi sfondoni” replicò Sabrina. Johnny, che aveva fretta, si alzò in piedi, tese una mano in alto e prese per il collo Sandro**, che stava scrivendo la storia. Gli disse: “Senti, vuoi correggere quella cretinata che hai scritto? Sennò qui non finiamo mai” +D’accordo. N.d.r.+ “Ah” continuò Johnny: “A proposito di cretinate, tu ne sai qualcosa di certi voli fuori dalle montagne russe, di certi pesci rossi che mi sono dovuto mangiare ecc. ecc.?” +Io? No***. Sarà stato qualche collega. C’è uno che sta scrivendo una storia su di te, dove tu perdi i tuoi poteri. Quando ti ritrovi in quella situazione, ricordatene. Si chiama Marco****. N.d.r. Ciao+. Johnny salutò l’autore e tornò nella storia. Chiese: “Dove eravamo rimasti, ragazzi?”; Sabrina lo informò: “Io dicevo: ‘Allora qual è il problema?’” “OK” annuì Renato: “Adesso l’hai detto bene. Allora, Johnny, dicci quale problema ha turbato la tua storia con Sabrina”. Johnny sospirò, e cominciò a spiegare: “Vedi, Renato, come hai detto tu prima, le posizioni sono tutte stravolte. Io sospetto che Sabrina abbia visto il mio sosia baciare Tinetta, o qualcosa del genere. Mi ha detto che ci aveva visti al parco. Solo che io non ci sono mai andato; figuriamoci, poi, assieme a Tinetta”. Gli altri due rimasero pensierosi. Il primo a parlare fu Renato: “Tu cosa ne pensi, Sabrina? Dopotutto sei una ragazza, e inoltre sei praticamente identica alla Sabrina del nostro amico. Cosa dobbiamo fare per ‘farti’ fidare di nuovo di Johnny?”. Sabrina li rassicurò entrambi con la sua espressione calma, e disse: “Vi dirò, ragazzi, se io vedessi Renato che bacia Tinetta (o qualsiasi altra ragazza, se è per questo), non sarei certo disposta a credergli se mi venisse a dire che in realtà ho visto il suo sosia. Però mi conosco molto bene, e ho già un’idea di come sistemare le cose” “Ci fideremo più che volentieri” disse Johnny. Renato disse: “Senti, Johnny, tu hai detto che al tramonto del sole noi scompariamo, vero?” “Si” “Beh, allora è il momento di muoverci, sai?” “Giusto” intervenne Sabrina: “Dovete organizzare il nostro piano” “Per prima cosa andremo a parlarne con mio nonno” disse Johnny. “D’accordo” disse Renato: “Io verrò con te. Ciao, Sabrina” “Ciao”; Johnny salutò Sabrina e si avviò alla porta. Sulla soglia si voltò per incitare Renato a sbrigarsi, e vide che il suo amico si era fermato con Sabrina, a ripetere la scena che lui aveva già visto un paio di volte. Per i più smemorati, si stanno baciando. Johnny disse: “Ma con cosa ve li lavate i denti, con la colla?”. Quando lo raggiunse vicino alla porta per uscire, Renato lo stava guardando male.

* «“Chi lo prende un caffè?”.... “Io no, grazie”.... “Nemmeno per me”». E che cavolo l’ha preparato a fare, poveraccia? Molto educati questi due….

** «.... e prese per il collo Sandro». Un’autocitazione, che trovata elegantemente surreale…. sono proprio un deficiente….

*** «.... tu ne sai qualcosa di.... Io? No». Spudorato mentitore che non sono altro….

**** «Si chiama Marco». Per la cronaca, tal Marco iniziò la sua storia (che aveva intitolato «La perdita dei poteri») ma non l’ha mai conclusa.

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Per ora ci sono cose più importanti da fare. Niente sigla iniziale per noi.

