Ad Aurora
Capitolo
2
TERI
Ero la più grande di età e di muscolatura lì in mezzo. Fui costretta
a trascinare l’arciere-secchiona del gruppo fino alla stazione dei taxi. Mi
aveva leggermente scocciata il fatto di dover portare la ragazzina del punch
dietro di me in bici, ma il panico era più forte del fastidio. Ma trascinare
quella tipa strana che borbottava parole senza senso non mi faceva affatto
piacere, soprattutto dopo la stanchezza della pedalata. Ero distrutta
fisicamente e soprattutto mentalmente. Troppe cose assurde in troppo poco
tempo.
Diedi mentalmente ragione a mia zia che non voleva mandarmi in palestra.
Sarebbe stato decisamente meglio non farmi quei bicipiti. Non erano molto
evidenti, niente a che vedere con quelle donne tutte unte del Wrestling, e poi
cercavo sempre di nasconderli con felpe e magliette larghe, per poter sfoderare
l’effetto sorpresa di saper piazzare un bel pugno nello stomaco. Mi erano
serviti per difendermi bene dai bulli e poter essere lasciata sola. Stare sola
non mi pesava affatto. Il mio unico amico era Niall. Si sedeva accanto a me
nell’ora di Francese ed era sempre stato gentile con me. Un giorno vidi dei
bulli che lo prendevano in giro per le stampelle e per i capelli rossi. Lui
piagnucolava e io intervenni. Quei bulli avevano già avuto qualche occhio nero
a causa mia, quindi non fu difficile cacciarli via. Da allora Niall era diventato
mio amico.
Tornando alla tiratrice d’arco, riuscii a sopportare il suo delirio febbrile
fino alla stazione di taxi. Sperai comunque che si riprendesse presto. Avevo un
debito con lei. Se non fosse stato per la sua precisione nel tirare quella
freccia, il Ciclope mi avrebbe uccisa. Il solo pensiero mi fece rabbrividire,
nonostante l’aria calda di giugno. Prendemmo un taxi. Niall diede alcune
indicazioni al tassista.
«Bene,
suppongo che questa serata non ce la scorderemo facilmente, quindi penso sia il
caso di presentarci.» disse la tipa super abbronzata.
Era sicuramente popolare perché era quella più corteggiata durante il ballo. Io
stavo sempre in silenzio e in disparte, ma non per questo era come se fossi
assente. Sapevo osservare molto bene. E preferivo essere invisibile piuttosto
che corteggiata in modo così patetico.
«Ria Johnson.» disse la ragazzina che aveva fatto fare certi scivoloni ai
cretini del football. «Tu sei Eles McTemar.»
«Speravo non mi conoscessi, avendo tredici anni.» replicò l’altra.
«Vuoi dire che non ti piace essere conosciuta?» domandai, alzando un
sopracciglio. Immaginai fosse una di quelle ragazze che tingono o tagliano i
capelli e poi dicono “Faccio schifo con questo taglio!” per poi sentirsi dire
dalle amichette “No, tesoro, stai benissimo!”. Odiavo quell’ipocrisia.
«Esatto, lo detesto. Tutti sanno tutto di me. Non è bello essere un libro
aperto. Sono quasi contenta di ciò che è successo questa sera. Nessuno della scuola
lo saprà.» rispose.
«Lei è Mel Evans.» disse Niall, sussurrando parole confortanti in greco antico
- che mi accorsi con grande sorpresa di capire - alla ragazza che ci aveva
salvati.
«Teri Nabaci.» mi presentai.
«Non ti ho mai vista.» affermò Eles.
«Non sono una persona che ama farsi notare.» replicai.
«Bel vestito, comunque.» rispose, indicando il mio vestito viola.
Mi guardai addosso, accennando un sorriso. Era il primo vestito che mia zia aveva
azzeccato, dopo anni a cercare di farle capire che il rosa shocking e il
celeste pastello non erano colori per me.
Già, mia zia. Lei non sapeva che fossi appena scappata da un ciclope e che
stessi andando...Dove stavo andando? Le strade erano a me sconosciute, ma mi
accorsi che stavamo uscendo da New York.
«Hey, aspettate! Dove stiamo andando?» domandai, come cadendo dalle nuvole.
«In un posto sicuro.» ribatté Niall. Poi mi guardò con i suoi occhi azzurri e
sembrò leggermi nel pensiero.
«Tranquille, manderemo un messaggio alle vostre famiglie quando saremo lì.»
Quella frase riuscì a calmarmi. Non era davvero mia zia, ma un’amica dei miei
genitori che mi aveva cresciuta come una figlia dopo la morte dei miei quando
ero poco più che una neonata. Mia zia mi aveva sempre raccontato che mi avevano
lasciato da lei per trascorrere un week-end in roulotte ma, durante il viaggio
di ritorno, la nebbia fitta aveva provocato un’ incidente con un camion che li
portò alla morte.
