Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: InstantPsycho    21/01/2014    3 recensioni
Una favola che diventa realtà e le responsabilità che essa comporta.
[ Eruri AU ] [merman!Erwin x sailor!Levi]
Questo lavoro è una traduzione!
[avviso: NON contiene bestiality]
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Irvin, Smith
Note: AU, Lemon, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Link alla fic originale: Being Human by InstantPsycho on AO3

Note dell'autrice:
Questa breve fic è ispirata ad una conversazione avuta con 13th su Skype dopo avere visto una fanart di kisu-no-hi su tumblr. Sarà molto imbarazzante, quindi siete avvisati!
[ bottom!Erwin + prime esperienze sessuali ]


Note della traduttrice: 
Ho lasciato alcuni asterischi per il testo con alcune note per chiarezza nella traduzione. Buona lettura ♥


 
Le profondità del mare accoglievano molti esseri diversi che indulgevano nella sensazione di perdersi e ritrovarsi, nonostante tutto, nel suo ventre come un gorgo. Molte erano creature di cui nessuno aveva sentito parlare né ora né mai, perché non era di loro interesse mostrarsi all’uomo o conoscere l’altro mondo così diverso dal loro, che fossero uno speciale tipo di pesce o un altro animale che viveva troppo in fondo all’oceano per disturbarsi a salire in superficie e vedere cosa si nascondeva dietro l’apparente nero infinito, da loro chiamato ‘casa’.
La curiosità uccide il gatto. *
Era ciò che Erwin aveva sentito da uno dei marinai quando squarciò la superficie della sua casa ed osò dare un’occhiata al mondo degli umani. Non aveva idea di cosa fosse un gatto e non c’era nulla con cui poterlo comparare, dal momento che nulla aveva quel nome. Forse un giorno, continuando ad esaminare questi esseri che camminavano su due pinne chiamati umani, l’avrebbe saputo.
Fin dal primo momento in cui li vide, non riusciva a smettere di pensare alla loro presenza e scopo nel mondo. Sembrava così diverso e luminoso rispetto al suo, con l’acqua che aveva da sempre avvolto e accarezzato il suo corpo come la madre che non aveva mai conosciuto. Si sentiva soddisfatto nel reame in cui viveva e non aveva alcun desiderio di cambiarlo con un altro.
Tuttavia, una certa curiosità cominciò lentamente a strisciare nei suoi pensieri e giocare con essi. Immagini di se stesso che passava le giornate a conversare con uno di quei marinai, chiedendogli ogni genere di cose sul loro mondo, presero a invadere la sua testa.
Comunque, Erwin sapeva di essere qualcosa che gli umani non conoscevano. Non gli era mai stato detto da nessuno, ma il fatto di non avere mai incontrato qualcuno come lui lo costringeva quasi a vivere sulle sue supposizioni. Sembrava essere l’unico della sua specie e sebbene nelle profondità del mare ci fossero svariate creature che gli tenevano compagnia, non poteva evitare che un senso di solitudine avvolgesse la soddisfazione che provava.
Non ci volle molto affinché Erwin frequentasse l’esterno più spesso, esaminando gli umani e i loro gesti. Riusciva a capire cosa si dicevano ma non si era mai chiesto il perché di ciò. Come se un profondo senso di comprensione risiedesse nel suo petto, intrecciato al desiderio di parlare ad uno di loro.
Iniziò persino ad avere un umano preferito tra tutti e si ritrovò a fissarlo più spesso degli altri. Quell’uomo era diverso. La sua taglia era impressionante, non essendo alto come gli altri. Era piccolo di statura, ma nessuno osava sottovalutarlo o parlargli male. Era differente dal posto da cui Erwin proveniva. Se non si possedeva un veleno forte da offrire ai predatori, una taglia ridotta portava a morte certa, dal momento che i piccoli e i deboli non avevano probabilità di sopravvivere dove i grandi si nutrivano di loro.