Johnny e Renato stavano andando verso casa. Poiché non poteva farsi vedere in stereofonia dalla sua famiglia, Johnny aveva studiato un piano per attirare il nonno fuori di casa. Il suo sosia era di sicuro già arrivato, specialmente a giudicare dalla fretta che aveva dimostrato quando il ‘nostro’ Johnny lo aveva lasciato andare. Il nonno, comunque, non ci avrebbe impiegato molto a capire che quello che era arrivato non era il Johnny giusto; gli sarebbe bastato scambiare qualche parola con quel Johnny per capire che non si trattava del ‘suo’. E infatti così era stato. Il nonno aveva notato subito qualcosa di strano nel ragazzo che era giunto a casa di corsa, e aveva pensato bene di non sbilanciarsi troppo con le parole. Inoltre aveva fatto in modo che il ragazzo non stesse a contatto con gli altri membri della famiglia, di modo che nessuno avesse a notare qualche stranezza. Mentre stava chiacchierando con il suo eccitatissimo nipote della festa di quella sera, il vecchio ricevette il messaggio del suo ‘vero’ nipote. Erano nella stanza del ragazzo discorrendo di come gestire la serata. Il nonno constatò con soddisfazione che anche questo Johnny era abbastanza in confidenza con lui. -Evidentemente- rifletté il nonno con poca modestia: -anche in altre dimensioni io sono un tipo proprio simpatico, a cui i ragazzi vengono a raccontare volentieri gli avvenimenti che li riguardano-. E, grazie a questa confidenza, che ‘Johnny’ falso dimostrava verso il nonno, quest’ultimo aveva capito senza ombra di dubbio che il ragazzo che aveva di fronte non era il ‘suo’. Infatti il suo vero nipote non avrebbe mai parlato così volentieri di Tinetta. Non che al vecchio marpione dispiacesse la biondina, ma Sabrina aveva molte più qualità. Mentre Johnny parlava di Tinetta, il nonno rifletteva compiaciuto: -Il mio vero nipote ha molto più gusto. Ha preso da me-. Fu più o meno in quel momento che il nonno vide alcuni oggetti fluttuare davanti alla finestra della stanza del nipote. Senza darsi tempo di pensare, interruppe Johnny e gli disse: “Ehm, scusami, ragazzo, ma credo che adesso debba andarmene” “Cosa devi fare?” “Oh, nulla, solo qualche commissione. Scusami se me ne vado così, senza nemmeno farti finire il discorso, ma mi sono ricordato che è proprio urgente”. E così dicendo si avviò ad uscire. Johnny lo salutò con un cenno della mano. Il nonno ricambiò ed uscì. Dabbasso, andò subito alla porta d’ingresso. Vide le sue nipotine che si stavano preparando per la festa di quella sera. Le salutò. Manuela gli chiese: “Dove vai, nonno?” “Nulla, tesoro, non preoccuparti. Devo fare solo qualche commissione” “D’accordo, ciao” “Ciao”. Mentre si chiudeva la porta alle spalle, il nonno fu fulminato da un rapido pensiero: -Però sono proprio un morto di fame. Una delle ragazzine per cui mi attizzo ha l’età delle mie nipotine. Ma non mi vergogno?-; poi, dopo aver considerato la situazione sotto tutti i punti di vista, ed aver riflettuto per ben cinque secondi sul suo comportamento, giunse ad una conclusione: “No” disse: “Non mi vergogno per niente”. Quando fu in strada, una rapida occhiata gli bastò per individuare suo nipote ad una certa distanza da lì. Se voleva una prova decisiva dello sdoppiamento dei ragazzi, ora l’aveva. Quando arrivò in fondo alla strada, vide che insieme a suo nipote c’era un altro ragazzo. Lo salutò, non proprio certo di ricordarsi il suo nome: “Salve, ragazzo. Renato, giusto?” “Si” confermò Renato. Poi aggiunse: “Come Pozzetto” “E chi è Renato Pozzetto?” chiese Johnny. “Sarà un carabiniere” disse il nonno. “Ma no” li corresse Renato: “Tomba è un carabiniere. Renato Pozzetto è un attore” “Non lo conosco, allora” si arrese il nonno. “E’ un attore che fa soprattutto cinema” “Ah, si? Allora è probabile che non l’abbia nemmeno mai visto. Io e mia moglie non andiamo spesso al cinema”. Johnny si spazientì e sbottò: “Scusate se interrompo il vostro dialogo sul cinema, ma avremmo un problema, sapete?” “Giusto,” disse il nonno: “dobbiamo occuparci di cose ben più serie. Allora forza ragazzi, raccontatemi tutto”. Johnny cominciò a fare le presentazioni: “Allora, vi presento Renato e il mì nonno di due dimensioni diverse”. La sorpresa si dipinse sul volto del vecchio, che esclamò: “Johnny, ti avevo pur avvertito di non parlarne troppo in giro. Questa è un’incoscienza. Scusami, sai, Renato di un’altra dimensione. Non è per te, è che mio nipote non dimostra molta responsabilità in questo modo”. Johnny non apparve per nulla colpito dal rimprovero di suo nonno; anzi, quando il vecchio ebbe terminato il discorsetto, lui, con aria spavalda, gli disse: “Guarda, nonno di poca fede, e stupisci”. Ed invitò Renato, con un gesto, ad esibirsi. Renato, senza farselo ripetere, si sollevò in aria di qualche centimetro. Il nonno lo guardò sbalordito per qualche secondo, poi il suo volto si illuminò di comprensione. Poi disse, rivolgendosi a Johnny con aria di superiorità: “Non credere di stupirmi molto, pivellino. Mi ci è voluto un secondo per capire il perché. E’ ovvio che non puoi essere tu a possedere questi poteri, visto che hai richiamato qui personaggi del tutto differenti da voi. Comunque hai fatto bene ad allearti con un altro. Dato che lui conosce le vicende degli altri, sarà molto più facile attirare tutti nella rete” “Beh” intervenne Renato: “se è per questo possiamo essere proprio soddisfatti, visto che abbiamo anche un’altra persona al corrente di tutto che potrà darci una mano”. Il nonno si rabbuiò ancora un po’, e disse: “Johnny, si può sapere a quanti hai raccontato questa storia? Guarda che non è una telenovela da spifferare ai quattro venti” “Non si preoccupi,” assicurò Renato: “l’altra persona è assolutamente fidata. Anzi, adesso ci sta aspettando. Dobbiamo ritoccare il nostro piano” “D’accordo, allora; voglio fidarmi di voi due. Andiamo da questa persona” “Che poi è Sabrina” rivelò Johnny. “Quale?” chiese il nonno: “Quella ‘vera’ o quella ‘falsa’? Scusa Renato” “Si figuri” lo rassicurò Renato: “Comunque è la Sabrina falsa” “OK” concluse il nonno. Mentre i tre andavano verso casa di Sabrina, l’altra ci era già arrivata. Quel giorno Sabrina era uscita prima dal bar del signor Luigi, perché voleva prepararsi alla festa della sera. Veramente, a questo punto, non aveva molta voglia di andarci. Non si sentiva invogliata a far niente. Magari avrebbe telefonato a Michael o Carlo per annunciare la sua assenza. Poteva dire che si sentiva poco bene. Il che era dannatamente vero. Ma Tinetta non ne sarebbe rimasta delusa? Forse, ma di sicuro la delusione di Tinetta non vedendo Sabrina alla sua festa era poco o niente in confronto alla sorpresa che provava adesso Sabrina stessa vedendo che la porta di casa sua era aperta. Sabrina, che era in cucina a non far niente, sentì alcuni passi nell’ingresso. Chiese, a voce alta: “Renato, Johnny, siete voi?”. Sabrina, che era appena entrata, rimase impietrita sulla soglia. Non fece in tempo a terminare un pensiero razionale che le diceva di essersi immaginata una voce identica alla sua, che vide Sabrina venire verso di lei. Sabrina, che non era proprio in perfette condizioni mentali, si sentì svenire. E infatti svenne.