Durante il viaggio capii che Niall fosse amico di tutte e quattro, ma nessuna
si era mai accorta delle altre tre. Menomale che sapevo osservare molto bene.
«Si fermi qui.» disse Niall, ad un tratto, al tassista.
«Ma è aperta campagna. Non c’è niente qui.» replicò il tassista, preoccupato.
Guardai fuori dal finestrino senza capire cosa intendesse. C’era un campo lì,
ai piedi di una collina e alla suo ingresso c’era...era davvero un drago che
russava? Stropicciai gli occhi, ma il drago era ancora lì. Forse dovevo
prendere in considerazione l’idea di trovarmi in un sogno. Qualcosa, però, mi
diceva che non era così.
«Non si preoccupi. Tenga il resto.» ribatté il mio amico, cacciando delle
banconote nella mano del tassista e uscendo dal taxi.
Fui costretta a trascinarmi Mel fino ai piedi della collina. Farfugliava parole
come “Oxypetes”, “Dark”, “Dispetto”, “Capra”, “Clava”. Era visibilmente
traumatizzata, povera stella. Peccato che non questo non la rendesse anche più
leggera da trasportare.
Arrivato all’ingresso del Campo, Niall si fermò e si slacciò la cintura.
«Niall, ma che diavolo fai?» chiesi, facendo una smorfia incredula. Non mi
sembrava il momento di fare l’idiota.
«Mostro la mia vera natura» rispose scoprendo completamente le sue gambe
caprine. Fu difficile guardarlo negli occhi e distogliere lo sguardo dalle sue
zampe.
«Niall, ma tu...» sussurrò Ria, fissandogli le gambe.
«Sono un satiro, metà uomo e metà capra» rispose lui, sorridendo. «Sono vostro
custode, e sono stato incaricato di prelevarvi e portarvi qui. Per tutto il
tempo in cui siamo stati amici vi stavo proteggendo dai mostri, ma stasera ho
ricevuto l’ordine di portarvi qui. Un contrattempo come un ciclope era piuttosto
prevedibile»
Niall? Il nostro custode? Ero stata io a difendere quel ragazzo
magrolino dai bulli, e non solo una volta. Ora mi stava dicendo che in realtà
lui aveva protetto me per tutto il tempo dai mostri. Non poteva essere! E aveva
davvero chiamato quel coso “contrattempo”? Per poco non ci lasciavamo le penne tutti
e cinque se non fosse stato per Mel!
«Continuo a non capire.» replicò Eles.
«Mitologia greca, avete presente? Bè, è tutto vero e non si è concluso con la
fine della cultura Greca. Voi, ragazze, siete semidee. Il genitore che voi non avete
mai conosciuto è un dio o una dea. Bè, nel caso di Teri non sappiamo chi sarà.
Ecco perché siamo qui. Questo è l’unico posto al mondo in cui voi siete più al
sicuro, il Campo Mezzosangue» e così dicendo spalancò le braccia verso il
Campo.
Capii che uno dei miei genitori non era morto, in quel weekend, ma aveva
approfittato per tornare sull’Olimpo. Non sapevo se sentirmi arrabbiata o
sollevata.
«Mio padre...Un dio. Wow» sussurrò Eles.
«Mia madre è viva» disse invece Ria, incredula.
«Se Mel fosse cosciente penserebbe anche lei a sua madre, che non ha mai
conosciuto.» rispose Niall, varcando l’ingresso. Lo seguimmo.
«Quindi tutte le divinità dell’Antica Grecia sono vive.» affermò Eles.
«Esattamente. Presto sarete riconosciute, siete nell’età. Bè, a parte per Teri
che ha già quindici anni. Qui al Campo sono tutti come voi.» replicò il satiro,
avvicinandosi ad un anfiteatro.
«Sono piuttosto sfigata per essere una semidea» dissi.
«Se ti riferisci alla dislessia e al disturbo da deficit dell’attenzione fidati
che tutti qui sono come te» rispose Niall.
«Gli eroi non dovrebbero essere tipi superfighi? Io non lo sono e non vedo come
una ragazza dislessica possa esserlo» ribatté Ria.
«Parlate per voi!» esclamò Eles.
«Ragazze, siete dislessiche perché il vostro cervello è fatto per leggere il
greco antico»
Ecco perché capivo le parole che Niall sussurrava a Mel.
Entrammo e un enorme falò regnava al centro dell’ anfiteatro.
Scorsi ragazzi e ragazze con magliette arancioni e collane di
perline al collo che ridevano e scherzavano.
«Figli di Apollo!» gridò Niall. Alcuni ragazzi che stavano cantando in greco
antico si interruppero e guardarono nella sua direzione.