Lo stesso valeva per Erwin, sebbene si considerasse tra gli esseri abbastanza grandi, ma c’erano altre creature là sotto molto più grandi di lui e tutto fuorché riluttanti a mangiare quelli della sua taglia. Per tutto il tempo vissuto nel mare, ciò lo aveva costretto a diventare sempre più agile e guardingo nei confronti dei grossi fortunati.
Non c’era nulla di minaccioso nell’uomo di fronte a lui. La sua espressione non era la più amichevole che Erwin avesse mai visto, ma qualcosa brillava nei suoi occhi e aveva attratto il tritone, facendo crescere il suo desiderio per l’esterno. Non l’avrebbe mai creduto possibile e se qualcuno gli avesse detto che un giorno sarebbe successo, Erwin avrebbe riso e pensato che quel qualcuno fosse stato avvelenato con l’acqua dolce.
Eppure eccolo lì, che nuotava sulla superficie morbida e fredda dell’acqua, fissando l’essere umano con grandissimo interesse mentre cercava di memorizzare tutti i suoi movimenti e parole. Il modo in cui le sue labbra formavano le parole e i suoi gesti.
“Chi sei, umano?” sussurrò piegando appena il capo.
Per continuare a passare il suo tempo in quel modo nuovo, Erwin era solito sparire sotto l’acqua ogniqualvolta un umano si avvicinava al molo a cui era solito sostare.
Tuttavia, quell’uomo basso s’incamminò verso di lui ed il tritone si ritrovò incapace di muovere un singolo muscolo e sparire per lasciare intatto il mistero della sua presenza all’umanità. Voleva che l’uomo lo vedesse e che interagisse con lui.
Il desiderio s’era fatto troppo forte e la curiosità stava divorando pericolosamente la sua coscienza.
“Non far cadere quella scatola, mi è quasi costata una gamba!” urlò il piccolo uomo prima di raggiungere un certo punto e sedersi a guardare nel vuoto senza dire nulla.
Erwin non era molto distante e si mosse per avvicinare il primo essere umano che nella sua vita aveva catturato il suo interesse.
C’erano molte parole che Erwin aveva immaginato di dire ed ognuna di esse aveva un che di magico. Voleva chiedergli se tutti gli umani avevano il suo stesso carisma ed occhi come il cielo che piange sulla superficie del mare. Tristi e profondi al tempo stesso, attraenti in un modo che era difficile da scuotersi di dosso.
A mano a mano che si avvicinava, una nuova frase che lui sperava essere bellissima andava formandosi nella sua mente.**
“Piccolo umano” sbottò all’improvviso. Erwin vide l’altro sussultare e rivolgergli un’occhiata di debole shock, prima di sollevare un sopracciglio.
“Chi diavolo sei per rivolgerti a me in ‘sto modo? Non hai freddo, amico? L’acqua non si presta a nuotare in ‘sto periodo dell’anno.”
Erwin non era sicuro se pentirsi del modo in cui aveva attirato la sua attenzione o sentirsi grato del fatto che non era ancora scappato. Che gli umani sapessero molto più sulla sua specie di quanto aveva creduto all’inizio?
“Io nuoto sempre” rispose e si avvicinò all’altro. “Non c’è un momento in cui non sono un tutt’uno con l’acqua.”
“Suoni come un cazzo di poeta, vuoi dei soldi?”
“Soldi?” non aveva mai sentito quel termine e si chiese cosa significasse.
“Soldi, sì. Gran parte delle persone boriose quanto te mi hanno chiesto soldi per l’infinita saggezza che mi hanno donato.”
L’umano disse ciò in un modo che fece credere a Erwin che quel genere di persone non doveva piacergli molto. Il marinaio grugnì e tirò fuori dal suo portafoglio qualcosa che sembrava un bastoncino.
Un altro oggetto seguì il bastoncino e prima che Erwin potesse saperlo, una luce abbagliante esplose e fece qualcosa al bastoncino che il tritone non seppe riconoscere. Vagamente scioccato, si ritrasse ignorando cosa doversi aspettare.
L’altro uomo gli rivolse una breve occhiata prima che qualcosa di molto simile a una bolla, ma dalla forma più instabile, si levasse nell’aria.
“Vivi sulla Luna? Non hai mai visto una sigaretta?