Quando, una quindicina di minuti dopo, arrivarono Johnny con suo nonno e Renato, trovarono una sorpresa. Sabrina aveva adagiato Sabrina su di una poltrona, e aveva atteso l’arrivo degli altri. Johnny, quando vide Sabrina, fece tanto d’occhi. Renato, sbalordito, chiese: “E’ uno scherzo?” “No” rispose Sabrina. Poi aggiunse: “Non siamo stati molto previdenti: era ovvio che lei volesse tornare a casa. Prima o poi sarebbe dovuta arrivare” “MMM” mugugnò Johnny: “No, Sabrina. Io ci avevo pensato. Solo che non sarebbe dovuta tornare così presto. Di solito rimane all’Abcb fin verso le quattro e mezzo” “Ragazzi” intervenne il nonno: “Non avete detto che stasera c’è la festa di quella vostra amica?” “Si” rispose Johnny. Il nonno annuì, poi affermò: “Sicuramente è per questo che Sabrina è tornata prima a casa. Voleva aver il tempo di prepararsi per stasera” “Giusto” convenne Renato. Poi Johnny domandò: “Le hai dato una botta in testa?” “No” rispose Sabrina: “E’ svenuta dopo avermi vista” “Accidenti!” esclamò il nonno: “Dev’essere molto esaurita questa ragazza” “Non credo che ti somigli molto” disse Renato, rivolgendosi alla Sabrina sveglia: “Tu non saresti svenuta solo per aver visto te stessa”. Sabrina lo guardò sorridendo: “Non prenderlo come un complimento, Renato,” disse: “ma io avrei reagito nello stesso modo, se avessi visto te e Tinetta baciarvi. Sarei svenuta. Dopo averti ammazzato, ovviamente”.

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Forse ce la fanno. Se non vengono interrotti da quel madoctor arrivano alla fine della pista senza problemi. Questa è una strofa della sigla, ameno a sentire le parole di Toro Seduto. E quell’altro che c’entra? Boh.

“Che facciamo se si sveglia?” chiese Johnny. Il nonno, pensieroso, propose: “Forse potremmo dirle la verità. Dopotutto ormai ha visto il suo sosia” “Lo escludo, nonno” dissentì Johnny: “Se la conosco bene, prima mi ammazza e poi chiama il manicomio per voialtri” “Io ho un’idea” intervenne Sabrina: “Che potrebbe sistemare le cose tra voi due, Johnny” “Dici davvero?” “Si, ma dobbiamo agire in fretta, prima che si svegli” “Bene” incitò il nonno: “Diamoci da fare. Esponici il piano, Sabrina”; e Sabrina spiegò loro ciò che aveva in mente.

