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Autore: Brooke Davis24    21/01/2014    3 recensioni
Emma Swan e Killian Jones. I ruoli sono invertiti, gli animi diversi. Emma è il capitano della nave pirata più temuta che abbia mai toccato le coste di Thrain, la città in cui Killian è tenente al servizio della Corona, ed Emma ha una missione da compiere, una missione che si porrà in netto contrasto con quella di Killian. E se fosse difficile essere nemici ma non potessero essere altro? E se i sentieri di Emma Swan e Killian Jones si fossero incontrati nella vita sbagliata? E se, invece, non ci fossero tempo, luogo, motivo più esatto?
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I
Donne e fanciulle non possono salire a bordo


Donne e fanciulle non possono salire a bordo. Era una delle regole chiave della pirateria, perché, per quanto strano potesse apparire, di regole si nutriva anche quell’attività e, con esse, di ordine ed onore. Un buon pirata che potesse definirsi tale non aveva le sembianze di uno scapestrato, di un nullafacente, di un vagabondo senza arte né parte con la speranza di facili guadagni, di loschi raggiri. Quello non aveva nulla a che vedere con la pirateria. Quello era accattonaggio o, tutt’al più, degenerata accidia.

Donne e fanciulle non possono salire a bordo. Era una delle regole basilari della pirateria, la più elementare, forse la più logica e galante che fosse stata inserita nel codice d’onore dei pirati. Non si trattava di misoginia, di discriminazione, di sottovalutare il sesso femminile; era tutta una questione di logica mista a pratica. Le speranze che una donna sopravvivesse incolume alle intemperie naturali ed umane cui andava incontro una ciurma di pirati erano alte tanto quanto quelle che un pirata abbandonasse i suoi abiti per vestire quelle delle milizie di quello o quell’altro sovrano. Come il pirata sceglieva di rinnegare la prospettiva di una vita di servilismo per ideali che, col tempo, sarebbero svaniti o stati distrutti dal confronto con la realtà, a quei tempi era la natura stessa della donna a rinnegare la vita per mare, sia per costituzione che per temperamento. Si instaurava, così, nell’uno e nell’altro caso, la tacita ma lampante consapevolezza che qualunque tentativo di mescolanza non avrebbe dato nessun frutto. E che senso avrebbe trapiantare un germoglio in un terreno che non si addice alle sue radici?

Emma Swan era l’eccezione, l’eccezione alla regola che, per millenni, aveva caratterizzato la vita per mare di uomini al servizio di una sola bandiera: la Jolly Roger. E non era un semplice membro dell’equipaggio, non era una sguattera, una cuoca, un’anima perduta raccattata tra le acque torbide di un mare in tempesta. Emma Swan era il capitano della Nostos e con essa aveva instaurato quel mutuo rapporto di appartenenza che ogni capitano crea con la sua nave. Su quel vascello, temprato dalle intemperie, forgiato dalle lotte, curato ferita per ferita dagli uomini che ne avevano fatto la loro casa come di Emma la loro guida, la donna aveva vissuto più di quanto i suoi venticinque anni le avrebbero dovuto concedere.

Aveva smesso di essere una ragazzina molto tempo prima e, insieme al suo carattere, anche il suo corpo aveva seguito la naturale trasformazione che le circostanze avevano richiesto. Emma era di corporatura longilinea ma non esile; aveva le curve giuste al punto giusto, senza esagerazioni né in eccesso, né in difetto. Aveva lunghi capelli biondi che scendevano lungo la schiena, mossi appena alle estremità, e due occhi verdi che portavano con sé la stessa intrepida bellezza del mare. E, come ogni pirata che si rispetti, il suo abbigliamento era rigorosamente in pelle nera, un materiale che amava particolarmente e che le fasciava le lunghe gambe ed il busto, lasciandole scoperte le spalle, senza mancare un colpo.

Dopo un viaggio che era parso durare un’eternità, Emma e la sua ciurma avevano raggiunto la città di Thrain a bordo della Nostos e, aggirando accuratamente il porto della corona, erano riusciti ad attraccare nel porto secondario della cittadina costiere, il cd. porto dei pirati. Era lì che si svolgeva la piena attività del villaggio, era lì che si inseguivano la vita e la morte in una danza diseguale ed asimmetrica come asimmetrica e priva di equilibrio era la stessa Thrain. Era come se Thrain vivesse due vite, l’una parallela all’altra, la prima adiacente alla seconda, quasi si dessero il cambio per non stancarsi troppo a vicenda e per fare felici chi l’intera giornata non poteva proprio viverla, ognuno per le proprie ragioni. E l’una dall’altra, queste due vite, erano assai diverse: rappresentavano rispettivamente l’oscurità della notte, dei balordi, dei sotterfugi, delle meretrici, dei guadagni facili, delle magagne, dei segreti e il chiarore del giorno, la sua limpidezza, la sua austerità, la sua accorta selezione tra chi poteva esibirsi e chi no, la sua discriminazione. Un po’ come il porto del re, da un lato, e quello dei pirati, dall’altro.