“Sigaretta?” disse Erwin avvicinandosi di nuovo, “Non ho mai sentito parlare di una cosa simile. È un’invenzione di voi umani?”
“Usi quella parola come se venissi dallo spazio, cosa c’è che non va in te?”
Non se n’è ancora accorto? pensò Erwin e piegò il capo di lato mentre guardava la strana schiuma che andava alla deriva nell’aria.
“È perché non sono umano” disse, pronto a ricevere insulti o a vedere l’uomo alzarsi e fuggire.
Tuttavia, invece di fare ciò, grugnì e scosse il capo.
“Non so che merda hai preso per parlare in ‘sta maniera, ma dovresti piantarla, davvero.”
 Suonava davvero disgustoso. Perché Erwin avrebbe dovuto fare qualcosa con gli escrementi altrui? Non moriva esattamente dalla voglia di giocarci.
“Non toccherei mai qualcosa del genere” disse con leggera incredulità ed afferrò il bordo del molo.
Uno strato di pelle sottile adorno di vene delicate, di un iridescente colore blu, collegava le sue dita.
“Non so se mi stai prendendo in giro, ma non funziona” disse il moro e poi inspirò profondamente con il bastoncino tra le labbra. Una luce rossa appariva e diventava più intensa prima che espirasse, la schiuma che si univa all’aria.
“Perché dovrei prenderti in giro?”
Per la prima volta il marinaio guardò Erwin più da vicino ed ad ogni scoperta che faceva guardando il corpo del tritone, strabuzzava gli occhi sempre più. Il bastoncino quasi cadde dalla sua bocca nell’acqua.
“Maria Vergine…”
Il tritone non osò parlare e forse ciò contribuì alle sensazioni che l’uomo stava provando. Talvolta era meglio restare in silenzio e lasciare che si recuperasse la compostezza da sé.
“Che diavolo sei?” il marinaio si chino in avanti ed allungò una mano per toccare quella di Erwin, ma il tritone si ritrasse prima di potere essere toccato. Era curioso, ma anche guardingo.
“Non sei umano.”
“È ciò che ho detto all’inizio della nostra conversazione.”
“Pensavo stessi solo cercando di fottermi!”
“Fotterti?” la parola suonava molto volgare e da come il marinaio l’aveva pronunciata, Erwin era sicuro che doveva esserlo davvero. Non l’aveva mai sentita, né aveva idea di che cosa implicasse.
“Pensavo stessi mentendo” l’uomo si corresse e recuperò il bastoncino che aveva chiamato sigaretta. “Non so se sto avendo un’allucinazione o sto sognando. Non è possibile che ‘sta roba sia vera, diavolo.”
“Ma lo è” disse Erwin, distendendo la mano per farsi toccare. Sebbene non si sentisse troppo sicuro, voleva che l’altro capisse.
Con esitazione, il marinaio avvicinò la mano a sua volta e poi accarezzò la pelle fredda e scivolosa del tritone.
“Merda.”
Era strano sentire il tocco di qualcun altro, così privo di freddezza. Erwin percepiva qualcosa di caldo accarezzarlo e non aveva idea di come classificare tale sensazione che gli dava un che di strano nel petto, quasi un prurito.
“Non dirmi che sei un cazzo di tritone.”
“Voi umani mi chiamate così.”
“Mi serve dell’alcool.”
 
***


All’uomo non occorse molto tempo per abituarsi in qualche modo alla presenza di Erwin e molto presto cominciò a visitare lo stesso posto ogni giorno, appena trovava un po’ di tempo libero. Aveva detto al tritone ogni genere di cose sul genere umano, cose che lo esaltavano così tanto da chiedersi come il suo petto potesse contenere l’eccitazione.  ***
“Qual è il tuo nome, comunque? Sarà mica qualche merdata fantasiosa tipo Conchiglia Vergine del profondo mare blu?”
“Perché dovrei chiamarmi così? Cos’è vergine?”
“Non avete idea di che sia il sesso laggiù, vero? Ce ne sono altri come te?”
“Temo di esserci solo io ed il nome  è Erwin.”