«Correte ad aiutarmi. Semidea che delira, post - traumatizzata da incontro con
ciclope.»
Un paio di ragazzi corsero verso di me, e mi tolsero Mel di dosso, portandola
verso un edificio che dedussi fosse l’infermeria. Mi sciolsi la crocchia ormai
spettinata e pettinai i capelli con le dita. Averli sciolti mi fece sentire
appena più protetta.
Poco dopo un uomo barbuto, con capelli ricci e neri e una camicia tigrata
addosso ci raggiunse, seguito da un uomo a cavallo. Solo quando si avvicinò al
falò mi accorsi che fosse parte integrante del cavallo.
«Un centauro.» dissi, sorpresa.
«Piacere di conoscervi, nuove arrivate. Benvenute al Campo Mezzosangue. Io sono
Chirone, direttore delle attività del campo. Lui è il Signor D.»
«Perché si chiama Signor D?» domandò Ria. Me lo stavo chiedendo anch’io, in effetti.
Non mi ero mai presentata come “Miss T”.
«I nomi sono potenti, signorina.» replicò l’uomo, con una punta di stizza.
«A proposito, quali sono i vostri?» chiese Chirone, sorridendoci.
«Teri» dissi. Le altre due ragazze fecero per presentarsi, ma una voce le
interruppe.
«Nuove arrivate?» mi voltai verso la nuova voce alle nostre spalle. Era un
ragazzo sui diciassette anni, con i capelli neri e gli occhi verdi. Accanto a
lui, una ragazza bionda. Si tenevano per mano. Ecco, ci rieravamo: coppie e le loro
dannate dimostrazioni d’amore. Mi trattenni dall’alzare gli occhi al cielo.
«Io sono Ria Johnson.» disse la ragazzina.
«Bene, signorina Jackson, si ricordi di non fare più domande sul mio nome. La
tengo d’occhio. Chirone, andiamo a concludere quella partita!»
«Teri ed Eles.» disse Chirone, indicando prima me e poi l’abbronzatissima. «Benvenute.»
E poi si allontanò al trotto seguendo il signor D.
«Tranquilla» disse il ragazzo dagli occhi verdi a Ria. «Sbaglia sempre i nomi.
A dir la verità ha invertito il mio con il tuo.» I due risero.
«Percy Jackson, figlio di Poseidone.» disse poi, porgendoci la mano. La ragazza
accanto a lui, che era stata zitta tutto il tempo, si avvicinò.
«Annabeth Chase, figlia di Atena.Non ancora riconosciute, immagino.» affermò la
ragazza, studiandoci.
«Da chi?»
«Il vostro genitore divino non ha ancora mandato un segno per riconoscervi. Una
volta che sarete riconosciute dormirete nella casa del vostro genitore.» e
detto così indicò le cabine che caratterizzavano ogni dio, poco più lontano
dall’anfiteatro. Erano venti.
«Per ora dormirete nella casa di Ermes, dio dei vagabondi e dei messaggeri.»
indicò la cabina Undici. «Vi presento i capigruppo. Connor, Travis!»
Due ragazzi dai capelli ricci si avvicinarono, spintonandosi e ridendo.
Uno dei due mi rivolse un sorriso e appoggiò una mano sulla mia spalla. Sentii
il mio corpo irrigidirsi. Contatto fisico con uno sconosciuto: una delle cose
che non sopportavo.
«Potresti evitare?» chiesi. Il ragazzo sorrise e lasciò cadere la mano lungo il
fianco.
«Certo, dolcezza. Se vuoi entrare nella mia cabina devi rispondere ad una
domanda.» mi disse. Annuii.
«Cosa dice un arancio quando non va a fare la spesa?» domandò. Aggrottai la
fronte.
«Mi prendi in giro?»
«Rispondi e basta.» replicò, sorridendo.
«Non lo so.»
«Manda-rino!» esclamò, e scoppiò a ridere alla sua stessa battuta. Risi anch’io
non per la battuta ma per la sua stupidità. Cercai di non farmi vedere troppo e
mi nascosi con i capelli. Non mi piaceva che gli altri mi vedessero ridere, mi
faceva sentire debole. Era sbagliato, e ne ero cosciente, ma ormai coprirmi con
i capelli era un gesto automatico, tipo un tic.
«Tranquilla, entrerai lo stesso nella cabina di Ermes.» disse, rivolgendomi un
altro sorriso a trentadue denti «Anzi, spero che non ci sia nemmeno un posto
disponibile per dormire, così dormi con me.» Mi sentii improvvisamente stupida
per aver indossato quel vestito così corto. Ero troppo in ghingheri.
«Travis, sei un’idiota. Non terrorizzarla. Neanche gli acari vogliono stare nel
tuo letto.» ribatté l’altro, Connor, ridendo. Poi si rivolse a me, a Ria e a
Eles.