Da che erano arrivati, Emma si era sentita un po’ parte di quelle ambientazioni, un po’ perfettamente estranea e, a poco a poco, aveva cominciato a sviluppare una certa affezione per Thrain; non perché fondamentalmente vi appartenesse e si riconoscesse nella gente del luogo, non perché le sue origini fossero umili quanto quelle di chi vi si aggirava, ma perché ne capiva le sfaccettature. Al suono dello sciabordio delle onde contro il ventre di quella o quell’altra nave, grande o piccola che fosse, la vita si esprimeva tutta lungo i suoi sentieri e pontili, tra le bancarelle dei pescivendoli e i venditori ambulanti, tra le gonne logore delle madri di famiglia e i bambini con la pelle annerita dallo sporco, tra le scollature smembrate delle prostitute e l’ingordigia degli uomini. E, nelle sue imperfezioni, Thrain era viva ed ostica come viva e ostica si sentiva di essere Emma. Ma lei era lì per compiere una missione e una missione avrebbe portato a termine!

Svoltando l’angolo in tutta la sua bellezza, Emma scorse il mare dall’unica zona ove le urla del mercato non arrivavano, la stessa in cui era attraccata la sua nave. Sistemando una ciocca di lunghi capelli biondi dietro l’orecchio con un movimento rapido, strizzò l’occhio a Joseph, uno dei suoi bambini preferiti, uno di quei bambini che, pur avendo le potenzialità, non avrebbe combinato mai nulla di buono nella vita, e, quando gli vide fare una linguaccia al suo indirizzo, avvicinò ripetutamente l’indice e il medio della mano destra a mimare il movimento delle forbici e, prima di passare oltre, sussurrò un impercettibile zac, che provocò la risata dal piccolo mascalzone. Sorrise a sua volta e fece per raggiungere uno dei suoi seduto su un barile accanto alla passerella d’ingresso alla nave, quando una voce la costrinse a fermarsi.

«Capitano!»
Voltandosi, scorse Julio e, d’istinto, inarcò le sopracciglia, osservandolo con cipiglio curioso e in parte guardingo: era madido di sudore e, benché fosse ben consapevole della emotività esuberante di lui, il fatto che il respiro affannoso le suggerisse una certa urgenza la rese oltremodo curiosa. Un sorriso invisibile curvò le sue labbra al suono di quella parola che aveva duramente conquistato e ne assaporò ancora e ancora il significato nella sua mente.
«Dimmi, Julio!» fece e il tono della sua voce fu imperativo, al punto tale che l’altro, la cui età era di qualche anno superiore a quella di Emma, si tolse il berretto e cominciò a stringerlo convulsamente tra le mani. Aveva ancora timore di lei, molto!

«E’ arrivato un uomo alla nave qualche ora fa, poco dopo che siete andato via. Vi cercava con urgenza. Mi ha chiesto di trovarvi a tutti i costi.» le comunicò ed Emma non se la sentì di inquisire ancora. Lo stato emotivo del ragazzo era di tale agitazione che, se avesse proseguito con le domande e avesse involontariamente assunto un cipiglio austero dei suoi, sarebbe stato probabile che crollasse.
«Ti ringrazio, Julio. Puoi andare!» disse e, girando su se stessa, si avviò in direzione di Diego. Diego era un omone di grossa taglia, di buon cuore ma con un temperamento davvero poco paziente; se avesse dovuto contare le volte in cui lo aveva visto prendere a cazzotti quello o quell’altro sbarbato e le altrettante volte in cui aveva dovuto radunare una buona metà della sua ciurma per impedirgli di spezzare l’osso del collo del malcapitato di turno, avrebbe davvero perso il conto. Silenziosamente, si sedette al suo fianco su un grosso barile.