“Erwin.” ripeté il marinaio ed inspirò dalla sigaretta. Qualcosa che agli umani serviva per calmarsi sebbene fosse velenosa.
“Il nome è Levi.”
Aveva un bel suono che Erwin si ritrovò a ripetere più e più volte nella sua mente. Sembrava dare al loro incontro un che di reale che pareva mancare.
“Per me è ancora difficile credere che qualcosa come te esista.”
“Solo perché voi umani non avete mai visto qualcosa, non significa che questa non esiste.”
“Sei bravo a dire merdate fantasiose.”
Ancora una volta quella parola che gli umani usavano spessissimo in contesti misteriosi per il tritone. Non capiva perché dovesse essere nominata così spesso e senza alcun nesso logico.
“Cosa intendi per ‘merdate fantasiose’?”
“Roba che altri riterrebbero saggia.”
“E la chiami merda?”
“Merda è sempre un modo per dare sollievo alla lingua.”
“A voi umani serve davvero tanto sollievo.”
“Talvolta questo mondo è tanto orribile quanto bellissimo, dopotutto, tritoncino.”
 
Ad Erwin non occorse molto per provare un senso di attaccamento più profondo nei confronti del marinaio e delle sue storie, del modo in cui le narrava e in cui la sua voce gli dava conforto.
Con ogni piccola conversazione, le ali di un desiderio crebbero nel cuore dell’uomo. Molto presto non sarebbe riuscito a farlo stare al suo posto.
Voglio andare con lui.
Lo pensava sempre più spesso ed il mondo sotto il pelo dell’acqua appariva così noioso adesso. Lì, nessuno poteva narrargli delle tante sfumature che un umano poteva godersi sulla terra e di quante cose c’erano da scoprire. Montagne che sputavano fuoco e montagne del tutto ghiacciate. Posti in cui non faceva mai freddo e posti in cui non faceva mai caldo.
 Erwin voleva saperne di più e vedere tutto ciò con i suoi occhi al fianco di Levi.
Il desiderio occupava i suoi pensieri sempre più, impedendogli di riflettere su altro; riempiva ogni fibra del suo essere ed il tritone voleva così tanto uscire dall’acqua, camminare su due pinne come facevano tutti gli umani. Il suo desiderio cominciò ad intristirlo.
“Sembra che qualcuno ti abbia cagato nel pranzo”.
E per una volta capì abbastanza il significato dietro quelle parole enigmatiche.
“Voglio venire con te” disse, diretto, e si appoggiò alla fredda pietra che fungeva da confine tra sé e il suo desiderio.
“Sei praticamente un pesce. Qualcosa del genere non è possibile, Erwin.”
“Lo so, ma comunque…”
Ci fu un silenzio appena opprimente. Nessuna storia da parte del marinaio, solo il vento su di loro.
Erwin non sarebbe potuto sopravvivere se qualcuno l’avesse portato via dal posto in cui aveva da sempre vissuto. L’acqua era per lui ciò che l’ossigeno era per gli uomini: sapeva che per diventare come loro, solo un miracolo avrebbe potuto aiutarlo.
“Talvolta, se covi un desiderio per tanto tempo, potrebbe avere una possibilità di avverarsi” disse Erwin, rompendo il silenzio che aveva preso ad affondare nelle sue carni, mettendolo a disagio.
“Non un desiderio come quello. Vuoi essere trasformato in qualcosa che non potrai essere mai. Ti conviene smettere di pensarci e andare avanti.”
 “Ma se non volessi?”
“Allora sei un cazzo di idiota gigante” Levi accese una sigaretta e si appoggiò alla roccia, guardando il cielo come aveva sempre fatto.
“Certe cose non accadono e basta.”


 
***

 
Per Levi, era già abbastanza strano incontrare un essere delle leggende, creato da persone con troppo tempo a disposizione per pensare a roba oscura. Ma un tritone che voleva unirsi al mondo umano era la ciliegina sulla torta. Non sapeva come avesse fatto a restare così tranquillo dopo quella scoperta senza parlarne ad anima viva. Uno sbuffo passò attraverso le sue labbra mentre faceva un largo sorriso ironico: tanto nessuno gli avrebbe creduto, per cui era meglio tenerlo nascosto il più possibile per vedere come le cose si sarebbero evolute. Non che Levi amasse stare al centro delle chiacchiere dei marinai, specialmente non per una favola.