Il buio si diradava lentamente. Sabrina si sentiva confusa. Dopo aver aperto gli occhi, non si rese conto di dove si trovava finché non provò a muoversi. Sentì qualcosa di morbido sotto di sé. Si issò a sedere. Si prese la testa fra le mani, e in pochi secondi di riflessione le sovvennero gli avvenimenti che avevano portato al suo svenimento. Si alzò in piedi con gli occhi sbarrati; guardandosi intorno e scrutando in ogni angolo. Concluse che era stato un sogno. -Ma se è stato un sogno- la stuzzicò malignamente una parte della sua mente: -chi ti ha distesa sul divano?-. Non fece in tempo a trovare una risposta razionale, che un rumore improvviso spezzò il silenzio che regnava fino a quel momento nella sua casa vuota. Si girò verso la finestra, sussultando. Il rumore era quello della tapparella che si chiudeva di scatto. Insieme alla botta giunse il buio assoluto. Sabrina rimase immobile per qualche secondo, prima di avvicinarsi alla porta del salotto. Voleva uscire. Non era normale in pieno giorno un buio simile, a meno che qualcuno non avesse provveduto a tappare ogni spiraglio da cui potesse giungere la luce. Cosa che in effetti era avvenuta. In quel momento Sabrina si sentì chiamare. Una voce veniva dalle sue spalle. Le disse: “Ehi, Sabrina, non andartene”. Sabrina si pietrificò, poi si voltò velocemente. Davanti a lei stava una figura splendente, che risaltava di un bel verde chiaro nel buio della stanza . Quella figura, si avvide Sabrina, era la sua copia esatta. Avrebbe dovuto avere paura, ma l’altra le sorrideva in modo molto rassicurante. Sospettosa, Sabrina mormorò: “No, non è possibile. Andiamo, Sabrina, cerca di non andare fuori di testa” “Non credi ai tuoi occhi?” chiese quel ‘fantasma’. Sabrina, senza nemmeno dare l’impressione di aver sentito, si avvicinò alla porta per uscire. Adesso si accorse che il buio non era totale. Prima le era sembrato tale in quanto i suoi occhi dovevano abituarsi ancora all’oscurità. Provò la porta. Era chiusa. Sabrina sospirò, e mormorò di nuovo: “Andiamo, non è vero. Sei tu che hai chiuso la porta prima. Però non te ne ricordi. Mi sa che dovrò andare da uno psichiatra; chiudo le porte e non me ne ricordo. Dove avrò messo le chiavi?” si voltò. Quella specie di fantasma era ancora lì; Sabrina non lo degnò di uno sguardo, e andò a cercare le chiavi. “Adesso basta” disse Sabrina ‘fantasma’: “Io sono vera, e tu mi hai vista anche prima”. L’altra Sabrina non la ascoltò neppure, e anzi cominciò a fischiettare. “Bene” continuò Sabrina ‘fantasma’, imperterrita: “Anche se non vuoi ascoltarmi, non puoi impedirmi di parlare. So che è difficile credere a quello che vedi, ma ti conviene ascoltare quello che ti dirò” “Perché, invece, non scompari dalla mia vista?” disse finalmente Sabrina: “Di solito non parlo con le allucinazioni, ma se tu sei così rompiscatole non posso farne a meno” “Non sono un’allucinazione, ma adesso non importa. Abbiamo poco tempo. Vuoi rispondere a qualche domanda?” “Senti, adesso è troppo. Forza, dato che non sei un’allucinazione, è sicuramente uno scherzo. Chi lo ha ideato, Michael e Carlo?”. Così dicendo, Sabrina si avvicinò al ‘fantasma’, convinta che si trattasse di qualcuno che voleva farle uno scherzo. In quel momento il ‘fantasma’ prese il volo. Sabrina lo guardò impietrita. La figura, luminescente e fluttuante, disse: “Mi dispiace, ma dovrai proprio credermi, adesso”. Sabrina rimase immobile ad osservare la sua copia volante. “Co-cosa vuoi?” chiese la ragazza: “Cosa sei?”. L’altra rispose: “Oh, lascia perdere; ti basti sapere che quello che sto per dirti è la pura verità. Mi crederai?”. Sabrina, con gli occhi sbarrati, annuì. “Bene” disse Sabrina ‘fantasma’, compiaciuta: “Senti, cos’è successo due giorni fa, al parco?”; Sabrina guardò con sospetto la figura, senza riuscire a capire. La fantasma chiese di nuovo: “Cos’è successo al parco l’altro ieri?”. A questo punto, Sabrina riuscì a parlare con più spigliatezza, e replicò: “E tu cosa ne sai?” “Non vedi, Sabrina? Siamo uguali, io e te” “E allora perché non lo sai?” “Voglio sentirtelo dire”. Sabrina sorrise malignamente, e disse: “Caro il mio fantasmino, prima ero un po’ scossa, ma non credere che i tuoi trucchetti possano reggere molto. Avanti, vieni giù da quel filo e dimmi chi sei e chi ha organizzato questa pagliacciata”; il volto del fantasma si rabbuiò. Sabrina non ne fu affatto impressionata, e continuò: “Avanti, adesso basta, vieni giù”. La figura esclamò: “Adesso vedrai!” e così dicendo sollevò le braccia sopra la testa, come Silvan quando fa scomparire il tecnico nella pubblicità di quel videoregistratore di cui non ricordo la marca. In quel momento Sabrina ‘vera’ prese il volo. Lo stupore più assoluto tornò a dipingersi sul suo volto. Si guardò intorno incredula. Quando fu più o meno all’altezza dell’altra Sabrina, la sua salita si bloccò. Dopo alcuni minuti di silenzio, balbettò: “No.. nn.. non- non è possibile” “E invece pare di si” affermò l’altra: “E adesso dovrai parlare per forza. Su, dimmi cos’è successo al parco” “Io.. io non ci posso credere” “Parla”. Sabrina sospirò, e disse: “Forse è solo un sogno, ma parlare potrebbe farmi bene”. Trascorse qualche secondo, poi Sabrina continuò: “Al.. al parco, l’altro ieri, ho visto Johnny che baciava la mia amica Tinetta” “Lo immaginavo. Cosa pensi di ciò che hai visto?”. Altri secondi di riflessione da parte della Sabrina ‘vera’, poi rispose: “Cosa credi che possa pensare? Che è un verme” “Tu gli vuoi bene?” “Questi sono affari miei” “Andiamo, a me….” “Non m’importa nulla. Se lo sai è meglio per te. Io non ti dirò niente” “D’accordo. Io, dopotutto, devo solo dirti la verità” “E sarebbe?” “Johnny ama te, e te sola” “Poche idiozie, fantasma” “E’ così. Tu non hai visto la verità, quella volta. Ti sei confusa” “Adesso basta! E’ già assurdo che io stia sospesa per aria a chiacchierare con me stessa di cose che….” “Adesso te ne convincerai” disse il fantasma, e scomparve. Sabrina rimase lì a guardarsi intorno. Solo ora si rese conto di quanto fosse assurda la situazione. Lei volava veramente. Non c’erano trucchi di sorta. E anche adesso era lì, fluttuante nell’aria. Era pazzesco, ma proprio per questo era portata, in cuor suo, a credere alle parole del fantasma. Tutto, a questo punto, poteva essere possibile. Dopo essersi fatti un voletto nel proprio salotto, chiacchierando con la propria copia al neon, che si improvvisa consulente coniugale, si sarebbe disposti a credere anche al primo grullo che ti dice di avere i marziani per casa. Mentre Sabrina librava sconcertata, l’altra Sabrina che, come i più arguti avranno capito, impersonava il fantasma, atterrava sana e salva in una stanza al piano superiore. “Allora,” le chiese Johnny: “com’è andata?” “Bene” rispose lei: “Ma adesso sbrigati. Tuo nonno e Renato potrebbero non riuscire a tenere su Sabrina ancora per molto” “Non preoccuparti. Ce la faremo”; poi il nonno disse a Johnny: “Tu avvertici mentalmente quando sarà il momento di calarla”; Johnny chiese: “Siete sicuri? Finora c’ero anch’io a darvi una mano” “Si” obiettò Renato: “Però dovevamo far volare tutte e due le Sabrine. Tu ce la farai da solo, no?” “Sicuro” “E allora vai. Cerca di sistemare le cose”. Johnny sospirò. Scomparve. Ricomparì anche lui nel salotto. Sabrina, che ci aveva preso gusto, stava nuotando allegramente nell’aria. Quando vide Johnny volante, le ritornò l’espressione sbalordita di poco prima. Johnny la guardò serio. Lei, ancora a bocca aperta, disse: “Ma cos’è: SuperJohnny 2?”; poi Johnny, ricordandosi del fatto che Renato e suo nonno stavano facendo fluttuare Sabrina senza nemmeno poter vedere dove la mandavano, e quindi dovevano rimanere più o meno all’altezza attuale, per non farle rischiare di prendere una capocciata, decise di affrettare i tempi e disse: “Saresti disposta a credermi, Sabrina?”.

