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Autore: BrokebackGotUsGood    22/01/2014    4 recensioni
Niente sembra avere più senso senza di lui, il mondo sembra non avere più un valido motivo per continuare a girare e in quei sei anni passati ad annegare nel mio dolore mi sono chiesto più volte come il sole possa avere la faccia tosta di sorgere al mattino.
Darei di tutto per riaverlo indietro, commetterei pazzie di ogni genere, attraverserei a nuoto tutto l'oceano Atlantico e scalerei l'Everest senza alcun tipo di imbragatura, affronterei qualunque forza della natura senza mai fermarmi per un solo istante, se in questo modo potessi abbracciarlo di nuovo.
Ma è proprio il non poterlo fare che mi divora dentro.
Genere: Angst, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Why








You must have been in a place so dark,
you couldn't feel the light
Reachin' for you through that stormy cloud
Now here we are gathered in our little hometown
This can't be the way you meant to draw a crowd...





Siamo in tanti, troppi, per i miei gusti. 
Ci siamo ritrovati tutti quanti in una piazza per parlare di lui e ricordare quanto fosse bravo, quanta passione mettesse in ogni sua interpretazione e come riuscisse a renderla unica e inimitabile, oppure per riportare la memoria ai bei momenti passati con lui e citare alcune delle sue frasi più significative e filosofiche, che siano battute di un film o parole uscite spontaneamente dalla sua bocca. 
E trovo che sia una cosa orribile. 
Non volevo andarci, avevo tutti i motivi del mondo per declinare e l'unica cosa che volevo fare era stare da solo a pensare, chiuso in camera mia, ma alla fine ho dovuto cedere all'insistenza di Michelle, Natalie, Anne, Ang, Terry, Diana e...un po' tutti, insomma. 
Sì, d'accordo, sono venuto, ma non ce la faccio ad unirmi a nessuna delle tante conversazioni in corso, considerando che ognuna di queste riguarda colui che, come la lama tagliente di un rasoio, mi sta letteralmente aprendo un profondo squarcio nel cuore. 
Potrei dire addirittura di sentir sgorgare il sangue. 
Mentre tutti hanno formato dei gruppetti e parlano sotto i loro ombrelli (già, piove anche, come se questa giornata non fosse già merdosa di suo), io me ne sto seduto su una panchina, noncurante del fatto che sia completamente zuppa e anch'io con essa, dato che, con troppi pensieri per la testa, non mi sono ricordato di portare il mio ombrello. 
Sei anni. 
Sono passati sei anni dalla sua morte e tutto mi sembra ancora così assurdo, così irreale. 
Dopo tutto questo tempo continuo a sperare che basti solamente chiudere gli occhi e che, una volta riaperti, mi accorgerò di aver vissuto un terribile incubo, continuo a pregare che tutto ciò che mi resterà da fare sarà alzare lo sguardo e lui sarà lì, davanti a me, pronto ad avvolgermi col calore delle sue braccia e stringermi contro il suo petto, in modo che possa sentire il battito del suo cuore e avere la certezza che quegli anni di agonia non siano stati altro che la mia immaginazione. 
Ci provo. Nonostante sappia di star sprecando il mio tempo, ci provo. 
Chiudo gli occhi. 
Mi isolo dal resto del mondo per quei pochi secondi, faccio cessare di esistere qualunque voce, suono e rumore e faccio entrare lentamente l'aria nei polmoni, per poi farla uscire allo stesso modo, con calma, quasi impercettibilmente. 
Per quei brevi istanti non mi accorgo nemmeno della pioggia che mi bagna il viso e i capelli. 
Cerco di calmare il mio battito cardiaco accelerato (per cosa, poi? Per qualcosa che so non potrebbe mai succedere?!) e conto mentalmente fino a tre, implorando qualche divinità di far avverare il mio desiderio. ''Fa' che sia qui, accanto a me''.
Uno. 
Due.
Tre.
Sollevo le palpebre piano piano, come se fossero fatte di piombo, resto con lo sguardo davanti a me per un secondo e poi volto cautamente la testa di lato, lo stomaco completamente in subbuglio e un fastidioso groppo in gola. 
La panchina è vuota. 
Per un bel po' rimango a fissare quel punto vuoto in cui speravo scioccamente di trovare lui e il suo bellissimo sorriso, quel sorriso che sarebbe stato capace di far smettere di piovere all'improvviso e far splendere di nuovo il sole, con tanto di arcobaleno. 
Ma la pioggia continua a scendere incessantemente. E infatti del suo sorriso non c'è neanche l'ombra. 
Ho voglia di scoppiare in una sonora risata e in un pianto dirotto allo stesso momento: voglio ridere della mia stupidità, della mia ingenuità e della mia fottuta speranza che non si decide a morire e voglio piangere la sua assenza, quel terribile vuoto che ha riempito ogni cosa lo stesso giorno in cui la vita lo ha abbandonato. 
Opto per una versione contenuta di entrambe le possibilità: faccio un debole sorriso curvando solo un lato della bocca, il sorriso più amaro che abbia mai fatto, poi torno serio e lascio che le lacrime mi righino le guance, mischiate a gocce di acqua piovana; piango silenziosamente per non attirare l'attenzione, tengo lo sguardo fisso sul vuoto per poi spostarlo in alto, verso il cielo grigio. 
Guardo una nuvola, forse illudendomi di scorgere lui in essa. 
Mi alzo dalla panchina e, senza avvertire nessuno, me ne vado dalla piazza.