Il tritone, Erwin era il suo nome, costituiva un paradosso. Il suo carisma era misterioso e c’era qualcosa di sofisticato nella sua conversazione e nel suo aspetto, ma ignorava molto degli umani, molte espressioni e modi di dire che Levi usava senza saperne il vero significato e come mai erano diventati così popolari, mentre Erwin aveva bisogno di una spiegazione.
C’era un che di infantile in quei trasparenti occhi blu, ma anche un enigma che suggeriva quanto fosse anziano, a dispetto dell’apparenza.
“Che mondo malato in cui vivere.”
“Che c’è?” gridò uno dei marinai, portandosi appresso un’altra scatola di merce fuori dalla nave.
“Niente, continua a lavorare. Dobbiamo finire ‘sta merda prima che il sole tramonti. Non voglio inciampare nei miei piedi.”
E voleva andare a trovare Erwin. Ascoltare la sua voce mentre discorreva come un bambino sul suo modo di capire alcune cose. Levi gli aveva narrato tutto ciò che aveva sperimentato nei suoi viaggi sugli oceani, tutto ciò che aveva letto nei libri quando non c’era nulla da fare e gli serviva un po’ di distrazione. Roba che appariva profana a gran parte dell’umanità ma speciale per quel singolo essere che non sarebbe nemmeno dovuto esistere.
“Solo perché voi umani non avete mai visto qualcosa, non significa che questa non esiste.”
Era ciò che aveva detto, una delle frase che gli aveva fatto perdere quell’atteggiamento appena puerile per renderlo qualcosa di più che Levi non riusciva a decifrare. Era certo che ci fosse una conoscenza profonda, nascosta nella sua mente e nel suo corpo, dal potere di fare impazzire le persone.
“Levi! Guarda qui!”
Levi guardò in su con aria interrogativa e vide un marinaio che gli correva incontro.
“C’è un uomo nudo laggiù. Non si muove, penso che sia morto.”
“Qualcuno ha pensato bene di scherzare col mare e morire?” disse e sospirò. Non era raro trovare un cadavere ogni tanto, fosse perché qualcuno aveva tenuto l’atteggiamento sbagliato con le persone sbagliate o semplicemente per un eccesso d’incoscienza.
Levi seguì l’uomo, pronto a vedere qualcosa di sgradevole e chiamare la Polizia fuori dalle loro losche case, ma non appena riconobbe la figura che giaceva là, spalancò la bocca in un istante.
“Non è possibile, cazzo” gli sfuggì prima che potesse rendersi conto di quanto stava dicendo. Erwin era steso sul legno e a dispetto di tutto, aveva due gambe al posto della coda. Due gambe. Levi non sapeva perché né come fosse accaduto, ma eccolo lì, sulla sabbia, svenuto e in tutto e per tutto rassomigliante a un fottutissimo essere umano normale.
Il marinaio si voltò di lui, la sorpresa sul volto stupido.
“Conosci quell’uomo?”
Lo conosceva? In un certo senso, sì, ma non come chiunque avrebbe potuto pensare.
“Sì, aiutami a caricarlo in una carrozza.”
Trasportare il corpo era un lavoro orribile e l’attenzione che stavano attirando non aiutava affatto. Erwin, dopotutto, era nudo e svenuto.
Metterlo bene sul sedile così che non cadesse durante il breve tragitto non fu divertente.
“Chi è costui?”
“Non sono cazzi tuoi e ti conviene non dirlo a nessuno” disse in tono d’avvertimento, sebbene già parecchi avessero visto Erwin.
Il marinaio annuì brevemente e subito dopo la carrozza partì.
Sembrava che Erwin stesse dormendo e sognando beatamente. Sulle sue labbra, l’ombra di un sorriso lo rendeva bello in modo a dir poco ridicolo.
