Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: itsinhisdna_    22/01/2014    2 recensioni
'-Percy,
se Annabeth si calma questa ragazza vi spiegherà chi
è.- Chirone mi guardò e mi fece un cenno di
incoraggiamento. Alzai la testa e assunsi l’atteggiamento
fiero che usavo contro i nemici. Mi avvicinai a loro due e li guardai.
-io sono Anastasia, figlia della dea Afrodite e del dio Poseidone. E
tua sorella Percy.-
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Per l’ennesima volta in quella giornata mi fecero allontanare dalla vasca.
-Anastasia,ti ho già detto che non voglio che tu stia tutta la giornata a guardare dal bordo di quella maledetta vasca. Non l’ho ancora fatta distruggere solo perché mi serve per controllare gli umani,se fosse per me a quest’ora sarebbe solo un cumulo di macerie!-
Non risposi, come sempre, tanto ci sarei ritornata quella notte, quando tutti dormivano ed io avrei osservato tranquillamente mio fratello.
Ormai ci avevo fatto l’abitudine,tutto mi veniva negato da quando avevo iniziato a capire.
-Anastasia,delle dracene sono rinate,vai ora altrimenti potrebbero incontrare qualche mezzosangue.-
-Perché non ci mandi qualcun altro? O perché non ci vai tu? Non sono una macchina da guerra.-
-Sai perfettamente che è cosi Anastasia,è questo il tuo dovere,vai prima che sia tardi. Sai anche che potrebbero avvicinarsi al campo,e quindi anche a..-
Non ascoltai la fine della frase.
Sapevo a cosa si riferiva ed ero a conoscenza del fatto che lui lo usava perché sapeva essere il mio punto debole.
Lo odiavo per questo.
Uscii in nell’enorme giardino in cui ero cresciuta. Vidi il cespuglio di rose che Persefone,appena tornata dagli Inferi, aveva fato nascere per me,mi ricordo che mi chiese di che colore volessi le rose e io le risposi che dovevano essere del colore dei coralli. Mi disse ridendo che non esistevano rose con quel colore. Io,già molto intelligente in tenera età,le risposi che se aveva creato un giardino negli Inferi,poteva benissimo far nascere delle rose color corallo nel giardino dell’Olimpo. Lei allora esaudì la mia richiesta e davanti ai miei occhi spuntò una piccola pianta. Mi disse che se me ne fossi presa cura ogni giorno sarebbero cresciute delle bellissime rose. Me lo fece promettere. Ed io mantenni la promessa,la mantengo ancora oggi. Quello per me non era un semplice roseto,era stato un po’ il mio migliore amico. Il fatto che fosse poco esposto agli occhi altrui mi permetteva di andare li e starmene sola a pensare. Ogni tanto gli parlavo anche. Mi piaceva andare lì e cantargli le canzoni che mi insegnava Apollo,o fargli vedere qualche passo di danza che Euterpe mi insegnava. Di nascosto insieme all’acqua gli davo anche il nettare e più avanti scoprii che i petali delle rose,grazie al nettare,erano diventati curativi. Quando Zeus lo scoprì si arrabbiò moltissimo,ma poi vedendo che era una cosa vantaggiosa,mi concesse di dare ancora il nettare alle rose.
Mi ero fermata fin troppo a ricordare, così mi allontanai ed arrivai nell’unico punto in cui mi era permesso chiamarlo;feci un fischio e Zefiro arrivò di corsa. Una brezza tiepida mi colpì e mi scompigliò i capelli, e mi portò alla mente altri ricordi di una piccola Anastasia che guardava il mondo dal punto di vista del vento di primavera.
-Allora piccola Ana,sta volta che mostri ci sono in giro? Qualche segugio infernale? Una chimera? No aspetta,ho capito! È già tornata l’idra?-
-no Zefiro, sono solo delle dracene, niente di preoccupante- risi e salii sulle sue spalle.