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Adesso non ne posso più. A parte il fatto che si comincia benino, ora il capo ha rubato anche troppo*. E la sigla non la fò! Maledizione! (Comunque è dura stare al mondo nel 2123)*.

Johnny decise di darsi una mossa. Per attuare il loro piano avevano dovuto aspettare che Sabrina si svegliasse, ed era passato un po’ di tempo. La festa di Tinetta incombeva. Johnny chiese: “Allora? Cosa pensi delle parole della tua coscienza?” “La mia.. cosa?” “Non te ne sei resa conto? Non è forse vero che in cuor tuo credi ardentemente alle parole del fantasma?” “Ehi, ma cosa sei, uno psicanalista? Quello che credo o non credo sono affari miei. Non so ancora se fidarmi o no di quell’apparizione” “Non hai capito la questione. Quel fantasma incarnava la tua personalità. Quello che diceva lui è in realtà ciò che pensi tu” “Mi stai scocciando, sai?” “Perché non vuoi darmi ascolto?”. Questa volta il volto di Sabrina tradì un’esitazione. Johnny continuò: “Io adesso devo andarmene. L’unico consiglio che posso darti è scontato, quindi addio” “Aspetta. Perché non me lo dai questo consiglio?”. Dicendo questo, Sabrina si avvicinò al Johnny volante. Aveva notevoli difficoltà nel muoversi a suo piacimento, in quanto i suoi movimenti erano ostacolati dal controllo mentale di Renato e del nonno. A questo inconveniente decise di ovviare Johnny, avvicinandosi a sua volta a Sabrina, dicendole: “Davvero non lo immagini cosa potrei dirti?” “Beh,” fece lei accostandosi ancora quanto più poteva: “vorrei che me lo dicessi tu”; lui si accostò a lei con facilità, la guardò diritto negli occhi (HANNO OCCHI CHE TI GUARDANO DIRITTO NEGLI OCCHI, E LUI DI PIU’**), e prendendole la mano nella sua, mormorò: “E’ facile. Vorrei solo dirti di seguire il tuo cuore. Non so se riuscirò a trovare le prove della mia fedeltà, ma ti prego di credermi”. Avvicinando le proprie labbra a quelle di Johnny, Sabrina sussurrò: “Mi sto impegnando per crederti, sai?” “Si vede” mormorò lui, ormai a due centimetri dalla ragazza. In quell’istante preciso, accorgendosi che il loro potere si stava lentamente affievolendo, Renato e il nonno, temendo di farla cadere, diedero un vero e proprio strattone col pensiero, cosicché Sabrina, ormai a mezzo millimetro da Johnny, schizzò in aria come un grillo, bloccandosi a venti centimetri dal soffitto. Il ragazzo, vedendola salire repentinamente, si diede anche lui una spinta col pensiero, solo che nella foga del momento non aveva calcolato bene le distanze. Fu così che la ragazza si vide sfrecciare Johnny alla velocità di uno skud di Saddam, solo che venti centimetri più in su c’era il soffitto. Dopo lo schianto, tutti i mobili dei piani superiori si sollevarono da terra. Anche i nostri eroi Renato falso, Sabrina falsa e nonno vero fecero un saltello loro malgrado. Dopo aver incornato il soffitto duramente, Johnny, più morto che vivo, ricadde sul pavimento. Sabrina avrebbe voluto seguirlo, ma ovviamente non poteva. Johnny, stordito giustamente, disse: “S-S-S-scusa. Mi cre- mi crederai?” “Certo” disse Sabrina sorridendo: “Ma posso dirti una cosa?” “S-S- Si” “Anche come fantasma sei un imbranato” “G-G-Grazie. A-Addio”, dicendo questo, Johnny fantasmatico scomparve. Quando lo videro ricomparire, Renato e il nonno calarono lentamente la ragazza. Gli chiesero: “Beh, com’è andata?” “Lasciamo perdere” disse Johnny massaggiandosi la testa: “Piuttosto, direi che è meglio andare” “Giusto, andiamo” convenne Sabrina: “Ma per adesso,” disse poi rivolgendosi a Renato ed al nonno: “tenete ancora chiusa la porta del salotto”. Detto questo, scesero tutti al piano di sotto, facendo silenzio. Quando furono fuori della casa, liberarono la porta del salotto dal loro potere, così che potesse essere riaperta. “Allora” domandò di nuovo il nonno: “Com’è andata?” “Perfettamente” rispose Johnny sorridendo. “Bene” disse compiaciuto il vecchio: “E adesso direi che è il momento di recarsi dove si svolgerà tra poco la festa di Tinetta e sistemare al meglio le cose”. Tutti annuirono consenzienti. Dopo essere passati da casa di Johnny per prepararsi adeguatamente alla festa (Sabrina e Renato si erano già avviati a casa di quest’ultimo perché anche lui doveva sistemarsi) Johnny ed