«Mio capitano!» la salutò, ammiccando verso di lei e portandosi due dita alla tempia. Emma sorrise di quel sorriso furbo e consapevole che tanto bene si addiceva al suo animo frizzante e mascalzone.
«Chi è e dov’è?» chiese senza troppi preamboli.
«Alla taverna da Bill,» e fece un cenno del capo in direzione della locanda. «Non so chi sia, non l’ho mai visto da queste parti. E’ vestito come uno dei dintorni, ma…» Una pausa seguì le sue parole, mentre lo sguardo dell’uomo incontrava quello della donna pirata. «Puzza!» ed Emma comprese. Era un linguaggio in codice, un modo tutto piratesco per indicare chi stava al servizio del re o, in qualche modo, apparteneva alle autorità cittadine. Diego aveva un ottimo fiuto per quel genere di guai e lei seppe con certezza che non si fosse sbagliato. «Bill sa già tutto. Quando entrerete, vi farà cenno per indicarvelo. Il suo nome è Jones!»

Emma non perse tempo. Saltando giù dal barile, si diresse con passo spedito verso il luogo che le era stato indicato. Era una taverna vecchia di anni, impregnata dell’odore di salsedine e alcool, ma, nonostante fosse frequentata dai peggiori topi di fogna, il proprietario sapeva mantenerla discretamente bene. Quando varcò la soglia, la giovane fece fatica ad abituarsi alla penombra in cui versava il locale e, nel tentativo di darsi tempo, raggiunse il bancone. Bill le si accostò con noncuranza, evitando di dare troppo nell’occhio, e con un gesto casuale, mentre continuava ad asciugare con uno strofinaccio un bicchiere che non avrebbe potuto essere più pulito di com’era, le indicò uno dei tavoli addossati alla parete di fronte. Un sorriso inarcò le labbra di Emma quando scorse l’uomo di cui Diego le aveva parlato e, nel raggiungerlo, sentì l’adrenalina sconquassarle il corpo come solo l’idea di una sfida simile avrebbe potuto fare. Non le capitava tutti i giorni di avere a che fare con un infiltrato talmente sciocco da chiedere di lei nel suo territorio!

«Jones, suppongo…» fece, dopo aver preso posto di rimpetto all’altro, e godette dell’espressione di stupore che attraversò per un attimo i suoi occhi, prima di svanire dietro una coltre d’indifferenza.
«Vi manda il vostro capitano?» domandò, le sopracciglia scure inarcate in maniera piuttosto teatrale.
«Esattamente. Cosa volete da lui?»

Un sorriso di scherno apparve sulle labbra dell’uomo, che si fece avanti quel tanto che bastava ad essere investito dalla luce del sole, la testa china come nel tentativo di raccogliere i pensieri e combattere l’incredulità che la scena pareva suscitare nel suo animo. Emma notò che si trattava di un bell’uomo, di un gran bell’uomo, a dirla tutta. Aveva un viso mascolino ben delineato da una mascella forte ma non sporgente, la pelle chiara e coperta da una leggera peluria scura tanto quanto i capelli, e due occhi azzurro-blu che misero in allarme il suo istinto. Non era propriamente uno sprovveduto, non quanto gli altri almeno!

«Aspetto da ore e mi manda un sottoposto? E, per di più, una donna?» le chiese con fare retorico, sulle labbra ancora quel sorriso strafottente, quasi divertito. «Devo essere sembrato proprio un ometto di poco conto agli occhi di quell’altro pirata.»
«Oh…» fece lei, le braccia poggiate sul tavolo con estrema padronanza di sé, le labbra inarcate appena a composizione di un ghigno lieve ma rivelatore, mentre abbassava lo sguardo sui suoi polsi senza nessuna ragione effettiva. Amava le pause drammatiche, avevano un non so che di scenico! «Un misogino.»
Gli occhi verdi di lei tornarono a lui con tutta la carica seduttiva di cui erano capaci e lo sconosciuto parve apprezzare, mentre il suo sguardo indugiava più di un istante sulla bocca di Emma, tinta di un rosso tenue, quasi sbiadito, scendeva fino alla scollatura e risaliva con sfrontata lentezza.

«No, è che non amo che mi si faccia aspettare a lungo… O essere preso in giro!»
«Oh, è così?» Il tono fu velatamente sarcastico. «E quale ragione vi ha portato qui a chiedere proprio di lui, signor Jones? La stoltezza o il brivido della morte? Siete già pronto? Perché nulla suggerisce che abbiate un affare che possa interessarlo.» inquisì, il sorriso più ampio a scoprire i denti bianchi e perfettamente allineati, la mano ad indicare distrattamente l’abbigliamento dimesso di lui. Un lampo di apparente furbizia e di vittoria illuminò il blu intenso di quelle iridi, quasi pensasse di averla fatta franca col suo travestimento.