“Come diavolo hai fatto a diventare umano, Erwin?” borbottò Levi, poggiando il mento sulle dita intrecciate mentre fissava l’uomo dormire.
Non ci sarebbe voluto molto per arrivare alla taverna in cui Levi viveva al momento (casa sua era troppo lontana per essere considerata un valido rifugio e la usava di rado, tra l’altro). Al che, Levi si rese conto che doveva portare dentro Erwin.
“Merda.”
Si sporse verso di lui e gli scosse la spalla. Era fredda da far spavento e per un secondo, Levi quasi temette che Erwin fosse morto prima di prestare attenzione al suo petto: si muoveva ad un ritmo regolare.
Scuotendo appena l’uomo, Levi cercò di svegliarlo e farlo muovere da solo. Il solo fatto che un uomo entrasse passeggiando completamente nudo avrebbe attirato abbastanza l’attenzione.
“Hey, tritone” disse e gli diede uno schiaffo sulla guancia dopo che i primi tentativi di scossoni non erano bastati. “Erwin, svegliati, cazzo.”
Gli occhi si aprirono lentamente, una sorta di ronzio che faceva vibrare il petto di lui.
“Levi…?”
“Levi un corno. Come cazzo hai fatto a diventare umano?”
“Umano… Umano..?”
“Sei ubriaco o cosa?”
E con un colpo improvviso, Erwin si sedette dritto e quasi fece cadere Levi.
“Umano?!” guardò giù nel punto in cui ci sarebbe dovuta essere la sua coda e vide le gambe che non si erano mosse di un millimetro da quando era stato trovato sul molo. Erwin spalancò la bocca e poi fissò Levi, sconvolto.
“Non chiedermi com’è successo. Non ne so un cazzo. Un marinaio del mio equipaggio ti ha trovato nudo sul molo.”
“Nudo..?”
“Avanti, è tempo di andare in camera mia e metterti al caldo. Sei freddo da fare orrore.”
Avevano raggiunto la loro destinazione ed era ora di entrare nell’edificio. Levi scese dalla carrozza e aprì la portiera, aspettando che Erwin facesse lo stesso. Ci fu solo un gran silenzio e non accadde nulla.
“Levi?”
“Hm?”
“Come fate voi umani ad usare queste strane pinne?”
Un sospiro frustrato sfuggì dale sue labbra. “Mi stai prendendo per il culo. Non sai come si cammina?”
“No, come potrei?”
Bene, si prospettava una lunga serata. Levi rientrò e afferrò le gambe dell’uomo per muoverle un po’. “Lo senti questo?”
“Sì.”
“Bene, vuol dire che non sono insensibili. Prova a muoverle come fossero la tua coda.”
Erwin stiracchiò una gamba e la piegò un poco per abituarsi alla sensazione mai sperimentata prima. Tuttavia, ogni volta che muoveva una gamba, l’altra le andava appresso facendo esattamente la stessa cosa. Sembrava che Erwin avesse dei problemi a visualizzare le sue gambe come indipendenti l’una dall’altra.
“Devi muoverle separatamente se vuoi camminare.”
“Separatamente?”
“Sì, e adesso prova a uscire da ‘sta cazzo di carrozza.”
Levi scese di nuovo ed offrì una mano all’uomo per dargli un appiglio. Erwin la afferrò e piuttosto che fare dei passi, si trascinò fuori. Una volta all’esterno, cadde e si ritrovò a sedere sulla terra.
“Ci vorrà più del previsto, vieni” Levi acchiappò il braccio dell’uomo e cercò di sollevarlo. “Aiutami, usa almeno un attimo le tue gambe benedette.”



In qualche modo, i due riuscirono ad entrare in taverna e poi a raggiungere la camera di Levi senza che troppi li notassero, un miracolo considerate le circostanze. Ci volle molto prima che Erwin capisse come stare in piedi sulle sue gambe senza affondare ogni volta nel pavimento.
Levi si lasciò cadere nella sedia e guardò l’uomo che sedeva là, avvolto in una coperta. Un’espressione apatica regnava sul suo viso, facendo riemergere con forza il suo lato infantile.