il nonno uscirono per recarsi nell’edificio dove Michael e Carlo erano soliti organizzare le loro cretinate. L’altro Johnny era rimasto a casa per finire di sistemarsi. -Se la festa fosse stata per Sabrina,- rifletté Johnny con quadratino allegato: -anch’io mi sarei preparato con molta meticolosità-. Non era previsto che il nonno andasse alla festa di Tinetta, e così, osservando interessato i movimenti dei due Johnny sovrapposti (appena entrato in casa sua Johnny vero si era subito unito a Johnny falso, aiutato dal nonno che aveva impedito che qualcuno li vedesse separati), riflettendo che dopo avrebbe chiesto a suo nipote cosa aveva provato, era poi potuto uscire senza destare sospetti in nessuno, visto che nessuno si aspettava che lui dovesse essere presente alla festa. Dopo essere usciti, il nonno chiese: “Allora, cosa si prova ad essere due in uno?” “Ti dirò,” rispose Johnny: “anche se rimarrai deluso, non ho sentito nessuna sensazione particolare”. Secondo il loro piano, i ragazzi avrebbero dovuto trovarsi poco prima dell’ora stabilita per l’inizio della festa fuori dell’edificio. Quando arrivarono Johnny ed il nonno, ancora Renato e Sabrina non c’erano. Il nonno chiese a suo nipote: “E così, come ti dicevo poco fa, non hai provato proprio nulla in quei momenti?” “Beh,” disse Johnny: “al momento della.. chiamiamola unione, io non ho sentito assolutamente nulla. Questa mattina, però, quando mi sono ritrovato improvvisamente nel corpo di un altro, mi sono quasi sentito svenire. In seguito mi sono abituato all’idea” “Capisco” disse il vecchio, poi gli si illuminarono gli occhi, e disse: “Ehi, eccoli”. Johnny si voltò, ma quello che vide lo spaventò subito. Per prima cosa, Sabrina era da sola; e poi, cosa più sconvolgente, lo guardava in un modo che lui conosceva molto bene. Quello sguardo lì, la Sabrina falsa avrebbe dovuto riservarlo al Renato falso, e non al Johnny vero. Ergo, quella che veniva verso di loro era la Sabrina vera. Appena si fu avvicinata, chiese: “Salve, Johnny. Salve, nonno. Anche lei viene alla festa?”. A quel punto anche il nonno inorridì, avendo capito chi era questa ragazza. Poi rispose: “EHM, no, non preoccuparti. Cioè, che dico, perché dovresti preoccuparti? Vabbè, comunque volevo solo dire che ho accompagnato mio nipote, ma adesso devo proprio andare”; senza dare ai ragazzi il tempo di reclamare, il nonno si avviò nella direzione da cui era venuta Sabrina vera, deciso ad intercettare i due falsi per trovare con loro una soluzione. Sabrina guardò Johnny sorridente, e disse: “Posso dirti qualcosa?” “Beh, certo” rispose lui. Lei continuò: “Beh, volevo chiederti scusa per come mi sono comportata questi giorni addietro. Non sono stata molto giusta con te” “Oh, non preoccuparti, Sabrina. Ti capisco” “Grazie, Johnny. Beh, io volevo dirti solo questo, e….”. In quel momento, dal fondo della strada, sbucò Johnny falso. Johnny vero non lo vide, ma Sabrina si, e rimase impietrita per qualche secondo. Il Johnny vero non si accorse di questa reazione della ragazza, così come il Johnny falso non si avvide della presenza del suo doppio e di Sabrina. Per loro enorme fortuna, il Johnny falso si recava a casa di Tinetta per accompagnarla alla sua festa, ovviamente con una scusa, e svoltò in un’altra strada prima che anche il Johnny vero lo vedesse. Sabrina vera rimase immobile ancora per un po’, tanto che Johnny, anche se era nervosissimo, alla fine se ne accorse; le chiese: “C’è qualcosa che non va?” “Eh?” si riscosse la ragazza, poi disse: “Oh..no. Nulla, figurati”. Poi, dandogli un bacio sulla guancia che lo fece arrossire, Sabrina pensò: -Beh, adesso ho la prova definitiva della veridicità delle parole del Johnny volante-. In quel momento, da un angolo lì dietro, fece capolino il nonno del ragazzo, che gli fece segno di andare verso di lui. Johnny disse: “Ehm, ti dispiace, Sabrina? Io dovrei andare a fare una cosa, e, insomma….” “Capisco” disse lei: “Devi andare a prendere Tinetta?” “Co-come?” “Ma si, non eri d’accordo con Michael e Carlo che avresti portato Tinetta qui con una scusa?”. Johnny colse la classica palla al balzo, e disse: “Eh, si. Hai proprio ragione” “Allora vai, non voglio farti perdere tempo” “Grazie, Sabrina” disse lui, e si allontanò.

