C'era una volta un gattino che voleva essere un bambino.
Disprezzava la sua coda, le sue orecchie a punta, il suo pelo nero, la sua lingua ruvida e le sue pupille che parevano fessure.
Vedeva i bambini e si chiedeva perchè non fosse come loro: lo desiderava, lo desiderava molto.
Allora pensò: "proverò a fare finta di essere uno di loro e forse diventerò finalmente un bambino!".
Il micetto allora si fece forza e provò e provò ad alzarsi sulle sue due zampe posteriori, all'inizio cadde, cadde molte volte, ma alla fine imparò a farlo e, infilatosi una sciarpa come vestito, andò tra i bambini facendo cenni di saluto con la zampa.
I bambini, vedendo quel bizzarro esserino, lo guardarono prima curiosi e infine, divertiti da quel bizzarro balletto, scoppiarono a ridere.
Il gattino non capiva perchè ridessero di lui, era confuso e cadde, allora le risate si fecero più e più forti, e il gattino deluso scappò sulle sue quattro zampe, mentre la sciarpa gli scivolava via.
Arrivato presso un cespuglio in fiore si fermò ad osservarlo: era bello e lo sarebbe stato ancora quando i fiori si sarebbero trasformati in bacche, ma, per quanto belle, quelle bacche sarebbero velenose se mangiate.
Il gattino pensò che i bambini erano così: fuori sembravano allegri e gentili, ma dentro, oh, dentro erano velenosi, di quel veleno di cattiveria che vizia il cuore.
Così il gattino pensò che non voleva essere come loro, perchè se il prezzo da pagare per essere come si vuole è essere cattivi, allora preferiva tenersi quella coda e quelle orecchie e quel pelo che disprezzava tanto: qualcuno che avrebbe apprezzato il suo cuore sarebbe arrivato.