«Venite a sedervi accanto a noi, vicino al falò.» disse Connor «Presto sapremo
chi siete.»
Ci sedemmo e nonostante non fossi in disparte era come se lo fossi. Connor e
Travis chiacchieravano con Eles e Ria, io non mi intromettevo a meno che non mi
chiedessero qualcosa. Dopo poco mi disinteressai.
Mi si avvicinò una ragazza alta, dai capelli lisci e neri con le punte rosse
che le sfioravano le spalle. Aveva un viso dolce, con grandi occhi scuri e una
spruzzata di lentiggini sul naso.
«Ciao!» esclamò, sorridendomi. «Nuovo pandacorno?»
Corrugai la fronte. «Nuovo che?»
«Panda - corno» ripeté la ragazza. «La fusione tra un panda e un unicorno»
«Oh...interessante» dissi, per poi voltarmi e alzare gli occhi al cielo.
Un’altra persona che voleva prendermi in giro: ma che bel Campo in cui ero
finita! Probabilmente stavo sognando e quello era il sogno più idiota che
potessi fare.
«Rispondimi!» esclamò la ragazza. «Oh, giusto. Non mi sono neanche presentata.
Io sono il pandacorno Aurora, figlia di Afrodite» disse, porgendomi la mano. Le
strinsi la mano, anche se diffidente.
«Sono Teri»
«Teri, sei una musona. Mi ricordi più un lamacorno, osservandoti meglio.
Dovresti cavalcare più spesso gli arcobaleni, ragazza». A quel punto fu
difficile trattenere una risata.
«Oh miei dei! Sono capace di far ridere una musona! Dovrei avere una medaglia
per questo. Magari quando rientra dall’impresa potrei provarci anche con Nico.
Però quel ragazzo mi mette sempre a disagio anche se ho due anni in più di lui.
Oh, tu non sai chi è Nico. È il figlio di Ade, l’unico rimasto in vita. È un
tipo allegro come te». Aurora parlava tantissimo, ma non mi dispiaceva sentirla
parlare. Era divertente.
«Tu hai scoperto solo stasera di essere una semidea, giusto?» chiese. Annuii.
«Ecco, io sono stata al sicuro fino a due anni fa. Avevo quindici anni e ho
scoperto il mondo dei youtuber. Sai cos’è, vero? Appunto, in un solo pomeriggio
ho fatto una maratona di video di Drew Malino e Troye Sivan. Così i mostri mi
hanno trovata; navigare in Internet per un semidio significa dire ai mostri
“Hey ragazzi, sono qui!”. Ma sono riuscita a scappare, perdendo il mio portatile.
Grover, uno dei satiri di qui, mi ha trovata e mi ha portata al Campo sana e
salva. Che fortuna! E tu?»
Le raccontai brevemente ciò che era successo quella sera.
«Fighissimo!» esclamò. «Oh miei dei, la tua amica è stata appena riconosciuta!
Comunque, mi sei simpatica. Se ti va domani ci alleniamo insieme e ti insegno a
cavalcare gli unicorni. In realtà sono pegasi, ma per me è lo stesso»
«Affare fatto»
«Oh, dimenticavo. Tieni una maglietta e dei pantaloncini per la notte. Immagino
che tu non voglia dormire con un vestito». Presi la maglietta e i pantaloncini
e ringraziai Aurora, accennando un sorriso.
Ammiravo quella stramba figlia di Afrodite. Era difficile farmi ridere, e
soprattutto era difficile starmi vicino. Effettivamente mi chiesi perché lo
facesse. La ragazza si era avvicinata a me; aveva capito che ero sola anche se
ero circondata da persone.
Aver appena trovato qualcuno che provasse a capirmi era una bella sensazione. Forse
quel Campo non era poi così male.
Spazio autrice
Mi sto ancora chiedendo come sia riuscita ad aggiornare puntuale, non mi è mai
successo prima (ecco perché le mie ff finivano per essere cancellate). Anyways,
come potete vedere qui cambia il punto di vista e anche la personalità della
narratrice. Teri è la tenebrosa del gruppo e non ride spesso, tende più a
ghignare. Aurora esiste davvero ed è una mia amica: il capitolo è dedicato a
lei e alla sua fissazione per i youtubers che mi ha trasmesso.
Credo che sia abbastanza chiaro di chi sia figlia Mel, Eles e Teri più o meno
chiaro, e Ria punto interrogativo.
Se avete qualche idea sul loro genitore divino mi piacerebbe se me lo diceste
tramite recensione. :) E, ovviamente, accetto anche critiche e consigli: per me
sono preziosi.
Ringrazio coloro che mi hanno aggiunta tra gli autori/storie preferiti e Kalyma
P Jackson che ha recensito, facendomi saltare dalla sedia per la sorpresa.
Un bacio.