* «.... ha rubato anche troppo.... al mondo nel 2123». Entrambe le frasi sono citazioni dalla canzone Anime in Plexiglass di Ligabue.

** «(HANNO OCCHI.... DI PIU')». Questa proprio non mi ricordo da dove cavolo l'ho presa.

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Zitti zitti, fatemi pensare, che adesso ce casco bene. Pronti, attenti, via!!!! La sgila; scusate, dicevo: la sigla nun ce l’ho, e quindi unna fò. Zam zam.

Sabrina entrò nell’edificio, dove Michael e Carlo stavano dando gli ultimi ritocchi all’ambiente. Prima di andarsene definitivamente, Johnny le aveva detto che, per quella sera, sarebbe rimasto in compagnia di Tinetta. Dopotutto era il suo compleanno. Sabrina aveva accettato di buon grado. Era troppo felice adesso per arrabbiarsi di nuovo. E così Johnny si era anche coperto le spalle. Se il falso Johnny fosse arrivato in compagnia di Tinetta, non avrebbe tenuto molto di conto Sabrina, la quale però non avrebbe trovato nulla di strano in questo. E Johnny vero era sicuro che l’altro Johnny sarebbe venuto in compagnia di Tinetta, in quanto, se a lui non gli avevano detto di attirarla là con una scusa, ma erano convinti di averglielo detto, evidentemente avevano parlato con il Johnny falso. Quando raggiunse suo nonno, vide che era in compagnia di Sabrina. Questa era falsa, ovviamente. Il nonno disse: “Maledizione, Johnny, mi era venuto un colpo” “Anche a me,” disse Johnny, poi aggiunse: “ma non preoccuparti, adesso è tutto sistemato”. “Bene” sospirò Sabrina sorridendo, poi disse: “Dunque, Renato è andato a prendere Tinetta, così la porterà al Luna Park. Lei lo seguirà senza recriminare”. A quel punto, Johnny saltò per aria. Sabrina e il nonno, stupiti, gli chiesero: “Beh? Cosa c’è?” “C’è che tu mi hai appena detto che Renato è andato a prendere Tinetta. Ma anche il falso Johnny c’è andato. Succederà un macello e bisogna impedirlo” “Presto,” disse il nonno: “tu vai a casa di Tinetta col teletrasporto, e blocca Renato” “E voi?” chiese Johnny. “Noi dobbiamo intercettare ancora l’unico personaggio di questa vicenda di cui non sappiamo la posizione, cioè il Renato della tua dimensione!”. Johnny rimase in silenzio a riflettere per qualche secondo, poi disse: “Oh oh” e ripeté: “Oh oh” e continuò: “Oh no!”. Sabrina sospirò, dicendo: “Oh no, Johnny. Cosa ti è venuto in mente adesso?” “Ma non capite?” spiegò Johnny: “Renato mio sta andando da Tinetta tua, Sabrina. Il Johnny tuo, che poi sarei io, sta andando da Tinetta mia, e il Renato tuo, che per fortuna sa cosa sta succedendo, sta andando da Tinetta tua. In poche parole, a parte Sabrina mia che è rimasta insieme a Michael e Carlo, tutti stanno andando a casa delle due Tinette. Tutto sta andando a rotoli, compreso il mio cervello che non ha capito nulla di quello che ho detto” “D’accordo,” cercò di calmarlo il nonno: “ascolta cosa farai. Tu vai da Sabrina e porta anche lei a casa di Tinetta. Io mi teletrasporterò cercando di fermare Renato; e Sabrina, qui, raggiungerà anche lei casa di Tinetta. Muoviamoci!” detto questo, Sabrina cominciò a correre verso casa di Tinetta, seguita da Johnny che si fermò per entrare a razzo nell’edificio della festa e trascinare fuori un’allibita Sabrina. Nonostante la loro professionalità di organizzatori, Michael e Carlo corsero dietro a Johnny e Sabrina, cercando di farsi informare da Johnny di cosa stava succedendo. Gli chiedevano: “Ehi? Johnny? Tu dovevi portare qui Tinetta. Ma cosa cavolo succede?!?!?!”. Johnny li distanziò rapidamente, ma quei due non mollarono. Alcuni gruppi di ragazzi che si stavano recando alla festa di Tinetta, vedendo quella baraonda, e riconoscendo nei protagonisti di quella folle corsa i due organizzatori della festa nonché due dei migliori amici della festeggiata, decisero di seguirli per sapere cosa succedeva. E così, in poco tempo, la città si ritrovò attraversata da orde di ragazzi urlanti. Sabrina, che viaggiava praticamente sollevata da terra, spinta dalla forza di Johnny, disse: “Ma che succede, Johnny? Vuoi spiegarmi?!?!” “Vorrei tanto saperlo anch’io cosa succede, credimi”. In quel momento Johnny raggiunse la casa di Tinetta. Vedendo la Sabrina falsa poco davanti a lui, si fermò di scatto e, prima che Sabrina avesse il tempo di parlare, le tappò gli occhi e disse: “SSST! Non guardare. E’ una sorpresa”. Poi pensò (fotografia): -Speriamo bene-. Quello che vide in quel momento non gli piacque per nulla. Renato e Johnny erano davanti a Tinetta e si guardavano in cagnesco. Dovevano