-Niente di preoccupante- borbottò –sei l’unica che considera delle dracene ‘niente di preoccupante’-
-su smettila di borbottare e portami da loro- ridacchiai e con un soffio, letteralmente,partimmo.
 
-Okay il posto dovrebbe essere questo, da quello che Zeus ha detto..- scesi dalle spalle di Zefiro guardandomi intorno. Eravamo in un bosco, ma non feci molto caso a ciò che c’era vicino a questo ammasso di alberi.
Estrassi Agapé, legata sempre al mio fianco. E’ la spada più bella che io abbia mai visto, e credetemi, di spade ne ho viste tante. Quando la forgiò, Efesto mi chiese se volevo che fosse fatta sia di bronzo celeste che di bronzo umano, come lo chiamavo io. Gli dissi che non doveva assolutamente usare bronzo umano, perché l’ultima cosa che avrei mai voluto fare era ferire un mortale. Sull’elsa erano incastonate perle e pietre di qualsiasi tipo provenienti da fondali marini di chissà dove. L’unica cosa che davvero la rovinava era il nome. Agapè. Mia madre scelse il nome, ovviamente. Come poteva chiamarsi una spada che avrebbe ucciso chissà quanti mostri, Amore? Ma lei non ammise repliche. E così Amore, ebbe la nomina della ‘mortale spada amorosa’.
Dissi a Zefiro di andare, sapendo che odiava i combattimenti.
Iniziai a camminare, la spada pronta a difendermi da qualsiasi attacco. Sentii un sibilo, mi girai di scatto e tirai un fendente.
Fuori una. Erano delle creature davvero stupide a volte. Non capivano che il loro sibilo faceva rumore. Senti il rumore delle loro viscide code sul terreno, mi girai di nuovo e tirai due fendenti di seguito. E altre due erano fuori.
Poi però le cose si complicarono. Sentivo troppi sibili e troppi fruscii. Mi ritrovai accerchiata. Provai con qualche fendente, ma anche se ne uccidevo alcune ne rimanevano comunque troppe.
Era l’unica soluzione, dovevo evocarla.
E sta volta doveva essere davvero tanta.
Mi concentrai bene, iniziai a sentire quel familiare dolore allo stomaco che ormai per me era solo un leggero fastidio. Poi la sentii. Stava arrivando. Allungai la mano destra verso le dracene, cosi che la potenza fosse maggiore.
Esplose.
Ormai avevo imparato a gestirla da anni, e rimasi ferma, cosi che il getto fosse ancora più forte.
Sentivo le dracene urlare, con quelle orride voci da serpente. Urlavano maledizioni contro di me. Ero abituata anche a quelle ormai. ‘Che tu sia maledetta figlia del mare!’, ‘Che tu possa marcire nei profondi abissi del tartaro!’, sempre la solita storia per ogni mostro che veniva ucciso.
Ora che erano tutte morte ,mi presi un po’ di tempo per guardarmi intorno, non avendo voglia di tornare subito sull’Olimpo, ancora non avevo capito dove mi aveva portata Zefiro e Zeus non mi diceva mai dove dovevo andare di preciso, era sempre tutto molto vago.
Iniziai a camminare e notai che quel bosco mi era molto familiare,solo che non riuscivo a capire ancora dove ero. Poi vidi una recinzione, una recinzione che conoscevo molto bene e che per me era proibito oltrepassare.
-Non può essere..- mi avvicinai, ma un fulmine si arrivò a nemmeno un metro da me, facendomi finire a terra, priva di sensi, di nuovo.
 
Mi svegliai nella mia stanza, sentivo Euterpe e Tersicore parlare con Apollo, bisbigliavano ed erano fuori dalla porta quindi non capivo cosa stessero dicendo.
Allora aprii gli occhi e mi tirai su a sedere. Guardai le pareti accoglienti, che ritraevano i fondali marini, con tutte le diverse specie di pesci e mammiferi acquatici. Amavo il colore del mare, era questo che le rendeva accoglienti.