«Un pirata con la puzza sotto al naso. Bene, bene. Non ne avevo ancora visto uno.» la schernì, protendendosi ancora di più verso lei. «Credo che ci sia più di una cosa che io potrei volere da lui, a questo punto.» disse con fare ammiccante e lei si lasciò sfuggire una risata breve, roca, un suono basso che riecheggiò tra loro più e più volte, riempiendo lo spazio che separava i loro corpi, strisciando sulla superficie lignea del tavolo logoro.
«Non va contro tutti i vostri principi, tenente?» ribatté e le sue labbra s’inarcarono ancora di più verso l’alto, quando l’espressione di lui si fece di ghiaccio. Il muscolo del braccio dell’uomo scattò, come se fosse pronto a far scivolare le mani via dal tavolo e munirsi di ciò che aveva sotto tutti quegli strati coi quali si era travestito. Ma Emma fu più rapida e, con presa ferma, avvolse le sue dita attorno al polso di lui, scivolando fino a prendergli la mano e fermandolo prima che potesse mettere in atto il suo piano.

«Non siate sciocco, tenente. Non riuscireste nemmeno ad alzarvi da questo tavolo, se tiraste fuori quello che nascondete sotto l’abito. Possiamo parlare come persone civili.» lo ammonì e, in tutta risposta, l’uomo coprì la mano di Emma con la propria in una morsa altrettanto ferrea. «Ora, ditemi… Qual è il vostro nome?»
«Killian, Killian Jones. E il vostro?» A poco a poco, la bocca di lui si modulò a riproporne l’espressione spavalda, quasi civettuola e le spalle si rilassarono un poco.
«Emma.»
«Avete un bel nome, Emma, un nome forte.» disse, ma non ci fu traccia di alcuna lusinga nella sua voce. Pensava sul serio quello che aveva appena detto e la giovane lo comprese.

«Una donna non può permettersi di essere debole, neppure quanto al nome, con i tempi che corrono. Non credete?» A quelle parole, le sorrise più ampiamente, con fare genuino e strinse appena la presa sulla mano di lei, che ancora stringeva una delle sue senza tremori, senza titubanze.
«Credo di dovervi delle scuse per ciò che ho detto. Non intendevo offendervi.» Lentamente, le dita di lui cominciarono a muoversi, a carezzare il dorso di quelle di lei, sul volto un’espressione candida, una di quelle che doveva aver conquistato molte più donne di quanto fosse dato sapere.

«Mi offendete molto di più in questo modo, Killian Jones, credendo che io possa cedere alle vostre manfrine per una ragione o per un’altra.» Imitando da lentezza delle movenze di lui, sottrasse la mano alla presa dell’altro e incrociò le braccia al petto con aria meditabonda. «Sapete, Killian, nonostante non me ne stiate dando alcuna prova, deduco che siete un uomo intelligente,» Si fermò un istante, assaporando sulla lingua e negli occhi la soddisfazione che il tremore della mascella di lui le diede. «,ma davvero non riesco a capire cosa ci facciate qui. Come uomo al servizio del sovrano, dovreste sapere che questo porto è del tutto fuori dal controllo statale e, con esso, chiunque vi eserciti la propria attività.» Ancora una volta, tacque e la sconcertò un poco l’ardore degli occhi dell’altro: era come se tutto il suo essere stesse bruciando di sentimenti contrastanti e, benché non ne fosse certa, qualcosa le suggerì che non tutti fossero negativi come avrebbero dovuto essere. «La nave del mio capitano è arrivata da poco, e noi con lei, eppure siete venuto immediatamente a chiedere di lui.» Analizzò la situazione con cinica rapidità, evitando i dettagli superflui. «E, adesso, siete qui, con me, uno dei suoi uomini, in una locanda che pullula di gente che vi taglierebbe la gola per il solo gusto di vedere se lo avete davvero, il sangue blu. Me compresa.» La mascella di lui vibrò di un’intensità ancora maggiore e, pur non avendone la matematica certezza, Emma avrebbe potuto giurare che avesse stretto i pugni sotto al tavolo. «Se volete conquistare questo posto, Jones, cominciate da pesci più piccoli. E, adesso, uscite di qui, prima che vi scoprano o prima che io decida di divertirmi a vostre spese. Del resto, sono solo una donna e una donna deve pure trovare un modo per passare il tempo, quando non ha ago e filo a portata di mano. Non credete?»