essere Renato vero e Johnny falso. Con suo grande sollievo, Johnny vero vide che il Renato falso si era congiunto al Renato vero, così da controllarne i movimenti. Poi Johnny vero, silenziosamente, si avvicinò alla Sabrina falsa, e le fece segno di far silenzio, indicandole la Sabrina vera. Anche il nonno era nelle vicinanze. La Sabrina vera e la Sabrina falsa si fusero. Johnny fece ancora segno alla Sabrina falsa di fare silenzio, e poi portò le due Sabrine dietro un angolo. Qui liberò gli occhi della Sabrina vera, che chiese: “Allora? Cosa c’è?”; Johnny, contando sulla Sabrina falsa per controllare i movimenti della Sabrina vera, le disse: “Aspetta qui”. E girò di nuovo l’angolo. Qui si fermò con suo nonno e gli disse: “Che facciamo adesso, nonno?” “Non preoccuparti” disse il vecchio: “Io sono l’unico che può sistemare le cose, in questo momento. Tu raggiungimi quando ti farò segno” “Bene”. Subito il nonno si avviò verso i ragazzi. Nel frattempo anche Tinetta era uscita di casa, anche lei ovviamente congiunta all’altra. Quando videro il nonno, smisero di litigare. “Allora,” disse il nonno con tono severo: “cosa succede, Johnny?” “Oh, nulla” rispose Johnny falso: “Sto solo per dare una lezione a questo codardo”. Tinetta disse: “Non azzardarti, scimmione” poi disse: “Ma che sto dicendo? Mi metto contro il mio Johnny? E’ Renato lo scimmione” “No!” esclamò il nonno: “Nessuno è uno scimmione. E adesso verrete con me” “Giusto!” disse Renato, che controllava il comportamento dell’altro Renato: “Verremo con lei” “Perché, nonno?” “Dammi retta. Venite con me” e in quel momento fece segno a Johnny di avvicinarsi. Johnny si avvicinò cautamente. Vide così che tutti, i due Renati sovrapposti, il nonno, Johnny falso e le due Tinette sovrapposte si avviavano in una certa direzione. Johnny vero andò da Sabrina e le disse: “Aspetta pochi secondi, poi seguimi” ovviamente si stava rivolgendo alla Sabrina falsa, ma andava bene così perché era lei che tirava le fila del gioco. In quei secondi di tempo che si era concesso, aiutato dal nonno, corse ad unirsi al Johnny falso. Sentì subito una certa voglia di saltare addosso a Renato per spolparlo, ma la soffocò. -Adesso- pensò (quadratino): -tutti i sosia faranno ciò che dico io-. In quel momento Sabrina sbucò dall’angolo, come le aveva detto di fare Johnny. Solo che assieme a Sabrina si sentiva anche uno strano boato. E infatti Sabrina era stranamente di fretta. “Cosa c’è?” chiese Renato: “Come mai così affrettata?”. Tinetta la salutò: “Oh, ciao, Sabrina”. In quei momenti il boato diventava più forte. Sabrina disse: “Mezza scuola ci sta inseguendo. Dobbiamo sbrigarci”; senza farselo ripetere, tutto il gruppo cominciò a correre. La città adesso era attraversata dal gruppo di Johnny in una corsa sfrenata, seguito dal gruppo guidato da Michael e Carlo che correvano non meno degli altri. “Destinazione Luna Park” annunciò il nonno. E ovviamente gli altri dietro. Alla velocità assurda a cui andavano, arrivarono al Luna Park in un batter d’occhio. Si infilarono nella casa degli specchi tutti insieme. “Ehi,” chiese Tinetta: “e adesso che si fa?” “Forza, muoviamoci” disse il nonno. Poi il vecchio e Johnny vero rivolsero i loro sguardi a Sabrina e Renato, e Johnny disse: “Beh, ragazzi, addio” “Magari ci rivediamo” disse Renato. “Se dev’essere in queste condizioni speriamo di no. Forza, giovani, che quelli stanno arrivando, non li sentite?” “Bene” disse Johnny: “Ci vediamo” e si concentrò. Di nuovo accadde ciò che era successo pochi giorni prima: tutti coloro che si trovavano nella casa degli specchi rimasero immobili per qualche tempo. Solo che non fecero in tempo a risvegliarsi, perché gli inseguitori, ad una velocità pazzesca, travolsero il baraccone e distrussero tutto. Pochi minuti dopo, fuori dal mucchio informe che era un ammasso di almeno centocinquanta persone, sbucò la testa di Tinetta, che disse: “Aiuto. Se ogni compleanno devo passarlo così, voglio morire giovane”. Detto questo, svenne. In quel momento, davanti alla Casa degli specchi, passarono quattro persone identiche: si trattava delle due coppie di Aldo e Lucilla. Le due Lucille, abbracciando i due Aldi, dissero: “Hai visto cosa hanno combinato? Quelle persone non si amano certo come noi” “Già,” disse Aldo: “anche in un’altra dimensione, i nostri sosia non potevano odiarsi, e così li abbiamo fatti innamorare. Siamo proprio fortunati”.

FINE

Sandro Lunghini

  
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