“Hai fame?”
“No.”
“Vuoi dormire?”
“No.”
Non serviva a niente. Sembrava solo struggersi del fatto di essere diventato umano durante la notte.
“Sono umano.”
“Sì.”
“Umano, Levi.”
“Ho capito, non devi ripeterlo di continuo.”
Uno scatto improvviso e l’uomo si rianimò.
“I desideri si avverano!” lanciò via la coperta e cercò di mettersi in piedi, finendo solo a rotolare per terra.
“Non dovresti muoverti come uno sconsiderato se non sai come usare le gambe.”
Erwin guardò giù in mezzo ad esse e si accorse di qualcosa che prima non c’era mai stata. La afferrò con la mano e la tirò.
“Erwin, che cazzo fai?”
“Cos’è questo?” chiese e ci diede un colpetto dopo un lungo esame. Il suo corpo fu scosso da un fremito, poi si irrigidì, cessando ogni movimento.
“Si chiama pene e non dovresti toccarlo così tanto, oppure-“
“Levi, questa cosa sta cambiando!”
“—oppure ti verrà duro” sospirò e nascose la faccia nelle mani. Ma perché doveva capitare a lui?
“È stranissimo, fallo smettere” l’uomo gattonò verso il moro con un faccia che per poco non gli strappò una risata.
“Smetti di toccare il tuo maledetto cazzo, allora.”
“Cazzo?”
“Il tuo pene. Quella cosa che dondola tra le tue gambe. Lo si usa per pisciare e fare sesso, ma dal momento che non ne sai niente, per ora non dovresti farci molto.”
E poi qualcosa gli venne in mente.
“Sai come usare il bagno, vero?”
“È quel posto in cui lasciate i vostri scarti umani?” Levi gliene aveva già parlato, sembrava ricordarsene.
“Sì, e dovresti dirmi quando senti di doverlo usare. Per favore, non lasciarli andare, che non siamo nell’oceano.”
Erwin annuì e si mise seduto, osservando il suo pene appena eretto. Levi non poté fare altro che fissarlo a sua volta. Era abbastanza grosso, ma non era una gran sorpresa dal momento che Erwin stesso era piuttosto alto.
“Forse dovremmo praticare la camminata per un po’ o sarà un casino” disse spostando gli occhi da lì, prima di offrire la mano all’uomo seduto.
Erwin la prese e si mise in piedi, per una volta lo fece senza troppi problemi.
“Bene, adesso prova a muovere la gamba destra.”


 
***
 
Erwin doveva ancora realizzare che il suo corpo era diventato umano. Era come se stesse vivendo un sogno da cui non voleva svegliarsi. Non sapeva nemmeno come era potuto accadere; si era solo svegliato in una carrozza, guardando gli occhi di Levi.
Apparentemente l’avevano trovato a giacere sul molo dove lui e Levi erano soliti incontrarsi. All’inizio non riusciva a parlare o reagire dato che una cosa del genere era una faccenda assai importante. Erwin non riusciva nemmeno a ricordare come erano arrivati in camera di Levi.
Dopo avere scoperto non solo le nuove gambe ma qualcosa che gli altri chiamavano pene, l’uomo iniziò ad imparare a camminare. Visualizzare le sue gambe come separate l’una dall’altra era difficile: il suo cervello doveva capire che la coda non c’era più.
I passi lo facevano sentire a disagio. Piccoli brividi si arrampicavano su per i suoi muscoli causandogli sensazioni sgradevoli per tutto il corpo.
“Mi sento strano” disse, smettendo di camminare, “Mi serve una pausa.”
“Va bene. Siediti sul letto, io vado a vedere se riesco a trovare qualcosa da farti mettere addosso.”
Ah, giusto. Ora doveva coprirsi. Il suo corpo era cambiato e invece di adeguarsi alla temperatura esterna, aveva iniziato a produrre calore proprio. Sembrava provenire dal profondo del suo petto e si chiese se per caso ci fosse una montagna che sputava fuoco.
