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Autore: gabrieL_    20/01/2014    3 recensioni
Una felpa. La sua felpa. Una delle poche cose che involontariamente mi sono rimaste ma che, nonostante tutto, voglio tenere con me a ricordarmi che qualcosa di bello, di reale, ci abbia uniti, a prova che un tempo lui sia appartenuto a me. La annuso e sento ancora il suo profumo: è una fragranza di cui difficilmente mi scorderò: apparteneva a lui. Apparteneva a noi.
Ma ogni fine ha un inizio.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo

we accept the love
we think we deserve

‘’You’ll never love yourself half as much as I love you You’ll never treat yourself right darlin’ but I want you to. If I let you know I’m here for you. Maybe you’ll love yourself like I love you, oh. I’ve just let these little things slip out of my mouth because It’s you, oh It’s you, It’s you. They add up to and I’m in love with you. And all these little things.’’

Il rumore della porta che si chiuse fu l’ultimo suo ricordo; e non fu solo una porta che si chiuse, fu una porta che sigillò un pezzo della mia vita lasciandomi dentro cocci, rimpianti e lacrime. I segreti, d’altronde, servono per nascondere la verità; e spesso la verità è indispensabile nasconderla. Per non riempirsi di ferite. Per continuare a vivere.
E’ cosi, con queste parole che si lasciano cullare dalle strofe di quella canzone che per fin troppo tempo aveva accompagnato i miei pensieri – i più profondi e inaccessibili che avevo cercato di nascondere persino e soprattutto a me stesso -, che termino di scrivere. E’ così che abbandono uno tra i miei hobby – una tra le mie qualità – che ho ritenuto essere per tutta la vita, ogniqualvolta ne sentissi il bisogno o la necessità, una valvola di sfogo per liberarmi dal peso di quel flusso di parole che difficilmente fuoriuscivano dalla mia mente, e dalla mia bocca, per lasciarmi vivere serenamente. E’ così che lascio al passato un’altra piccola parte di quel me stesso che avevo tanto odiato fin quando non avevo incontrato lui a cui devo dare il merito di tutto; il merito di elogiarmi per quel che sono; il merito di avermi fatto affrontare faccia a faccia tutte quelle paure che da sempre e per sempre avevo creduto che avrebbero avuto la meglio su di me; il merito di avermi fatto abbandonare le mie insicurezze; il merito di avermi amato. Ma è comunque lui, per quanto paradossale possa essere, il motivo per cui ho deciso di lasciarmi alle spalle ogni cosa potesse riguardarmi e ricordarmelo. Ed è così che mi allontano da quella scrivania che, sin da quando ero un giovane adolescente, ho considerato il mio personale spazio di mondo, la mia ancora di salvezza, l’unica in grado di salvarmi da quel mondo orribile e diabolico nel quale ero cresciuto, l’unica a essere veramente in grado di creare attorno a me quella ‘bolla’ invalicabile e indistruttibile nella quale mi ero adoperato, già da tempi più remoti, a ricreare una copia di mondo perfetto per me. Mi ritrovo a fissare qualcosa di indefinito al di fuori della finestra – come se quel traffico improvviso creatosi a causa di una moltitudine di macchine che dal nulla si sono materializzate o le persone che imprecano e gesticolano come degli ossessi fuori di senno fossero dei centri di interesse per me. I pensieri, tuttavia, tornano ad accumularsi fino a non entrare più nella mia testa tanto che sento un improvviso mal di testa colpirmi e spero, anche se solo per un istante, che possa avere la forza di porre fino a tutto ciò.

Piove. Oggi come allora. E’ un altro triste giorno qui a Londra. E’ la ‘stagione delle piogge’ – come la maggior parte dei meteorologi afferma -, e per quanto io possa amare questo tipo di clima perché, oltre a permettermi di rimanere chiuso dentro casa con un buon libro da leggere e una tazza di tè fumante, riesce a rendermi estraneo a tutto ciò che non mi riguarda da vicino – e da parecchio tempo a questa parte quasi tutto ha perso il mio interesse -, ora, invece, non lo sopporto. In queste situazioni sembra come se il mondo goda della mia sofferenza, mi remi contro e rida di me, facesse tutto il possibile per ricreare quella giornata in ogni più piccolo particolare.

Ho i ricordi offuscati ma sono quasi certo di ricordare che fosse iniziata come una buona giornata, di quelle classiche in cui ti svegli di buon umore e l’unico obiettivo che vuoi portare a termine è arrivare alla fine ed affermare di poter essere orgoglioso di te stesso. Eppure, contro ogni aspettativa, non fu così. E’ un giorno che mi ricorderò sempre come uno dei più triste della mia vita. Fu l’inizio della fine. Ma ricordo bene un particolare: la pioggia. E’ per questo che ora non sopporto questo tempo uggioso. Lo odio, perché mi fa riaffiorare alla mente tutto ciò che invece vorrei dimenticare.

Lui. La pioggia. Lui, di nuovo. La pioggia… E ancora lui. Semplicemente.

Tuttavia, un inaspettato brivido percorre la mia fragile schiena e istintivamente afferro da per terra il primo indumento che riesco a prendere.
Una felpa. La sua felpa. Una delle poche cose che involontariamente mi sono rimaste ma che, nonostante tutto, voglio tenere con me a ricordarmi che qualcosa di bello, di reale, ci abbia uniti, a prova che un tempo lui sia appartenuto a me. La annuso e sento ancora il suo profumo: è una fragranza di cui difficilmente mi scorderò: apparteneva a lui. Apparteneva a noi.

Ma ogni fine ha un inizio.

Sono un ragazzo come tanti. Che punta l’irraggiungibile, desidera l’impossibile, cerca l’invisibile e sogna l’incredibile. Ho sempre creduto che la bellezza della vita sia quella che si può respirare nell’attimo. Quell’impercettibile momento in cui senti che un’energia ti scorre dentro. Quell’incontrollabile istante che scorre nell’infinito svolgersi della trama del tempo. Per me, tutti noi, siamo gente normale in un mondo pazzo. Non voglio smettere di pensare che la vita non sia il quadro dell’artista, non l’immagine racchiusa nella cornice. Il senso che questa vuole trasmettere. Continuerò a guardare oltre il quadro. Continuerò ad ascoltare una melodia… E non un insieme di note. Continuerò a credere che in questa strada fatta di illusioni ci sia ancora spazio per chi crede che si possa sognare. E cammino su quella strada… Sperando ci sia un senso.


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Ciao a tutti, ragazzi e ragazze di EFP. Questo è il mio primo prologo che scrivo e pubblico in assoluto su un sito simile. Non nascondo la mia paura nel pubblicare una storia che, forse, molti di voi considereranno ''controversa''. Ma questo sono io ,un ragazzo che, come spero capirete da ciò che leggerete, si lascia trasportare dalle sue paure e dalle sue insicurezze; un ragazzo timido, introverso ma al contempo solare come lo stesso protagonista. Spero che, in un modo o nell'altro, avrete la pazienza di leggere ciò che scrivo così da conoscere sempre meglio non solo i personaggi, ma anche una parte di me che solo tramite la scrittura riesce a fare capolino attraverso quello spiraglio di luce che raramente si presenta nel mio piccolo mondo, fin troppo a lungo rimasto nell'ombra che spero, alla fine di questa esperienza, riesca a fuoriscire del tutto. Vi ringrazio anticipatamente per il vostro appoggio.
Un abbraccio, G.

  
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