Alzai gli occhi verso io soffitto, la perfetta riproduzione del cielo di notte con tutte le costellazioni, stavo cercando il sagittario quando una voce mi distrasse.
-Ti sei svegliata bella addormentata- mi sorrise il dio biondo entrando.
Mi alzai, pur non essendo una semidea, ero iperattiva come loro e non riuscivo a rimanere seduta per tanto tempo. Ignorai il suo commento.
-dov’è Zeus?-
-Ana non credo sia il caso..-
-dov’è Zeus?- chiesi più duramente.
Apollo mi guardo fermamente negli occhi, azzurro contro azzurro, ma io ero irremovibile. Ero davvero molto testarda.
-E’ nella sala dei troni, stava aspettando che tu ti svegliassi.-
Uscii ignorandolo di nuovo, mi sentivo in colpa, ma in quel momento le mie priorità erano altre. Attraversai il grande corridoio della parte del palazzo che era riservata a me. Qui ognuno aveva la sua ‘parte’ di palazzo. Scesi le scale che portavano all’arco pieno di decori, che dava accesso al giardino interno. Sta volta non mi fermai alla fontana come facevo di solito, la superai ed entrai nella sala.
 
Zeus ed Era erano seduti nei loro troni, degli altri dei nemmeno l’ombra. Poi Era parlò.
-Ana, bambina, sappiamo quanto sia dura per te,ma..-
La interruppi subito.
-No Era, voi non sapete proprio nulla. Non sapete come sia brutto essere segregati qui da sempre e poter uscire solo se spunta fuori qualche mostro. Non capite che anche io ho dei sentimenti come voi? Come tutti?-
-Anastasia abbiamo già fatto questo discorso..-iniziò Zeus. Provai ad interromperlo, ma mi puntò contro la folgore.
-Fammi finire. Stavo dicendo, abbiamo già affrontato questo discorso. Tu sai bene qual è il tuo compito, e sai che questo non implica sentimenti e soprattutto ribellioni. Sin da piccola ti abbiamo detto che tu devi aiutare i semidei a proteggerci senza farti scoprire da loro e fino a qualche tempo fa lo hai fatto senza problemi. Cos’è stai avendo una.. come la chiamano i mortali? Crisi adolescenziale? Sarà meglio per te di no, perché sai che la tua età non andrà più avanti e io non voglio problemi per il resto dell’eternità!-
-Zeus ti ripeto che non sono una macchina da guerra, e che se non volevi implicazioni di sentimenti avresti potuto far in modo che mia madre fosse un’altra, non lei-
-Anastasia, davvero io non capisco cosa ti turba. Cosa posso fare affinché tu la smetta di ribellarti così?- era davvero esausto dalle mie continue lamentele, ma non mi interessava. Avrei continuato finché non mi avrebbe lasciata libera di fare ciò che volevo. Per gli Inferi, non ero una di quelle principesse delle fiabe mortali! Pensai bene a come chiedergli ciò che volevo, per evitare possibili problemi futuri.
-voglio che tu mi lasci libera di fare ciò che voglio. E questo implica andare e venire da qui come e quando voglio, implica i sentimenti, di ogni tipo e soprattutto implica vedere chi voglio. Compreso lui-
-questo no. Tutto, ma tuo fratello non può conoscerti.-
-ma perché ti ostini a negarmelo? Sei ancora convinto che gli metta strane idee in testa? Ormai è palese che io vi odi tutti, ma del vostro potere non mi interessa nulla. Se non mi credi,chiedi ad Apollo se sto mentendo.-
Feci per chiamarlo,ma Zeus mi fermò. Era era rimasta tutto il tempo ad ascoltare.
-No Anastasia non c’è bisogno ci credo. Se io ti concedo anche di poterlo andare a conoscere la smetterai?-
- devi anche promettere che potrò stare con lui come e quando voglio-
Non mi sarei mai aspettata di sentire una frase del genere uscire da quella bocca divina.