Non appena la porta si chiuse, Erwin guardò tra le sue gambe e trovò di nuovo quello stravagante pezzo di carne che penzolava pigro tra di esse.
Ancora non aveva capito cosa fosse esattamente, ma quel pezzo di carne colpiva le sue gambe mentre camminava ed era davvero una distrazione. Non solo quello: ogni volta che lo toccava, il suo corpo era colpito da uno shock che lo faceva sentire strano. Si era accorto che voleva toccarlo di più, anche se non sapeva come chiamare la sensazione che provava nel farlo.
Con la punta delle dita, Erwin prese ad accarezzare la pelle e vagare giù verso la punta, dove la sensazione era più intensa. Il suo respiro divenne improvvisamente più veloce e si accorse di come il pezzo di carne sussultava appena.
“È strano” mormorò Erwin e afferrò il pene per continuare il suo esame. Era abbastanza lungo e c’era un piccolo buco sulla punta. Lo sfregò appena con la punta del dito e gli si mozzò il fiato quando una scossa passò di nuovo per tutto il suo corpo. Non fu solo un lieve sussulto: l’organo cominciò ad indurirsi ancora, questa volta più di prima.
Il corpo di Erwin tremò lievemente e non poté fare a meno di apprezzare la sensazione.
La porta si aprì e Levi entrò.
“Ho trovato qualcosa per il tuo corpo maledettamente grand-“ le sue parole rimasero incastrate in bocca non appena vide l’uomo e la sua evidente erezione.
“Adesso ce l’hai in tiro per davvero.”
“Non so com’è successo e non so neanche come fermarlo.”
Levi sospirò nel posare gli abiti sulla sedia e poi si sedette sul letto. “Gli uomini si fanno una sega quando ce l’hanno in tiro. Quello, oppure fanno sesso.”
“Come si fa a farsi una sega?”
Tutta la trasversia era fin troppo strana per i gusti di Levi, ma non poteva farci qualcosa, ora come ora. “Stringi il pene con la mano e comincia a sfregarlo così” imitò l’azione a mezz’aria mentre Erwin lo guardava con attenzione.
“Capisco!”
E ciò che Erwin fece subito dopo lasciò Levi in balia di un’esperienza infernale, perché non solo l’uomo se ne restava lì seduto con una grossa erezione ma iniziò persino a masturbarsi senza andare in un’altra stanza!
“Erwin…” ma smise di parlare. Un impulso improvviso lo mise a tacere, curioso di osservare la prima esperienza sessuale dell’uomo. Il suo respiro si era fatto pesante e le sue mani si muovevano in maniera un poco goffa.
Le guance di Levi presero colore mentre lui non riusciva a guardare altrove, ritrovandosi in un vicolo cieco. Gemiti silenziosi si unirono alla situazione di per sé già molto surreale, mentre i suoni prodotti dallo sfregamento stavano causando a Levi una certa eccitazione.
“È strano, Levi” sussurrò Erwin per poi rabbrividire violentemente. Il suo corpo raggiunse l’orgasmo poco dopo. Nessuna sorpresa, dato che era il suo primo orgasmo, non poteva resistere a lungo.
Il biondo si lasciò cadere sul fianco e chiuse gli occhi, ansimando. Toccando la punta, esaminò il suo seme.
“Gli umani sono strani.”
“E tu sei un umano adesso” disse Levi. Sospirò stancamente mentre si allungava a prendere un fazzoletto.
Questa storia non sarebbe finita bene.
 
 
 
*Il proverbio si traduce contestualmente come ‘tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino’. Tuttavia a mio parere suonava molto male sia come significato che come tipo di contesto: ho optato per una traduzione più letterale, ugualmente comprensibile.
** Ho dovuto manipolare un po’ la frase, difficile da tradurre senza creare una frase grammaticalmente corretta ma effettivamente inascoltabile: ‘With every inch he made there was a new sentence forming within his mind he tried to make as beautiful as possible.’
***Altra frase difficilmente traducibile nel contesto senza scadere nell’inascoltabile: He told the merman about all kinds of things the human world harbour and gave him a feeling of excitement that seemed to have no space within his chest because of its size.
   
 
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