Oh why, that's what I keep asking
Was there anything I could've said or done?
Oh, I had no clue you were masking a troubled soul, 
God only knows what went wrong 
and why you'd leave the stage in the middle of a song...





Perché, è ciò che continuo a chiedermi. Perché lui? Perché Dio ha voluto con sé un altro angelo? 
Domande a cui ormai non ha più senso rispondere.
Lui non c'è più, questa è la realtà, punto e basta. 
Ma non riesco ancora a farmene una ragione.
Adesso non ce la faccio più a trattenermi e non ho nemmeno più un motivo per farlo, quindi scoppio nel tanto agognato pianto e questa volta si aggiungono anche i singhiozzi, talmente forti che faccio fatica a respirare. 
Le ginocchia mi tremano e sento che potrebbero cedermi da un momento all'altro, perciò mi appoggio con un braccio alla parete accanto alla finestra e continuo a sfogarmi, fregandomene del fatto che i vicini potrebbero benissimo sentirmi e correre preoccupati in mio aiuto. 
Niente sembra avere più senso senza di lui, il mondo sembra non avere più un valido motivo per continuare a girare e in quei sei anni passati ad annegare nel mio dolore mi sono chiesto più volte come il sole possa avere la faccia tosta di sorgere al mattino. 
Darei di tutto per riaverlo indietro, commetterei pazzie di ogni genere, attraverserei a nuoto tutto l'oceano Atlantico e scalerei l'Everest senza alcun tipo di imbragatura, affronterei qualunque forza della natura senza mai fermarmi per un solo istante, se in questo modo potessi abbracciarlo di nuovo. 
Ma è proprio il non poterlo fare che mi divora dentro. 
Continuo a singhiozzare e il flusso delle lacrime è diventato incontrollabile. 
-Perché?!- urlo con voce spezzata, -Perché mi hai fatto questo, Heath?!-. 
E' inutile, non posso fare a meno di chiedermi perché. 
Heath aveva sempre cercato di nascondere a tutti la sua anima tormentata, ma se c'era una persona con cui riusciva ad aprirsi e a confidarsi quella ero io. 
Aveva bisogno di una spalla a cui appoggiarsi, stava passando un brutto periodo e si sentiva come se il mondo intero gli fosse crollato addosso e, nonostante io cercassi disperatamente di fargli capire che non era tutto perduto, che avrebbe ancora avuto infinite possibilità di essere felice perché se lo meritava, lui si ostinava a credere il contrario.
C'era qualcosa che avrei potuto dire o fare per cambiare le cose...? 



Now you're gone and we cry
'Cause it's not like you 
to walk away in the middle of a song
your beautiful song
your absolutely beautiful song... 





Mi manchi, Heath. 
In certi momenti mi manchi così tanto che ho paura di non farcela. 
No, la battuta di Brokeback Mountain in questo caso non si addice completamente alla situazione, perché tu non mi manchi in certi momenti. 
Mi manchi ogni istante, ogni singolo frammento di secondo della mia vita. 
Non sarò mai pronto a lasciarti andare, arrendiamoci entrambi all'evidenza. 
Scusa, scusa per tutte le volte che ti ho ferito, volontariamente o non, con le parole o con i fatti; scusa per averti incolpato di cose per cui non avrei dovuto incolparti, scusa per non averti capito o appoggiato quando invece ne avevi un disperato bisogno. 
Grazie, grazie per tutti i momenti passati insieme, per le risate e le lacrime che abbiamo condiviso, per le piccole cose e i piccoli gesti con cui riuscivi a farmi sentire maledettamente bene in ogni istante. Grazie per essere stato il mio migliore amico, il mio confidente, il mio consigliere, il mio tutto, grazie per avermi accompagnato lungo sentieri tortuosi e per avermi rialzato ad ogni mia caduta. 
Grazie di essere stato e di essere ancora Heathcliff Andrew Ledger. 
















Non potevo non scrivere qualcosa nel giorno del sesto anno dalla morte di Heath. 
Il pov è di Jake Gyllenhaal, suo collega e migliore amico. La canzone è ''Why'' dei Rascal Flatts.
Sto per mettermi a piangere come una scema, quindi non mi dilungo oltre e vi saluto.
Baci
   
 
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