-Va bene. Potrai stare con tuo fratello come e quando vorrai, ma devi giurare sullo Stige che continuerai a difendere l’Olimpo.-
All’inizio non lo avrei mai fatto, ma se era l’unico modo allora si.
-Lo giuro sullo Stige-
Zeus sospirò, Era se ne andò senza guardarmi, come se stesse per piangere.
Ma ormai era fatta, ero libera. Completamente.
Corsi in giardino, ma prima di chiamare Zefiro staccai un bocciolo dal cespuglio e lo attaccai all’elsa della spada. Fischiai e per la seconda volta in quella giornata la brezza tiepida mi colpì.
 
Zefiro mi lasciò davanti all’entrata del campo, augurandomi buona fortuna. Avanzai qualche passo titubante e superai la barriera. Già potevo sentire il profumo delle fragole e il rumore delle spade che cozzavano nei combattimenti. Mi avvicinai alla Casa Grande e vidi un vecchio centauro di mia conoscenza che parlava con un giovane semidio, probabilmente un figlio di Ipno data la testa ciondolante e gli occhi semi chiusi. Mi avvicinai ancora e Chirone spostò lo sguardo su di me. Sgranò gli occhi, sicuramente sorpreso dalla mia comparsa, lui era uno dei pochi che sapeva. Si avvicinò piano, quasi incerto.
-Anastasia? Sei davvero tu?-
-si vecchio ronzino, sono proprio io- gli risposi sorridendo.
Si avvicinò ancora prendendomi le mani allegramente. Ma poi si rabbuiò.
-Sei scappata? Sai che Zeus ti punirà duramente se lo scopre.-
-Lo so, ma non sono scappata, sono riuscita ad ottenere il suo permesso sta volta-
Mi guardò incredulo.
-Sei davvero riuscita ad ottenere il permesso? Anche di poterlo vedere?-
Annuii con un piccolo sorriso. Mi disse che era davvero felice per me, ma la nostra conversazione fu interrotta dal rumore di una lite. Ci guardammo e poi andammo insieme nella direzione da dove provenivano le voci.
Due semidei stavano litigando vivacemente. La ragazza, bionda con due occhi grigi che conoscevo bene, stava urlando contro il ragazzo perché secondo lei era uscito con un’altra. Li misi bene a fuoco. La ragazza che urlava era Annabeth, figlia di Atena. E il ragazzo contro cui stava urlando era lui.
Era Percy.
Era ancora più bello dal vivo, assomigliava davvero molto a Poseidone, soprattutto per gli occhi. Mi ero ripromessa di non piangere, e non lo feci. Stavo per avvicinarmi, ma Chirone mi fermò.
-Percy! Annabeth! Calmatevi per cortesia.-
Annabeth si girò e lo fulminò con lo sguardo. Poi spostò lo sguardo su di me.
-E’ lei la ragazza Percy? Quella con cui mi hai tradita? E’ venuta a difenderti?- assomigliava davvero a sua madre.
Percy spostò lo sguardo su di me e mi mise a fuoco. Il respiro mi si fermò in gola. Poi riportò la sua attenzione su Annabeth.
-Annabeth, ti ho detto che non sono uscito con nessuna, e poi non ho davvero idea di chi lei sia..-
Sapevo che lui era allo scuro di tutto, ma sentirgli dire questo mi fece comunque male. Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe.
-Percy, se Annabeth si calma questa ragazza vi spiegherà chi è.- 
Chirone mi guardò e mi fece un cenno di incoraggiamento. Alzai la testa e assunsi l’atteggiamento fiero che usavo contro i nemici. Mi avvicinai a loro due e li guardai.
-io sono Anastasia, figlia della dea Afrodite e del dio Poseidone. E tua sorella,Percy.-
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: itsinhisdna_