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Autore: J_Youngblood    20/01/2014    3 recensioni
Sono passati quindici anni ormai dalla rivolta contro Capitol City ma i ricordi sono nitidi e dolorosi...
Genere: Fluff, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L’aria fredda di inizio gennaio gli sferzava il viso, accaldato dalla lunga camminata dalla stazione. I capelli scuri ricadevano scompigliati sulla fronte, quasi a coprire gli occhi grigi, freddi.
Tutto il calore ne era stato spazzato via anni prima, durante la ribellione contro Capitol City.
Troppo dolore, troppe emozioni, troppa confusione. Ed ora troppe cose cambiate.
Gale camminava tra le strade del distretto 12, strade che non erano più le sue ormai da molto tempo. Non riconosceva più niente in quel posto come parte della sua  vita. Il vecchio forno, la casa della sua famiglia, di quella di Katniss…tutto era stato bruciato, insieme a parte del suo cuore, quel giorno di tanti anni prima.
Il suo sguardo assente e distante, perso nei ricordi, si rifece vivo quando a poco a poco il Villaggio dei Vincitori cominciò ad apparire oltre la valle. Una sola parola, un nome, cominciò a bussare martellante nella sua testa: “Katniss”. Tutto ciò per cui aveva sempre combattuto quando era piccolo, tutto ciò che aveva amato quando era ragazzo e tutto ciò che aveva perso. La villetta era come la ricordava, graziosa, sistemata, il giardino  un tappeto bianco, sembrava quasi che la neve fosse voluta cadere solo in quel pezzo di mondo, fitta e candida e leggera, solo per quella casa. Guardando meglio non era neve però, quella che rendeva così bianco il terreno, erano primule.
Primule…il ricordo della sua visita al distretto 12 si riaffacciò nella sua testa. I piedi si mossero automaticamente lontano dal Villaggio e si diressero al cimitero.
Gale non era mai voluto andare al cimitero del distretto, neanche per far visita a suo padre. Nonostante la maschera di ferro che indossava quotidianamente, una maschera fatta di cinismo e rabbia, si celava un ragazzo vulnerabile, segnato da anni di sofferenze e sacrifici, come una montagna scalfita da una vita di vento e intemperie. Ma stavolta non poteva pensare a lui, non se ne sentiva in diritto. Doveva farlo e basta, perché era giusto.
Si guardò intorno tra le lapidi che spuntavano dal terreno, tra le erbacce,  ricoperte di muschio e rampicanti. La distinse subito, la più bianca, la più pura e innocente. Si avvicinò, un mazzo di primule viola in mano, e denti di leone. Il vaso alla base della tomba era pieno di acqua stantia e sporca ed i fiori che vi erano infilati dentro, ormai secchi. Li buttò sotto un cespuglio, mise dell’acqua nuova e i fiori che aveva portato per lei, per Prim. La sua foto sulla lapide bianca, il volto ancora da bambina, le lunghe trecce bionde e quegli occhi pieni di speranza, di voglia di fare, di aiutare chi ne aveva bisogno. Sotto una dedica “Sei sempre con me, paperella”.   Ogni anno, nel giorno del suo compleanno prendeva il treno che dal distretto 2 lo conduceva dritto al 12. Solo per poche ore, il tempo necessario a sedersi su quella lastra di marmo e riflettere, affogarsi nel proprio dolore senza rendere spiegazioni a nessuno. Solo lui e l’anima della ragazzina la cui vita le era stata portata via da lui. Lo sapeva, non era colpa sua, la bomba non era rivolta a lei, ma era quello il motivo per cui aveva abbandonato il suo distretto e con lui tutto ciò che di più caro aveva nella vita. Da quindici anni prendeva quel treno, e aspettava invano, seduto lì, che Katniss arrivasse e gli dicesse che andava tutto bene, che tutto sarebbe tornato a posto. Ma niente più sarebbe tornato a posto. Lo sapeva bene. Niente gli avrebbe riportato il calore in quegli occhi.
 

Quando si accovacciò davanti alla tomba di Prim, gli occhi lucidi, la bambina le chiese  –perché piangi mamma? La zia è qui con noi, me lo dici sempre.-
Katniss girò la testa, un sorriso cupo sulle labbra, lo sguardo fisso in quello di sua figlia, i suoi occhi in quelli grandi e azzurri di lei, così simili a quelli di Peeta, i capelli scuri e lunghi raccolti in una treccia, così simili ai suoi. Le prese la piccola mano tra le sue e vi premette la bocca contro. La bambina sorrise.
-Non devi essere triste mamma.-
Le lacrime non vollero trattenersi e scesero in due piccoli rivoli ai lati degli occhi che continuavano a fissare il mazzo di primule viola e denti di leone nel vaso.
-Non sono triste, paperella. Sono felice.- 
Da quindici anni ormai andava a trovare ogni settimana la sorella, in quel cimitero. Da quindici anni, sapeva che quei fiori li aveva messi lì Gale. Per lei.
 
  
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