Con un ultimo sogghigno, si alzò dal tavolo e non si premurò di sentirne o aspettarne la risposta, perché non era interessata. Qualunque fosse la ragione alla base del suo silenzio, gli aveva concesso più di una volta l’opportunità di esporle i suoi piani, le sue richieste, qualunque cosa gli passasse per la testa e non aveva saputo coglierla. I suoi passi furono rapidi e silenziosi, quando ebbe raggiunto il bancone e si fu accostata a Bill per sussurrargli due o tre parole, e altrettanto lo furono quando, aperta la porta, oltrepassò l’uscio e fu investita dalla luce del mattino inoltrato. C’era qualcosa di sbagliato in lei in quel momento, come se fosse troppo bella, troppo giusta e al contempo troppo torbida e sbagliata per trovarsi in quel luogo, a quell’ora. Diego la guardò da lontano con la stessa riflessione dipinta in volto, nel cuore un sentimento diverso dalla mera reverenza per quella giovane donna di soli venticinque anni che era stata in grado di conquistare una ciurma, un vascello, una vita in un lasso di tempo davvero breve. Fu un secondo, però, e l’espressione di lui mutò impercettibilmente. Emma non fece in tempo a stupirsi, che la risposta arrivò dritta alle sue orecchie.

«Non credete nella redenzione, Emma?»
La voce di Killian Jones, l’avventuriero senza un briciolo di amor proprio e di spirito di conservazione, la colse di sorpresa e, mentre si voltava per fronteggiarlo, le labbra di Emma si dipinsero di un sorriso privo di qualunque sfumatura, di qualunque colore, come se non ne avesse bisogno.
«Non per me, Killian. Forse per voi.»
«Da cos’è che dovrei redimermi?» le chiese, sgomento per la risposta ricevuta.

«Avete mai pensato, per un solo istante, di essere schierato dalla parte sbagliata?» D’istinto, fece un passo verso di lui e la distanza tra i loro corpi cominciò a ridursi. «Guardatevi intorno, Killian, e guardate voi stesso. E’ davvero una questione di bene o male? E, se così fosse, siete sicuro di essere dalla parte del bene? Avete soldi, potere, influenza, forse perfino buon cuore, ma siete così pieno di voi e della vostra giustizia da non riuscire a vedere, da non potervi riempire d’altro.» Un passo ancora. «Guardate quella bandiera nera e guardate tutte le altre presenti in questo molo: combattiamo tutti per la medesima causa, per il medesimo scopo, con l’unica differenza che non siamo tanto influenti quanto il vostro sovrano nelle vite dei cittadini.» Un altro passo. «E, allora, ditemi, Killian, per cosa combattete? Per chi combattete? Perché ci saranno tanti ideali nei vostri occhi, ma non avete combattuto per nessuno di essi fino ad ora e, forse, dovreste cominciare a farlo.»

A quel punto, la sua voce non era che un sussurro e le sue parole, l’intensità con cui le aveva pronunciate, il fatto che sapesse essere così giusta e così sbagliata ad un tempo ottennero l’effetto sperato. Con i propri occhi verdi, Emma scandagliò i segreti più bui di quell’azzurro-blu e gli mostrò un po’ di sé. Gli mostrò il rosso del sangue che era stato versato per mano sua, il nero dell’odio e della vendetta che avevano arso tutto il suo animo, il grigio della desolazione della quale era stata preda. Gli mostrò i colori del capitano della Nostos, quel capitano che Killian Jones aveva a lungo cercato, prima ancora che la sua nave avesse toccato le coste di Thrain, e che avrebbe dovuto temere.

«Capitano!» La voce di Diego, molto più vicina di quanto non fosse stata fino ad allora, viaggiò tra di loro, accendendo un barlume di consapevolezza nella mente dell’uomo. Emma indietreggiò di un passo, sulle labbra quel sorriso sghembo che Killian le aveva visto fare dal primo momento che si erano incontrati.
«Voi…»
Lei indietreggiò ancora, finché non ebbe affiancato Diego.
«Andate, Killian Jones, e non fatevi più rivedere da queste parti. E’ un ordine, non un suggerimento.»



Rieccomi con un'altra storia, stavolta AU, stavolta con un supporto. Per chi fosse arrivato fin quaggiù, mi auguro che il viaggio sia stato piacevole e, se vi va, fatemi sapere cosa ve n'è parso.
Buona lettura,
E-A.

N.B. Aggiungo una precisazione a posteriori: il personaggio di Emma potrebbe apparire assolutamente OOC per il suo estremismo, ma vorrei spiegarvi che non è così. La Emma che rappresento io è quella della prima puntata della prima stagione, con la stessa forza, spregiudicatezza, sicurezza di sé e capacità di raggiungere i propri obiettivi con tutti i mezzi. Qui, la situazione è un po' esasperata per via della missione che l'Emma personaggio deve compiere e che scoprirete più in là, per il suo vissuto un po' più crudo e per il fatto che, beh, è un pirata.

 
  
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